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venerdì 30 ottobre 2015

ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO, QUANDO SI PUO’ ASSUMERE PERSONALE-BREVI CONSIDERAZIONI

Quesito:
Un’Associazione di Volontariato può assumere dipendenti e, con questo, restare Associazione di volontariato? Esiste un criterio per stabilire se, quando e quanto il rapporto dipendenti-Volontari sia o meno compatibile con la l. 266/91 e con l’iscrizione al Registro del Volontariato? Grazie.

Risposta:
Al quesito, molto teorico, non possiamo che dare una risposta altrettanto teorica; e generale.
Al riguardo, la compatibilità tra assunzione di lavoro dipendente e permanenza nel Registro del Volontariato va analizzata sulla scorta dell’art. 3.4°comma legge 266/91 e delle cd Linee Guida del Ministero del Lavoro.
L’art. 3.4°comma l. 266/91 dispone:

Le organizzazioni di volontariato possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento oppure occorrenti a qualificare o specializzare l'attività da esse svolta”.

Allo scopo di dare contenuto pratico e operativo a questa disposizione molto generica, le Linee Guida del Ministero del Lavoro hanno provveduto ad individuare alcune casistiche ed esempi (paragrafo 4.5.4). Il testo integrale potrete leggerlo al link http://www.lavoro.gov.it/AreaSociale/AgenziaTerzoSettore/Documents/Linee_Guida_Registri_volontariato.pdf.
Qui, ci limiteremo ad alcune esemplificazioni.
Allo stato attuale, il rapporto dipendenti-volontari non è rimesso a regole matematiche e automatiche, ma ad una serie di test (non solo quantitativi, ma anche qualitativi), che, valutati congiuntamente tra di loro, devono consentire all’organo di vigilanza un giudizio certamente esaustivo, ma tarato nel caso concreto.
La verifica numerica del rapporto Dipendenti-Volontari, da sola, infatti, potrebbe non essere significativa.
Può, aversi il caso, precisa il Ministero, di un’Associazione con 1 Dipendente occupato in Associazione per 40 h settimanali, a fronte di 10 Volontari occupati per ca. 30 h complessive (orario part time esemplificativo).Questo dato, di per sé, secondo il Ministero non legittima alcuna conclusione, né circa la legittimità, né circa l’illegittimità dell’Associazione di Volontariato rispetto all’art. 3.4°comma l. 266. In questo caso, occorre anche una verifica di ordine qualitativo: ad esempio, potrebbe aversi un’Associazione di accoglienza di disabili, dedicata alla gestione del tempo libero di questi, ad attività ricreative semplici, dove l’unico Dipendente risulta adibito ad attività segretariale; in questo caso, l’apporto prevalente dei Volontari appare ampiamente giustificato, in forza della gratuità e semplicità dell’attività esercitata.
Premesso quanto sopra, le complesse attività assistenziali svolte da un’altra Associazione possono giustificare un ‘maggiore’ apporto di personale dipendente. E’ il caso, ad esempio, di una Associazione dedita a servizi assistenziali per anziani o malati di cancro che organizzi i servizi di assistenza/accompagnamento ai sofferenti.
In questo caso, visto l’art. 3.4°comma l. 266/91 citato, l’apporto di personale dipendente non può certo limitarsi al solo apporto segretariale e amministrativo (comunque, necessario), ma anche a settori assistenziali (Operatore Socio Sanitario etc.), tutti elementi indispensabili per “qualificare” e “specializzare” l’apporto dell'Associazione, in vista della realizzazione dell’attività statutaria. Da questo punto di vista, una ‘maggiore’ presenza di personale, lungi dall’essere anomala, appare al contrario fisiologica e necessaria, non potendo tali attività, così qualificate e delicate, essere affidate tout court a personale volontario.
In questo ambito, può considerarsi “normale” e fisiologico un apporto del personale Volontario specialmente in mero “affiancamento”.
In che termini, allora, può essere valutato “anomalo” l’apporto di personale dipendente?
E’ difficile, quasi impossibile, trarre conclusioni certe sul piano meramente teorico, occorrerebbe misurarsi sul caso concreto.
Certamente, un’Associazione può perdere i benefici connessi allo status di Associazione di Volontariato ex. l. 266/91, ove risulti concretamente che la sua organizzazione è concepita scientemente e preordinatamente per escludere personale volontario. O per impiegare personale volontario per supplire a prestazioni, che, al contrario, per legge, dovrebbero essere svolte da personale dipendente o autonomo qualificato.
Questo, per un primo resconto sintetico della complessa materia.

Dr. GIORGIO FRABETTI
STUDIO LANDI, FERRARA

giovedì 29 ottobre 2015

COMMENTO CASSAZIONE 21023/2015: ATTENZIONE ALLA NORMATIVA "PRO TEMPORE" APPLICABILE ALLE COLLABORAZIONI AUTONOME!

In questi giorni, sta incontrando notevole diffusione sul web una sentenza recentissima della Corte di Cassazione (nr. 21023/2015), da molti salutata come una sentenza in controtendenza con le restrizioni sul cd “finto lavoro autonomo”.
Nel caso di specie, in particolare, smentendo le conclusioni del Direttore dell’Ispettorato del Lavoro di Bolzano, la Corte di Cassazione ha ritenuto di non poter confermare le conclusioni di un’Ordinanza-Ingiunzione con la quale l’ispettorato aveva qualificato “lavoro subordinato” quello prestato da alcune donne che provvedevano, senza orario fissato, a rassettare e pulire immobili di un residence (in località ad alta vocazione turistica), ovvero a riscuotere i canoni di locazione.
La Cassazione, in questo caso, aveva escluso la subordinazione, argomentando l’esiguità delle ore lavorate e l’assenza di una formale etero-direzione delle Lavoratrici.
La sentenza non può costituire un precedente valido per le attuali collaborazioni.
Innanzitutto, l’Ispezione si riferisce ad un periodo (aprile 2003) certamente precedente all’entrata in vigore della legge Biagi (24/10/2004): la sentenza, cioè, si riferisce ad un periodo ante- legge Biagi, quando le collaborazioni erano davvero deregolate.
A maggior ragione, questa sentenza non può essere invocata oggi, pur abolita la legge Biagi e pur ristabilita la piena vigenza dell’art. 409 CPC.
E’ al riguardo buona cosa ricordare che la sentenza ragiona come si ragionava "una volta", ovvero esclude la subordinazione perché esclude, nel caso di specie, l'etero direzione! Peccato che dal 1 gennaio 2016 serva la dimostrazione della "etero organizzazione" ... è io ho più di un motivo per ritenere che questa difetti nel caso qui trattato dalla Cassazione.  Come abbiamo già visto, la circostanza che il Barista esegua da solo il lavoro, senza ordini altrui, non ne fa necessariamente un genuino lavoratore autonomo: la ripetitività delle prestazioni resta un indizio decisivo della circostanza che il Collaboratore non dispone di alcun margine di “autonomia organizzativa” sul servizio che deve svolgere. E questo ragionamento, crediamo, possa valere nel caso oggi dovesse ripresentarsi il caso delle Lavoratrici di cui alla sentenza nr. 21023/2015.

