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martedì 27 giugno 2017

SE IL CLIENTE NON PAGA: LE NUOVE TUTELE PER LAVORATORI AUTONOMI-PRIMA NOTA

Il Jobs Act Autonomi approvato lo scorso 10/5 introduce alcune importanti tutele per il Lavoratore autonomo che non venga pagato dal Cliente.
Ovviamente, tra i lavoratori autonomi rientra anche il Libero Professionista.
Qui di seguito una prima ricognizione.
1) Contratti di incarico professionale solo per iscritto: Per la verità, il legislatore non ha imposto l’obbligo della forma scritta a pena di nullità. Ciò avrebbe creeato ulteriori fastidi ai Professionisti che, privi di contratto valido, non potrebbero lavorare e non potrebbero nemmeno essere pagati, ove svolgessero comunque il loro servizio (ricordiamo “il contratto nullo non produce effetto…”). L’art. 3.2°comma del Jobs Act Autonomi si limita a qualificare come “abusivo” (ossia, illecito) il rifiuto della controparte di stipulare l’incarico professionale per iscritto; in forza di tale previsione, il Professionista/Lavoratore autonomo avrà diritto ad un risarcimento del danno (art. 3.3°comma);
2) Introdotta (parzialmente) la regola della “mora automatica”:
Se il professionista non viene pagato, gli interessi di mora maturano a carico del Cliente immediatamente, se non è disposto diversamente dal contratto, dopo che sono trascorsi 30 giorni dalla presentazione della richiesta di pagamento, dalla fattura pro forma (mai oltre i 60 giorni!).
Questa disposizione adegua i crediti dei Lavoratori autonomi/Professionisti a quelli delle Piccole Imprese, ma solo in determinati casi:
-Nei rapporti tra Lavoratori Autonomi/Professionisti tra loro;
-Nei rapporti Lavoratori Autonomi-Professionisti e Imprese;
-Nei rapporti Lavoratori Autonomi-Professionisti e Pubblica Amministrazione (Art. 2.1°comma) .

NB: Le nuove tutele non riguardano i crediti nascenti dalle transazioni tra Autonomo e Consumatore “normale”, come, ad esempio, tra l’idraulico e la Famiglia, il dentista e il Paziente etc.
Attualmente, non è chiaro cosa significhi l’art.3.1°comma del Jobs Act Autonomi. Secondo questo articolo di legge, sono “nulle” (abusive) le clausole di contratto di incarico-ingaggio del Lavoratore autonomo che prevedano clausole di pagamento superiori a 60 gg. Questa norma, a differenza della precedente citata, riguarda le transazioni tra il Lavoratore Autonomo e non ben specificati “Committenti”. Tra questi “Committenti” sembrerebbero compresi tutti i Committenti, anche quelli cui non sia applicabile il D.lgs. 231/2002. Sembrerebbe, quindi, che questa regola del “pagamento nei 60 gg.” riguardi anche i rapporti con i Consumatori. E parrebbe, di conseguenza, che anche questi soggetti siano da costituirsi “in mora”, decorsi i 60 giorni di mancato pagamento, sia pure secondo le regole “ordinarie”, non per quelle speciali del D.lgs. 231/2002. In altre parole, mentre per Imprese, PA, Professionisti, la mora scatterebbe automaticamente, nel caso dei rapporti con i Consumatori la mora potrebbe scattare solo se “intimata”.
Un po’ complesso…
In tutto questo, manca la parte più importante.
La legge non prevede disposizioni che facilitino la tutela dell’Autonomo davanti al Fisco.
Cosa deve fare il Professionista, quando il Fisco gli contesta maggior reddito (es. per Studi di Settore), ma quel reddito è solo virtuale perché i Clienti non lo pagano? E cosa deve fare con l’IVA? … Ricordiamo che le norme del D.lgs. 231/02 sono rivolte ad Imprese e presuppongono la tenuta di un regolare bilancio. Ma gli Autonomi, i Professionisti non tengono bilancio…. Vedremo nei prossimi mesi.

giovedì 22 giugno 2017

QUANDO SI PUO' LICENZIARE PER GIUSTA CAUSA/GIUSTIFICATO MOTIVO IL DIPENDENTE, SENZA AFFISSIONE DEL CODICE DISCIPLINARE-FLASH

La Corte di Cassazione, con sentenza nr. 4826/2017, conferma una regola di diritto consolidata da tempo: l’Azienda può licenziare il Dipendente in via disciplinare, anche se non ha provveduto all’affissione del Codice Disciplinare, in caso di violazione di norme penali o costituenti il cd “minimo etico”, ovvero elementari disposizioni di correttezza e buona fede.
Ricordiamo che l’affissione è indispensabile solo per le sanzioni conservative (multa, rimprovero, sospensione etc.): la legislazione e il diritto richiedono che il potere disciplinare aziendale non sia esercitato arbitrariamente, ma in conformità ad una prassi consolidata.
Ma il licenziamento disciplinare può essere spiccato anche senza codice, al semplice ricorrere di "giusta causa" di licenziamento ex.art. 2119 codice civile.

