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giovedì 31 marzo 2016

NOI L'AVEVAMO DETTO! LAVORO A CHIAMATA, SI APPLICA ANCORA IL REGIO DECRETO DEL 1923

CON INTERPELLO NR. 10/2016, IL MINISTERO DEL LAVORO HA CONFERMATO LA VIGENZA IN VIA TRANSITORIA (EX. ART. 55.3°COMMA D.LGS. 81/2015) DEL RD 2657/1923, AI FINI DELL’INDIVIDUAZIONE DELLE “MANSIONI DISCONTINUE” PER LE QUALI E’ AMMESSO IL RICORSO AL LAVORO INTERMITTENTE (CD “A CHIAMATA”).
IL MINISTERO, PERTANTO, CONFERMA LA NS ANALISI CONTENUTA NEL POST DEL 11/12/2015 (LINK:http://costidellavoro.blogspot.it/2015/12/lavoro-chiamata-si-applica-ancora-il.html).
QUESTA COMUNICAZIONE PARE PROPRIO CHIUDERE OGNI POSSIBILE DISCUSSIONE SULL'ARGOMENTO.

mercoledì 30 marzo 2016

ATTREZZATURE DI LAVORO PER LE QUALI OCCORRE LA "SPECIFICA ABILITAZIONE" DA PARTE DELL' "OPERATORE"-LE NOVITA' DEL JOBS ACT

L’Accordo Stato-Regioni del 22/2/2012, dedicato alla Sicurezza del Lavoro, compendia l’elenco delle “attrezzature di lavoro” per le quali il D.lgs. 81/2008 (Testo Unico per la Sicurezza) prescrive l’obbligo di “specifica abilitazione”.
Qui di seguito, si elencano:
-Piattaforme di lavoro mobili ed elevabili (PLE);
-Gru a torre;
-Gru mobile;
-Gru per autocarro;
-Carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo (a braccio telescopico, industriali semoventi, sollevatori/elevatori semoventi telescopici rotativi);
-Trattori agricoli o forestali;
-Macchine movimento terra (escavatori idraulici, a fune, pale caricatrici frontali, terne, autoribaltabile a cingoli);
-Pompe per calcestruzzo.

Il D.lgs. 151/2015 (cd Jobs Act-Decreto Semplificazioni) ha introdotto una modifica di rilievo alla nozione legale di “Operatore” che, ex. art. 69.1°comma lett. e) D.lgs. 81/2008, utilizza le sopra citate attrezzature e, come tale, è individuato come destinatario dei succitati obblighi di “specifica abilitazione”.
Ai sensi della modifica legislativa citata, per “Operatore” deve intendersi:

il lavoratore incaricato dell’uso di una attrezzatura di lavoro o il Datore che ne fa uso.

Il Jobs Act determina, così, una novità di non piccolo rilievo: con l’entrata in vigore del D.lgs. 151/2015, anche i Datori di Lavoro (che facciano uso delle attrezzature di lavoro sopra elencate) sono tenuti alla “specifica abilitazione” prescritta dal D.lgs. 81/2008.

mercoledì 23 marzo 2016

LA RIFORMA DEI CONTROLLI A DISTANZA: UNA SENTENZA UTILE*

*In questa nota, si considererà un aspetto della sentenza cd “Barbulescu contro Romania” decisa dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo il 12/1/2016, potenzialmente molto rilevante nel chiarire l’area applicativa della parziale e limitata “liberalizzazione” dei cd “controlli a distanza” del Jobs Act (art. 23 D.lgs. 151/2015), in particolare la controversa area degli “strumenti per rendere la prestazione di lavoro”.

Caso:
Tizio, Dipendente Corriere dell’Azienda di spedizioni Sbartolini Snc, comunica costantemente con l’Azienda con un Account Whatsapp dedicato tramite un cellulare aziendale, che egli rimette costantemente alla disponibilità dell’Azienda al rientro in sede. Tra le parti, tra l’altro, esisteva una scrittura semplice redatta ai fini del D.lgs. 196/2003, sottoscritta dal Dipendente, che avvertiva il Lavoratore circa i possibili controlli dell'Azienda sull’uso del cellulare. In un controllo di routine, l’Azienda accede all’account Whatsapp e si accorge di moltissimi messaggi al fratello e alla cognata. L’Azienda decide di “licenziare in tronco” Tizio per uso personale del cellulare aziendale. Tizio, però, contesta in giudizio in licenziamento, adducendo l’inutilizzabilità delle risultanze di Whatsapp da cui risultavano comunicazioni relative alla Privacy sua e di terzi, nonché informazioni sensibili sui problemi di coppia e sessuali del fratello. Denuncia, pertanto, l’Azienda per “accesso abusivo” ex. art. 615 ter del Codice Penale e chiede la declaratoria di inutilizzabilità assoluta delle conversazioni Whatsapp. Chi ha ragione?

