AVVERTENZA

AVVERTENZA:
QUESTO E' UN BLOG DI MERA "CURA DEI CONTENUTI"
GIUSLAVORISTICI (CONTENT CURATION) AL SERVIZIO DELLE ESCLUSIVE ESIGENZE DI AGGIORNAMENTO E APPROFONDIMENTO TEORICO DELLA COMUNITA' DI TUTTI I PROFESSIONISTI GIUSLAVORISTI, CONSULENTI, AVVOCATI ED ALTRI EX. L. 12/1979.

NEL BLOG SI TRATTANO "CASI PRATICI", ESEMPLIFICATIVI E FITTIZI, A SOLO SCOPO DI STUDIO TEORICO E APPROFONDIMENTO NORMATIVO.

IL PRESENTE BLOG NON OFFRE,
NE' PUO', NE' VUOLE OFFRIRE CONSULENZA ONLINE IN ORDINE AGLI ADEMPIMENTI DI LAVORO DI IMPRESE, O LAVORATORI.

NON COSTITUENDO LA PRESENTE PAGINA SITO DI "CONSULENZA ONLINE", GLI UTENTI, PRESA LETTURA DEI CONTENUTI CHE VI TROVERANNO, NON PRENDERANNO ALCUNA DECISIONE CONCRETA, IN ORDINE AI LORO ADEMPIMENTI DI LAVORO E PREVIDENZA, SENZA AVER PRIMA CONSULTATO UN PROFESSIONISTA ABILITATO AI SENSI DELLA LEGGE 12/1979.
I CURATORI DEL BLOG, PERTANTO, DECLINANO OGNI RESPONSABILITA' PER OGNI DIVERSO E NON CONSENTITO USO DELLA PRESENTE PAGINA.




martedì 31 ottobre 2017

LE FERIE "FORZATE", QUANDO SONO CONSENTITE...

Può il Datore di Lavoro costringere il Dipendente ad andare in ferie?
Il tema è assai delicato.
Per una prima (sommaria, ma efficace) disamina, si rinvia alla pagina web che contiene un incisivo parere del Dr. Maroscia, Consulente del Lavoro molisano.
Di massima, possiamo dire quanto segue.
Codice Civile e contratti collettivi usano sempre espressioni del tipo: “E’ facoltà del Datore di Lavoro fissare le ferie in…”, come se la fissazione delle ferie fosse prerogativa esclusiva del Datore di Lavoro. Ma questa fraseologia d’uso oggi deve adeguarsi al diverso regime del D.lgs. 66/2003 che ha riconosciuto il “diritto del lavoratore alle ferie”.
Il modus operandi che oggi deve presiedere alla gestione delle ferie del personale si trova efficacemente descritto nella Circolare Min. Lavoro 8/2005:

Un primo periodo, di almeno due settimane … [deve essere concesso dal Datore] su richiesta del Lavoratore.
La richiesta del lavoratore dovrà essere inquadrata nel rispetto dei principi dell’art. 2109 del Codice Civile. Pertanto, anche in assenza di norme contrattuali, dovrà essere formulata tempestivamente, in modo che l’imprenditore possa operare il corretto contemperamento tra le esigenze dell’impresa e gli interessi del prestatore di lavoro.
La contrattazione collettiva e la specifica disciplina per le categorie di cui all’articolo 2 comma 2 possono disporre diversamente.

Insomma, le cose sono piuttosto chiare: il Lavoratore ha “priorità” nella richiesta delle ferie (in analogia con la “priorità” alla trasformazione in part time di alcune categorie svantaggiate), ma la richiesta deve, comunque, avvenire in adeguato “coordinamento” con l’organizzazione aziendale.
Ciò significa che:

-Il Datore può legittimamente rifiutare le ferie, se richieste senza utile preavviso (in questo caso, la legge implicitamente raccomanda la “programmazione” delle ferie, come raccomandato, del resto, dallo Scrivente Studio);
-Il Datore può legittimamente rifiutare le ferie, per altri motivi (documentati) di ordine organizzativo (es. continuità impianti, punta di lavoro etc.).