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE PER ASSENZA INGIUSTIFICATA- UN'IMPORTANTE NOTA INTERPRETATIVA DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Quesito: Supponiamo che ad un’Azienda Cliente si applichi un CCNL come quello Alimentari Industria che, all’art. 70, numero 2), prevede una simile clausola sul licenziamento disciplinare (per giusta causa):

… assenza ingiustificata per tre giorni consecutivi o per tre volte all'anno nei giorni seguenti ai festivi o alle ferie;

Ci si è chiesti se questa norma di CCNL consente il licenziamento del Dipendente al mero “sopravvenire” delle giornate di assenza, così come computate secondo la norma, secondo le sequenze ivi precisate (a ridosso di ferie e/o festività), ovvero se occorra una valutazione ulteriore di “proporzionalità” tra infrazione e licenziamento.

Risposta:
Questo quesito è stato dibattuto in Cassazione 11/9/2015 nr. 17987, in una prosa sintetica, ma molto involuta, la cui sintesi, però, può essere compendiata come segue.
La Cassazione ricorda che le norme di CCNL non obbligano necessariamente il Datore ad adottare l’atto di licenziamento disciplinare: il licenziamento disciplinare, infatti, ricorda la Corte di Cassazione, va adottato a fronte di condotte di “inadempimento” ex. art. 2103 C.C.; in questo senso, le violazioni eventualmente enumerate nel CCNL acquistano valenza meramente “sintomatica” dell’inadempimento, potendo così il Dipendente provare il contrario; su questo, dovrà misurarsi la difficile prova della cd “proporzionalità” del licenziamento disciplinare ex. art. 7 l. 300/70.
Ci sono casi, però, in cui questo esame di “proporzionalità” non serve, perché deve ritenersi sostanzialmente compiuto ed “assorbito” dalla norma collettiva: questo, secondo la Cassazione, sarebbe proprio il caso dell’art. 70.1°comma numero 2) che ammette il licenziamento in modo pressocchè automatico, al ricorrere degli “indici quantitativi” previsti (il numero di assenze, la loro adiacenza con giorni di feste e ferie), senza valutazioni ulteriori e discrezionali.
La sentenza, comunque, per come è formulata, lascia aperti molti dubbi e perplessità, perché effettivamente (se non intesa rettamente) si presta a comprimere il diritto di difesa del Lavoratore, costituzionalmente garantito. In realtà, ogni obiezione cade, se si parte dal presupposto che il giudizio di “proporzionalità” della sanzione disciplinare in questo caso è semplicemente fatto ricadere non sul Datore, ma sul Lavoratore: la norma, infatti, implicando già essa un giudizio di “proporzionalità” esonera il Datore dall’onere di riscontrarla nel concreto; ma non esonera, né può esonerare, il Lavoratore dal contestarla: evidentemente, non riuscendo il Lavoratore a invertire l’onere della prova, la sanzione disciplinare resta efficace.
E’ evidente che si tratta di una pronuncia molto vantaggiosa per i Datori di Lavoro nostri Clienti, che, al ricorrere di questa norma, o di altra norma confezionata in modo similare, si trovano largamente semplificata la via del licenziamento disciplinare. A disposizione per approfondimenti

mercoledì 28 ottobre 2015

JOBS ACT E NUOVE NORME SUL COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO DEI DISABILI - PRIMA PANORAMICA

La presente accompagna prima breve panoramica delle disposizioni introdotte dal Jobs Act (D.lgs. 151/2015. cd Decreto Semplificazioni), relativamente alle nuove norme sul collocamento obbligatorio del personale disabile.
Le informazioni sono attinte dalla Circolare 19/2015 della Fondazione Studi CDL, in attesa di disposizioni di chiarimento ministeriale. Qui di seguito, in sintesi, i tratti principali della riforma.

-CAMPO DI APPLICAZIONE PIU’ AMPIO (art. 2.1°comma D.lgs. 151): Estese le disposizioni ex. l. 68/1999 alle persone di cui all’art. 1.1°comma l. 222/1984, percettori di pensioni di invalidità;
-SUPERAMENTO DEL REGIME DI “GRADUALITA’” NELL’OBBLIGO DI ASSUNZIONE (art. 2 D.lgs. 151): A partire dal 1 gennaio 2017, [viene] superato, per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti, il regime di gradualità nell’attuazione dell’obbligo di assunzione che era subordinato all’effettuazione di ‘nuove assunzioni’. In altre parole, mentre prima l’obbligo di assumere un disabile scattava solo in caso di nuove assunzioni, ora il semplice fatto di avere dai 15 ai 35 dipendenti impone al datore di lavoro di avere alle proprie dipendenze il lavoratore disabile nei termini previsti per gli altri datori di lavoro (sessanta giorni dall’obbligo). Tale previsione è pienamente applicabile anche ai partiti politici, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni senza scopo di lucro che operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione.
-COMPUTO QUOTA DI RISERVA PER DISABILI NON ASSUNTI TRAMITE IL COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO-NUOVE REGOLE (Art. 4 D.lgs. 151): I lavoratori, già disabili prima della costituzione del rapporto di lavoro, sono computati nella quota di riserva anche se non assunti tramite il collocamento obbligatorio, ma solo nel caso in cui abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 60% o con disabilità intellettiva e psichica con riduzione della capacità lavorativa al 45%”, ovviamente non dipendente da colpa del Datore di Lavoro (N.B.: Tale meccanismo dovrebbe alleggerire l’adempimento assunzionale di personale disabile, ma non è del tutto chiaro nei termini operativi e si raccomanda di attendere le disposizioni ministeriali del caso).
-NUOVE REGOLE PER L’AUTOTRASPORTO (art.5.1°comma lett. a): Le Aziende di autotrasporto dovranno conteggiare nella base occupazionale utile il personale viaggiante addetto alla guida degli automezzi;
-ESONERO ASSUNZIONE PERSONALE DISABILE PER ATTIVITA’ AD ALTO RISCHIO INAIL (art.5.1°comma lett. a): L’art. 5, semplifica il procedimento di esonero dall’obbligo di assunzione di persone con disabilità per quanto concerne gli addetti impegnati in lavorazioni che comportano il pagamento di un tasso di premio ai fini INAIL pari o superiore al 60 per mille, prevedendo un’automaticità basata su un’autocertificazione del datore di lavoro.

ATTENZIONE, L’autocertificazione ha un costo! Il Datore di Lavoro sarà tenuto a versare al Fondo per il diritto al lavoro dei disabili il contributo esonerativo pari ad 30,64 euro per ogni giorno lavorativo e per ciascun lavoratore disabile non occupato.