Risposta:
In via preliminare, dobbiamo focalizzare le doglianze di Tizio: quelle di Tizio sono,infatti, le doglianze classiche di un Dipendente che intenda resistere ad un licenziamento intimatogli per accesso informatico. Contro il Datore di Lavoro, che abbia controllato la sua messaggeria sul cellulare aziendale, per prima cosa, il Lavoratore lamenterà la violazione del proprio “domicilio digitale”. Come noto, l’uso di un PC, di un cellulare genera una fitta rete di informazioni che dà luogo ad una dimensione “privata”, la cui inaccessibilità è espressamente tutelata da una vecchia legge del 1993 (l. 547/93) con speciali previsioni di reato, modellate sulla falsariga della “violazione di domicilio” ex. art. 615 Codice Penale (artt. 615 bis, ter etc.).
L’uso della parola “domicilio” qui è invocata con un’accezione “propria” che non deriva dalla normativa civile, né fiscale, ma dalla Costituzione. L’art. 14 Costituzione, ad esempio, considera il “domicilio” in senso ampio quale “spazio ideale (anche virtuale, informatico) di pertinenza della persona, al quale estendere la tutela della riservatezza della sfera individuale, quale bene costituzionalmente protetto” (Cass. Pen., sez. VI, 14/10/1999).
E’ bene ricordare che tale norma costituzionale ha una corrispondenza diretta nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (detta anche CEDU): stiamo parlando dell’art. 8 della Convenzione che tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza.
Evidentemente, quando vengono in gioco SMS, mail, messaggerie personali, queste norme non possono essere ignorate, come fatto rilevare dal Garante della Privacy, in diverse occasioni (da ultimo il provvedimento 12/11/15): se Lavoratore e Datore non chiariscono i termini di uso aziendale o promiscuo aziendale/personale, e l’Azienda si trova a tollerare per lungo tempo un uso “personale” delle attrezzature aziendali, in questi casi, il Dipendente, provando una lunga consuetudine all’uso privato, può invocare una non insignificante tutela della Privacy (anche a fronte di attrezzature aziendali).
Il contributo della sentenza Barbulescu è importante, perché ricorda agli Stati che tale violazione, nel rapporto di lavoro, non può essere mai contestata al Datore di Lavoro che risulti trovarsi “in buona fede”: nel caso di specie (sia nella sentenza Barbluescu, sia nel caso qui riprodotto), il Datore, visti anche gli accordi presi col Dipendente per iscritto, confidava nell’uso eminentemente aziendale del cellulare (così era stato convenuto), non potendosi aspettare che il Dipendente faceva del cellulare e di Whatsapp un uso così privato. Nel caso di specie, poi, la tutela di un qualunque profilo di riservatezza (anche in termini di “domicilio informatico”) è esclusa dalla perentorietà con cui le parti avevano predefinito l’uso del cellulare e della messaggeria Whatsapp, in chiave strettamente aziendale: da questo punto di vista, il Dipendente, violando la consegna all’uso esclusivamente aziendale della telefonia in uso, aveva violato un chiaro ordine di servizio aziendale; una condotta che, tipicamente, legittima il licenziamento da parte del Datore di Lavoro, senza grossi problemi.
Le sentenze europee, come noto, influenzano direttamente la giurisprudenza italiana e, in particolare, la Corte Costituzionale (art. 117.1°comma Costituzione).
In questo quadro, meglio si può inquadrare una norma come l’art. 4.2°comma l. 300/70, riformata dall’art. 23 D.lgs. 151/2015, che esclude le normali procedure sindacali e amministrative in presenza di “controlli” realizzati dal Datore di Lavoro attraverso telefoni mobili, PC, ovvero “strumenti atti a rendere la prestazione lavorativa”. In effetti, alla luce della sentenza in esame, possiamo comprendere meglio la ratio di questa (contestatissima!) norma: il legislatore, nel selezionare questa categoria di strumenti dalla massa di strumenti passibili di “controllo a distanza” (che restano vietati a norma dell’art. 4.1°comma l. 300/70), e nell’escludere questi strumenti dalla più tradizionale e restrittiva procedura di autorizzazione (tramite accordo sindacale o autorizzazione DTL) ha ritenuto, in questi casi, preminente il diritto del Datore di Lavoro a confidare nell’uso di tali strumenti in chiave esclusivamente aziendale. In questo senso, trova giustificazione il minore rilievo conferito alla Privacy del Dipendente e la più ampia possibilità di utilizzazione ai fini aziendali (anche disciplinari) delle informazioni raccolte con questi strumenti. In altre parole, la tutela della Privacy del Dipendente cede davanti a questa specie di “presunzione di prevalente uso aziendale” della strumentazione telefonica, informatica e simili; anche se tali attrezzature possono dar luogo a “controlli a distanza” (ritenuto, però, recessivo).
Da questo punto di vista, le affinità tra l’art. 4.2°comma l. 300/70 e la fattispecie Barbulescu sono indubitabili: la sentenza, infatti, non imputa a violazione della Privacy il controllo del Datore su uno strumento telefonico, informatico e simile rispetto al quale il Lavoratore aveva garantito l’uso esclusivamente aziendale. Tale è la ratio del nuovo art. 4.2°comma l. 300/70.
N.B: L’uso ai fini disciplinari delle risultanze è sempre subordinato alla predisposizione di una Scrittura redatta ai sensi del D.lgs. 196/03, sottoscritta dal Dipendente. E’ questo, come si può capire, un passaggio indispensabile per le complesse problematiche relative al “trattamento dei dati personali”.

lunedì 21 marzo 2016

APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE: PROBLEMI DI CONTRATTUALISTICA E DI DIRITTO TRANSITORIO

Quesito:
Un’Azienda del settore Pubblici Esercizi intende assumere un apprendista a partire da Pasqua (“apprendistato professionalizzante”). Quali sono i cambiamenti indotti nella contrattualistica di apprendistato dalle riforme del Jobs Act?