venerdì 16 giugno 2017

DIETA INFORMATIVA- LA DIS.COLL E LE PARTITE IVA



Quando si ha a che fare con leggi, specie con nuove leggi, l’errore è sempre in agguato. E l’errore si annida in frasi ambigue, imprecise:

Il Jobs Act autonomi modifica la disciplina della maternità, della malattia e dell’infortunio dei prestatori d’opera, anche occasionali, dei lavoratori autonomi e dei professionisti, ampliando le tutele previste a loro favore. Viene, inoltre, esteso, il campo di applicazione della DIS-COLL che diventa una misura strutturale”.

Per quanto riguarda il Jobs Act Autonomi (legge 81/2017), nel web si mormora già:

Ma la DIS.COLL spetta ai lavoratori autonomi con Partita IVA???!!

Ora, la raccomandazione è una sola, non alimentare illusioni e false aspettative nei lavoratori.
Quindi, GUERRA ALLE BUFALE, anche potenziali.
Contro le bufale c’è un solo antidoto: si chiama ESEGESI!
ESEGESI significa:

-ANDARE ALLE FONTI, ossia cercare le leggi, non il “sentito dire” del web…
-LEGGERE LE FONTI, ossia leggere i testi di legge.
 Calma e gesso.
Guardiamo il testo di legge, leggiamolo attentamente.
(...)

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giovedì 15 giugno 2017

CRITICARE L'AZIENDA E' POSSIBILE: IN CERTI CASI...

Riconosciuto al Lavoratore Dipendente il diritto di critica verso la propria Azienda. E’, cioè, legittima la critica del Dipendente all’Azienda quando:
1) Il Dipendente accluda fatti veritieri e conclusioni ragionevolmente sostenibili entro una ordinata e articolata argomentazione (cd “Continenza sostanziale”);
2) Il Dipendente utilizzi espressioni educate, corrette ed un “tono di voce” rispettoso (cd “Continenza formale”).
Il caso classico è il seguente.
Il Dipendente lamenta che i Superiori del proprio reparto impartiscono disposizioni organizzative sbagliate o illegittime e si rivolge al Superiore gerarchico.
Il diritto di critica include anche la possibilità di segnalazione di condotte illecite, suscettibili delle più gravi sanzioni (es. penali). Il licenziamento comminato al Dipendente, in queste condizioni, è senz’altro illegittimo.
Nei casi più gravi, può essere valutato come “licenziamento ritorsivo”. Così ha deciso la Corte di Cassazione, con la sentenza nr. 21649/2016 (che si allega), tratta da Teleconsul: http://www.tcnotiziario.it/Articolo/Index?idArticolo=350342&tipo=&cat=ULTLAV&fonte=Teleconsul.it%20-%20Ultimissime%20Lavoro