-ASSUNZIONE TRAMITE CHIAMATA NOMINATIVA E SELEZIONE INDIVIDUALE: Mediante la modifica dell’art. 7 della legge n. 68/1999, si cerca di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro: i datori di lavoro privati e gli pubblici economici avranno la possibilità di assumere lavoratori con disabilità attraverso chiamata nominativa (ovvero l’azienda individua autonomamente la persona da inserire). Sarà altresì possibile, e dunque non obbligatorio, far precedere l’assunzione dalla richiesta al servizio competente della raccolta delle candidature sulla base delle qualifiche concordate, ma con il mantenimento in capo al datore di lavoro della facoltà di scelta all’interno della rosa dei nomi proposti.
N.B: Finora l’assunzione di lavoratori disabili avveniva solo parzialmente tramite chiamata nominativa, mentre una parte degli avviamenti era affidati ai servizi competenti.
Con le nuove norme, dal 1/1/2016, l’avviamento lavoratori a cura dell’ufficio avviene solo nel caso di mancata assunzione dei datori di lavoro. Altra importante novità collegata a tali modifiche riguarda la soppressione della possibilità per gli uffici di procedere all’avviamento di lavoratori con qualifiche similari qualora quelle richieste dal lavoratore non siano disponibili. In precedenza, il comma 2 dell’articolo 9 della legge n.68/1999 prevedeva che gli uffici potessero invece procedere secondo l'ordine di graduatoria e previo addestramento o tirocinio. Eliminata anche la possibilità per gli uffici competenti di poter determinare procedure e modalità di avviamento mediante chiamata con avviso pubblico e con graduatoria limitata a coloro che aderiscono alla specifica occasione di lavoro.
Non risultano mutazioni di rilievo nell’impianto delle sanzioni amministrative, che resta invariato.
Per quanto riguarda la disciplina degli incentivi economici per assunzione di personale disabile, si rinvia a successivo approfondimento, che, si spera, possa compendiare informazioni ufficialmente confermate dal Ministero del Lavoro.
Sarà comunque nostra cura presentare un resoconto coordinato tra la normativa nuova e previgente, non appena il Ministero avrà provveduto a consolidare proficuamente il quadro normativo.
A disposizione per approfondimenti

DECRETO SEMPLIFICAZIONE, LE NUOVE SANZIONI DEL LIBRO UNICO DEL LAVORO (LUL)

Le disposizioni del D.lgs. 151/2015 (art. 22.5°comma) che modificano l’art. 39.7°comma DL 112/2008 sul LUL non determinano radicali novità.
Da un lato, il D.lgs. (cd Decreto Semplificazioni) rimodula le sanzioni amministrative per omessa e infedele registrazione nel LUL, secondo i seguenti importi:

-Previsione base: Sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 1.500 euro.
-Violazione riferita a più di cinque lavoratori ovvero a un periodo superiore a sei mesi: la sanzione va da 500 a 3.000 euro.
-Violazione riferita a più di dieci lavoratori ovvero a un periodo superiore a dodici mesi: la sanzione va da 1.000 a 6.000 euro.

Dall’altro, il testo assesta i termini descrittivi delle ipotesi di illecito amministrativo oggetto della sanzione:
-Omessa registrazione: si riferisce alle scritture complessivamente omesse e non a ciascun singolo dato di cui manchi la registrazione, e che si risolvano in differenti trattamenti retributivi, fiscali, previdenziali; -Infedele registrazione: si riferisce alle scritturazioni dei dati di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 39 D.L. n. 112/08, convertito con modificazioni dalla legge n.133/08, diverse rispetto alla qualità o quantità della prestazione lavorativa effettivamente resa o alle somme effettivamente erogate, e che si risolvano in differenti trattamenti retributivi, fiscali, previdenziali.

Queste le prime indicazioni che si possono estrarre dalla Circolare 26/2015 del Ministero del lavoro, che si riporta sotto (in estratto).

Art. 22 D.lgs. 151/2015:
5. All'articolo 39 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il comma 7 è sostituito dal seguente: «7. Salvo i casi di errore meramente materiale, l'omessa o infedele registrazione dei dati di cui ai commi 1, 2 e 3 che determina differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero a un periodo superiore a sei mesi la sanzione va da 500 a 3.000 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero a un periodo superiore a dodici mesi la sanzione va da 1.000 a 6.000 euro. Ai fini del primo periodo, la nozione di omessa registrazione si riferisce alle scritture complessivamente omesse e non a ciascun singolo dato di cui manchi la registrazione e la nozione di infedele registrazione si riferisce alle scritturazioni dei dati di cui ai commi 1 e 2 diverse rispetto alla qualità o quantità della prestazione lavorativa effettivamente resa o alle somme effettivamente erogate. La mancata conservazione per il termine previsto dal decreto di cui al comma 4 è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 600 euro. Alla contestazione delle sanzioni amministrative di cui al presente comma provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza. Autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è la Direzione territoriale del lavoro territorialmente competente.».

ESTRATTO CIRCOLARE MINISTERO LAVORO NR. 26/2015 (…)
Libro Unico del Lavoro, prospetto paga, assegni familiari

II Legislatore modifica la disciplina sanzionatoria in materia di LUL, prospetto paga e assegni familiari, introducendo un criterio di commisurazione della sanzione graduato per fasce in relazione sia al numero dei lavoratori coinvolti che ai periodi in cui permanga la condotta illecita. Giova subito precisare che qualora la condotta sia riconducibile a due diverse fasce, andrà applicata la sanzione più elevata la quale assorbirà, evidentemente, la violazione meno grave. Libro unico del Lavoro In riferimento al LUL, viene riformulato il comma 7 dell'art. 39 del D.L. n. 112/2008 prevedendo, per le condotte di omessa o infedele registrazione dei dati, la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 150 ad euro 1.500. La sanzione è aumentata nei seguenti termini: - da euro 500 ad euro 3.000 se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 6 mesi; - da euro 1.000 ad euro 6.000 se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 12 mesi. Atteso che la graduazione della sanzione tiene conto sia del numero di lavoratori ; che delle mensilità interessate dall'omissione, sono evidentemente superate le indicazioni fornite con circ. n. 23/2011, afferenti le modalità di quantificazione della sanzione nei casi in cui la condotta illecita si protragga per più di una mensilità. Restano invece fermi i chiarimenti già forniti da questa Direzione generale, da ultimo con circolare n. 2/2012, in relazione al concetto di infedele registrazione che va riferito esclusivamente ai casi di difformità tra i dati registrati e il quantum della prestazione lavorativa resa o l'effettiva retribuzione o compenso corrisposto. È quindi da escludersi qualsiasi valutazione in ordine alla riconduzione del rapporto ad altra tipologia contrattuale ovvero in ordine alla mancata corresponsione di determinate somme previste dalla contrattazione collettiva applicata o applicabile, rispetto alle quali è fatto salvo evidentemente il potere di emanare la diffida accertativa al fine di dare immediata tutela ai lavoratori interessati. Si ricorda infine che le condotte di omessa e infedele registrazione - alle quali sono equiparate, ai fini sanzionatori, anche la tardiva compilazione del LUL - sono punibili a condizione che le stesse abbiano determinato differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali. (…)

martedì 27 ottobre 2015

LAVORATORI FRONTALIERI, NUOVA CONVENZIONE ITALIA SVIZZERA

Fonte DPL Modena

E’ stato rivisto l’accordo del 23 febbraio 2015 tra Italia e Svizzera sullo scambio automatico di informazioni, contenente anche la roadmap con i principi di fondo per il nuovo regime tributario relativo ai cittadini italiani residenti nelle zone di confine e che lavorano in Svizzera. Il Ministero dell’Economia e Finanze fa il punto della situazione predisponendo un documento intitolato: “I lavoratori frontalieri italiani in Svizzera. Carburante di qualità nel motore dell’economia elvetica, in particolare ticinese”. Nel documento sono inseriti dati e statistiche sui flussi dei frontalieri, il trattamento fiscale attuale e quello prospettico, il sistema di previdenza, le misure di welfare ed il mercato del lavoro nel Canton Ticino. Nell’accordo tra i due Stati è stato rivisto il trattamento fiscale. Se fino ad oggi la tassazione era esclusiva nel paese dove il lavoratore prestava la sua opera, cioè in Svizzera; d’ora in poi sarà invece concorrente, sia nel paese dove viene prestato il lavoro, sia nel paese di residenza. Il paese dove si lavora preleverà una ritenuta alla fonte, fino a un massimo del 70% di quanto dovuto in base alle imposte sui redditi delle persone fisiche; il paese in cui si risiede applicherà poi le proprie imposte sui redditi, con detrazione di quanto assolto alla fonte nell’altro stato. Nel documento si specifica, quindi, che la tassazione definitiva, che si ottiene sommando le imposte assolte nei due stati, sarà quella del paese di residenza”.

