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sabato 24 dicembre 2016

BUON NATALE!!!!

A CHI CI SEGUE, IL NOSTRO "GRAZIE" PIÙ CALOROSO E I MIGLIORI AUGURI DI BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO.
CI SI VEDE DOPO L'EPIFANIA.
TANTI AUGURI!!!!

giovedì 22 dicembre 2016

QUOTA DI RISERVA, COME SI CONTEGGIANO I DISABILI GIA' IN FORZA ALL'AZIENDA DOPO IL DECRETO CORRETTIVO (JOBS ACT)

Il D.lgs. 185/2016 (Decreto Correttivo-Jobs Act) dispone che, ai fini del conteggio della base di calcolo della “quota di riserva” aziendale, si conteggiano anche i disabili, che non siano stati assunti per il tramite di strutture di collocamento obbligatorio, ma dotati di una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 60%.
Tali disabili sono scorporati dalla base di calcolo della “quota di riserva” (prima tale scorporo avveniva solo con il 61% almeno di riduzione della capacità lavorativa).
Qui di seguito, un rapido esempio di calcolo, tratto dalla Circolare 14/2016 della Fondazione Studi CDL.

ESTRATTO DA CIRCOLARE NR. 14/2016
(FONDAZIONE STUDI CDL)

AZIENDA (SITUAZIONE ANTE DLGS 185/2016):
TIPOLOGIA DI SUBORDINATO
NUMERO IN FORZA
BASE DI COMPUTO
Operai full time tempo indeterminato
10
10
Operai part time 50%
4
2
Apprendisti
3
0
Operai full time tempo determinato (4 mesi)
5
0
Operai full time tempo determinato (7 mesi)
2
2
Lavoratore con disabilità pari al 60% alla data di assunzione, non assunto tramite collocamento disabili
1
1
TOTALE
24
15

Agli effetti delle norme sui disabili, l’Azienda rientrava nella fascia da 15 a 35 Dipendenti:
L’Azienda doveva assumere 1 disabile

AZIENDA (SITUAZIONE POST DLGS 185/2016):
TIPOLOGIA DI SUBORDINATO
NUMERO IN FORZA
BASE DI COMPUTO
Operai full time tempo indeterminato
10
10
Operai part time 50%
4
2
Apprendisti
3
0
Operai full time tempo determinato (4 mesi)
5
0
Operai full time tempo determinato (7 mesi)
2
2
Lavoratore con disabilità pari al 60% alla data di assunzione, non assunto tramite collocamento disabili
1
0
TOTALE
24
14

Agli effetti delle norme sui disabili, l’Azienda rientrava nella fascia fino a 14 Dipendenti:
L’Azienda non deve assumere 1 disabile
NB: In questo caso, il Lavoratore con disabilità pari al 60% alla data di assunzione, ancorchè non assunto per il tramite del collocamento obbligatorio, si considererà a copertura della quota di riserva in caso di future assunzioni.

mercoledì 14 dicembre 2016

COMPENSI AMMINISTRATORI, ATTENTI ALLA CD "INERENZA FISCALE"

In chiusura d’anno, si pone sempre il problema della liquidazione dei compensi agli Amministratori di Società (specie di Capitali).
Come già noto, i compensi per gli Amministratori vanno deliberati con la massima formalità e attenzione: e questo, essenzialmente per dimostrare, in caso di verifiche dell’Amministrazione Fiscale, che il compenso è “giustificato” e non è un costo creato artificialmente per motivi elusivi (coprire redditi sommersi, mero abbattimento fiscale dei ricavi etc.).
Anche recentemente, la Corte di Cassazione (sentenza nr. 24379/2016 che si allega) ha confermato all’Agenzia delle Entrate il potere di disconoscere quali costi di produzione i compensi degli Amministratori, precisando che tale potere deriva dalle norme “generali” sul reddito di impresa, che permettono al Fisco di impedire la deduzione di quei costi che non appaiano “inerenti” alla produzione. Ad esempio, nel caso trattato dalla sentenza, il Fisco ha contestato un compenso Amministratore di € 450.000.000, erogato a fronte di un fatturato complessivo di € 600.000.000 (anche in considerazione del fatto che, nell’anno sociale precedente, gli stessi compensi si era fermati a € 150.000.000).
In sostanza, è in nome del noto “principio di inerenza” che l’Amministrazione può disconoscere, come costo deducibile, il compenso di Amministratore; è “l’inerenza” alla produzione che ogni Società di Capitali deve documentare (nelle delibere societarie, nei registri contabili etc.) per non incorrere nelle contestazioni del Fisco. Qui di seguito, il link con il testo integrale della (breve) sentenza: http://www.rivistadirittotributario.it/wp-content/uploads/2016/12/CASS.-9.12.16.pdf

IL LAVORATORE LICENZIATO PUO' RINUNCIARE AL PREAVVISO? PANORAMICA

Il Lavoratore licenziato può rinunciare al preavviso? Lo stato dell’arte (giuridico) è consolidato da ormai 40 anni nel senso di ritenere che:
A) Se la rinuncia al preavviso da parte del prestatore subordinato è preventiva (ovvero ha per oggetto un licenziamento “futuro”), essa è nulla: questo, per giurisprudenza consolidata (Cass. 6857/1998). La rinuncia non può nemmeno essere validata in una “sede protetta” (DTL, Sindacato etc. ex. art. 2113.4°comma Codice Civile);
B) La rinuncia al preavviso, se ne sono maturati i presupposti di legge o CCNL e se, pertanto, può considerarsi un “diritto già entrato in patrimonio” del Dipendente, deve essere resa in una “sede protetta” (art. 2113.4°comma Codice Civile). Diversamente, al pari di tutte le “rinunce di diritti” derivanti dal rapporto di lavoro subordinato, è impugnabile ex. art. 2113.1°comma Codice Civile, nei 60 gg. successivi alla cessazione del rapporto di lavoro medesimo;
C) Se il Datore licenziante dà regolarmente il preavviso e il Lavoratore rinuncia a lavorare per il tutto o una parte del periodo di preavviso e acconsente al pagamento dell’indennità sostitutiva, non si ha “rinuncia” in senso tecnico, ma mera “regolazione degli effetti economici”: in questo caso, l’accordo non necessita di una “sede protetta” (Cass. 1257/1978). NB: Per costante giurisprudenza, l’accordo si presume intervenuto “per fatti concludenti”, quando il Dipendente accetta senza riserve l’indennità!
D) E’ sempre nullo un accordo collettivo che lasci al Datore di Lavoro la totale discrezionalità se far lavorare il Dipendente licenziato in periodo di preavviso o prestare la relativa indennità a prescindere dal consenso del Dipendente licenziato (es. CCNL Quadri Direttivi e Profili personali del Credito art. 62.3°comma CCNL 11/7/1999).

mercoledì 7 dicembre 2016

L'ABITAZIONE DELL'IMPIEGATO COMMERCIALE NON COSTITUISCE UNITA' PRODUTTIVA AUTONOMA, AI FINI DELLA TUTELA CONTRO IL LICENZIAMENTO-IL PARERE DELLA CASSAZIONE (DEC. 15211/2016)

Alle Aziende con più di 15 Dipendenti, si applicano le cd “tutele crescenti” contro il licenziamento legittimo ex D.lgs. 23/2015 (art. 9.1°comma D.lgs. 23/2015) secondo le disposizioni (ancora in vigore) dell’art. 18.8-9 comma legge 300/70.
Tale articolo dispone:

Le disposizioni dei commi dal quarto al settimo si applicano al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell'ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all'impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti.
Ai fini del computo del numero dei dipendenti di cui all'ottavo comma si tiene conto dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge e i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale. Il computo dei limiti occupazionali di cui all'ottavo comma non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie.

Con decisione 15211/2016, la Cassazione ha escluso che, ai fini dell’art. 18 citato, l’abitazione dove l’impiegato commerciale svolge attività di contatto con i Clienti, possa essere conteggiata come “unità produttiva”: tale struttura, infatti, non possiede i necessari requisiti di "indipendenza funzionale e imprenditoriale" prevista dalla legge. Stiamo parlando del caso di un Commerciale che concluda un contratto con una Azienda di Bologna con altri 15 Dipendenti e che lavori da casa, perché vicino alla zona di commercializzazione (es. Milano).
In questo caso, ai fini dell’art. 18, i Dipendenti sono 16: si deve comprendere, cioè, nel conteggio complessivo, anche il Dipendente Commerciale che lavori da casa.
Potete trovare il testo della sentenza al link: http://www.lavorofacile.it/wp-content/uploads/2016/08/Cassazione-16mar2016_-15211-abitazione-unit---produttiva.pdf
NB: In questa nota, non si considera, per esigenze di semplificazione, il problema del conteggio dei dipendenti assunti, o cessati durante l’anno, dei tempi determinati, dei part time.
A questo tema, saranno dedicati aggiornamenti successivi.

martedì 29 novembre 2016

FINE 2016, AGEVOLAZIONI ASSSUNZIONI IN SCADENZA-FLASH

Con la fine del 2016, cesseranno di avere efficacia molte agevolazioni contributive connesse all’assunzione dei Lavoratori Dipendenti. Stiamo parlando di:
-Agevolazioni per l’assunzione in mobilità, non la cd “piccola mobilità”, già cancellata con effetti 1/1/2013 (vedi art. 2.71°comma l. 92/2012);
-Mini esonero contributivo INPS del 40%, per le assunzioni, riconosciuto dalla legge 208/2015;
-Esonero contributivo totale per apprendisti, previsto dalla legge 183/2011;
-Agevolazioni per l’assunzione di giovani lavoratori già in tirocinio con Garanzia Giovani (Decreto Direttoriale Ministero del Lavoro 16/2016).
A margine, ricordiamo che, per effetto delle non abrogate disposizioni della legge 92/2012, a partire dal 1/1/2017, sarà definitivamente abrogata la cd “CIG in deroga”, finora gestita dalle Regioni (oggetto di limitate proroghe, ma “ad esaurimento” da parte del D.lgs. 185/2016: cd Correttivo Jobs Act).
Sarà ns cura tenerVi aggiornati sugli sviluppi delle agevolazioni connesse con l’approvazione della Legge di Stabilità 2017.