Risposta:
La disciplina legale del contratto di apprendistato “professionalizzante” (unitamente a tutte le altre tipologie di apprendistato) è stata oggetto di una vasta revisione ad opera degli artt. 41 ss. del D.lgs. 81/2015, altrimenti noto come Codice dei Contratti.
L’art. 41.5°comma D.lgs. 81/2015 dispone:

Salvo quanto disposto dai commi da 1 a 4, la disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nel rispetto dei seguenti principi: (…)

Ciò posto, ne consegue che la disciplina dell’apprendistato, secondo il Jobs Act si compone di una disciplina che può ritenersi già immediatamente operativa al 25/6/15, data di entrata in vigore del D.lgs. 81 (le disposizioni di cui ai commi 1-4 dell’art. 42 D.lgs.) e una disciplina per la cui attuazione occorre il recepimento da parte della contrattazione collettiva (la legge si riferisce alla “contrattazione nazionale”, parrebbe, quindi, esclusa la contrattazione di secondo livello).
Questo quadro va ulteriormente arricchito dalle speciali norme riguardanti l’apprendistato professionalizzante. In particolare, l’art. 44.1-2° comma D.lgs. 81 che prevede:

1. Possono essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione professionale ai fini contrattuali, i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi del decreto legislativo n. 226 del 2005 , il contratto di apprendistato professionalizzante può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età. La qualificazione professionale al cui conseguimento è finalizzato il contratto è determinata dalle parti del contratto sulla base dei profili o qualificazioni professionali previsti per il settore di riferimento dai sistemi di inquadramento del personale di cui ai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
2. Gli accordi interconfederali e i contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono, in ragione del tipo di qualificazione professionale ai fini contrattuali da conseguire, la durata e le modalità di erogazione della formazione per l'acquisizione delle relative competenze tecnico-professionali e specialistiche, nonché la durata anche minima del periodo di apprendistato, che non può essere superiore a tre anni ovvero cinque per i profili professionali caratterizzanti la figura dell'artigiano individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento.(…)

Prima dell’entrata in vigore delle disposizioni collettive di “recepimento” del Jobs Act (per esempio in materia di formazione ex. art. 44.2°comma D.lgs. 81), si applica la disciplina collettiva vigente, come precisato dall’art. 47.5°comma D.lgs. 81/2015:

Per le regioni e le province autonome e i settori ove la disciplina di cui al presente capo non sia immediatamente operativa, trovano applicazione le regolazioni vigenti.

Così, nel settore del CCNL Pubblici Esercizi, per il quale continua ad applicarsi la disciplina dell’apprendistato di cui all’ultimo rinnovo contrattuale (CCNL 10/4/15).
Sono immediatamente applicabili le seguenti norme:
-Forma scritta ai fini di prova;
-Piano formativo in forma sintetica; -durata minima non inferiore a 6 mesi (per lo più, apprendistato stagionale);
-Applicabilità delle tutele contro il licenziamento illegittimo durante il contratto di apprendistato.

Di queste norme, si dovrà tener conto anche per i contratti di apprendistato del settore Pubblici Esercizi, laddove non sia intervenuta una disciplina collettiva di “recepimento”.
E’ importante rilevare come le norme collettive previgenti al D.lgs. 81/2015 restino in vigore, esclusivamente in via transitorio, in attesa di disposizioni collettive conformi al nuovo quadro normativo, senza limiti di tempo.
Questa disciplina differisce considerevolmente dal sistema di diritto transitorio congegnato a suo tempo dall’art. 7.7°comma D.lgs. 167/2011, che, nel disporre il riordino dell’apprendistato, aveva disposto la persistenza in vigore di ogni disposizione, anche collettiva, previgente, solo fino a 6 mesi dall’entrata in vigore del Testo Unico; oltre il termine, le norme erano automaticamente cancellate.
Questo ha comportato alcuni vuoti normativi anche rilevanti: per esempio, il CCNL ANACI-UNAI per Amministratori di Condominio pare, al momento, un settore che, non adeguato al D.lgs. 167/2011, non consente nemmeno oggi il ricorso all’apprendistato.
La disciplina transitoria del D.lgs. 81/2015, comunque, non consente tali vuoti applicativi.

venerdì 18 marzo 2016

IL LAVORO ACCESSORIO SVOLTO A FAVORE DI "COMMITTENTI IMPRENDITORI/PROFESSIONISTI"-FLASH

Con l’entrata in vigore della nuova disciplina del “lavoro accessorio/voucher” ad opera dell’art. 48 ss. D.lgs.81/2015, è confermata la speciale disciplina (limitativa), per il voucher già delineata nella vigenza della l. 92/2012, in presenza di “Committenti Imprenditori/Professionisti”.
Quali le caratteristiche di questi “speciali” Committenti?
Di questo tema, si è recentissimamente occupato il Msg. INPS n. 8628/2016.
Per la definizione di “Committente Professionista”, l’Istituto ha rinviato a quanto disposto dalla Circolare INPS nr. 49/2013. Per la definizione di “Imprenditore”, l’INPS, confermando l’indicazione già offerta dal Ministero del Lavoro con la Circolare 18/2012, precisa che devesi intendere “qualsiasi soggetto, persona fisica o giuridica, che opera su un determinato mercato”. L’attività economica, rilevante a questo fine, può consistere tanto nella produzione di beni, quanto nella prestazione di servizi (e questo aspetto è ulteriormente avvalorato dall’abbandono, da parte del D.lgs. 81/2015, dell’aggettivo “Commerciale”, accompagnato, nella precedente edizione 2012, all’espressione “Committente Imprenditore”).
Nel Messaggio 8628, l’INPS ha precisato che non è il possesso di Partita IVA a decidere la qualità di “Imprenditore” o meno ai fini della disciplina dei voucher. Ad esempio, soggetti Pubblici ovvero Ambasciate, ovvero Enti no profit non possono certo considerarsi “imprese”, pur possedendo un apposito numero di Partita IVA (è importante ricordare che, per conoscere se un soggetto, in caso dubbio, possa essere o meno qualificato come “Imprenditore”, ai fini del voucher, occorre inoltrare quesito all’indirizzo di posta elettronica “LavoroOccasionale” dell’INPS).
Il voucher attivato da “Committenti Imprenditori/Professionisti” soggiace a regole particolari, obiettivamente limitative, che qui di seguito brevemente si compendiano:
-Vige il diverso (e più ristretto) limite di € 2.000 (da rivalutare con ISTAT) da corrispondere al singolo prestatore (art. 48.2°comma D.lgs. 81/2015);
-Il voucher deve essere acquistato esclusivamente in modalità telematica (art. 49.1°comma D.lgs. 81/2015);
-Al voucherista si applicano le disposizioni sulla Sicurezza previste per i lavoratori dipendenti (es. rischi da videoterminali); negli altri casi, al voucherista si applicano le disposizioni di Sicurezza ex. art. 21 D.lgs. 81/2008, già previste per lavoratori autonomi. Questo in forza dell’art. 3.8°comma D.lgs. 81/2008, come modificato dall’art. 20 D.lgs. 151/2015 (che esclude “in ogni caso” i “piccoli lavori domestici”, l’ “insegnamento privato supplementare”, assistenza bambini, anziani, ammalati, disabili”.