Ma se è invece il Lavoratore che non vuole andare in ferie, l’Azienda può forzarlo?
Di massima, il Dipendente non può essere “forzato”: egli oggi dispone di un diritto soggettivo, che non può essergli arbitrariamente calpestato.
Ricordiamo, però, che se le ferie sono un “diritto” del Lavoratore, è anche dovere del Datore di Lavoro farle svolgere secondo gli scaglionamenti fissati dalla legge e dal CCNL, la cui inosservanza comporta l’applicazione di specifiche sanzioni amministrative.
In caso di inerzia del Dipendente, nel caso, cioè, in cui il Dipendente non chieda ferie o non le programmi in tempo utile, è nel pieno diritto del Datore disporre egli stesso le ferie: in questo caso, non si hanno “ferie forzate”, ma ferie disposte dal Datore in via di “auto-tutela”, per evitare sanzioni.
La Circolare ML 8/2005 si occupa di questo tema al paragrafo 16. Il testo di interesse lo puoi trovare al link: http://www.dottrinalavoro.it/wp-content/uploads/2005/03/Circolare_n_8_Ministero-del-Welfare.pdf


mercoledì 18 ottobre 2017

L'INFORTUNIO DEL LAVORATORE AGILE...

Caso:
Tizia, Impiegata con “lavoro agile” disegnatrice presso uno Studio di progettazione, si reca presso un edificio ad uso commerciale destinato ad essere adibito a Supermercato, per compiere un sopralluogo richiestole dal Datore di Lavoro. Deve, cioè, effettuare dei rilievi metrici al piano terra, conformemente al proprio mansionario, per valutare lo spessore del muro e l’ingombro del vano scala. Una volta entrata in questo vano, la donna non si accorge del vano vuoto destinato ad ascensore e cade nel piano interrato. Chi risponde dell’infortunio della lavoratrice agile?

Risposta (ispirata a Cass. 45808/2017):
In generale, la prestazione della disegnatrice rientra in una più complessiva sequenza di appalto.
In questo caso, dell’infortunio sono responsabili in solido civilmente (ed eventualmente, penalmente) tutti i soggetti coinvolti nell’appalto, i quali dovranno procedere alla valutazione dei relativi rischi, propri di questa attività complessa: dal Datore di Lavoro della disegnatrice alla Committente.
Non sembra assumere alcun rilievo la circostanza che la lavoratrice fosse impiegata secondo la modalità del cd “lavoro agile” (smart working): una Disegnatrice di Studio di progettazione, sia o meno … “agile”, è normale vada per cantieri. Deve, quindi, essere comunque tutelata con le regole di Sicurezza speciali per i cantieri (es. “valutazione dei rischi da interferenza”).
Committenti e Datore di Lavoro, non rispondono, in nessun caso, ove l’infortunio sia avvenuto per condotta imprevedibili e abnorme, rispetto alla normale eziologia del rischio, da parte della Lavoratrice.

lunedì 16 ottobre 2017

LA MALATTIA ONCOLOGICA DELL'ISCRITTO ALLA GESTIONE SEPARATA-FLASH

La malattia oncologica dell’iscritto alla Gestione Separata INPS (cococo o affine, Partita IVA) è indennizzabile come fosse “malattia per degenza ospedaliera”, quindi, è indennizzata con l’indennità di malattia INPS più generosa.
Questo, per effetto del Jobs Act Autonomi, il quale, all’art. 8.10°comma legge 81/2017, ha stabilito equiparato a “trattamento INPS da malattia ospedaliera”:

I periodi di malattia, certificata come conseguente a trattamenti terapeutici di malattie oncologiche o di gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti o che, comunque, comportino una inabilità lavorativa temporanea del 100 per cento (…).

Nella Circolare 139/2017, l’INPS ha avuto modo di diramare le primissime istruzioni applicative, precisando che l’indennità è subordinata ad approfondite valutazioni medico-legali dell’Istituto. La malattia tutelata, infatti, precisa l’INPS, non è una malattia qualunque, ma una malattia equiparabile ad una sorta di “degenza domiciliata”. A questo fine, il Lavoratore non deve limitarsi a precisare la consueta certificazione sanitaria per giustificare l’assenza dal servizio; al contrario, è tenuto a presentare ampia documentazione che attesti la particolarità del percorso terapeutico intrapreso.
Al Lavoratore in queste condizioni, ha diritto ad un’indennità economica più consistente proporzionale alla contribuzione INPS accreditata al lavoratore negli 12 mesi precedenti, ovvero:

-    8% (dai 2 ai 4 mesi di accredito) del massimale contributivo diviso per 365;
- 12% (dai 5 agli 8 mesi di accredito) del massimale contributivo diviso per 365;
-16% (da 9 a 12 mesi di accredito) del massimale contributivo diviso per 365.