mercoledì 23 novembre 2016

DISABILI, INASPRITE LE SANZIONI AMMINISTRATIVE PER MANCATO ADEMPIMENTO DELL'OBBLIGO DI ASSUNZIONE-FLASH*

*ESTRATTO DA EUFRANIO MASSI, LE MODIFICHE AI DECRETI CORRETTIVI DEL JOBS ACT, DIRITTO & PRATICA DI LAVORO, 41/2016 Inasprito l’importo delle sanzioni amministrative in caso di mandato adempimento dell’obbligo di assunzione di personale disabile ex. l. 68/1999. Il D.lgs. 151/15 (ritoccato dal D.lgs. 185/2016, cd Correttivo Jobs Act) ha fissato in € 153,20 (5 volte l’importo del cd “contributo esonerativo” di € 30.64) per ogni giorno lavorativo di scopertura, conteggiato a partire dal giorno in cui scatta l’obbligo di assunzione.
Il carico sanzionatorio è rilevante, trattandosi di sanzione progressiva e fissa.
Tale sanzione è comunque soggetta a diffida ex. art. 13 D.lgs. 124/2004: in questo caso, si applicherà alla sanzione la riduzione di ¼, prevista per le sanzioni in misura fissa, ma progressiva.
Restiamo in attesa delle più dettagliate disposizioni di prassi del Ministero del Lavoro.

martedì 22 novembre 2016

CORRETTIVO JOBS ACT: DIMISSIONI TELEMATICHE, ANCORA NULLA DI FATTO PER IL CASO DEL DIPENDENTE IRREPERIBILE

Dimissioni telematiche, ancora nulla di fatto per il caso del “Dipendente irreperibile”.
Di questo tema, abbiamo trattato in questo Blog, ancora a febbraio scorso: https://costidellavoro.blogspot.it/2016/02/le-dimissioni-del-dipendente.html
Nonostante le autorevoli sollecitazioni che provenivano da più parti, l’Esecutivo non ha approfittato del cd “Correttivo Jobs Act” (D.lgs. 185/2016) per correggere quella che, a detta di tutti, pratici ed osservatori, appariva la stortura più evidente del sistema di “dimissioni telematiche” introdotto dal D.lgs. 151/2015. Nonostante la conclamata promessa di “semplificazione amministrativa” che accompagnava il citato Decreto, la nuova procedura di dimissioni telematiche nulla prevedeva per il caso che il Dipendente, dimessosi oralmente o per iscritto, non provvedesse successivamente a inviare telematicamente le proprie dimissioni: un’evenienza, come noto, tutt’altro che inverificabile, specie per lavori edili, o di Pubblici Esercizi, caratterizzati da un’elevata mobilità dei Dipendenti, i quali, in non pochi casi, diventano letteralmente introvabili. In questo caso, all’Azienda non resta che licenziare; ma licenziare costa! Costa (salvo casi di “giusta causa”) l’indennità di preavviso, il contributo NASPI di licenziamento (significativo, può arrivare fino a ca € 490, con gli adeguamenti annuali!). E al danno si aggiunge la beffa, se si pensa che lo stesso Dipendente, se riassunto da altro Datore, non pago delle tutele ricevute, può addirittura essere assunto con lo “sconto” previsto per i lavoratori in NASPI.
Unica novità del “Correttivo” sulle “dimissioni/risoluzioni consensuali telematiche”: la procedura, potrà essere effettuata anche per il tramite dei Consulenti del Lavoro e delle sedi territoriali dell’Ispettorato nazionale del Lavoro.
Il decreto correttivo ha inoltre confermato che la procedura delle dimissioni on-line non si applica ai rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni.

venerdì 18 novembre 2016

EQUITALIA, DEFINIZIONE AGEVOLATA DI CARTELLE ESATTORIALI, LE PRIME INFORMAZIONI DI EQUITALIA-FLASH

Dalle Faq Definizione Agevolata DL n. 193/2016, le prime informazioni di Equitalia sulla definizione agevolata delle cartelle esattoriali.
LINK: https://www.gruppoequitalia.it/equitalia/opencms/it/news/Faq-Definizione-Agevolata-DL-n.-193-2016/

-La definizione agevolata consente ai contribuenti di ottenere una riduzione delle somme da pagare a Equitalia; -La definizione agevolata prevista nell’articolo 6 del decreto legge n. 193/2016, si applica alle somme riferite ai carichi affidati a Equitalia tra il 2000 e il 2015;
-Bisogna presentare una dichiarazione attraverso un modulo (Dichiarazione di adesione alla definizione agevolata) che è disponibile sul sito www.gruppoequitalia.it e presso tutti gli sportelli di Equitalia. Entro il 24 aprile 2017 (180 giorni dopo la pubblicazione del decreto legge n. 193/2016 in Gazzetta Ufficiale) Equitalia, esaminata l’istanza, comunicherà l’ammontare complessivo delle somme dovute, la scadenza delle eventuali rate e invierà i relativi bollettini di pagamento; -La dichiarazione deve essere presentata entro e non oltre il 23 gennaio 2017, salvo aggiornamenti; -Il modulo può essere consegnato allo sportello oppure inviato agli indirizzi di posta elettronica (email o PEC) riportati nel modulo della dichiarazione e anche sul sito www.gruppoequitalia.it.
-Chi aderisce pagherà l’importo residuo delle somme inizialmente richieste senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora. Per le multe stradali, invece, non si pagheranno gli interessi di mora e le maggiorazioni previste dalla legge.
-Si può pagare in entrambe le modalità, sia a rate che in un’unica soluzione, rispettando le date di scadenza riportate sulla comunicazione inviata da Equitalia e sui bollettini di pagamento. È possibile dilazionare l’importo fino a un massimo di 4 rate: il decreto prevede che le prime tre rate dovranno essere versate entro il 15 dicembre 2017, la quarta entro il 15 marzo 2018.
-Chi ha già un piano di rateizzazione, può comunque aderire alle agevolazioni previste dal decreto. In questo caso, però, deve pagare integralmente le rate in scadenza previste fino al 31 dicembre 2016.
-Chi non paga le rate stabilite, ma anche chi paga in misura ridotta o in ritardo, perde i benefici previsti dal decreto. Gli eventuali versamenti effettuati saranno comunque acquisiti a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto.
-Chi ha un contenzioso con Equitalia può comunque richiedere la definizione agevolata, a condizione che l’interessato dichiari di rinunciare a eventuali contenziosi relativi alle cartelle interessate dalla definizione agevolata.
-Si può pagare con la domiciliazione bancaria, con i bollettini precompilati o direttamente agli sportelli di Equitalia.

giovedì 17 novembre 2016

PERMESSI DI LAVORO STAGIONALE EXTRA UE EX DLGS 203/2016, LE NUOVE PENALITA' PER I DATORI DI LAVORO

Nuove penalità in vista, per i Datori di Lavoro che “abusino” dei “lavoratori stagionali Extra UE”.
Mentre, da un lato, il D.lgs. 203/16 semplifica il rilascio dei permessi di soggiorno “stagionali”, dall’altro, lo stesso Decreto introduce rilevanti penalità.
Sono previsti, infatti, casi in cui la revoca o mancato rilascio del permesso di soggiorno “stagionale” al Lavoratore, dovrà essere risarcita dal Datore, per un importo pari alle retribuzioni (di CCNL) offerte e non corrisposte nel periodo di revoca/mancato rilascio del permesso di soggiorno.
Questa ipotesi è introdotta dall’art.1.14°comma D.lgs. cit.
Questo articolo prevede che il Datore di Lavoro debba risarcire al Lavoratore stagionale il mancato rilascio/la revoca del permesso di soggiorno nei seguenti casi (commi 12-13 lett. c):
1) Il Datore è stato assoggettato a sanzioni per lavoro irregolare (maxisanzione classica, nuove norme sul cd “caporalato” etc.);
2) Liquidazione per insolvenza dell’Azienda che ha richiesto l’assunzione “stagionale”;
3) L’Azienda che ha assunto lo “stagionale” non svolge alcuna attività economica;
4) Mancata osservanza delle disposizioni di previdenza sociale, fiscale, diritti dei Lavoratori, condizioni di impiego previste dalla legge o dai CCNL.

Non pare prevista la citata previsione risarcitoria a carico del Datore nei casi di cui al comma 13 lett.a) e b): ovvero nei casi in cui il permesso sia stato ottenuto in maniera fraudolenta, sia stato falsificato o contraffatto, o il lavoratore non presenti i requisiti vantati. Ad una primissima analisi, il risarcimento parrebbe limitato solo ai casi in cui il Lavoratore sia “vittima”, non “corresponsabile/cooperante” alla frode per il rilascio di un permesso di soggiorno non dovuto.
La probabilità per le Aziende di dover sborsare denaro, in vista dei risarcimenti di cui all’art.1.14°comma D.lgs. 203/16 sono elevate, e le casistiche molto ampie. Si attendono, comunque, le necessarie Circolari del Ministero del Lavoro (e Interni) per i necessari chiarimenti della casistica.
Il Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro dovrà precisare i termini della eventuale responsabilità del Professionista che abbia concorso in dette pratiche.

mercoledì 16 novembre 2016

LAVORATORI EXTRA UE, I NUOVI PERMESSI PER LAVORO STAGIONALE

Cambiano le regole per il rilascio del permesso di soggiorno dei lavoratori stagionali extra UE, dopo il D.lgs. 203/2016 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 9/11/16 nr. 262):
-Permessi di soggiorno “Stagionali” possono essere concessi ai “lavoratori Extra UE” solo per i settori Agricolo e Turistico-Alberghiero (art. 1.1°comma lett. b) D.lgs. 203/16);
-Più semplici, i “nulla osta pluriennali” all’ingresso: I Lavoratori Extra UE dovranno essere già stati in Italia come “stagionali” almeno 1 volta negli ultimi 5 anni e non più per 2 volte consecutive (art. 1.1°comma lett. a) D.lgs. 203/16);
-Silenzio-assenso al permesso dopo 20 gg.: Questa possibilità è riconosciuta, nel caso in cui il Lavoratore sia stato in Italia, almeno 1 volta negli ultimi anni (art. 1.6°comma D.lgs. 203/16);
-Conversione permesso di soggiorno “stagionale” in permesso di lavoro “normale”: tale conversione è ammessa dopo 3 mesi di “lavoro stagionale” (art. 1.100°comma D.lgs. 203/16);
- Se il Datore di Lavoro fornisce alloggio al lavoratore Extra UE, l’idoneità alloggiativa utile per il Permesso va dimostrata dal Datore di Lavoro (art.1.3°comma D.lgs. 203/16);
- La retribuzione deve essere congrua con retribuzione e qualità dell’alloggio: il canone di affitto non può essere superiore ad 1/3 della retribuzione (art.1.3°comma D.lgs. 203/16);
-Se la pratica di rilascio del “permesso di soggiorno stagionale” non va a buon fine per causa imputabile al Datore di Lavoro, questi è tenuto a corrispondere al Lavoratore le retribuzioni promesse per le mensilità di lavoro che avrebbero dovuto essere lavorate in Italia (art.1.14°comma D.lgs. 203/16).
Ecco, il testo ufficiale del Decreto: http://www.dottrinalavoro.it/wp-content/uploads/2016/11/203-2016-DLvo-StagionaliExtraUE.pdf

venerdì 11 novembre 2016

GEOLOCALIZZAZIONE GPS E NORMATIVA SUI CONTROLLI A DISTANZA: I PRIMI CHIARIMENTI DELL'ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO

La “geolocalizzazione” GPS del Lavoratore va ancora autorizzata dall’Ispettorato del Lavoro o da accordo Sindacale.
Questo, quanto disposto dalla Circolare 2/2016 del neonato “Ispettorato Nazionale del Lavoro” che ha finalmente chiarito la “giusta prassi” da seguire relativamente alla discussa problematica GPS e all’impatto su questo della riforma dell’art. 4 l. 300/70, da parte del Jobs Act.
Nella versione riformata dal Jobs Act, l’autorizzazione amministrativa dell’Ispettorato o l’accordo sindacale per “controlli a distanza” non è ammessa per gli “strumenti utilizzati dal Lavoratore per rendere l’attività lavorativa”.
L’intenzione del legislatore era adeguare il vecchio testo dell’art. 4, fermo al 1970, per legittimare, senza oneri amministrativi, tecnologia passibili astrattamente di “controlli a distanza”, ma di uso talmente comune per il lavoro, da essere ormai impossibile concepire lo svolgimento di un servizio.
Di qui, la “liberalizzazione” degli “strumenti utilizzati dal Lavoratore per rendere l’attività lavorativa”. Ma tale, secondo l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, non si considera la “geolocalizzazione GPS”, che non è concepita per “rendere” la prestazione di lavoro, ma per “ulteriori finalità di controllo” (assicurativo, patrimoniale); per questi dispositivi è sempre necessaria l’autorizzazione amministrativa o l’accordo sindacale.
In tutti gli altri casi di uso di tecnologia GPS, l’Ispettorato invita a considerare se la tecnologia appaia “Indispensabile” per “eseguire la prestazione lavorativa”, ovvero obbligatoria per legge: in questi casi, non è necessaria l’autorizzazione amministrativa, né l’accordo sindacale (l’Ispettorato porta l’esempio del trasporto di porta valori, per cui la legge impone il GPS per valori superiori a e 1.500.000).
Al riguardo e al momento, una delle poche soluzioni certe è quella definita dal CCNL Autotrasporto: l’art. 11 Septies, infatti, consente l’installazione sul Camion di dispositivi di controllo satellitare senza ricorso ad autorizzazione Ispettiva. A margine, però, dobbiamo ricordare che tale articolo non pare consentire l’utilizzazione delle risultanze di tale dispositivo ai fini disciplinari.
Troverete il testo della Circolare IPL 2/16 al link http://www.dottrinalavoro.it/prassi-c/inl/inl-cir-2-chiarimenti-sullinstallazione-di-impianti-gps-e-procedura-autorizzatoria

giovedì 10 novembre 2016

IL PERMESSO 104 SOSPENDE LE FERIE, PAROLA DEL MINISTERO DEL LAVORO

Il godimento del permesso ex. art. 33 l. 104/92 sospende il periodo feriale programmato, ma solo per “improcrastinabili” esigenze assistenziali del disabile accudito.
Lo precisa il Ministero del Lavoro, con Interpello 20/2016: questa possibilità è riconosciuta anche al Lavoratore che richieda i permessi ex. l. 104 in un periodo di chiusura dello stabilimento (“fermo produzione”).
Ferie e permessi della legge 104, conferma il Ministero, operano su piani differenti (sul piano privatistico, le ferie, sul piano pubblicistico-assistenziale, i permessi ex. l. 104): non è, comunque, consentito al Lavoratore utilizzare i permessi della legge 104 per prolungare artificiosamente le ferie; ovvero non è consentito al Lavoratore sfruttare i permessi ex. l. 104 fossero “permessi per riduzione orario”: le ferie, precisa al riguardo il Ministero, possono essere sospese solo in considerazione della “prevalenza delle improcrastinabili esigenze di assistenza del … disabile”.
Come possa il Datore di Lavoro accertare le “improcrastinabili” motivazioni che portano il lavoratore a chiedere la legge 104 non è del tutto chiaro; come appare tutt’altro che semplice pervenire, per questa via, ad una decadenza del Lavoratore dai benefici della legge 104. Ma una cosa pare certa: se le ferie sono state programmate, il Datore può negare la richiesta di legge 104 al Lavoratore: in forza di un implicito vincolo di “interpretazione secondo buona fede” (art. 1375 Codice Civile), la richiesta di ferie del Lavoratore si intende destinata al recupero psico-fisico, al benessere del Dipendente, non a finalità assistenziali.
Al Dipendente che chieda il godimento dei permessi ex. l. 104 e la contestuale sospensione delle ferie compete, allora, invertire l’onere della prova e dimostrare che il tempo destinato ai permessi, anche cadenti in ferie, è, comunque, assorbito da “improcrastinabili” emergenze assistenziali del Disabile assistito: il Ministero precisa anche la metodologia per “invertire dell’onere della prova” a favore del Dipendente richiedente: programmare i permessi della legge 104.

martedì 8 novembre 2016

DA OGGI SI INIZIA A PUBBLICARE IN "PROPOSTA LAVORO"!


Da oggi, inizia la mia "stabile" collaborazione con il sito web "Proposta Lavoro".
Oggi, si parla di Partite IVA (vere e false).
Grazie al dr. Simone Caroli (Confindustria Lecco-Sondrio) per l'opportunità.
Potete leggere il mio contributo al link: http://www.propostalavoro.com/benessere-e-lavoro/legislazione-e-sicurezza/partite-iva-e-jobs-act-non-solo-precariato-ma-anche-competenza

mercoledì 26 ottobre 2016

LAVORO INTERMITTENTE: LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA PUO' VIETARLO-FLASH

Se il CCNL esclude “espressamente” il ricorso al lavoro intermittente, il lavoratore non può essere assunto a chiamata, nemmeno ricorrendo alle note “causali” di cui al RD 2657/1923.
Così il Ministero, nel Parere 18194/2016, interpreta la disposizione dell’art. 13 D.lgs. 81/2015, che individua il ricorso al RD citato solo residuale, ovvero solo ove la contrattazione collettiva non abbia diversamente disposto.
Coerentemente, il Ministero conclude che la contrattazione collettiva possa escludere, relativamente al proprio settore, il ricorso al lavoro a chiamata, non essendo questa possibilità esclusa nel testo di legge. Ma quando possiamo stare certi che, ad un determinato settore, non si applica il “lavoro intermittente”? Quando il CCNL esclude espressamente tale possibilità (il Parere 7/2014 della Fondazione Studi CDL ritrovava questa esclusione nel CCNL Assicurazioni UNPASS-ANAPA). Solo cioè, se il CCNL vieta espressamente, si può ritenere vietato, in un certo settore, il ricorso al lavoro a chiamata. Questo discorso, però, non può riguardare, in nessun caso, le cd “causali soggettive” (giovani con meno di 25 anni, lavoratori con più di 5 anni): rispetto a questa casistica, il Ministero del Lavoro, con Interpello nr. 37/2008, l’autonomia collettiva non può contrattualmente negare questa possibilità di utilizzazione del contratto.

martedì 25 ottobre 2016

LA PRESCRIZIONE DEI DIRITTI DEL LAVORATORE-LE PRECISAZIONI DEL TRIBUNALE DI PADOVA

Il Tribunale di Padova, con sentenza 4/5/2016 (Giudice Perrone) ha precisato che, all’indomani del “superamento” da parte della legge 92/2012 della cd “stabilità reale” garantita dall’art. 18 l. 300/70, la prescrizione per i crediti di lavoro dei Dipendenti inizia a decorrere solo dopo la cessazione del rapporto e non durante il rapporto.
Questo, in coerenza con l’orientamento fissato a suo tempo dalla Corte Costituzionale con sentenza nr. 63/1966.
Naturalmente, il ragionamento vale anche per i rapporti insorti all’indomani dell’entrata in vigore del D.lgs. 23/2015 (contratto di lavoro a tutele crescenti).
Raccomandiamo, comunque, prudenza: la delicatezza della materia esige, infatti, l’ausilio del Legale.

giovedì 20 ottobre 2016

APPRENDISTATO DI I LIVELLO: NON E' MAI TROPPO TARDI PER PENSARE ALLA PENSIONE!


AVVERTENZA: Qui di seguito riportiamo in estratto un nostro articolo, scritto a quattro mani con il dr. Simone Caroli (Confindustria, Lecco e  Sondrio) dedicato all'analisi delle specifiche riduzioni retributive e contributive previste per l'apprendistato di I Livello (formazione-lavoro). Si ringrazia il dr. Caroli per l'opportunità.

Per favorire la formazione e l'occupazione dei Giovani, il Jobs Act ha reso il contratto di apprendistato il rapporto di lavoro subordinato più conveniente di tutti, sia per l'azienda che per l'apprendista. Il D.lgs. 81/2015, infatti, nel tentativo di fare dell’apprendistato il contratto per una migliore transizione Scuola-Lavoro per i giovani delle Scuole Superiori e degli Istituti professionali, mette a disposizione delle aziende un ricco paniere di incentivi, ma, forse, per rendere l'apprendistato più appetibile si sarebbe potuto fare qualcosa in più.
 Dell’argomento, recentemente, si è occupato il Ministero del Lavoro: il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Commercialisti e degli Esperti contabili ha chiesto, infatti, delucidazioni sui contributi pensionistici INPS maturati dagli apprendisti di primo livello (quelli che, per intenderci, puntano ad un titolo di studio formandosi sia a scuola che nell'azienda dove lavorano). La risposta è arrivata con l’Interpello n. 22/2016.
La questione è posta in questi termini. Innanzitutto, il Ministero ha riconosciuto applicabile ...
(...)

martedì 18 ottobre 2016

PERMESSI 104 ANCHE AI CONVIVENTI: LO STABILISCE LA CORTE COSTITUZIONALE!