Con riguardo a quest’ultimo, rilevante, caso, si raccomandano ai Datori di Lavoro rivolgersi ai propri Consulenti della Sicurezza, per implementare utilmente le sequenze amministrative e gestionali.

giovedì 17 marzo 2016

DIMISSIONI PER MATRIMONIO, CONVALIDA PER VIA TELEMATICA-AGGIORNAMENTO



Nel post del 18/2 scorso pubblicato su questo Blog (link: http://costidellavoro.blogspot.it/2016/02/dimissioni-della-lavoratrice-in.html), abbiamo posto il seguente 

QUESITO:La nuova disciplina delle dimissioni ex. art. 26 D.lgs. 151/2015 incide sul caso di dimissioni della Lavoratrice presentate nel periodo che decorre dalla pubblicazione civile di matrimonio fino ad un anno dopo l’avvenuta celebrazione (art. 35.3°comma D.lgs. 198/2006)?

Nelle FAQ recentemente pubblicate (vedi link: http://www.cliclavoro.gov.it/Cittadini/FAQ/Pagine/Dimissioni.aspx), il Ministero del Lavoro ha dichiarato la procedura telematica applicabile anche alle dimissioni per matrimonio ex D.lgs. 198/2006.

TESTI:

FAQ MINISTERO LAVORO

3. Anche le lavoratrici che hanno pubblicato la data del loro matrimonio per cui vige il divieto di licenziamento devono effettuare la procedura?
Sì, anche in questo caso, dovrà essere compilato il modello telematico per presentare le proprie dimissioni o effettuare la risoluzione consensuale.

BLOG "I COSTI DEL LAVORO"

QUESITO:La nuova disciplina delle dimissioni ex. art. 26 D.lgs. 151/2015 incide sul caso di dimissioni della Lavoratrice presentate nel periodo che decorre dalla pubblicazione civile di matrimonio fino ad un anno dopo l’avvenuta celebrazione (art. 35.3°comma D.lgs. 198/2006)?
E’ questa una disposizione che non rientra tra le norme per le quali l’art. 26.8°comma D.lgs. 151/2015 abbia disposto l’abrogazione.
Nell’economia della nuova disciplina delle dimissioni, questa norma è destinata ad integrarsi con le nuove regole: anche se, vista la centralità che, in questo sistema, riveste la “convalida avanti la DPL” (anche per le restrizioni specialissime dettate per queste particolarissime situazioni), non pare consentito al Dipendente ricorrere a procedure diverse (es. invio telematico spontaneo).
Inoltre, alla convalida è previsto un termine ad hoc, 1 mese, decorso il quale le dimissioni perdono efficacia: una disposizione, questa, molto opportuna, che conferisce non poca certezza; come noto, disposizioni similari non sono introdotte nel corpo delle nuove procedure sull’invio telematico delle dimissioni discendenti dal D.lgs. 151/2015.
             NOTE:
            L’interpretazione offerta dal Blog I Costi del Lavoro e quella (sia pure molto laconica) offerta dalle FAQ differiscono essenzialmente in questo:
            -COSTI DEL LAVORO presuppone che si possa parlare di abrogazione della procedura speciale di convalida delle dimissioni per matrimonio ex. art. 35 D.lgs --- solo in forza di abrogazione espressa: l’art. 35, cioè, costituisce, a tutti gli effetti, norma speciale (e tale era nel vigore del regime di “convalida” delle dimissioni offerto dalla legge 92/2012); e di una norma speciale può dedursi l’abrogazione, solo se interviene abrogazione espressa della “norma speciale” (vedi art. 15 Codice Penale);
            -LE FAQ DEL MINISTERO DEL LAVORO, al contrario, sembrano presupporre l’abrogazione implicita dell’art. 35 ---, sul presupposto che l’art. 26 D.lgs. 151/2015 abbia regolato l’intera materia già regolata nel precedente assetto normativo.

            Ovviamente, tra la nostra posizione e quella del Ministero prevale quella del Ministero: ubi major, minor cessat
            E’ opportuno, però, precisare che questa difformità non genera, da parte nostra, alcun intervento in termini di errata corrige: tale interpretazione era la più prudente che, in difetto di indicazioni ministeriali, potesse essere offerta, per i motivi che, qui di seguito, esporremo.
Nel primo approccio col testo ex. art.26 D.lgs.151/2015 abbiamo fatto i conti con due indicazioni testuali che, di primo acchito, apparivano contraddittorie:

-il comma 8 dispone l’abrogazione espressa di alcune norme. Ecco il testo:
Le disposizioni di cui al presente articolo trovano applicazione a far data dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 3 e dalla medesima data sono abrogati i commi da 17 a 23-bis dell'articolo 4 della legge 28 giugno 2012, n. 92.
*Si noti che tra queste norme, oggetto di “abrogazione espressa”, non è contemplato l’art. 35 D.lgs. 198/2006.
-il comma 1 dispone:
Al di fuori delle ipotesi di cui all'articolo 55, comma 4, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro sono fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso il sito www. (…)
            *In questo articolo l’inciso “la procedura telematica di dimissioni si applica al di fuori dell’ipotesi di cui all’art. 55 D.lgs. 151/2001 (cioè dimissioni lavoratori padri e madri)” fa pensare che la procedura telematica riguardi tutte le ipotesi di dimissioni già previste, tranne quelle per maternità/paternità, che restano regolate dal Testo Unico del 2011. Di qui, si sarebbe potuto dedurre l’implicita abrogazione della speciale procedura di dimissioni ex. art.35 D.lgs. 198/2006, le cd “dimissioni per matrimonio”. Ma su questa base, si sarebbe dovuto dedurre che lo spettro di norme abrogate dall’art. 26.1°comma D.lgs. 151/2015 era più ampio di quanto disposto dal comma 8, pure dedicato alle abrogazioni. Come visto, infatti, nel comma 8, tra le norme abrogande, non si considerava l’art. 35 D.lgs. 198/2006 sul matrimonio!
            Come i lettori potranno bene capire, nel trattare l’ipotesi dell’eventuale abrogazione della speciale procedura di dimissioni “per matrimonio” ex. art. 35 D.lgs. 198 non abbiamo considerato il comma 1. Ci siamo basati sul comma 8; e siccome il comma 8 non conteneva l’art. 35 cit. tra le norme espressamente abrogate, ne abbiamo dedotto (prudenzialmente) la non abrogazione.
            Una conclusione, lo ricordiamo, frutto non di sciatteria, ma di doverosa prudenza: non avendo noi l’autorevolezza per interpretare in modo autentico il diritto, e vista la presenza dell’art. 35 citato, articolo, non espressamente abrogato e, comunque lo si voglia intendere, “stravagante” (rectius, “speciale”) rispetto all’impianto disegnato dall’art. 26 D.lgs. 151/15, capace come tale di essere invocato come possibile norma vigente, abbiamo ritenuto di non poter dichiarare abrogata la speciale procedura di dimissioni ex. art. 35 dlgs 198 2006 (ovviamente fino a diverso pronunciamento ministeriale).
            Abbiamo proceduto in questo modo, considerando, in particolare, che è la stessa prassi interpretativa, generalmente in uso, a suggerire, in questi casi, prudenza e a non dedurre (se non altro a cuor leggero, senza motivazioni forti, o pronunciamenti autorevoli) l’abrogazione di una “norma speciale” per via di “abrogazione implicita”, ma solo (tendenzialmente) per “abrogazione espressa”. La prassi è in uso presso i Giuristi ed è altamente documentata dall’art. 15 del Codice Penale: dedicato all’incidenza delle “norme speciali” nel diritto penale, la norma è stata giustamente assunta come “pietra di paragone” anche fuori dall’ambito penale, per tutti i problemi interpretativi indotti dalla presenza di norme speciali (o se si vuole “stravaganti” rispetto ad un determinato quadro normativo principale di riferimento).
Ora, il Ministero del Lavoro, nelle FAQ, si è pronunciato, ma non con il rigore interpretativo che ci si sarebbe aspettato, di fronte alla “specialità” di una norma come l’art. 35 D.lgs. 198.
La mancata risoluzione di questi aspetti più squisitamente esegetici e tecnico-giuridici ci fa realisticamente pensare che il problema verrà inevitabilmente riproposto in successivi atti interpretativi: tra l’altro, la disciplina della convalida delle dimissioni per matrimonio, per certi aspetti, appare più vantaggiosa, sul piano procedurale, rispetto alla procedura di “convalida” ex. art. 26 D.lgs. 151/2015 (per esempio, un termine di certezza di 1 mese); ed è, pertanto, inevitabile (secondo noi) che il quesito si riproponga.
Anzi, è opportuno che il Ministero ne dia specifica trattazione in sede di Interpello, ove possibile.
            Pare di capire, comunque, che il Ministero ritenga l’abrogazione implicita dell’art. 35 D.lgs. 198/2006; e che, a questo fine, abbia valorizzato il disposto di cui al comma 1 dell’art. 26 D.lgs. 151/2015.
          Dovrà essere, in particolare, chiarito se vale, per queste dimissioni, anche "telematiche", il termine di 1 mese per la convalida, previsto (in caso di matrimonio) dal D.lgs. 198/2006.