A disposizione per approfondimenti

LAVORO SOMMERSO: PAGAMENTO A RATE, PER REVOCARE LA SOSPENSIONE ATTIVITA’ PRODUTTIVA

Il D.lgs. 151/2015 (altrimenti detto, Decreto Semplificazioni) ha innovato significativamente la procedura per consentire in capo al Datore di Lavoro la revoca del provvedimento di sospensione dell’attività produttiva. Qui di seguito, un breve riepilogo:
-PRESUPPOSTI DI SOSPENSIONE DELL’ATTIVITA’ PRODUTTIVA: Restano fermi i presupposti di sospensione previgenti. La sospensione, cioè, è disposta dall’Ispettore, quando il numero di lavoratori irregolari sia pari al 20% del totale dei lavoratori presenti nel luogo di lavoro (Nota INAIL 23/11/2010 nr. 8513).
Ad esempio, ove si rilevi la presenza di 10 lavoratori (di cui 3 “in nero”), la percentuale andrà calcolata su base “10” (e non su base “7”); il numero dei lavoratori (di cui “3” in nero), rappresentando il 30% del totale dei Lavoratori, è sufficiente a consentire l’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività produttiva;
-NUOVI IMPORTI PER SOMME PER REVOCA SOSPENSIONE: Variano gli importi delle misure aggiuntive previste per conseguire la revoca della sospensione dell’attività. In questi casi, il Datore di Lavoro dovrà versare € 2.000 (sospensione per lavoro irregolare) ed € 3.200 (gravi e reiterate violazioni della normativa di Sicurezza);
- PAGAMENTO A RATE PER LA RIAPERTURA DELL’ATTIVITA’ PRODUTTIVA SOSPESA: La sospensione dell’attività produttiva per “lavoro nero” e simili ex. art. 14 D.lgs. 81/2008 potrà essere revocata, con pagamento non dell’intera somma aggiuntiva, ma del 25%. Per il residuo importo, maggiorato del 5%, verrà versato successivamente (a rate), entro sei mesi. In caso di inadempimento, sulle somme si formerà titolo esecutivo. Sulle misure tecniche, si attendono specifiche (essendo inedita la formazione di un titolo esecutivo su un atto dell’Ispettore e non della Direzione Territoriale, in senso stretto).
-REGOLARIZZAZIONE CONTRATTUALE: Tale regolarizzazione avverrà nello stesso modo previsto per la maxi-sanzione. In allegato, si riporta l’estratto della Circolare del Ministero del Lavoro nr. 26/2015, dedicata a questi contenuti
A disposizione per approfondimenti

venerdì 23 ottobre 2015

MAXISANZIONE E DIFFIDA, I NUOVI CASI EX D.LGS. 151/2015 (GUIDA ALLA LETTURA DELLA CIRCOLARE MIN.LAV. 26/2015




AVVERTENZA: Come promesso, ecco l'annunciato approfondimento sulla nuova diffida per la maxi-sanzione da "lavoro sommerso, che analizza il dettato della Circolare nr. 26 del Ministero del Lavoro.