Permessi 104 riconosciuti al Dipendente, anche per assistere il Convivente more uxorio disabile.
A questo si giunge, a seguito della sentenza 213/16 della Consulta, che ha esteso il convivente more uxorio la possibilità di fruire dei permessi ex. art. 33 l. 104/92.
La ricostruzione da Noi effettuata in precedenti post, sulla base della normativa allora vigente, deve intendersi decaduta. L’INPS dovrà emanare disposizioni applicative.
Come si documenta la convivenza? Sulla base di quanto disposto dalla legge 76/2016, crediamo che, in questi casi, occorra specifica certificazione anagrafica dello “stato di famiglia”, già producibile secondo le disposizioni ordinarie dello stato civile.
Restiamo, comunque, a disposizione per aggiornarVi sulle disposizioni applicative che fornirà l'INPS per implementare tale sequenza di permessi ex. art. 33 l. 104/92.

venerdì 14 ottobre 2016

UN SOCIO PUÒ ESSERE DIPENDENTE DELLA SUA SOCIETÀ? PANORAMICA

Un Socio di Società può essere contemporaneamente lavoratore dipendente di Società?
Il quesito, oltre ad essere molto discusso, è anche di grande rilevanza pratica: sono numerose, infatti, le contestazioni a questo proposito sollevate dall’INPS e documentate nelle sentenze giudiziarie sviluppatesi su questo argomento.
Di massima, l’onere della prova circa la valida e genuina instaurazione di un rapporto di lavoro dipendente del Socio con la stessa Società è a carico della Società stessa: l’INPS, per prassi amministrativa costante (Circ. 179/89, non revocata), ritiene invalido “per difetto di causa” (art. 1345 Codice Civile) il rapporto di lavoro costituito con l’Amministratore per mansioni che, a livello di lavoro dipendente, siano già comprese nel “mandato di amministratore”.
Il “difetto di causa”, in questo caso, è ravvisabile nella circostanza che la figura del Datore di Lavoro, di colui che dà ordini e organizza il lavoro coincide con la figura del Lavoratore, ovvero di colui che esegue: ci vuol poco a capire che non si può essere contemporaneamente Servi e Padroni! Questo, sia detto in linea di massima.
La situazione, poi, varia, in relazione al maggiore o minore grado di “personificazione” della Società: nelle compagine societarie, dotate di debole personificazione giuridica, prevale la “confusione” tra patrimoni, atti dei singoli; in queste circostanze, risulta particolarmente difficile giustificare un contemporaneo rapporto di lavoro dipendente del Socio. Ad esempio, nella SAS, la giurisprudenza più consolidata (a partire da Cass. 3948/1983) ritiene che il Socio Accomandante possa anche essere Dipendente, qualora non disponga (nemmeno di fatto!) di alcun potere amministrativo (come prescrive l'art. 2320 C.c., pena la piena responsabilità patrimoniale del Socio).
Ma un indice di possibile invalidità (lo ricordiamo, non si può essere contemporaneamente Servi e Padroni) viene anche ravvisato nella circostanza che il Socio Accomandante-Dipendente disponga la maggioranza del capitale Sociale, ovvero il nome del Socio citato compaia nella Ragione Sociale: tutte circostanze, queste, che evidenziano un ruolo marcatamente “padronale” del Socio, non compatibile con il ruolo da Dipendente.
Anche il rapporto parentale è valutato dall’INPS (Circ. 179/89) in senso restrittivo: sicuramente, ad esempio, non è valido il rapporto di lavoro dipendente della moglie del Socio che disponga di poteri amministrativi o capitalistici “schiaccianti”. Più agevole, invece, risulta la giustificazione del lavoro Dipendente del Socio in compagini societarie dove più marcata è la personificazione giuridica.
La giurisprudenza (Cass. 1739/96) e la successiva prassi INPS (Mes INPS nr. 12441/2011) hanno precisato che può essere dipendente di Cooperativa lo stesso Presidente di Cooperativa. Questo per la semplice ragione che il rapporto di rappresentanza organica e il rapporto di lavoro subordinato operano in due sfere differenti: nei rapporti con i terzi (il rapporto organico), nei rapporti endo-societari (il rapporto di lavoro subordinato).
Va da sè, che questo presuppone un minimo di organizzazione che giustifichi tale distinzione di ruoli, ovvero a condizione che il lavoro subordinato del Presidente abbia per oggetto attività estranee al rapporto organico e sia ravvisabile quel requisito della "eterodirezione" che rappresenta un elemento costitutivo e determinante del lavoro subordinato (art. 2103 Codice Civile).

mercoledì 12 ottobre 2016

IL POSSESSORE DI PEC DEVE ASSICURARSI CHE PC E CASELLA DI POSTA ELETTRONICA SIANO IN BUONO STATO DI FUNZIONAMENTO: NOTA FLASH SU CASSAZIONE 13917/2016*

*SINTESI CASS. 13917/2016 E ARTICOLO MAZZOLA SU EUROCONFERENCE 24/9/16
Quando si ha a che fare con le notifiche (giudiziarie, in primis, ma non solo) ci si scontra naturalmente con i vari sotterfugi, con i vari stratagemmi che i vari destinatari escogitano per impedire il perfezionamento della notifica (e paralizzare, così, gli atti correlati). Questi problemi si sono riproposti con il sistema delle notifiche telematiche a mezzo di PEC su cartelle INPS, INAIL, Equitalia etc. (come noto, da qualche tempo, per Imprenditori e Liberi Professionisti la PEC è obbligatoria): su uno di questi casi, è intervenuta la Corte di Cassazione con sentenza nr. 13917/2016.
Nel caso trattato dalla Cassazione, un soggetto (un Imprenditore) aveva eccepito che la notifica della PEC (contenente cartella, atto, comunque, sfavorevole) non era andata a buon fine, per il cattivo funzionamento della casella di posta elettronica, colpita da virus informatici.
Per scongiurare facili elusioni, la Cassazione ha precisato che questa eccezione non ha valore: l’obbligo per Imprenditori (e Liberi Professionisti) di munirsi di PEC per ricevere le necessarie notifiche, introdotto dalla legge, implica, per il possessore della PEC stessa, l’obbligo di assicurarsi circa il corretto funzionamento della “Casella (Account) di posta elettronica”.
A questo fine, la Cassazione ha precisato che il possessore di PEC deve salvaguardare il proprio Account di posta con adeguato antivirus e affidando il PC a periodica e adeguata manutenzione da parte di Terzi esperti.

venerdì 7 ottobre 2016

PERIODO DI PROVA: SPECIALI REGOLE PER I CONTRATTI A TERMINE NEL CCNL COMMERCIO

Regole particolari per il patto di prova nei contratti a termine nel CCNL Commercio. Il CCNL citato, infatti, precisa che, in caso di “successione di contratti a termine”, si applica la disciplina dell’art. 64, qui di seguito evidenziata:

Sezione Quarta - Disciplina del rapporto di lavoro - Titolo I - Mercato del lavoro - Capo III - Contratto a tempo determinato - Somministrazione di lavoro a tempo determinato

Articolo 64 Periodo di prova
In caso di successione di contratti a tempo determinato con il medesimo lavoratore per le stesse mansioni, non si applica la disciplina del periodo di prova di cui all'art. 106.

mercoledì 5 ottobre 2016

IL CAR SHARING USATO DAL DIPENDENTE PUO' ESSERE TRATTATO COME SPESA DI TRASFERTA (NON IMPONIBILE)?*

*RIASSUNTO SCHEMATICO RISOLUZIONE A.E. 89 DEL 28/9/16
Caso:
Tizio, Tecnico Informatico dell’Azienda Complichiamolecosesemplici Spa, con sede a Milano, per prestazioni d’assistenza informatica, per andare nella località di destinazione, si avvale di un servizio di car sharing che contabilizza regolare fattura d’uso. Tale servizio viene utilizzato per trasferte interne al territorio comunale. Il servizio di car sharing costituisce spesa di trasferta fiscalmente non imponibile (o parzialmente non imponibile)? Oppure totalmente imponibile?

Risposta:
L’Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione 83/2016, prende le mosse dall’art. 51.5°comma DPR 917/86, il quale dispone:

“Le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi spese di trasporto, comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito”.

L’Agenzia spiega che le trasferte entro il medesimo territorio comunale non godono di alcuna esenzione fiscale, in considerazione della “finalità di evitare che le indennità o i rimborsi spese per spostamenti poco rilevanti … possano sostituire la retribuzione ordinaria soggetta a tassazione”.
Il rimborso delle trasferte, per regola generale di legge, resta non imponibile, in caso di spese documentate da terzi, ovvero dal “vettore” (taxi, autobus e simili), incaricato dello spostamento del lavoratore. L’Agenzia delle Entrate ha parificato al rango di “terzo vettore” la Società che gestisce il servizio di car sharing: in questo caso, la spesa documentata dal Dipendente per trasferta, tramite car sharing, non è fiscalmente imponibile.
In questo caso, la Società di car sharing dovrà rilasciare documentazione adeguata, contenente indicazione dello spostamento del Lavoratore. La fattura, a quanto si coglie dalla Risoluzione, potrebbe anche essere intestata all’Azienda, senza problemi sul piano amministrativo.
La Risoluzione si trova al sito web dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov).

venerdì 30 settembre 2016

SISTEMA INFORMATIVO PER LA SICUREZZA SUL LAVORO: FINALMENTE VARATO!-FLASH

Al via, dopo anni di attesa, il SINP (sistema informativo per la sicurezza sul lavoro) ai sensi dell’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha pubblicato, sul Suppl. Ordinario n. 4 alla Gazzetta Ufficiale n. 226 del 27 settembre 2016, il Decreto n. 183 del 25 maggio 2016 con il Regolamento recante regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del SINP (sistema informativo per la sicurezza sul lavoro) , nonché le regole per il trattamento dei dati. Il Decreto entrerà in vigore il 12 ottobre 2016.
Gli obblighi saranno operativi a partire dal 12/4/17.
Fonte DOTTRINALAVORO