RIFLESSI SULLE COLLABORAZIONI CONTINUATIVE (Art. 14 legge 81/2017):
-La malattia non comportano l'estinzione del rapporto  di  lavoro;
-L’esecuzione del Lavoro, su richiesta del lavoratore,  rimane  sospesa,  senza diritto  al  corrispettivo,  per   un   periodo   non   superiore   a centocinquanta giorni per anno solare,  fatto  salvo  il  venir  meno dell'interesse del committente.
-In caso di malattia o infortunio di gravita' tale da impedire lo svolgimento dell'attivita' lavorativa per oltre sessanta  giorni,  il versamento dei contributi previdenziali e dei premi  assicurativi  e' sospeso per l'intera durata della malattia o dell'infortunio fino  ad un massimo di due anni, decorsi i quali il  lavoratore  e'  tenuto  a versare i contributi  e  i  premi  maturati  durante  il  periodo  di sospensione in un numero di rate mensili pari a tre volte i  mesi  di sospensione.

LINK UTILI:
-Informativa INPS sui principali aspetti di prassi, vai alla voce “malattia per degenza ospedaliera”: https://www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemdir=50086

giovedì 12 ottobre 2017

PERMESSI ANCHE PER CURARE IL CANE (O ALTRO ANIMALE DOMESTICO)



Permessi riconosciuti ai Dipendenti anche per curare il cane (o altro animale domestico).
Il caso trattato dall’ANSA del 11/10, è destinato a entrare nella prassi: una Impiegata Amministrativa dell’Università di Roma, chiesta consulenza alla LAV (Lega Anti Vivisezione), ha chiesto (e ottenuto) un permesso di 2 giorni, adducendo il fatto di non aver altri cui affidare le cure dell’animale e che, diversamente, avrebbe commesso il reato di maltrattamento di animali.
Come noto, il nostro ordinamento giuridico non riconosce permessi e congedi per la cura di animali. Sull’argomento, esiste una proposta di legge che giace in Parlamento da quasi 10 anni e che tuttora non è ancora stata approvata. La Signora ha, quindi, fondato la sua richiesta sfruttando i margini concessi dai CCNL di comparto, principalmente il “congedo/permesso per motivi personali”.
Allo stesso modo, si può operare in caso di richieste analoghe in altri settori (Commercio, Studi Prof.), ove il CCNL possa essere interpretato in questo senso.
Ovviamente, nulla garantisce che tale congedo sia retribuito, dipenderà dal CCNL di settore.
Qui di seguito, la notizia al

martedì 10 ottobre 2017

PROFESSIONISTI, OBBLIGATORIO IL PREVENTIVO AI CLIENTI DAL 29 AGOSTO 2017-FLASH

Preventivo obbligatorio per i Professionisti dal 29/08 us.
Questo, il contenuto della DDL Concorrenza, divenuto legge 124/2017, che ha modificato l’art. 9.4°comma del DL 1/2012.
Ecco, l’attuale norma di riferimento (si parla di professionisti con “Ordine”):

4. Il compenso per le prestazioni professionali e' pattuito, nelle forme previste dall'ordinamento, al momento del conferimento dell'incarico professionale. Il professionista deve rendere noto obbligatoriamente, in forma scritta o digitale, al cliente il grado di complessita' dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell'incarico e deve altresi' indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell'esercizio dell'attivita' professionale. In ogni caso la misura del compenso e' previamente resa nota al cliente obbligatoriamente, in forma scritta o digitale, con un preventivo di massima, deve essere adeguata all'importanza dell'opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi. Al tirocinante e' riconosciuto un rimborso spese forfettariamente concordato dopo i primi sei mesi di tirocinio.