            DIFFIDA: GLI ARCHITRAVI NORMATIVI
                COSA DISPONE LA CIRCOLARE:La disposizione reintroduce la diffidabilità della maxisanzione ai sensi dell'art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004. Ai fini della regolarizzazione della violazione, fermi restando i connessi adempimenti formali (istituzione ovvero compilazione LUL, consegna lettera di assunzione, comunicazione al Centro per l'impiego ecc.), si prevede:
a) la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche a tempo parziale con riduzione dell’orario non superiore al 50%, o con contratti a tempo pieno e determinato dì durata non inferiore a tre mesi;
b) il mantenimento in servizio dei lavoratori oggetto di regolarizzazione per un periodo non inferiore a "tre mesi".
Va subito chiarito che la stipulazione di tali contratti è sottratta, evidentemente, alle eventuali connesse agevolazioni già previste dalla vigente disciplina (prima fra tutte quella di cui all'art. 1, commi 118 e 119, della L. n. 190/2014), attesa peraltro la violazione del disposto di cui all'art. 1, comma 1175, della L. n. 296/2006 che subordina l'accesso ad eventuali benefici “normativi e contributivi” anche al rispetto degli “altri obblighi di legge”.
Nei confronti dei lavoratori irregolari trovati "ancora in forza" al momento dell'accesso ispettivo, si ottempera alla diffida nel termine complessivo di 120 giorni dalla notifica del verbale unico, mediante la dimostrazione, da parte del datore di lavoro, dei seguenti adempimenti:
a) la regolarizzazione dell'intero periodo di lavoro prestato in "nero" secondo le modalità accertate ivi compreso il versamento dei relativi contributi e premi;
b) la stipula del contratto di lavoro secondo le tipologie contemplate dalla norma;
c) il mantenimento in servizio del lavoratore per almeno "tre mesi" e cioè almeno 90 giorni di calendario, da comprovare attraverso il pagamento delle retribuzioni, dei contributi e dei premi scaduti entro il termine di adempimento;
d) il pagamento della maxi-sanzione [nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa, nota nostra].
Per inciso è opportuno ricordare che, a prescindere dalla regolarizzazione del rapporto come sopra indicata, resta fermo il recupero delle retribuzioni eventualmente non versate attraverso l'emanazione della diffida accertativa, così come del resto già chiarito con circ. n. 1/2013”.
N.B.: La diffida è preclusa dove l’impiego di lavoratori in nero configuri altresì illecito penale (es. impiego di lavoratori extra-UE clandestini ex. art. 22.12°comma D.lgs. 268/98, impiego di minori che non hanno ancora assolto l’obbligo scolastico).
            TIPOLOGIE CONTRATTUALI UTILI PER LA “REGOLARIZZAZIONE”:
            Con specifico riferimento alle tipologie contrattuali previste dal Legislatore, si evidenzia che non risulta possibile, ai fini dell'adempimento alla diffida, la stipula di un contratto di lavoro intermittente sia a tempo indeterminato che a tempo determinato, in ragione della ratio legis che impone un'evidente continuità del rapporto, certamente non compatibile con tale fattispecie contrattuale. Inoltre la stipula di un contratto a termine, pur ammessa tra le ipotesi previste dal Legislatore, potrà effettuarsi nel rispetto della disciplina del D.lgs. 81/2015, ivi compresi i limiti quantitativi di cui all’art. 23 del medesimo Decreto”.
            Commento: Il Ministero non ha chiarito se la regolarizzazione possa avvenire con contratto di apprendistato, che è pure contratto a tempo indeterminato.
            I CASI.
            -Periodo minimo di “mantenimento in servizio”, cosa significa:
            COSA DISPONE LA CIRCOLARE:Il periodo minimo di 3 mesi di mantenimento in servizio del lavoratore va computato "al netto" del periodo di lavoro prestato "in nero", il quale andrà comunque regolarizzato.
In altri termini, il contratto decorrerà dal primo giorno di lavoro "nero" mentre il periodo di 3 mesi utile a configurare l'adempimento alla diffida andrà "conteggiato" dalla data dell'accesso ispettivo”.
            Es. (nostro). Ad un accesso ispettivo del 29/9, Tizio risulta lavorare in nero presso Caio dal 1/8/2015. Da quale giorno decorre il dies a quo per il “mantenimento in servizio per tre mesi” utile per la sanatoria via diffida? Il dies a quo decorre dal giorno dell’accesso ispettivo, ossia dal 29/9. Scadenza il 28/12/15. N.b.: Non si considerano, ai fini dei “mesi di mantenimento in servizio” i pregressi periodi lavorati “in nero”.
            IMPORTANTE:In ogni caso si ricorda che, laddove il datore di lavoro non abbia adempiuto alla diffida entro il centoventesimo giorno dalla notifica, il verbale unico, ai sensi dell'art. 13, comma 5, del D.Lgs. n. 124/2004, produce gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati nei confronti del trasgressore e della persona obbligata in solido ai quali sia stato notificato. A tal proposito appare opportuno specificare che entro il centoventesimo giorno dalla notifica del verbale deve pertanto trovare pieno compimento l'intero periodo trimestrale di mantenimento in servizio del lavoratore”.
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            -Interruzione del rapporto di lavoro per cause non imputabili al Datore di Lavoro nel periodo compreso tra l’accesso ispettivo e la notifica del Verbale Unico.
            COSA DISPONE LA CIRCOLARE: “Nelle ipotesi di interruzione del rapporto di lavoro per cause non imputabili al datore di lavoro nel periodo compreso tra l'accesso ispettivo e la notifica del verbale unico, è comunque possibile - ferma restando la regolarizzazione del periodo "in nero" pregresso -  che l'adempimento alla diffida avvenga con un separato contratto stipulato successivamente allo stesso accesso ispettivo. All'esito della verifica, tale contratto dovrà aver consentito un effettivo periodo di lavoro di almeno tre mesi, entro il termine di 120 giorni dalla notifica del verbale unico.
Per maggior chiarezza e al fine di consentire al datore di lavoro di adempiere tempestivamente agli obblighi connessi alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro "nero", il personale ispettivo in sede di primo accesso, nel relativo verbale, avrà cura di informare il datore di lavoro di quanto appena specificato”.
Commento: Siamo certamente davanti ad uno dei passi più complessi della Circolare 26/2015 del Ministero del Lavoro. Può darsi, infatti, che il Dipendente scoperto a “lavorare in nero”, successivamente all’accesso ispettivo, si dimetta, o addirittura si renda irreperibile.
A queste condizioni, non è evidentemente consentito al Datore di Lavoro “mantenere in servizio per tre mesi” il Dipendente, ossia ottemperare ad una delle condizioni della diffida: certo, non per sua volontà. A questo scopo, il Ministero del Lavoro precisa che la “regolarizzazione contrattuale” può avvenire se il Datore ha adottato un contratto di assunzione avente come data lo stesso giorno dell’accesso ispettivo, anche se, successivamente, il Dipendente si sia dimesso (in questo caso, evidentemente, dovrà procedersi alla “convalida”). Se non intendiamo male quanto detto (sia pure in modo ultra-criptico) dal Ministero, ove non sia possibile il “mantenimento in servizio” per tre mesi del Dipendente, il Datore deve provare di avere, contestualmente all’accesso ispettivo, o stipulato il contratto prima delle dimissioni, ovvero offerto il contratto di lavoro: questo, in particolare, è il caso del Dipendente che, successivamente all’accesso, si renda irreperibile. In questo caso, il Datore dovrebbe provare di aver offerto validamente il contratto di lavoro al Lavoratore, almeno notificandoglielo all’ultimo indirizzo utile ex. art. 1335 Codice Civile.
Ci si aspetta che queste siano le informazioni che il personale ispettivo dovrà fornire al Datore di Lavoro, contestualmente all’accesso ispettivo, per metterlo in condizione utile di adempiere, pur a fronte di tali criticità operative.
Ciò posto, si aprono, comunque, alcuni problemi, relativamente alla tempistica di ammissione del Datore al pagamento della maxi-sanzione in misura ridotta: in analogia con quanto disposto dalla Circolare per la cd “diffida ora per allora”, riteniamo coerente ipotizzare che, dimostrata l’impossibilità di garantire il “mantenimento in servizio”, pur dopo la ripetuta offerta di assunzione al Lavoratore, nei 120 gg. successivi alla notifica del Verbale Unico il Datore possa essere ammesso al pagamento della ‘maxi-sanzione’ in misura ridotta.
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-Datore di Lavoro, prima della notifica del Verbale (a seguito di provvedimento di sospensione ex. art. 14 D.lgs. 81/2008), ha provveduto a regolarizzare il rapporto di lavoro
COSA DISPONE LA CIRCOLARE: “Nelle ipotesi in cui il datore di lavoro abbia provveduto, prima della notifica del verbale (come può accadere anche a seguito del provvedimento di sospensione adottato ai sensi dell'art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008), a regolarizzare il rapporto di lavoro secondo le tipologie contrattuali contemplate dalla norma, il personale ispettivo procederà ad adottare ugualmente la diffida che avrà ad oggetto esclusivamente l'obbligo del mantenimento in servizio del lavoratore per almeno tre mesi da comprovare secondo le modalità sopra indicate nonché la richiesta di pagamento del minimo della sanzione edittale. Nelle risultanze del verbale si darà altresì atto della regolarizzazione del lavoratore mediante la stipulazione del contratto.
In ogni caso si ricorda che, laddove il datore di lavoro non abbia adempiuto alla diffida entro il centoventesimo giorno dalla notifica, il verbale unico, ai sensi dell'art. 13, comma 5, del D.Lgs. n. 124/2004, produce gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati nei confronti del trasgressore e della persona obbligata in solido ai quali sia stato notificato. A tal proposito appare opportuno specificare che entro il centoventesimo giorno dalla notifica del verbale deve pertanto trovare pieno compimento l'intero periodo trimestrale di mantenimento in servizio del lavoratore”.
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-Accesso ispettivo interviene in un momento nel quale i lavoratori sono certamente regolarizzati, ma risulta che essi sono stati impiegati “in nero” in un tempo antecedente l’accesso (n.b.: è questo il caso che, nel vigore della normativa precedente, determinava l’applicazione della ‘maxi-sanzione’ affievolita).
COSA DISPONE LA CIRCOLARE: “Il Legislatore fa salva, in riferimento a taluni contenuti della diffida, l'ipotesi in cui i "risultino regolarmente occupati per un periodo lavorativo successivo" a quello prestato “in nero”. Trattasi, in sostanza, della precedente fattispecie oggetto della c.d. maxisanzione affievolita.
In tal caso, …, la diffida non avrà ad oggetto la stipulazione del contratto secondo le tipologie previste dal Legislatore né il conseguente mantenimento in servizio del lavoratore per 3 mesi ma esclusivamente la regolarizzazione del periodo di lavoro prestato in "nero". Pertanto il datore di lavoro, nell'ordinario termine di 45 giorni dalla notifica della diffida, dovrà dare dimostrazione della "copertura" del precedente periodo di occupazione irregolare, rettificando la data di effettivo inizio del rapporto di lavoro, del pagamento delle sanzioni nella misura minima e dei contributi riferibili al periodo "in nero".
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-Lavoratori risultino impiegati “in nero”, ma non più in forza al momento dell’accesso ispettivo.
COSA DISPONE LA CIRCOLARE:In tal caso, …, la diffida non avrà ad oggetto la stipulazione del contratto secondo le tipologie previste dal Legislatore né il conseguente mantenimento in servizio del lavoratore per 3 mesi ma esclusivamente la regolarizzazione del periodo di lavoro prestato in "nero". Pertanto il datore di lavoro, nell'ordinario termine di 45 giorni dalla notifica della diffida, dovrà dare dimostrazione della "copertura" del precedente periodo di occupazione irregolare, rettificando la data di effettivo inizio del rapporto di lavoro, del pagamento delle sanzioni nella misura minima e dei contributi riferibili al periodo "in nero".
(…) La [nuova] disposizione limita la condizione del "mantenimento in servizio per almeno tre mesi" ai soli lavoratori irregolari "ancora in forza" al momento dell'accesso ispettivo”.
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DIFFIDA “ORA PER ALLORA”: Al momento dell’accesso ispettivo, risulta un pregresso “lavoro nero”, ma siano già decorsi più di 90 gg. dalla “regolarizzazione”
COSA DISPONE LA CIRCOLARE: “Il personale ispettivo ammetterà direttamente il trasgressore al pagamento della sanzione amministrativa pari al minimo edittale (c.d. diffida ora per allora) nel caso in cui, prima della redazione del verbale, questi abbia già documentato gli adempimenti di cui alle lettera a), b) e c) sopra richiamati (regolarizzazione dell'intero periodo di lavoro prestato in "nero", stipula del contratto di lavoro secondo le tipologie contemplate dalla norma, mantenimento in servizio del lavoratore per 3 mesi e cioè almeno 90 giorni), ivi compreso il versamento dei relativi contributi e premi.
In tal caso, il pagamento delle sanzioni andrà effettuato comunque entro il termine di 120 giorni dalla notifica del verbale”.
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-Contestazione di più illeciti, alcuni soggetti a diffida “ordinaria” (45 gg.), altri a “diffida speciale” ex art. 22 D.lgs. 151/2015.
“Nel caso di contestazione di più illeciti, diffidabili secondo termini diversi o anche non diffidabili, il c.d. dies a quo per il pagamento della sanzione in misura ridotta (60 giorni ex art. 16 L. n. 689/1981), decorre necessariamente dalla scadenza dei termini individuati dal Legislatore per l'adempimento alla diffida per la maxisanzione.
Allo stesso modo, il termine di 30 giorni per presentare ricorso ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004, decorre dalla scadenza del termine di 120 giorni previsto per l'ottemperanza alla diffida per tutti gli illeciti contestati con il medesimo verbale, in conformità con quanto già chiarito con circ. n. 41/2010”.
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DISAPPLICAZIONE SANZIONI AMMINISTRATIVE MINORI, IN PRESENZA DI MAXI-SANZIONE:

Sciogliendo dubbi e perplessità emerse nella prassi precedente, l’art.3.quinquies DL 12/2002 (conv. in l. 73/2002) dispone che l’ applicazione della cd “maxi-sanzione” per “lavoro sommerso” escluda l’applicazione (anche in concorso) di alcune sanzioni minori (che vengono, così, sostanzialmente assorbite) quali:
-Art. 39.7°comma  DL 112/2008 (tenuta/conservazione LUL)
-Art. 19.2-3°comma D.lgs. 276/2003 (mancata comunicazione preventiva al Centro per l’Impiego).


giovedì 22 ottobre 2015

FALLIMENTO E ISTANZA DI LIQUIDAZIONE DEL TFR AL FONDO DI GARANZIA-DA "L'ESPERTO RISPONDE" 41/2015 (QUESITO 3573)

Caso:
L’Azienda Taldeitali Spa (35 Dipendenti) a maggio 2013 chiude definitivamente. A luglio 2014, viene approvato (e non contestato) il concordato preventivo.
A oggi, il TFR non risulta pagato né dal Fondo di Tesoreria INPS né dal Fondo di Garanzia INPS.
Qual è la procedura corretta da seguire per la liquidazione del TFR da parte del Fondo di Garanzia INPS?
E quali i tempi di definizione della pratica?

Risposta:
Ai sensi della l. 297/82 e del D.lgs. 80/1992, il Lavoratore, in caso di fallimento del Datore di Lavoro, ha diritto al TFR e alle ultime tre mensilità di retribuzione, sul conto del Fondo di Garanzia INPS. L’istanza del Dipendente al Fondo di Garanzia INPS deve essere prodotta dal giorno successivo alla pubblicazione del decreto di omologazione o del decreto che decida eventuali opposizioni o impugnazioni.
L’istanza va prodotta alla sede INPS attraverso canali esclusivamente telematici (Circ. INPS 46/2012).
La domanda deve includere carta di identità in corso di validità del richiedente, modello TFR 3bis (Codice SR52) compilato in tutte le sue parti, timbrato e firmato dal Commissario tenuto alla sua compilazione (ex l. 248/2006), copia delle buste paga relative al periodo richiesto, copia autentica del decreto di omologazione del concordato preventivo e attestazione della Cancelleria del Tribunale che il concordato omologato non è stato appellato o reclamato.
Il Fondo è tenuto a liquidare le somme spettanti, compresi interessi legali e la rivalutazione monetaria entro 60 gg. dalla richiesta del Lavoratore (art. 2.7°comma l. 297/82).
A disposizione per approfondimenti

IL TFR IN BUSTA PAGA E CESSIONE DEL QUINTO-QUESITI TRATTATI DA "L'ESPERTO RISPONDE" (3576-41/2015)

Quesiti:
1) Se il Lavoratore aderisce alla Qu.I.R. (Quota Integrativa della Retribuzione), può chiedere successivamente un finanziamento con cessione del quinto?
2) Posto che, per ottenere la Qu.I.R., il TFR del Dipendente deve essere libero da vincoli, una volta attivata la Qu.I.R., il TFR rimane bloccato, oppure è disponibile per finanziamenti?