mercoledì 16 marzo 2016

LE DIMISSIONI A CAVALLO DEL 12/3/2016-DALLE "FAQ" DEL MINISTERO DEL LAVORO SULLE DIMISSIONI TELEMATICHE

Il 12/3/2016 us. è entrata in vigore la nuova disciplina delle dimissioni telematiche disegnata dall’art. 26 D.lgs. 151/2015. Il Ministero del Lavoro, nelle FAQ (prime risposte ai principali quesiti operativi), ha opportunamente trattato un importante caso che può delinearsi a cavallo del 12/3, ovvero a cavallo della data “spartiacque” tra i due diversi regimi di dimissioni.
Si tratta del caso di un Lavoratore dimissionario, ad esempio, il 9/3: siccome per il perfezionarsi della decorrenza delle dimissioni può trascorrere qualche giorno (non solo per la “convalida”, ma anche per il decorso normale del preavviso), siccome nel trascorrere dei giorni, si può andare oltre il 12/3 (giorno di entrata in vigore della nuova normativa), ci si chiedeva quale fosse, in questo caso, la disciplina applicabile per la convalida, se, cioè, la legge antecedente al 12/3 (art. 4.17-23bis l. 92/2012), ovvero la legge successiva al 12/3 (art. 26 D.lgs. 151/2015).
Nella FAQ citata, il Ministero del Lavoro ha opportunamente precisato:
Il DM 15 dicembre 2015 disciplina le modalità di comunicazione delle dimissioni al momento in cui si manifesta la volontà e non già la data di decorrenza. Pertanto se le dimissioni sono state presentate prima del 12 marzo 2016 trova applicazione la normativa di cui alla legge n. 92/2012.
Per stabilire, pertanto, la legge applicabile alla convalida delle dimissioni, nei periodi “a cavallo del 12/3”, occorre considerare il giorno nel quale è manifestata la volontà di dimissioni, a prescindere dalla loro decorrenza. Quindi, se l’atto di dimissioni è presentato in data 9/3, anche se la decorrenza contrattuale (da preavviso) dovesse determinare l’effettiva fine del rapporto al 31/3 (ben oltre il 12/3, data di entrata in vigore delle cd “dimissioni telematiche”), la disciplina applicabile per la convalida resta la legge 92/2012.
Notare che questo può spingere, in alcuni casi, molto in là nel tempo l’applicazione della vecchia legge 92/2012: pensiamo soltanto al settore delle Farmacie private, che contemplano tempistiche di preavviso fino anche a 90 gg …
In buona sostanza, il Ministero del Lavoro, ai fini del momento determinante per applicare la vecchia disciplina (ante 12/3) o la nuova disciplina (post 12/3) ha reso irrilevante il periodo di preavviso.

martedì 15 marzo 2016

AGEVOLAZIONE INPS RENZI E "NUOVO" DIRITTO DI PRECEDENZA

Quesito:
Tizio è Titolare di un Ristorante-Pizzeria. In data 31/12/2015, è cessato il rapporto a tempo determinato della Aiuto-Cuoca, Caia. Al 12/3/16, Tizio assume Sempronia come Cameriera a tempo indeterminato. Vuole applicare lo "sgravio Renzi". L'INPS può negargli il beneficio, rilevando che non ha provveduto ad assumere Caia, titolare di diritto di precedenza?

Risposta:
Ci si chiede di valutare se esista un diritto di “precedenza” di Caia idoneo a precludere l’accesso di Tizio all'esonero Renzi, visti anche gli orientamenti (invero, molto “creativi”) dell’INPS sull’argomento.
Come noto, l’INPS, nell’interpretare il vecchio art. 4.12°comma lett. a) l. 92/2012 (oggi sostituito dall’art. 31 D.lgs. 150/2015), l’INPS aveva tendenzialmente precluso l’accesso ad incentivi nell’assunzione, in presenza di “diritti di precedenza”, erroneamente intesi come “obblighi di riassunzione” dei Dipendenti cessati.
La materia è stata rivista dal Ministero del Lavoro con l’Interpello nr. 7/2016.
In forza delle nuove disposizioni, per aversi “diritto di precedenza” occorre che il contratto a termine della precedente lavoratrice fosse superiore a 6 mesi. In ogni caso, anche vigente il nuovo art. 24 D.lgs. 81/2015, il diritto di precedenza va esercitato entro 6 mesi dalla cessazione.
Ove, però, la Dipendente a termine cessata Caia non abbia manifestato per iscritto e nei termini alcuna volontà in questo senso, in forza del nuovo Interpello, non sussiste alcun ostacolo (in nome della "precedenza) per la fruizione dell'incentivo INPS-Renzi per l'assunzione a tempo indeterminato di Sempronia.

N.B: Raccomandiamo, comunque, attenzione, perché l’INPS, che pure ha recepito altri orientamenti ministeriali con Msg INPS 459/2016, non ha ancora recepito tale Interpello sul diritto di precedenza. Resta, quindi, l’incognita che l’INPS resista nella “sua” interpretazione.

giovedì 10 marzo 2016

IL "JOBS ACT AUTONOMI" COMMENTATO: LA RIFORMA DEL TELELAVORO ("LAVORO AGILE")- 2a PARTE

AVVERTENZA:  
In collaborazione con il sito web "Propostalavoro" (http://www.propostalavoro.com/), proponiamo un commento, in due parti, agli articoli del cd Jobs Act-Autonomi, il disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri a inizio febbraio. 
Avvertiamo i lettori che le norme qui descritte non sono in vigore, ma sono in attesa di approvazione parlamentare.
Ringrazio pubblicamente il dr. Simone Caroli per l'opportunità di collaborazione che mi ha molto gentilmente offerto. 
 PARTE SECONDA: VERSO IL NUOVO "LAVORO AGILE" (ALIAS, TELELAVORO)
I TESTI DI RIFERIMENTO: Per leggere il testo del disegno di legge, articolo per articolo, rinviamo al link:  http://ita.calameo.com/read/0021766369d7be21162fcper gentile concessione dello Studio Cataldi (http://www.studiocataldi.it/)
Il citato testo di legge è stato confermato in Consiglio dei Ministri, con alcune rettifiche, specie agli artt. 8,9, 11 (Welfare). Questo testo di legge è accessibile al link: http://www.bollettinoadapt.it/wp-content/uploads/2016/01/collegato_lavoro_28.1.16.pdf

 L'intervento del Jobs Act-Autonomi sul "lavoro agile" è utile, ma minimale. Le norme sul "lavoro agile" sono certamente un passo avanti, ma non costituiscono un'opera di riforma, quanto di consolidamento, di prima ricognizione di norme sul "telelavoro", largamente vigenti, già codificate e consolidate dalla contrattazione collettiva, refusi a parte (vedi art. 14.2°comma, rinvio al commento). Particolare attenzione meritano i cd "accordi di definizione dei tempi di lavoro" ex. art. 14.1°comma, simili, ma non uguali agli accordi "di coordinamento" (definizione tempi-luoghi di lavoro) del cococo, così come l'art. 19.2° comma che introduce adeguamenti su una materia finora rimasta molto misteriosa, ossia l'infortunistica INAIL del "telelavoratore" (viene disciplinata, in particolare, l'infortunistica in itinere), come potrete scorrere e comprendere meglio dal commento, articolo per articolo, al Disegno di Legge.