mercoledì 28 settembre 2016

ABBANDONO DEL POSTO DI LAVORO, BREVISSIMO COMMENTO A CASSAZIONE 15441/2016

Una guardia giurata che abbandona il luogo che deve sorvegliare commette una grave mancanza e va licenziata per giusta causa.
Ma cosa si intende per “grave mancanza”: basta una mancanza di pochi minuti? Occorre che il tempo di abbandono sia più consistente? Oppure …?
Del caso, si è occupata la Corte di Cassazione, con la sentenza nr. 15441/2016. La Corte di Cassazione ha annullato le sentenze del Giudice del Lavoro che, in primo e in secondo grado, avevano dato ragione al Dipendente e annullato il licenziamento disposto dal Datore di Lavoro.
I fatti.
Nel  caso di specie, una Società di Sicurezza aveva licenziato una propria guardia giurata che si era, per breve tempo, allontanata dall’outlet che doveva sorvegliare, per andare a prendere il giornale.
I Giudici, in primo e secondo grado, avevano accolto la versione del Dipendente: l’allontanamento, di pochissimi minuti, avvenuto a ridosso della fine dell’orario di lavoro (per la precisione, alle ore 7.25, verso la chiusura del turno), era stato ritenuto una seria infrazione, ma non tale da giustificare il licenziamento.
A questo riguardo, i Giudici, ritenendo l'infrazione della guardia giurata di “minima lesività” per il Datore, si sono inseriti sulla falsariga di un lungo filone giurisprudenziale, tradizionalmente attribuito al diritto romano, De minimis non curat praetor: della serie, “dei poveri diavoli, delle loro corbellerie, ma innocue, la Giustizia non deve interessarsi”; un orientamento, questo, che rifluisce spesso nella giurisprudenza del lavoro dedicata alle infrazioni disciplinari del Personale (pensiamo ai cd. “furti di modico valore”).
La Cassazione, però, ha rigettato questa impostazione. 
E' importante precisare, sul punto, che la Cassazione non ha riconosciuto la “ragione” del Datore di Lavoro e il “torto” del Dipendente (come pare dire la news sintetica di Euroconference 12/9/16 che commenta la sentenza in questo modo: Nel caso in analisi, correttamente il Datore ha licenziato un ‘vigilantes’ che si era allontanato alcuni minuti per andare a comprare il giornale, lasciando aperto un portoncino pedonale e la porta di guardiola).
E prova ne è il fatto che la sentenza impugnata è stata “annullata con rinvio”: la Cassazione non ha, cioè, giudicato direttamente il caso del licenziamento della guardia giurata.
La Cassazione, in altre parole, ha semplicemente notato che i Giudici “di prime cure” hanno dimenticato (sbadatamente) di valutare alcuni elementi di fatto addotti dal Datore di Lavoro, per giustificare il licenziamento. L’Azienda, cioè, aveva rilevato che la guardia, pur avendo lasciato chiuso l’esercizio con il sistema di allarme inserito, aveva, comunque, lasciato la porticina pedonale socchiusa, quindi, potenzialmente vulnerabile all’ingresso di estranei: e su questa base aveva anche invocato il licenziamento per giusta causa. Si tratta, a tutta evidenza, di fatti avrebbero potuto (sulla carta) decidere il processo in senso sfavorevole al Lavoratore.
Ma la Cassazione, si sa, non può valutare i fatti, il “merito”, della causa: queste valutazioni spettano ai Giudici di grado inferiore.
Di qui, la scelta della Cassazione di rinviare la causa alla Corte di Appello, affinchè completi la valutazione dei fatti di causa, nel senso di confermare o meno l’interpretazione “minimale” che, “in prime cure”, ha escluso la legittimità del licenziamento della Guardia Giurata.
Una cosa è, comunque, certa: secondo la Cassazione, in caso di allontanamento del Lavoratore dal posto di lavoro, il licenziamento per "giusta causa" non dipende dalla “brevità” dell’assenza: occorre, invece, verificare se l'allontanamento, anche se avvenuto per poco tempo, abbia comunque aumentato creato un danno serio e grave al Datore: nel caso della guardia giurata, occorre verificare se l'allontanamento, per quanto breve, abbia aumentato il rischio di furti, scassi etc. del locale affidato alla sorveglianza.
Ma, per conoscere il finale di questa storia, occorre attendere il pronunciamento del Giudice di rinvio.
La sentenza è reperibile nel sito web Teleconsul.

martedì 27 settembre 2016

LE NUOVE NORME SUL DISTACCO COMUNITARIO, NON CHIARI I TEMPI DI ENTRATA IN VIGORE-FLASH

Ci preme segnalare un punto critico del nuovo D.lgs. 136/2016 che riforma il “distacco comunitario”: non è chiara la tempistica di entrata in vigore delle norme.
L’art. 27 dispone che il D.lgs. entra (è entrato in vigore) il 22/7/16, giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (il 21/7/16 nr. 169). Contemporaneamente, l’art. 26 dispone “è abrogato il D.lgs. 72/2000”, senza specificare nulla.
Con questo, dobbiamo segnalare che una parte delle nuove norme, l’art.10, quella relativa ai nuovi obblighi di comunicazione, non è sicuramente applicabile, dato che, per la sua piena applicabilità, l’art. 10.2°comma D.lgs. 136/2016 rinvia ad un Dm, che avrebbe dovuto essere adottato entro 30 gg. dall’entrata in vigore della norma, ma che ad oggi (21/9/2016) non risulta ancora pubblicato. In assenza di tale dm, le previsioni sulla comunicazione etc. non possono certamente considerarsi in vigore e, con esse, le relative sanzioni amministrative. Viceversa, stando a quanto disposto dall’art. 27 cit., le nuove norme di verifica della “autenticità” del distacco (con relative sanzioni amministrative e penali: art. 3.5°comma D.lgs. 136/16), dovrebbero considerarsi vigenti già dal 22/7 us.
E’ verosimile, però, che tali disposizioni resteranno lettera morta, almeno fino a quando il Ministero del Lavoro non avrà impartito le necessarie disposizioni applicative al personale di vigilanza: solo a partire da questo momento, infatti, potranno partire davvero le ispezioni e le sanzioni.
Per il momento, pertanto, non resta che attendere il Ministero del Lavoro.

venerdì 23 settembre 2016

DISTACCO COMUNITARIO, SANZIONI PIU' PESANTI CONTRO I DISTACCHI FASULLI-FLASH

“Giro di vite” contro i distacchi comunitari fasulli.
L’art. 3.5°comma D.lgs. 136/2016 ha inasprito le sanzioni amministrative per i casi di “distacco non autentico”, prevedendo l’applicazione di una sanzione pecuniaria di € 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione contra legem. La stessa norma precisa che tale sanzione non può essere inferiore a 5.000 e non superiore a € 50.000.
Si tratta di una sanzione “proporzionale”, analoga a quella prevista per le cd “somministrazioni abusive” depenalizzate con D.lgs. 8/2016.
Per il calcolo di sanzioni, ad un primissimo esame, sembra possano applicarsi, per analogia, le indicazioni impartite dal Ministero del Lavoro, con relative Note e Circolari (il punto dovrà essere confermato, però, dal Ministero del Lavoro).
In caso di occupazione di minori, senza autorizzazione e fuori dai casi previsti per la tutela del lavoro minorile, la sanzione diventa penale-contravvenzionale: si applica, cioè, la pena dell’arresto fino a 18 mesi e l’ammenda di € 50, per ogni lavoratore e per ogni giornata di occupazione aumentata fino al sestuplo.
Restiamo in attesa delle precisazioni e approfondimenti che il Ministero del Lavoro vorrà impartire.

mercoledì 21 settembre 2016

LA CONTESTAZIONE DISCIPLINARE NON E' MODIFICABILE: IN CHE SENSO? IL PUNTO DI DIRITTO DOPO CASS. 13580/2016

Nella pubblicistica specializzata, nei siti web si sente spesso dire: “la contestazione disciplinare non è modificabile”; ma cosa significa questo, all’atto pratico?
Vediamo di fare un brevissimo punto dopo l’ultimo importante pronunciamento della Corte di Cassazione, in sentenza nr. 13580/2016.
L’immodificabilità riguarda i fatti, ovvero la “narrazione” e la ricostruzione degli avvenimenti oggetto della contestazione; non la loro valutazione giuridica.
Ci spieghiamo meglio.
Se un’Azienda contesta ad un Dipendente di aver rubato € 100, la Stessa non può poi emettere la sanzione disciplinare contro lo stesso Dipendente, perchè … ha insultato un Collega. Il fatto, ben inteso, può essere davvero concomitante, ma, ai fini della procedura disciplinare, “immodificabilità” significa essenzialmente che la contestazione al Lavoratore, se è iniziata per il furto, deve proseguire sul furto, non per altro fatto.
Una volta provato il furto, poi, il Datore può sempre riservarsi ogni valutazione utile in ordine alla sanzione disciplinare applicabile, ovviamente nel rispetto del principio di “proporzionalità” fissato dall’art. 7 l. 300/70: in sede finale, cioè, il Datore può ritenere più idonea una diversa sanzione rispetto a quella ipotizzata in apertura del procedimento: ad esempio, la sospensione in luogo della multa; e, nei casi più gravi, anche il licenziamento (queste valutazioni attengono a quella che in gergo tecnico si chiama “qualificazione giuridica” dei fatti).
In altre parole, l’“immodificabilità”, nella procedura disciplinare contro il Dipendente, riguarda i fatti, non la loro valutazione/ponderazione ai fini della migliore sanzione disciplinare applicabile. In questo senso:
-Cass. 7105/1994;
-Cass. 21795/2009;
-Cass. 6499/2011;
-Cass. 17086/2012;
-Cass. 13680/2015;
-Cass. 13580/2016.

martedì 20 settembre 2016

L'APPRENDISTATO "PER QUALIFICA" SI PUO' TRASFORMARE IN APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE

Con nota prot. n. 14994 del 29 luglio 2016, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha comunicato alle proprie sedi territoriali che l'Ufficio legislativo, a seguito di richiesta di parere, ha chiarito che non sembrano sussistere ostacoli alla trasformazione dei contratti di apprendistato per il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore, stipulati sotto la vigenza del D.Lgs. n. 167/2011, in contratti di apprendistato professionalizzante di cui al D.Lgs. n. 81/2015, anche in considerazione del fatto che il vigente articolo 43, comma 9, ammette espressamente tale possibilità.
Questa conclusione è ritenuta dal Ministero coerente con la ratio dell’apprendistato professionalizzante: far acquisire all'apprendista le conoscenze e la capacità tecnica necessarie per diventare lavoratore qualificato.
Tale fattispecie di trasformazione richiede, comunque, attenzione: nel passaggio da un tipo contrattuale all’altro, la formazione deve essere credibile: deve, al riguardo, essere ricordato che, per giurisprudenza costante, un contratto apprendistato stipulato senza una valida funzione formativa è nullo (sarebbe, ad esempio, questo il caso classico dell’apprendistato stipulato per far acquisire all’apprendista competenze che egli già possiede).
A questi fine, ossia per la validità dell’apprendistato, è indispensabile:

1) Che l'apprendista non deve essere già in possesso delle conoscenze e delle capacità previste per la qualifica professionale alla cui acquisizione l'apprendistato stesso è finalizzato;
2) La formazione, nel corso del rapporto, deve “effettiva", cioè realmente impartita.

venerdì 16 settembre 2016

VERSO IL NUOVO "LAVORO ACCESSORIO"-FLASH

Nuovo restilyng al lavoro accessorio: questo il risultato più importante del recente “Decreto Correttivo” al Jobs Act in via di approvazione da parte del Consiglio dei Ministri. Se non interverranno ulteriori modifiche nell’iter di approvazione parlamentare, questi saranno le principali novità:

-Abolita la comunicazione preventiva all’INPS;
-Introduzione di una comunicazione preventiva all’Ispettorato Nazionale territorialmente competente (fino a 60 minuti prima l’inizio della prestazione) via SMS o posta elettronica, contenente dati anagrafici, codice fiscale, luogo, data della prestazione;
-Sparisce il riferimento, nella comunicazione preventiva, ad un arco temporale di prestazione superiore a 30 giorni, come regola generale.
-I Datori di Lavoro agricoli sono tenuti ad effettuare le medesime comunicazioni con riferimento ad un arco temporale della prestazione non superiore a 7 giorni.