Risposta:
Ai sensi dell’art. 3 dpcm 27/2/2015, non può accedere alla Qu.I.R. il Lavoratore dipendente il cui TFR sia a disposizione (ossia vincolato, in garanzia) per contratti di finanziamento. Dal tenore complessivo del testo di legge, questo impedimento è previsto per contratti di finanziamento anteriori alla costituzione della QU.I.R., non posteriori. Quindi, successivamente al perfezionamento della Qu.I.R., il Lavoratore può impegnare per contratti di finanziamento sia il TFR maturato presso l’Azienda fino al riconoscimento della Qu.I.R., sia la quota di TFR in busta paga (tipicamente, per cessioni del quinto). E’ evidente che, in quest’ultimo caso, la frazione del “quinto” cedibile in finanziamento deve tener conto degli emolumenti retributivi aggiornati con la Qu.I.R.
A disposizione per approfondimenti

mercoledì 21 ottobre 2015

L'ORARIO DI LAVORO DEGLI INSTALLATORI SECONDO LA RECENTE GIURISPRUDENZA UE

Riallacciandoci a ns risalenti post dedicati al problema del conteggio del tempo di viaggio dal proprio domicilio come orario di lavoro, siamo a trattare della particolare fattispecie dell’Installatore, le cui mansioni consistono nell’installazione di impianti tecnologici, delle più svariate tecnologie presso il Cliente.
Una recente sentenza della Corte di Giustizia del 10/9/2015 C-266/14 (occasionata da una vertenza sulla legislazione spagnola) ha dichiarato valorizzabile (come orario di lavoro e ai fini della corrente retribuibilità) il tempo di percorrenza con l’automezzo (aziendale) impiegato da tale Lavoratore dal proprio domicilio al primo Cliente e nel rientro a fine giornata.
Il suddetto tempo deve intendersi lavoro vero e proprio, quindi, retribuito con retribuzione corrente, e non si considera (specie agli effetti economici) trasferta (Cass. 8293/2015).
In questo caso, però, si apre il non semplice problema del conteggio delle indennità connesse agli spostamenti, che, ex art. 51 TUIR sarebbero imponibili per il 50%: una norma, ricordiamo, dalla discussa applicabilità, non essendo stato del tutto perfezionato l’iter attuativo. Ma aldilà di queste specifiche problematiche fiscali e previdenziali, la sentenza europea, pur occasionata dalla legislazione spagnola, si pronuncia su un punto di normativa uniforme, l’art. 2, punto 1, dir. 2003/88, quindi, certamente estensibile anche in Italia in forza del richiamo alla normativa interna (D.lgs. 66/2003) di recepimento della direttiva UE sull’orario di lavoro. In questo senso, e a questi fini, devono certamente considerarsi ancora valide le indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro con Interpello nr. 15/2010, nei termini sotto richiamati e sviluppati.
Nell’Interpello citato, il Ministero del Lavoro, precisando che, ai sensi dell'art. 02 lett. a) D.lgs. 66/2003, si considera "orario di lavoro" il tempo durante il quale il prestatore di lavoro subordinato è a disposizione del Datore, in funzione delle sue esigenze, ha confermato (come criterio di massima) la non computabilità delle ore di viaggio nell'orario di lavoro (in continuità, per altro, con quanto disposto dall'art. 05 RD 1955/1923 e dall'art. 04 RD 1956/1923), salvo che:

a) Sussista una diversa e spefica disposizione del CCNL di settore;
b) Risulti che, in concreto, il tempo di viaggio sia effettivamente funzionale alla prestazione lavorativa.

Particolarmente nel caso degli Installatori, le ore di viaggio devono particolarmente computarsi come orario di lavoro, ove il Lavoratore disponga di telefono cellulare aziendale con auricolare/bluetuth, che permettono al Lavoratore di parlare direttamente al telefono, senza interrompere il percorso di trasferimento, ovvero di app (es. Google Maps) disposte dal Datore per identificare la percorrenza kilometrica più economica.
La presenza di questi congegni (non importa se di proprietà aziendale o personale) determina un quadro organizzativo tale per cui il Lavoratore è in grado di assumere le consegne del Datore anche durante il viaggio: il possesso di auricolare e bluetuth, quindi, concorre ad individuare un rapporto di reale funzionalità del "tempo di viaggio" al "tempo della subordinazione", perchè è evidente che tali congegni tecnici consentono al Datore di lavoro di impartire al Lavoratore le necessarie istruzioni funzionali all'esecuzione della prestazione.
Sul punto, soccorre l'analogia con la situazione dei cd "lavoratori mobili" (tipicamente l'autotrasporto) che comunicano attraverso la Radio CB.
Evidentemente, tali congegni dovranno essere ammessi e gestiti ai sensi dell’art. 4 l. 300/70 (controlli a distanza), come riformato dal recente D.lgs. 151/2015 (Decreto semplificazioni).
Restiamo a disposizione per aggiornamenti

NOI L’AVEVEVAMO DETTO! COLLABORAZIONI OCCASIONALI DOPO IL JOBS ACT, “IL SOLE 24 ORE” CONFERMA LA NOSTRA INTERPRETAZIONE

Il Sole 24 Ore (del 20/10 nr. 289) ha confermato la nostra interpretazione sul regime fiscale e previdenziale applicabile alle collaborazioni occasionali dopo il Jobs Act (SIROCCHI, Co.co.co-dipendenti per il Fisco).
Ne abbiamo parlato nel nostro post del 14/5 us. Un contenuto, a sua volta, ripreso molto gentilmente nel sito Proposta Lavoro (vai al link: http://www.propostalavoro.com/benessere-e-lavoro/legislazione-e-sicurezza/co-co-co-dopo-il-jobs-act-come-funziona).
Ecco il passaggio di interesse dell’articolo di SIROCCHI:
“Un’ultima considerazione riguarda l’ambito di applicazione delle collaborazioni occasionali.
La legge Biagi, al comma 2 dell’art. 61, esentava dall’obbligo di redazione del progetto le mini collaborazioni, ossia quelle di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare o comunque con compenso non superiore a [lordi] € 5.000 nel medesimo periodo.
Ebbene, poiché tale previsione è stata superata dall’art. 52 del D.lgs. 81/2015, ne consegue che le attuali collaborazioni coordinate saltuarie non hanno un tetto di durata massimo prefissato di durata né di valore e che il limite dei 5mila euro rimane per le collaborazioni di lavoro autonomo occasionale (quindi, senza coordinamento), ai fini degli obblighi previdenziali per l’iscrizione alla Gestione Separata INPS e per il versamento del relativo contributo, come previsto dal comma 2 dell’art. 44 del DL 269/2003 (corsivo e neretto nostro, ndr).
Ai fini delle imposte sui redditi, invece, il discernimento tra attività occasionali e attività abituali dovrà avvenire secondo criteri di ragionevolezza”.

martedì 20 ottobre 2015

FERIE LAVORATORI DOMESTICI, LA NORMATIVA APPLICABILE

Quesito:
L’art. 10 l. 335/1958 prevede un particolare regime per le ferie dei lavoratori domestici, che qui di seguito si riporta:

Art. 10. Ferie.
Ai lavoratori, dopo un anno di ininterrotto servizio, spetta un periodo di ferie annuali con corresponsione della retribuzione, nella misura e con le modalità appresso indicate.
La durata del periodo di ferie non può essere inferiore: a) per il personale impiegatizio di cui all'art. 5, primo comma, a quindici giorni consecutivi fino a cinque anni di anzianità; a venticinque giorni consecutivi per anzianità superiore; b) per i prestatori d'opera manuale di cui all'art. 5, comma secondo, a quindici giorni consecutivi fino a cinque anni di anzianità; a venti giorni per anzianità superiore.
Al lavoratore che usufruisce del vitto e dell'alloggio spetta per il periodo di ferie - ove non usufruisca durante tale periodo di dette corresponsioni - un compenso sostitutivo la cui misura deve essere fissata dalle Commissioni provinciali previste all'art. 12 (1).
In caso di licenziamento - comunque avvenuto - o di dimissioni, al lavoratore che non abbia maturato l'intero diritto alle ferie annuali di cui ai paragrafi a), b), spettano tanti giorni di ferie quanti ne risultano in proporzione al numero dei mesi di anzianità considerando le frazioni di quindici giorni come mese intero.