COMMENTO ARTICOLO PER ARTICOLO



Art.  13
Si precisa che il “lavoro agile” è promosso dal legislatore quale leva per una maggiore produttività  del lavoro e per la conciliazione vita-lavoro.
Si deve dedurre che, pur nel vigore del nuovo Jobs Act-Autonomi, siano confermati i principi cardine del telelavoro fissati dalla Direttive UE e recepiti, per l’Italia, dall’Accordo Sindacale 9/6/2004, ovvero:  
1) Volontarietà delle Parti; 2) Possibilità di reversibilità delle sequenze operative, trascorso un periodo di tempo da definire, ferma restando la volontarietà delle Parti; 3) Pari Opportunità rispetto a progressioni di carriera, iniziative formative ed altre occasioni che si determinino in Azienda; 4) Definizione delle condizioni relative alla prestazione da espletarsi in regime di telelavoro, quali la predeterminazione dell'orario (parziale, totale o senza vincoli), nel rispetto dei limiti di legge e di contratto collettivo; 5) Garanzia del mantenimento dello stesso impegno professionale ossia di analoghi livelli qualitativi e quantitativi dell'attività lavorativa svolta nell'azienda, da parte del singolo Lavoratore; 6) Esplicitazione dei legami funzionali e gerarchici che vengono mantenuti e/o modificati rispetto a quanto esistente in azienda, ivi compresi i rientri nei locali aziendali.

Di particolare interesse il comma 2, lett.c) che consente al “telelavoratore” di non operare su “postazione fissa”. 
Il legislatore ha provveduto ad aggiornare le modalità del “telelavoro” all’èra del mobile: il “lavoro agile”, infatti, potrebbe svolgersi anche con tablet, smarphone, iphone, ovvero con modalità che non presuppongono più il collegamento con la postazione “fissa” del PC. Di questo aspetto, evidentemente, si dovrà tenere conto, con gli opportuni adeguamenti, negli “accordi” di “telelavoro domiciliare” che attualmente fissano in modo piuttosto rigido il luogo di lavoro (nella residenza/domicilio del Lavoratore).
L’insistenza e l’evidenza data al DDL a questo speciale “accordo” ci avvia verso un’interessante ipotesi interpretativa: che cioè nell’economia del nuovo “lavoro agile”, il legislatore abbia inteso valorizzare l’autodeterminazione dei tempi di lavoro in capo al Dipendente. Ove questa ipotesi fosse confermata, i tipi contrattali cococo (autonomo) e lavoro agile (subordinato) si avvicinerebbero alquanto. Ma questo aspetto, lo vedremo meglio più avanti.
Per il resto, questo articolo pare confermare impianti e principi generali vigenti del “telelavoro” (es. il Datore resta responsabile del buon funzionamento degli impianti: art. 13.3°comma).

Art. 14:
L’accordo per l’esercizio del “lavoro agile” (già telelavoro) è fissato per iscritto “anche con riguardo all’esercizio del potere direttivo e degli strumenti tecnologici”. Anche questa norma, di primo acchito, parrebbe avvicinare lavoro agile e cococo; la norma, infatti, presa alla lettera, parrebbe del tutto identica a quella introdotta dall’art. 12.1°comma lett. a) disegno di legge per le cococo, dove si ammette che “tempi” e “luogo” della prestazione siano fissati per iscritto. In realtà, le cose sembrano essere diverse. Mentre nella cococo tale accordo è necessario, difettando altrimenti il requisito fondamentale e tradizionale del “coordinamento”, tale accordo sul “lavoro agile” pare dovuto sulla decisione di attivare il “lavoro a distanza” (ricordiamo il “carattere volontario”), ma non sulle sue modalità organizzative: siamo, pur sempre, nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato, caratterizzato da una gerarchia Datore-Dipendente (art. 2104 Codice Civile) e non su un rapporto (formalmente) paritario (come, in teoria, il rapporto Committente-Collaboratore) nella cococo. L’accordo scritto, in questo senso, non parrebbe interpretabile come espressione di totale parità negoziale Dipendente-Datore nelle modalità organizzative, quanto potrebbe diversamente essere interpretato, in continuità con le norme collettive e comunitarie, come necessità che siano fissate “per iscritto” le modalità organizzative e i termini funzionali del rapporto (per un elementare elemento di trasparenza).
In chiave di valorizzazione del “lavoro agile” come modalità di conciliazione vita privata (famiglia)-lavoro, sempre il comma 1 dell’art. 14 prevede che l’accordo individui i tempi di riposo. La norma va verificata soprattutto per la ricaduta che può presentare relativamente agli istituti del riposo giornaliero, settimanale etc. ex D.lgs. 66/2003. Bisognerà capire se la disciplina del “lavoro agile” rientra tra quelle di cui art. 17-5°comma D.lgs. 66/2003: tale articolo prevede la possibilità di una rimodulazione di taluni istituti ex D.lgs. 66 cit. per quei Lavoratori Dipendenti che “autodeterminino” i ritmi di lavoro. Occorre verificare l’evoluzione del dibattito parlamentare per capire come tale norma andrà assestandosi.

In gran parte errato e da cancellare il comma 2.

