Vi pongo un quesito che mi è stato proposto qualche giorno
fa.
Un lavoratore dipendente, con contratto a tempo determinato
fino a metà 2014, viene messo in CIGO ad orario ridotto fino a settembre, con
la prospettiva che la situazione permanga anche nei mesi successivi. Ora, egli
vorrebbe candidarsi per un dottorato il cui inizio è previsto per febbraio
2014: come dovrebbe comportarsi se venisse accettato per il dottorato? Essendo a tempo determinato, se non erro, non sono
previste dimissioni volontarie, salvo che il datore di lavoro sia d'accordo;
tuttavia, ciò vale anche se l'azienda è in cassa integrazione? Il datore di
lavoro potrebbe opporsi adducendo al fatto che nessuno accetterebbe di andare a
lavorare per una ditta che non se la passa tanto bene?
Risposta:
Gli atti con cui si può risolvere il rapporto di lavoro sono tre: 1)
LICENZIAMENTO: E' l'atto (unilaterale) di recesso del Datore di Lavoro (nel
tempo determinato di fatto limitato a giusta causa/giustificato motivo
soggettivo, perchè la ragione estintiva "tecnica" del rapporto è già
compendiata nel termine finale del rapporto); 2) RISOLUZIONE CONSENSUALE, per
accordo Dipendente-Datore (possibile sempre e in ogni momento, anche nel tempo
determinato); 3)DIMISSIONI, per iniziativa del Lavoratore. Le dimissioni sono
ancora atto libero (soggette a convalida avanti la DTL, convalida del
dimissionario!) e il Datore non può eccepirVi nulla, salvo, naturalmente,
circostanze (la cui prova è a carico del Datore) in cui le dimissioni arrechino
danno all'Azienda. Ma danno non è il generico "rischio" che il
Dipendente se ne vada, rischio ovvio che è a carico del Datore, e cui questi
deve attrezzarsi. Pertanto, nel Suo caso, sarei a ritenere che il Dipendente
possa agevolmente dimettersi ... perdendo naturalmente la CIG!
Su questo
punto, si trova la conforme giurisprudenza di legittimità:
“la dichiarazione di recesso del lavoratore,
una volta comunicata al datore di lavoro, è idonea "ex se" a produrre
l'effetto della estinzione del rapporto, che è nella disponibilità delle parti,
a prescindere dai motivi che abbiano determinato le dimissioni (a meno che
queste ultime non siano inficiate dalla minaccia di licenziamento e risultino
perciò viziate come atto di volontà) e dalla eventuale esistenza di una giusta
causa, posto che, anche in tal caso, l'effetto risolutorio si ricollega pur
sempre, a differenza di quanto avviene per il licenziamento illegittimo o
ingiustificato, ad un atto negoziale del lavoratore, che è preclusivo di
un'azione intesa alla conservazione del medesimo rapporto” (Cass.
6342/2012).
Dr. Giorgio Frabetti, Profilo Linkedin: http://www.linkedin.com/profile/view?id=209819076&goback=%2Enmp_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1&trk=tab_pro
Collaboratore Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro, Ferrara
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