Non si comprende, attualmente, quali sanzioni possa subìre il Professionista, che non scriva per iscritto il preventivo al Cliente.
La norma, allo stato attuale, pare un “di cui” dell’art. 3 della legge 81/2017, che prescrive per i “Professionisti in generale” (con Ordine o senza) la forma scritta per i propri incarichi professionali. La stessa norma, però, non dichiara “nulli” i contratti “non scritti” dei Professionisti: a maggior ragione, quindi, non dovrebbero considerarsi “nulli” i contratti senza preventivo scritto del Professionista.
Teoricamente, il Professionista “con Ordine” è passibile di sanzioni ordinistiche: nei casi più gravi, può subire una declaratoria di “non congruità” del compenso.
Ma, quanto a contrattualistica e simili, è opportuno attendere le implementazioni degli Ordini Professionali.

giovedì 5 ottobre 2017

IL LICENZIAMENTO PER SUPERAMENTO DEL PERIODO DI COMPORTO IN PILLOLE

Il Tuo Dipendente è in malattia da lungo tempo. Ti chiedi, “Posso licenziarlo?”. Io ti rispondo: “Sì, purchè sia trascorso il cd “periodo di comporto”.
            Di cosa stiamo parlando?
            Innanzitutto, cosa si intende per “comporto”. Il Lavoratore in malattia (come il lavoratore in infortunio, la lavoratrice in maternità) ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per un numero di giorni fissati dal Contratto Collettivo di settore e conteggiati secondo lo stesso CCNL. E’ questo il cd “periodo di comporto”:

-Entro i giorni fissati dal CCNL, il Datore di Lavoro deve conservare il posto di lavoro al Dipendente malato e non può procedere a licenziarlo;
            -Oltre tali giorni, il Datore di Lavoro può procedere al licenziamento, purchè il licenziamento sia spiccato “senza ritardo”.

ATTENZIONE: Il licenziamento del Datore di Lavoro, in questi casi, è molto semplificato e non implica speciali oneri di motivazione e documentazione. Al Datore è sufficiente:
            -Dichiarare il superamento dei giorni di “comporto”;
            -Procedere al licenziamento “subito”, non appena trascorso il “periodo di comporto”*
            *Il licenziamento fuori da questa tempistica va valutato secondo la stregua della normale disciplina sul licenziamento (tipicamente D.lgs. 23/2015): ove i requisiti del licenziamento legittimo non dovessero sussistere, al Datore si applicherebbero le indennità economiche previste a fronte del cd “licenziamento illegittimo”.

*Quando si può intimare il licenziamento: La Cassazione ha escluso ogni rigidità, ammettendo che il licenziamento possa essere spiccato non solo nel giorno stesso di superamento del periodo di comporto, ma anche entro qualche giorno dopo, in presenza di giustificati motivi (es. il comporto massimo è scattato a Ferragosto, in periodo di chiusura aziendale). Il Datore di Lavoro, però, deve tenere presente che, più ritarda, più il Lavoratore gli può contestare l’impraticabilità del licenziamento, a causa delle tempistiche non conformi e incompatibili (Cass. 15973/2017; Cass. 19400/2014; Cass. 7037/2011).
           
Alcune note operative utili.
            -Il Datore di Lavoro, al superamento dei giorni di “comporto”, non è tenuto ad avvertire il Dipendente della maturazione dei tempi utili per il licenziamento, né della possibilità di richiedere un’eventuale, ulteriore aspettativa normalmente, non retribuita (vedi Cass. 3645/2016);
            -Il Datore di Lavoro non è tenuto ad accettare la richiesta di ferie del Dipendente, concepita per interrompere il periodo di comporto. Il rifiuto è valido, quando il CCNL di settore presenta una disciplina della cd “aspettativa per malattia”: il Dipendente in malattia, quindi, può ricorrere a quest’istituto, non alle ferie. E il Datore può farlo presente, nel rifiutare le ferie (Cass. 5521/2003).
            Ti raccomando, comunque, particolare prudenza, specie se le condizioni di salute del Dipendente appaiano molto gravi e se la disciplina di legge o collettiva rivela lacune o rigidità, che possono penalizzare la tutela del Dipendente malato. Ti ricordo che non tutti i CCNL prevedono tutele dedicate alle lunghe malattie di Dipendenti in “terapie salvavita” (es. Chemio, dialisi etc.).
In questi casi, la Tua Azienda deve mettere in campo tutte le opzioni possibili per conciliare organizzazione lavoro e vita privata del Dipendente malato. Ricordiamo che, per certe patologie, anche di familiari, la legge agevola il ricorso al part time: opzione, questa, sicuramente molto utile.
             PRUDENZA, MI RACCOMANDO!