Nulla da dire sulla fissazione di un preavviso speciale di recesso (30 gg.), che si presume derogabile in melius dal CCNL. Ma è certamente da cancellare perché incostituzionale (probabilmente è un refuso) la parte in cui il testo di legge ammette il recesso dal rapporto a tempo indeterminato “senza preavviso”. Tale norma, tra l’altro, determina un ingiustificabile peggioramento non solo dell’attuale disciplina del “telelavoro”, ma anche delle cococo: lo stesso art. 3 DDL Autonomi considera “abusiva” e inefficace un’eventuale norma contrattuale che ammetta il recesso senza preavviso dalla cococo …


ART. 15 (TRATTAMENTO ECONOMICO)

ART. 16 POTERE DISCIPLINARE E DI CONTROLLO

ART. 17 TRATTAMENTO DATI PERSONALI

ART. 18 (SICUREZZA SUL LAVORO)


Tali articoli non introducono particolari innovazioni, apparendo in gran parte ricognitivi di norme preesistenti sul “telelavoro”.  
Di particolare interesse l’art. 16 che connette l’esercizio del controllo e del potere disciplinare del Datore, via strumenti di “telecomunicazione”, con l’art. 4 l. 300/70 (Controllo a distanza). E’ evidente che il dibattito interpretativo sulle modifiche (controverse) a tale nota norma statutaria si determineranno anche sul “lavoro agile”. 
Per l’utilizzo ai fini del lavoro dipendente di tablet, PC … in quanto “strumenti atti a rendere la prestazione di lavoro” non è dovuta (di massima) autorizzazione DTL e accordo sindacale. E questa regola dovrebbe valere anche se tali attrezzature sono dedotte nel lavoro agile. Ricordo, però, che questa materia del “controllo a distanza” dovrebbe essere  maggiormente considerata per il “lavoro agile”, magari introducendo regole speciali, perché qui l’eventuale “controllo” del Datore non investirebbe solo la vita lavorativa del Dipendente, ma anche … la vita privata (anche dei figli, coniuge etc.). Forse occorrerebbe una più incisiva norma legislativa ad hoc di adeguamento dell’art. 4 alla realtà del “lavoro agile”, e non rilasciare questo aspetto agli “adeguamenti negoziali” delle parti. E’ implicito che nessuna strumentazione può dar luogo a risultanze informative utili per la gestione del rapporto di lavoro (ai fini disciplinari) senza adeguata Informativa Privacy ex Art. 114-115 D.lgs. 196/2003 (art. 4.u.c. l. 300/70, modificato dal D.lgs. 151/2015). Diversamente, ogni informazione attinta deve considerarsi inefficace. 
N.B.: A margine, si nota l’assenza di una norma analoga per i cococo, laddove l’accordo “di coordinamento” tra Committente e Collaboratore per la definizione dei luoghi e tempi di lavoro preveda momenti di lavoro “a domicilio” o “in rete”. Il Jobs Act manca la storica occasione di fissare una disciplina certa e innovativa sulle cococo che avrebbe potuto concorrere in modo decisivo ad un panorama più moderno e coerente per una contrattualistica di lavoro “intelligente” (smart).

ART. 19 (INFORTUNI SUL LAVORO)
Ecco una norma decisamente importante e attesa, rimasta irrisolta nelle more del recepimento delle varie direttive europee sul “telelavoro”. E’, al riguardo, importante citare il paragone con una norma sul “telalavoro” a questo tema dedicata dal recente rinnovo CCNL Studi Professionali: l’art. 73 CCNL rimette, infatti, ad una “azione congiunta” Sindacati-INAIL l’implementazione di una prassi adeguata (verosimilmente, Circolari esplicative etc.), di cui, però, ancora non si è potuto vedere alcun risultato concreto. Era noto a tutti che, per uscire dalle incertezze, occorreva un più deciso intervento legislativo.
L’intervento del Jobs Autonomi è all’altezza?
Al momento, l’art. 19.2°comma estende la disciplina speciale dell’infortunio in itinere agli infortuni occorsi negli spostamenti del telelavoratore: non solo gli spostamenti casa-lavoro, ma (parrebbe) ogni altro spostamento necessitato da:
-Esigenze di servizio;
-Conciliazione lavoro/famiglia.
Ad un primo commento, necessariamente sommario, parrebbe risarcibile l’infortunio stradale occorso al “telelavoratore” domiciliare che abbia interrotto il proprio lavoro per far fronte alla necessità di comprare urgentemente farmaci per il proprio figlio malato; non è chiaro se siano risarcibili gli infortuni occorsi al telelavoratore domiciliare che si rechi alla bottega sotto casa a fare la spesa quotidiana. A rigore di logica, non dovrebbero essere risarciti gli infortuni occorsi in pause programmate nell’accordo di cui all’art. 14.1°comma DDL.
Il tutto dovrà essere vagliato alla luce di un criterio di “ragionevolezza” legislativamente codificato.
Ma sul punto, occorrono approfondimenti.
N.B.: Non si può fare a meno di notare come, anche in questo caso, sia mancata una norma analoga per i cococo che operino “a domiclio”. Anche questa lacuna va letta come un’occasione persa: poteva, questa, essere la sede per una ridefinizione più coerente della contrattualistica “smart” (cococo, telelavoro).
I RESTANTI ULTIMI ARTICOLI ENUNCIANO REGOLE OVVIE, CHE NON SERVE COMMENTARE.
OVVIAMENTE, PER QUANTO NON PREVISTO, SI APPLICA LA DISCIPLINA “COMUNE” DEL LAVORO SUBORDINATO (LEGGE, CCNL), IN QUANTO COMPATIBILI CON IL “LAVORO AGILE”.

PER UNA SINTESI DEI CONTENUTI DEL "JOBS ACT-AUTONOMI", VAI AL SITO WEB "PROPOSTA LAVORO":
http://www.propostalavoro.com/benessere-e-lavoro/strumenti-autopromozione/co-co-co-e-lavoro-agile-due-facce-dello-stesso-lavoro

(FINE)