Queste le prime indicazioni, in attesa che il quadro delle informazioni si consolidi con la pubblicazione del Decreto.

mercoledì 14 settembre 2016

LA "DOPPIA CONTRIBUZIONE INPS" PER GLI AMMINISTRATORI DI SOCIETÀ DI CAPITALI-IL PUNTO DOPO CASSAZIONE 17365 2016

Il Socio di Società Commerciale Srl che rivesta contemporaneamente ruolo di Amministratore deve scontare la doppia iscrizione alla Gestione Commercianti e alla Gestione Separata INPS. Dopo qualche tentativo di revisione giurisprudenziale, è giunto l'alt del legislatore (vedi art. 12.11°comma DL 78/2010 conv. in l. 122/2010, norma di “interpretazione autentica”) e, su questa scia, della giurisprudenza (da ultimo, Cassazione nr. 17365/2016, leggibile nel sito web TELECONSUL).
Siamo davanti ad un orientamento applicativo perfettamente consolidato, anche se certamente iniquo, forse non del tutto corretto giuridicamente.
Qui di seguito, un breve riepilogo della questione, che riepiloga e supera ogni contributo scritto in tempi antecedenti.
Il “senso comune” suggerirebbe che, in caso di “doppio incarico” (Socio d’opera e Amministratore), si debba versare una sola contribuzione (o alla Gestione Commercianti INPS o alla Gestione Separata INPS, secondo che sia prevalente “il lavoro” in termini di impiego orario o compenso nell’una o nell’altra attività).
L’INPS, però, ha sempre rifiutato di seguire questa soluzione.
L’INPS, infatti, ha sempre ritenuto che, per operare come vorrebbe il “senso comune”, serva una apposita previsione di legge che stabilisca quale sia la “Gestione prevalente” in caso di concorrenza dei requisiti per l’iscrizione a più Casse Previdenziali. Tale norma, però, manca (l’INPS si è sempre rifiutata di interpretare in questo senso l’art. 1.208°comma l. 662/96).
Mancando una norma ad hoc, secondo l’INPS, nel caso in cui un soggetto (es. Socio di Srl-Amministratore) assommi in sé i requisiti per l’iscrizione alle due Casse INPS (Commercianti e Gestione Separata), deve farsi riferimento distinto alle norme applicabili per le rispettive Casse (art. 2.26°comma l. 335/95 e l. 613/66-l.160/75).
In questo senso, l’incarico di Amministratore obbliga automaticamente all’iscrizione alla Gestione Separata, perché così dispone l’art. 2.26°comma l. 335/95; e detto articolo non sta a disquisire se l’iscrizione possa non spettare in caso di concorrente/prevalente altra Gestione.
In altre parole, siamo in un caso, della serie: “Sei un Amministratore? Devi iscriverti alla Gestione Separata, poche storie!”.
Eventualmente, si potrà evitare l’iscrizione alla Gestione Commercianti INPS, solo se si riesce a provare l’insussistenza dei requisiti di iscrizione a tale Cassa.
L’iscrizione alla Gestione Commercianti INPS è riconosciuta ai Commercianti, anche Soci di Società di Capitali, che prestino “personalmente” attività di lavoro nell’impresa in modo “prevalente e abituale”.
L’INPS, forte dell’art. 1.208°comma l. 662/1996 (nell’interpretazione confermata dal legislatore nel 2010), in questi casi, tende a circoscrivere lo scrutinio di iscrivibilità del Socio alla Gestione Commercianti solo alla ricorrenza di un “lavoro personale abituale” all’interno dell’impresa (che può realizzarsi in varie forme: lavoro direttivo etc.).
In assenza di altre attività imprenditoriali, l’INPS giudica inutile valutare la ricorrenza dell’altro requisito nominato dalla legge per l’iscrizione alla Gestione Commercianti, cioè la “prevalenza”.
Tale requisito è limitato dalla legge (a detta dell’INPS) ad attività imprenditoriali astrattamente iscrivibili alla Gestione Commercianti (e viene escluso, per costante orientamento dell’INPS ex. art. 1.208°comma l. 662/96 per le attività di Amministratore non iscrivibili alla Gestione Commercianti, ma solo alla Gestione Separata).

giovedì 8 settembre 2016

IL NUOVO CAMBIO APPALTI DOPO LA LEGGE COMUNITARIA

Dal punto di vista teorico, astratto, il “cambio appalti” e il “trasferimento d’Azienda” sono due fattispecie radicalmente diverse: nel “trasferimento d’Azienda”, abbiamo, contestualmente al trasferimento dell’Azienda o a parte di essa, il passaggio dei Dipendenti da un Datore di Lavoro all’altro, con successione nel rapporto di lavoro subordinato dall’uno all’altro Datore. Viceversa, nel “cambio appalti”, abbiamo una situazione nella quale un’Azienda che subentra in un appalto è tenuta ad assumere, in forza di norme di CCNL o di legge, i Dipendenti del vecchio appaltatore (vedi art. 29.3°comma D.lgs. 276/03). Qui, la continuità è data solo dalla Commessa (stessa Commessa), mentre non vi è successione nel rapporto di lavoro: i Dipendenti, infatti, cessano in una organizzazione e vengono assunti in altra (la Subentrante).
A queste condizioni, non essendovi “successione nel rapporto di lavoro”, ma creazione ex novo di un rapporto di lavoro subordinato, al “cambio appalto” non si applicano le garanzie ex. art. 2112 Codice Civile.
Correggiamo: non dovrebbe applicarsi l’art. 2112 Codice Civile.
Il condizionale è d’obbligo, perché la prassi conosce casi dove lo schema del “cambio appalti” è utilizzato abusivamente per eludere le tutele del lavoro dipendente fissate dall’art. 2112 Codice Civile. Essendo la tutela ex. art. 2112 Codice Civile frutto di obblighi e garanzie UE, in sede comunitaria, è sempre stata viva la protesta per la disciplina dei cd “cambio appalti”, ritenuta elusiva delle garanzie comunitarie.
Dopo l’ennesima procedura di infrazione, è intervenuta la recente Legge Comunitaria 2015/2016 (in vigore dal 23 luglio). Nel tentativo di far cessare il contenzioso con l’UE, la Legge Comunitaria è intervenuta con una modifica all’art. 29.3°comma D.lgs. 276/03: la modifica, cesellando ulteriormente l’ipotesi del “cambio appalto”, dovrebbe troncare alla radice ogni dubbio.
Nel tentativo, infatti, di meglio differenziare quest’ultima fattispecie dal “trasferimento d’Azienda” ex. art. 2112 Codice Civile, l’art. 29, comma 3, del suddetto decreto, viene modificato prevedendo che nei casi di acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda.
Come dire: nel trasferimento d’Azienda “genuino”, sussiste continuità organizzativa aziendale, quindi, anche continuità di lavoro, nel passaggio dal Datore Cedente al Subentrante; nel “cambio appalto” “genuino”, non sussiste continuità organizzativa (solo l’appalto con lo stesso Committente); i rapporti di lavoro (e contrattuali) del Subentrante si costituiscono ex novo.
Per un primo approfondimento, rinviamo alla Circolare Fondazione Studi CDL 11/2016.
Si raccomanda attenzione, perché la legge Comunitaria pare aver operato in via di “interpretazione autentica”; pertanto, non si può escludere che la normativa in esame abbia efficacia retroattiva, anche sui casi precedenti la sua entrata in vigore.

mercoledì 7 settembre 2016

NIENTE MONETIZZAZIONE DELLE FERIE NEL PUBBLICO IMPIEGO, NEANCHE A FINE RAPPORTO-FLASH

Non sono più monetizzabili le ferie del Pubblico Dipendente, nemmeno per licenziamento, nemmeno per dimissioni. Questo il contenuto dell’art. 5.8°comma DL 95/2012 (conv. in l. 135/2012), non modificato da nessuna altra disposizione di legge successiva (almeno, Maxima alla mano, non ci constano cambiamenti).
Si rinvia, sul punto, allo specifico approfondimento ARAN del 2012-13, che pare considerarsi tuttora valido.
LINK: https://www.aranagenzia.it/araninforma/index.php/dicembre-2012/142-attualita/493-attualita-1

venerdì 12 agosto 2016

martedì 2 agosto 2016

VALIDO IL LICENZIAMENTO PER SMS

Licenziare per SMS? Si può fare!
A stabilirlo, il Tribunale di Genova con Decreto 223/2016, secondo il quale la forma scritta del licenziamento, prevista tassativamente a pena di inefficacia dell’atto, è soddisfatta anche dal SMS. Il SMS è qualificabile, infatti, come “documento informatico” dotato di firma elettronica leggere, idoneo, ai sensi del D.lgs. 82/2005 (Codice Amministrazione Digitale, cd CAD) a garantire l’identificazione della provenienza (l’accesso alla rete telefonica e l’invio, secondo il Giudice, presuppongono la materiale disponibilità di un dispositivo autenticante, anche grazie alla cd SIM telefonica).
Un contributo importante alla semplificazione delle procedure che si auspica non subisca arresti nello sviluppo giurisprudenziale successivo.
Attendiamo, comunque, di verificare come questa regola andrà consolidandosi nella prassi giurisprudenziale.

mercoledì 27 luglio 2016

OMISSIONI CONTRIBUTIVE INPS: COME FARE PER REGOLARIZZARE

La tempestiva regolarizzazione delle omissioni contributive INPS (del Datore di Lavoro a danno del Dipendente) riduce il carico sanzionatorio in capo al Datore e gli evita l’applicazione delle sanzioni penali.
E’ nel massimo interesse del Datore di Lavoro che ciò avvenga; e questo rimane vero anche a seguito della parziale “depenalizzazione” degli omessi versamenti contributivi INPS, in caso di omissioni non superiori a € 10.000 (come disposto dal D.lgs. 8/2016 che ha, sul punto, modificato l’art. 2.1bis DL 463/86). Due sono i possibili scenari cui il Datore inadempiente può trovarsi di fronte, a partire dal 6/2/16, ovvero dalla data di entrata in vigore del D.lgs. 8/2016.

A) OMISSIONE CONTRIBUTIVA INPS INFERIORE A € 10.000 (per anno solare):
Per questo caso, la Circolare INPS 121/2016 (che, sul punto, ha recepito la Nota 9099/2016 del Ministero del Lavoro) precisa quanto segue:
-Il Datore di Lavoro ha tre mesi (decorrenti dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione) per regolarizzare la propria posizione.
-Medio tempore, ogni efficacia giuridica connessa al procedimento di accertamento contributivo è sospesa: il Verbale di contestazione dell’illecito amministrativo, notificato ex. art. 14 l. 689/81, recherà l’avvertenza che il versamento delle ritenute omesse nei successivi tre mesi comporta la non punibilità dell’autore dell’illecito, sia l’avvertenza che, in caso di mancato versamento, la sanzione troverà applicazione e il trasgressore, ai fini dell’estinzione del procedimento sanzionatorio, potrà versare l’importo ridotto della sanzione nel successivo termine di 60 gg. -Scaduto invano il termine di tre mesi, per le sanzioni amministrative, potranno decorrere i termini per il pagamento della sanzione amministrativa in misura ridotta ex. art. 16 l. 689/1981;
-Il pagamento della sanzione ridotta sottrae il Datore di Lavoro al rischio di una maggiore sanzione amministrativa comminata nell’ordinanza-ingiunzione, in caso di mancato versamento delle ritenute. Diversamente, il Datore dovrà versare la maggiore sanzione, a norma della l. 689/81.