martedì 13 giugno 2017

RESPONSABILITA' SOLIDALE NEGLI APPALTI. COSA DISPONE IL DECRETO CHE HA CANCELLATO IL REFERENDUM-FLASH

Il DL 25/2017 (convertito in legge 49/2017), nell’intento di cancellare il referendum chiesto dalla CGIL, modifica la disciplina della responsabilità solidale negli appalti così come definita dall’art. 29 D.lgs. 276/03 (ricordiamo che questa è una delle parti del D.lgs. 276/03, non abrogata dal Jobs Act).
Prima di andare avanti, precisiamo quello di cui stiamo parlando. Stiamo parlando della cd “responsabilità solidale” a carico di Committente, Appaltatore e sub-appaltatore disposta dall’art. 29 D.lgs. 276/03 a maggiore garanzia del credito di lavoro subordinato (e di contribuzione INPS) del Dipendente in appalto.
Spieghiamoci meglio.
La solidarietà si caratterizza come una misura di maggior tutela del credito retributivo e INPS del Dipendente, per il seguente motivo: il Dipendente in appalto che vanti un credito da retribuzione o contribuzione INPS arretrata verso il proprio Datore di Lavoro (Appaltatore), per soddisfare il proprio credito, può chiedere il pagamento, a scelta, sia al Committente dell’appalto, sia all’Appaltatore (o Sub-Appaltatore), quest’ultimo vero e proprio Datore di Lavoro.
La misura favorisce il Lavoratore: potersi rivolgere al Committente, per il Lavoratore, significa, per lo più, potersi rivolgere alla parte economicamente più forte e dotata di mezzi. In questo caso, conformemente ai principi civilistici della cd “solidarietà nel debito” (art. 1295 ss. Codice Civile), il Committente, non Datore di Lavoro, escusso dal Lavoratore, può sempre chiedere il rimborso al Datore di Lavoro del credito versato.
La tutela “solidale” del credito riguarda retribuzioni, contribuzioni, premi assicurativi del Dipendente in appalto. Il Decreto, venendo incontro alle richieste dei promotori del referendum CGIL, oggi potenzia questo sistema.
Prima del referendum, infatti, il Lavoratore, per poter riscuotere il proprio credito avanti il Committente, doveva provare di aver provato a riscuotere il proprio credito avanti all’Appaltatore e al Sub-Appaltatore e di non essere andato a buon fine. Correlativamente, al Committente, chiamato in giudizio al di fuori di tale ordine di “precedenza”, era riconosciuto il diritto di non pagare e di attendere la preventiva escussione dell’Appaltatore e del Sub-Appaltatore.
Oggi, sulla scia della richiesta di referendum CGIL, tale “beneficio di preventiva escussione” è stato abrogato: oggi il Dipendente in appalto è pienamente libero di chiamare in giudizio chi vuole, Committente, Appaltatore, Sub-Appaltatore.
La possibilità di escutere immediatamente il Committente, di solito la parte “economicamente più forte” del rapporto, costituisce una indubbia tutela in più.
A margine, ricordiamo che anche il Codice Civile, all’art. 1676, nelle norme relative al contratto di appalto, riconosce un regime di “responsabilità solidale” Committente-Appaltatore analogo, limitato, però, ai soli crediti retributivi e con un massimale ben preciso: il Dipendente non può ottenere soddisfazione del proprio credito in misura maggiore al valore dell’appalto.
Questa norma civilistica non è stata abrogata dall’art. 29 D.lgs. 276/2003, anzi convive con questa: raccomandiamo, quindi, molta attenzione circa le possibili “sovrapposizioni” che questa “convivenza di norme” potrebbe creare.
Da ultimo, ricordiamo che il referendum CGIL aveva chiesto l’abrogazione dell’art. 29.2°comma D.lgs. 276/03. Questa norma consentiva alla contrattazione collettiva la possibilità di derogare al regime della “responsabilità solidale” negli appalti: una deroga possibile, però, solo a fronte dell’introduzione di una misura di tutela “equivalente” che la legge identificava in un non meglio precisato “sistema di verifica degli appalti” (si intendeva far riferimento al DURC? Forse sì, ma non si è mai veramente capito …). Nessun CCNL si era avvalso di questa facoltà di deroga. Anche questa norma, di fatto meramente formale, è stata spazzata via dal DL 25/2016.

venerdì 9 giugno 2017

LA "PENNICA" ORGANIZZATA IN ORARIO DI SERVIZIO COSTA IL LICENZIAMENTO!

Addormentarsi sul posto di lavoro, in orario notturno di servizio, costituisce gravissimo inadempimento contrattuale e comporta il licenziamento per giusta causa (art. 2119 Codice Civile).
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con una sentenza, il cui contenuto sta circolando sul web.
Manca ancora il testo della sentenza, ma il contenuto è chiaro.
E’ stato questo il caso di due addetti alla vigilanza notturna sorpresi a dormire in turno e che addirittura si erano messi d’accordo per dormire “a turni”.
Il senso della sentenza è ovvio e chiaro: il Dipendente in orario di servizio si impegna a garantire un servizio continuativo. Deve lavorare 5 ore? Ne lavora 5, non 3 meno 2 di sonno.
Ciò è conforme e coerente ai canoni di “buona fede contrattuale” (art. 1375 Codice Civile) e ai canoni di “diligenza” ex. art. 2104 Codice Civile. Non ci pare siano ammissibili ulteriori spiegazioni. La notizia si trova al link: http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2017/06/07/la-cassazione-sulla-pennica-organizzata-al-lavoro-si-perde-il-posto_28f7e135-71a7-400e-90d9-44b7330f6f92.html

lunedì 5 giugno 2017

COMPENSO AMMINISTRATORE REVERSIBILE NON COSTITUISCE REDDITO DI LAVORO IMPONIBILE-FLASH

I compensi spettanti al Dipendente o al Collaboratore coordinato e continuativo di un’impresa, nominato quale membro dell’organo amministrativo di un’altra Società, possono contrattualmente essere versati direttamente alla prima.
Questi compensi sono detti “reversibili” e sono solitamente utilizzati nell’ambito di “Società Controllate”. L’Amministrazione Fiscale da tempo ha chiarito che tali compensi non sono imponibili ai fini IRPEF.
A margine, riportiamo un utile e completo compendio della materia, fornito dall’Associazione Dottori Commercialisti con la “Norma di Comportamento” nr. 169/2007 che potete ritrovare al link: http://www.ildialogo.it/index/?p=848.