Risposta:
Alle ferie dei lavoratori domestici si applicano le stesse regole previste per la generalità dei lavoratori dall’art. 10 D.lgs. 66/2003, con le relative sanzioni ex. art. 18bis.
Le ferie (4 settimane) vanno fruite dal lavoratore domestico per 2 settimane consecutive con obbligo di fruizione nei 18 mesi successivi. Si devono ritenere abrogate le norme speciali previste dalla l. 339/58 per le ferie dei lavoratori domestici (art. 10), stante che l’art. 2.1°comma D.lgs. 66/2003 rivolge la disciplina dell’orario di lavoro e delle ferie a “ con il seguente campo di applicazione:

1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano a tutti i settori di attività pubblici e privati con le uniche eccezioni del lavoro della gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE, del personale di volo nella aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE e dei lavoratori mobili per quanto attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/CE.

Non essendo il lavoro domestico contenuto nelle eccezioni sopra riportate, e rivolgendosi il D.lgs. 66 a “tutti i settori di attività pubblici e privati”, non si può nutrire alcun dubbio circa l’abrogazione in parte qua dell’art. 10 l. 339/1958.

LAVORATRICE RIFIUTA IL LAVORO IN GIORNO FESTIVO-LA CASSAZIONE DA RAGIONE ALLA LAVORATRICE (CASS. 16592/2015)

Caso:
Tizio, Titolare di Ditta Individuale esercente attività di commercio al minuto, commina la sanzione disciplinare della multa alla Dipendente Caia, per essersi questa assentata di sua volontà nella giornata del 6/1 (giorno dell’Epifania), nonostante Le fosse noto che, in quel giorno, il punto vendita sarebbe rimasto aperto. Caia fa ricorso avanti il Tribunale del Lavoro. Chi ha ragione?

Risposta (tratta da Cass. 16592/2015)
La Cassazione, con la recente sentenza del 7/8/2015 nr. 16592, ha dato ragione alla Lavoratrice.
La regolazione della materia – questo il giudizio degli Ermellini- si ritrova in una legge ad hoc, la legge 264/49, che riconosce il diritto pieno ed incondizionato, del lavoratore al riposo festivo.
Siccome il riposo festivo è disciplinato da una specifica fonte, la legge, e non è previsto alcun formale potere di deroga della contrattazione collettiva, devono ritenersi precluso alla contrattazione collettiva disciplinare in deroga alla legge e, a maggior ragione, deve ritenersi precluso al Datore di Lavoro disporre, in via unilaterale e di ordine di servizio, che il Lavoratore lavori in giorno festivo.
Questa conclusione lascia perplessi (vedi critiche di MASSI in Generazione Vincente Blog), particolarmente perché, nella pratica, ci si era abituati a trattare il riposo festivo agevolmente derogabile allo stesso modo del riposo settimanale.
A questo riguardo, invece, la Cassazione ha escluso ogni analogia tra riposo settimanale e riposo festivo. La Cassazione (con un passaggio logico molto discusso) ha comunque ritenuto possibile il lavoro festivo, solo su accordo col Lavoratore: circostanza che lascia molto perplessi i commentatori, perché non si vede come un diritto (il riposo festivo) definito “inderogabile” sia “rinunciabile” dal Lavoratore senza ricorrere all’art. 2113 C.C. …
Ma tant’è.

CONSIDERAZIONI DI ORDINE PRATICO:
Per ovviare a tali problematiche, crediamo sia buona prassi mantenere nei contratti di lavoro interessabili a tali problematiche specifiche clausole, ove il Dipendente consenta al Lavoro in giornata festiva infrasettimanale. Non basta evidentemente disporre tale possibilità in via unilaterale, ossia in via di “ordine di servizio” datoriale.

venerdì 16 ottobre 2015

MAXISANZIONE LAVORO SOMMERSO: LA NUOVA DIFFIDA-IL PUNTO DOPO LA CIRCOLARE MIN. LAV. 26/2015

-DIFFIDABILITA’: La maxi-sanzione torna diffidabile. Si applica l’art. 13 D.lgs. 124/04, che consente, in caso di intervenuta regolarizzazione, il pagamento della sanzione amministrativa in misura ridotta nel minimo, ovvero in ¼ della sanzione fissa. N.B.: Non si applica mai la diffida ove sia accertato il “lavoro nero” da parte di Cittadini Extra UE senza permesso di soggiorno e di minori.

ATTENZIONE, UN CASO NUOVO E PARTICOLARE DI DIFFIDA: La regolarizzazione può avvenire tramite “assunzione a tempo indeterminato” (in quest’ultimo caso, l’assunzione part time non potrà mai essere inferiore al 50%), ovvero a tempo determinato di durata non inferiore a tre mesi”: a questo fine, la legge richiede che il Dipendente (già in nero) sia “mantenuto in servizio” per almeno tre mesi (90 gg. di calendario) dall’accesso ispettivo, senza considerare i giorni e i mesi di “lavoro nero” svolto antecedentemente (il quale andrà comunque regolarizzato). In questo caso, i termini per la sanatoria a titolo di diffida ex. art. 13 D.lgs. 124 non sono più 45, ma 120 gg. dalla notifica del Verbale. In tale periodo, il Datore deve dare prova di aver regolarizzato la contrattualistica, e versato sanzioni, contributi e premi assicurativi (vedi Circ. Min. Lav. 26/2015). Nei 120 gg. –precisa la Circolare, deve avvenire il versamento, da parte del Datore di Lavoro, della ‘maxi-sanzione’ nell’importo minimo.

N.B. Continua ad applicarsi la diffida ex. art. 13 D.lgs. 124/04 (45 gg.) per i seguenti casi:
1) Accessi ispettivi che accertino periodi di lavoro "in nero" precedenti all'accesso ma successivamente regolarizzati (è il caso che, nel vigore delle vecchie norme, consentiva l'applicazione della 'maxisanzione affievolita' e che oggi la legge fa espressamente "salvo" dall'applicazione delle nuove regole sulla diffida;
2) Accessi ispettivi che accertino periiodi di lavoro "in nero" precedenti l'accesso e tali rapporti siano cessati.

REGOLARIZZAZIONE TRAMITE DIFFIDA, LA CONTRATTUALISTICA UTILE: La Circolare nr. 26/2015 del Ministero del Lavoro esclude che la medesima regolarizzazione possa avvenire con ricorso al lavoro intermittente anche se a tempo indeterminato. Resta aperto l’interrogativo se la “regolarizzazione” del “personale in nero” possa avvenire con apprendistato (è favorevole, a questa conclusione, la Fondazione Studi CDL con Circ. 19/2015).