B) OMISSIONE CONTRIBUTIVA INPS SUPERIORE A € 10.000 (per anno solare):
In questo caso, l’illecito mantiene rilevanza penale e sarà punito con la reclusione fino a 3 anni, ovvero con la multa fino a € 1.032,00.
Anche in questo caso, la legge concede al Datore un periodo di tempo pari a tre mesi per regolarizzare il debito contributivo: in caso di pagamento nel trimestre, nessuna conseguenza penale potrà applicarsi al Datore di Lavoro. In caso di mancata regolarizzazione, l’organo accertatore (per lo più, INPS, ma non solo) dovrà provvedere ad inoltrare la denuncia all’Autorità Giudiziaria nella quale si darà contezza anche dell’esito, negativo o positivo, dell’invito a versare le quote omesse.

NB: In ogni caso, per il recupero della spettanza contributiva evasa, l’INPS attiverà le consuete procedure di recupero economico, anche mediante riscossione forzosa tramite ‘Equitalia’, avvalendosi degli strumenti esecutivi che la legge (in primis, il DPR 602/73) mette a disposizione.

mercoledì 13 luglio 2016

PART TIME PENSIONANDI-PRIME SINTESI

A seguito dell'entrata in vigore della Legge di Stabilità 2016 (art.1.284 comma l. 208/15, come modificato dal DL 210/2015), al Lavoratore dipendente (del settore privato!), prossimo alla pensione (alla maturazione dei requisiti entro il 31/12/2018), è consentito l’accesso ad uno speciale contratto part time con una riduzione oraria (dal 40% al 60%), accompagnata dalla corresponsione mensile, da parte datoriale, di una somma pari alla contribuzione previdenziale ai fini pensionistici a carico del datore di lavoro relativa alla prestazione lavorativa non effettuata e con riconoscimento della contribuzione figurativa commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione lavorativa non effettuata in ragione del contratto di lavoro a tempo parziale agevolato.
La somma erogata dall’azienda è omnicomprensiva e non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente e non è assoggettata ad alcuna forma di contribuzione previdenziale, ivi inclusa quella relativa all’assicurazione INAIL e cessa con la maturazione definitiva del requisito pensionistico.
La misura è stata annunciata con l’ambiziosa (e forse velleitaria) scommessa di realizzare un “passaggio di testimone” tra vecchie e nuove generazioni di lavoratori, armonico, fluido, che consenta di accompagnare il Dipendente “anziano” fuori dal lavoro, ma con un percorso graduale, senza contraccolpi sulla pensione (ricordiamo che, post riforma Fornero, anche gli anziani applicano, sia pure pro-quota, il sistema contributivo) e che prefiguri per i giovani lavoratori un percorso che non sia ostacolato da inutili e disfunzionali “barriere all’ingresso” del mercato del lavoro.
Ogni valutazione, ogni bilancio sulla possibile efficacia di tali misure è oltremodo prematuro.
Una cosa è, comunque, certa: i Patronati dovranno fare la loro parte, per fornire ai Lavoratori interessati ogni informazione utile per le loro valutazioni.
L'INPS ha diramato i primi chiarimenti applicativi con la Circolare 90/2016, che potrete trovare nel sito web istituzionale dell'Istituto.

mercoledì 6 luglio 2016

LA CONCILIAZIONE EX. ART. 7 L. 604/66 DOPO L'INTRODUZIONE DELLE "TUTELE CRESCENTI"-FLASH

Dopo lunga riflessione, grazie alle considerazioni molto convincenti del dr. FRIGERIO, pubblicate nello Speciale Licenziamento GMO per Euroconference news del 29/6/16, sono in grado di precisare alcune note sulla conciliazione preventiva obbligatoria, prevista dalla l. 92/2012 (art. 7 l. 604/66), per i “licenziamenti GMO” per le Aziende con più di 15 Dipendenti.
Tale conciliazione si applica solo ed esclusivamente a quelle Aziende che, in via di esaurimento, per i licenziamenti dei propri dipendenti applichino ancora le “reintegra” al momento dell’entrata in vigore delle “tutele crescenti” (7 marzo 2015) ex D.lgs. 23/2015.
La conciliazione ex. art. 7 l. 604/66 deve, al contrario, ritenersi abrogata per i casi di licenziamento dei lavoratori soggetti alle nuove regole sulle “tutele crescenti” dopo il 7/3/2015: per queste, si applica la diversa “offerta di conciliazione” (esente IRPEF e INPS) ex. art. 6 D.lgs. 23/2015 (conciliazione ex post, non ex ante come nella normativa previgente).
A margine, ricordiamo che, nel sistema previgente, beneficiavano in via automatica della NASPI le “risoluzioni consensuali” avvenute nelle conciliazioni preventive avanti la DTL.
Oggi, cancellata questa norma, il riconoscimento della NASPI deve avvenire in base ai principi generali, che, come al solito, escludono la NASPI in presenza di “risoluzioni consensuali”. Questo problema dovrebbe, però, considerarsi superato dal fatto che il nuovo D.lgs. 23/15 prevede una “offerta di conciliazione” ex. art. 6 successiva al licenziamento, non preclusiva dell’accesso alla NASPI (Int. Min. Lav. 13/2015).

martedì 5 luglio 2016

LE DIMISSIONI PER GIUSTA CAUSA DANNO DIRITTO ALLA NASPI-RIEPILOGO

Sulla scia della Circolare 94/2015, ricordiamo che l’indennità NASPI si può corrispondere anche a fronte di dimissioni per giusta causa dei Dipendenti.
L’INPS, al riguardo, esemplifica i seguenti casi:

- dal mancato pagamento della retribuzione;
- dall'aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;
- dalle modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;
- dal c.d. mobbing;
- dalle notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone (fisiche o giuridiche) dell'azienda (art.2112 co.4 codice civile);
- dallo spostamento del lavoratore da una sede ad un'altra, senza che sussistano le "comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive" previste dall'art. 2103 codice civile;
- dal comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente.

In questo caso, la modulistica utile è adeguata in relazione alle esigenze di documentazione della ricorrenza dei succitati eventi.

venerdì 1 luglio 2016

PUBBLICO IMPIEGO, NUOVE NORME SUI LICENZIAMENTI DISCIPLINARI-FLASH

Il Governo ha pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 149 del 28 giugno 2016, il decreto legislativo n. 116 del 20 giugno 2016, recante modifiche all’articolo 55-quater del D.L.vo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di licenziamento disciplinare nelle Pubbliche Amministrazioni. In particolare, costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell’orario di lavoro dello stesso.
Della violazione risponde anche chi abbia agevolato con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta.
La falsa attestazione della presenza in servizio, accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, determina l’immediata sospensione cautelare senza stipendio del dipendente, fatto salvo il diritto all’assegno alimentare nella misura stabilita dalle disposizioni normative e contrattuali vigenti, senza obbligo di preventiva audizione dell’interessato.
Le disposizioni si applicano agli illeciti disciplinari commessi successivamente alla data del 13 luglio 2016.
NOTA NOSTRA: Visti i precedenti applicativi del Pubblico Impiego, raccomandiamo prudenza.
Quando è la legge a valutare una certa condotta come passibile di licenziamento disciplinare del Pubblico Dipendente, questo non dovrebbe comportare l’applicazione automatica del licenziamento, ma la sua applicazione, solo laddove ricorrano anche i presupposti di “giusta causa” ex. art. 2119 Codice Civile e “proporzionalità tra condotta e licenziamento” ex. art. 7 l. 300/70 (vedi il caso clamoroso del Prof. Rho di Bergamo licenziato per un’infrazione oggettivamente lieve, ma valutata dalla legge come licenziamento: in quel caso, il Dirigente Scolastico, nel dubbio, è stato consigliato di attenersi alla lettera della legge e ha licenziato il Docente. La Magistratura, sulla scia del clamore suscitato del caso, ha comunque provveduto a reintegrare il Docente nell’insegnamento).
A breve, comunque, Vi daremo conto dei dettagli del nuovo provvedimento legislativo.

mercoledì 29 giugno 2016

TRASFERTE RAPPRESENTATE IN MODO "INFEDELE" NEL LUL: LE SANZIONI APPLICABILI SECONDO I CHIARIMENTI MINISTERIALI-FLASH

Negli ultimissimi giorni, sono sopravvenuti due importanti chiarimenti amministrativi, da un lato, la Nota Min. Lav. nr. 11885/2016, dall’altro il Msg INPS nr. 2682/2016 che hanno introdotto alcune puntualizzazione in merito all’applicazione delle sanzioni amministrative per “infedeli rappresentazioni LUL” (art. 39.7°comma DL 112/2008) per le trasferte. Secondo il combinato disposto dei citati chiarimenti, il regime sanzionatorio per “infedele registrazione” trova applicazione nei casi in cui la registrazione non risulti veritiera:

a) Relativamente al dato quantitativo, qualora la retribuzione di fatto erogata sia differente o siano differenti l’orario di lavoro o i riposi effettivamente goduti o, ancora, quando la trasferta non sia proprio stata effettuata e l’indennità occulti emolumenti dovuti ad altro titolo; 
b) Relativamente al dato qualitativo, qualora la scritturazione sul LUL di una causale o titolo fondante l’erogazione economica non trovi riscontro nella concreta esecuzione della prestazione (ad esempio nel caso in cui sia riconosciuto il trattamento di trasferta al lavoratore che, in realtà, sia trasfertista).

martedì 28 giugno 2016

VOUCHER, QUANDO SI APPLICA LA "MAXI SANZIONE" PER "LAVORO NERO"-FLASH*

*RIASSUNTO SINTETICO DI UN COMMENTO AL “CORRETTIVO JOBS ACT” DI MASSI IN GENERAZIONEVINCENTEBLOG.

In caso di utilizzazione di “lavoro accessorio” (voucher) si applica la maxisanzione (e sanzioni correlate) per “lavoro nero” solo nel caso in cui il Committente non abbia provveduto alla comunicazione preventiva all’INPS nei termini di legge.
Questo, il contenuto della Nota Min. Lav. 12695/2013 che ha ricordato che la maxisanzione (e sanzioni correlate) per “lavoro nero” si applica solo laddove la mancata comunicazione renda il Lavoratore del tutto sconosciuto all’Amministrazione Pubblica.
Ricordiamo che è in corso di approvazione un “Decreto Correttivo” al Jobs Act che sostituirà tale comunicazione preventiva all’INPS, con una comunicazione preventiva all’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
La nota Min. Lav. 12695/13 dovrà, pertanto, interpretarsi nel senso che, solo in caso di omessa comunicazione all’Ispettorato e all'INPS  scatteranno le correlate sanzioni per “lavoro nero”.
Questo ha, da ultimo, precisato la Circolare 1/2016 dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro (AGGIORNAMENTO 18/10/2016).
A disposizione per aggiornamenti

venerdì 24 giugno 2016

WHISTELBLOWING, TUTELATO L'ANONIMATO DEL DIPENDENTE PUBBLICO CHE DENUNCI REATI DEI SUPERIORI-FLASH


Si discute molto sul web, nei talk show, finanche in Parlamento dell’opportunità di introdurre il cd whistelblowing, ossia quella speciale tutela del Dipendente che segnali, in via anonima, condotte costituenti reato (o integranti notizie di reato) alla Magistratura.
E’ opportuno ricordare che, nel Pubblico Impiego, il whistelblowing è una realtà dalla fine del 2012, quando cioè la l. 190/2012 (la cd. Legge anticorruzione), in adempimento di specifiche Convenzioni Internazionali, ha introdotto questa forma di segnalazione anonima, garantendo il Dipendente denunciante da azioni disciplinari, licenziamenti e ritorsioni varie.
Per l’introduzione di questo istituto nel settore privato, siamo fermi alla Proposta di legge 3365 (Onn.li Businarolo, Agostinelli, Ferraresi, Sarti), approvata alla Camera il 21 gennaio 2016. Qualche dubbio può porsi per quei Lavoratori che operino, per così dire, nella “terra di mezzo”, ossia in quegli ambiti a metà tra il Pubblico e il Privato, tipicamente nell’ambito di contratti di appalto con la PA.
E’ da rilevare che l’art. 54bis D.lgs. 165/01 prevede la speciale tutela del whistelblowing solo a favore del “Pubblico Dipendente”.
Ora, nell’economia del TU Pubblico Impiego, si considera tale solo il dipendente al servizio delle Amministrazioni individuate dal DPCM 17/12/1993; ciò, evidentemente, esclude il Dipendente di Azienda privata che operi pure a beneficio (in appalto) per un Ente Pubblico.
A riprova di questa conclusione, si nota che è il DDL citato, invece, ad operare questa estensione, laddove dispone:

La disciplina di cui al presente articolo si applica […] anche ai lavoratori e ai collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni e servizi e che realizzano opere a favore dell’Amministrazione Pubblica.

Evidentemente, fino a che tale assimilazione non sarà approvata in un valido testo di legge dal Parlamento, privati che operino in appalti della PA non sono tutelati dal whistelblowing.
Qualche dubbio solleva la norma per l’estensione della tutela a cococo e consulenti, che, come tali, non sono Pubblici Dipendenti.
La lettera dell’art. 54bis li escluderebbe, anche se questa conclusione solleva non pochi rilievi di legittimità costituzionale per patente irragionevolezza, per patente violazione del principio di eguaglianza, rispetto alla conclamata ratio della legge anticorruzione.
Il DDL, se sarà approvato, rimediera' comunque a questa lacuna.

martedì 21 giugno 2016

MEDICI DI BASE CHE ASSUMONO DIPENDENTI: PAGANO L'IRAP?

Il Medico di base, convenzionato con il SSN, che si avvalga di un Dipendente part time paga l’IRAP?
L’art. 1.125°comma l. 208/15, con un proprio intervento di “interpretazione autentica”, lo esclude recisamente. Così, nel testo di legge:

Non sussiste autonoma organizzazione ai fini dell'imposta nel caso di medici che abbiano sottoscritto specifiche convenzioni con le strutture ospedaliere per lo svolgimento della professione all'interno di tali strutture, laddove gli stessi percepiscano per l'attività svolta presso le medesime strutture più del 75 per cento del proprio reddito complessivo. Sono in ogni caso irrilevanti, ai fini della sussistenza dell'autonoma organizzazione, l'ammontare del reddito realizzato e le spese direttamente connesse all'attività svolta. L'esistenza dell'autonoma organizzazione è comunque configurabile in presenza di elementi che superano lo standard e i parametri previsti dalla convenzione con il Servizio sanitario nazionale.

In altre parole, la dotazione organizzativa minima del Medico di base MMG, derivante da Convenzione, consente di escludere quello specifico elemento “lucrativo”, proprio della cd “autonoma organizzazione” ex. D.lgs. 446/97, rilevante ai fini IRAP.
La norma pare articolata in due step. Il Medico di MMG, cioè, è esente IRAP:

1)      Se il Professionista ricava dal SSN più del 75% del reddito professionale: in questo caso, la legge esclude la sussistenza della cd “autonoma organizzazione” e l’imponibilità IRAP. A questo fine, la legge dichiara irrilevanti l’ammontare del reddito realizzato (dal 2008, l’esclusione era parametrata sui cd “contribuenti minimi” edizione 2007 e sulla loro soglia reddituale di almeno 30.000 lordi; tale somma viene definitivamente definita irrilevante).
2)      Se il Professionista possiede un’organizzazione rientrante negli standard minimi organizzativi prescritti dal SSN: in ogni caso, non si configura autonoma organizzazione e imponibilità IRAP. Nel caso di specie, l’esonero IRAP avrebbe potuto essere declinato, in presenza di impiegato part time, in quanto l’assunzione del dipendente fosse funzionale alla gestione delle chiamate e del rapporto col Pubblico. Questa ipotesi era già stata contemplata

La legge, come si può agevolmente constatare, per determinare la non imponibilità del Medico MMG ai fini IRAP, ricalca lo schema della Circolare A.E. 28/2010, focalizzandosi sulla circostanza che se l’organizzazione dello Studio non rileva ai fini IRAP, se non ecceda gli standard definiti con Convenzione.
A questo riguardo, si riepiloga il passaggio della Convenzione Tipo SSN che l’Amministrazione Fiscale ha ritenuto determinante a questo scopo:

“Lo Studio del Medico Convenzionato deve essere dotato degli arredi e delle attrezzature indispensabili per l’esercizio della Medicina Generale, di sala d’attesa adeguatamente arredata, di servizi igienici, di illuminazione e aerazione idonea, ivi compresi idonei strumenti di ricezione delle chiamate”.

In questo senso, deve ritenersi certa l’esclusione di un addetto alla Segreteria che curi la gestione degli appuntamenti, l’accoglienza del pubblico e simili.
In ogni caso, crediamo, devono essere valutate le mansioni del Dipendente assunto: ad esempio, se un Odontoiatra, Convenzionato con il SSN, assume un Assistente alla Poltrona, questa attività, in quanto meramente ausiliaria/esecutiva all’attività Odontoiatrica, dovrebbe ritenersi conforme al “minimo organizzativo” di convenzione e non pare assumere alcuna rilevanza ai fini IRAP. Radicalmente diverso, invece, pare il caso dell’Odontoiatra che assuma un Odontotecnico: in questo caso, il Dipendente spende un’attività professionale che obiettivamente accresce la capacità produttiva, nonché la stessa competitività dello Studio.

LAVORO INTERMITTENTE OLTRE LE 400 GIORNATE: COME SI CALCOLANO LE ORE DI LAVORO*


*ELABORAZIONE CONTENUTI ARTICOLO DR.MASSI IL LAVORO A CHIAMATA AL RENDICONTO DEI TRE ANNI E NUOVE QUESTIONI OPERATIVE (GenerazionevincenteBlog)

Caso:
Tizio, a partire dal 28/6/13, è stato, in qualità di Magazziniere, alle Dipendenze di Caio, Titolare di una Ditta Individuale di facchinaggio. Tizio non ha quasi mai svolto un orario pieno alle dipendenze di Caio, arrivando a svolgere al massimo 4 ore di lavoro, in caso di chiamata. Come si conteggia il raggiungimento delle 400 giornate? O meglio, come si deve valorizzare la giornata ai fini di questo conteggio? La giornata, cioè, deve essere ragguagliata a “giornata di lavoro in orario normale” (8 h, come parrebbe suggerire l’art. 18 D.lgs. 81/2015), oppure la giornata rileva come mero “giorno di chiamata”, indipendentemente dalle ore svolte (come parrebbe suggerire l’art. 13.1°comma D.lgs. 81 riferendosi alle “giornate di lavoro effettivo”)?

Risposta:
Nel lavoro intermittente, la valorizzazione dei Dipendenti a chiamata, ai fini degli istituti di origine legale e contrattuale, è rimessa alla regola contenuta nell’art. 18 D.lgs. 81/2015, che dispone:

1. Ai fini dell'applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, il lavoratore intermittente è computato nell'organico dell'impresa in proporzione all'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre.

Ai fini del calcolo delle “400 giornate”, però, la regola di riferimento pare affatto diversa, così come la base e la metodica di calcolo.
Così, nel testo dell’art. 13.3°comma D.lgs. 81/2015:

In ogni caso, con l'eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a quattrocento giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni solari. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

Questo assetto di norme è identico a quello esistente prima del D.lgs. 81/2015. “400 giornate di lavoro effettivo in un triennio solare”.
Si tratta di una indicazione assolutamente speciale e derogatoria dall’art. 18 sopra citato.
La Circolare Min. Lav. 35/2013, sul punto, aveva precisato:

Verificata la legittima instaurazione del rapporto, il ricorso a prestazioni di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un massimo di quattrocento giornate di effettivo lavoro "nell'arco di tre anni solari". Ne consegue che il conteggio delle prestazioni dovrà essere effettuato, a partire dal giorno in cui si chiede la prestazione, a ritroso di tre anni; tale conteggio tuttavia, secondo quanto previsto dal D.L. n. 76/2013, dovrà tenere conto solo delle giornate di effettivo lavoro "prestate successivamente all'entrata in vigore della presente disposizione" e quindi prestate successivamente al 28 giugno 2013.

Come nota MASSI, dal confronto tra l’art. 13.1 e l’art. 18 D.lgs. 81/2015 (anche alla luce della Circolare 35 citata), la valorizzazione delle “giornate di lavoro effettivo” comporta che, ai fini del “limite delle 400 giornate” contano i giorni di lavoro svolto “a chiamata”, ossia i giorni di chiamata, indipendentemente dalle ore svolte.
Quindi, 1 h di chiamata svolta in 1 giorno, vale 1 giorno di lavoro ai fini del conteggio in esame. Ovviamente, non vanno calcolate le giornate di chiamata successivamente annullate nei termini di legge.