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mercoledì 30 settembre 2015

SICUREZZA SUL LAVORO: IL CAPO-CANTIERE E' EQUIPARATO AL PREPOSTO, AI FINI DELL'ADEMPIMENTO DELLE DISPOSIZIONI DI SICUREZZA

Quesito:
Ai fini della responsabilità civile e penale per infortuni sul lavoro derivanti da carenti/omesse misure di Sicurezza, come rilevano le responsabilità del Capo-Cantiere (Cantiere edile)? Grazie.

Risposta:
Basterà un brevissimo cenno per ricordare il contenuto della sent. nr. 9491/2013, con la quale la Cassazione ha qualificato il “Capo Cantiere” come “Preposto alla Sicurezza”. In questa qualità, sarebbero a lui imputabili le responsabilità derivanti dal D.lgs. 81/2008 (Sicurezza sul lavoro), in caso di infortuni, ai fini civili e penali.

GIORGIO FRABETTI
STUDIO LANDI-FERRARA

IL DATORE DI LAVORO NON PUO' SPIARE IL DIPENDENTE TRAMITE SKYPE, PAROLA DI GARANTE DELLA PRIVACY-LE POSSIBILI RICADUTE SULLA RIFORMA DEI CONTROLLI A DISTANZA

Il Datore di Lavoro non può spiare le conversazioni Skype dei Dipendenti. Questo era il contenuto di un provvedimento del Garante della Privacy del 4 giugno 2015, che ora torna di particolare attualità, con la riforma dei "controlli a distanza", indotta dal D.lgs. 151/2015, ed ora in vigore.
Secondo la nuova disciplina sono esclusi dalla disciplina dei controlli a distanza (e dai relativi oneri autorizzatori) gli "strumenti" apprestati dal Datore "per rendere la prestazione lavorativa", tra cui smartphone, tablet etc.
Virtualmente, il "controllo via skipe" potrebbe rientrare nelle nuove prerogative di controllo del Datore di Lavoro, almeno secondo un'interpretazione particolarmente larga della nuova normativa.
A questa questione, abbiamo di recente dedicato un lungo post del 15/9 us. cui rinviamo nel link: http://costidellavoro.blogspot.it/2015/09/la-riforma-dei-controlli-distanza-casi.html.
In quel contributo, consigliavamo ai Datori di Lavoro di applicare le nuove norme sui "controlli a distanza", nel dubbio, e fino a prima pronuncia ministeriale, tenendo nel massimo conto il parere del Garante della Privacy, alla luce dei "vincoli UE" che gravano sulla disciplina della Privacy (di applicazione "necessaria" da parte della UE, a partire dalla l. 675/96 in avanti). In particolare, le Aziende devono tener conto, fino a nuova pronuncia, delle Linee Guida sulla videosorveglianza del Garante della Privacy.
Questo atto resta un atto normativo di obbligatorio riferimento: di questo avviso, anche il sito Altalex, cui si rinvia:

Skype, Garante della Privacy: Datore non può spiare conversazioni dei dipendenti.

"Il datore di lavoro non può  spiare le conversazioni Skype dei dipendenti. Il contenuto di comunicazioni di tipo elettronico o telematico scambiate dai dipendenti nell'ambito del rapporto di lavoro godono di garanzie di segretezza tutelate anche a livello costituzionale.
Il principio è stato riaffermato dal Garante privacy nell'accogliere il ricorso proposto da una dipendente che lamentava l'illecita acquisizione di conversazioni, avute con alcuni clienti/fornitori, poste poi alla base del suo licenziamento.
A seguito del provvedimento del Garante il datore di lavoro non potrà...".
(...)
PER CONTINUARE NELLA LETTURA, ANDATE AL LINK:

http://www.altalex.com/documents/news/2015/09/30/skype-datore-di-lavoro-non-puo-spiare-le-conversazioni-dei-dipendenti

giovedì 24 settembre 2015

QUANDO LA MALATTIA INSORGE DURANTE LE FERIE-FLASH

L’insorgenza di uno stato di malattia in concomitanza con il periodo feriale è un problema noto. Sufficientemente sviscerato dal punto di vista teorico, il tema merita sempre attenzione sul piano pratico dell’operatività aziendale.
Di massima, in questi casi, il periodo feriale può trasformarsi in periodo di malattia con sospensione delle ferie (cd. “mutamento del titolo delle ferie in malattia”): non sussiste, però, un diritto assoluto del lavoratore in questo senso, perché il cd “mutamento del titolo” deve essere apprezzato dal Datore, il quale, solo, ha l’ultima parola (in questo, la Cassazione è conforme) nel ritenere che lo stato di malattia pregiudichi quel recupero di energie psico-fisiche proprio del periodo feriale: in alcuni casi, infatti, la malattia può essere lieve e agevolmente recuperabile (un raffreddore, si sa, con 39 gradi di febbre, in estate, può agevolmente recuperabile); in altri casi, la patologia può essere più pesante, e comportare un recupero più difficoltoso: in questo caso, le ferie devono essere sospese con l’insorgenza della malattia, e successivamente riprese.
L’INPS, in questi casi, non vede con favore il ricorso alla malattia: un po’ per comprensibili ragioni di risparmio (anche per evitare facili abusi e truffe, con le Aziende che pretendano di scaricare sull’INPS gli oneri delle ferie del personale), un po’ per ragioni di utilità del Lavoratore malato. Il quale, se in ferie, ma non in malattia, può comunque svolgere attività ricreative e di riposo, che altrimenti sarebbero impedite (o, comunque, molto più difficili) in caso di malattia INPS, a causa degli obblighi di reperibilità alle visite fiscali.
La malattia, in stato feriale, infatti, può determinare in alcuni casi inutili complicazioni alla vita del Dipendente di matrice solo ed esclusivamente burocratica.

PART TIME IN EDILIZIA SOTTO LA LENTE DI INGRANDIMENTO DELLA GIUSTIZIA


Un brevissimo flash per comunicarVi che è in atto un potente processo di revisione giudiziario (per ora, solo in primo grado) delle restrittive regole sul part time in edilizia invalse con l’art. 78 CCNL Edilizia (Ind.) e con la Circolare INPS 6/2010.
Di queste problematiche, abbiamo dato un cenno ormai in tempi risalenti, come documentato dalla mail sotto riportata.
Ora, da parte di alcuni Tribunali di primo grado (vedi, tra gli altri, Napoli nr. 32513/2012, Reggio Calabria del 24/3/2015), si contesta la legittimità dell’art. 78 CCNL cit. che prevede il noto “limite quantitativo” del 3% sui “contratti part time” in Edilizia.
In questo senso, i Tribunali hanno annullato Verbali INPS e INAIL che avevano disposto la forzosa trasformazione in full time di rapporti part time oltre il limite. Siamo, comunque, a raccomandare prudenza, perché non è del tutto chiaro a cosa porterà questa giurisprudenza. Da questo punto di vista, ogni possibile “prognosi” applicativa è prematura.
Non si può escludere, infatti, che la giurisprudenza, successivamente, si assesti su un’interpretazione più moderata: non si può, cioè, al momento, escludere la possibilità che il “limite quantitativo sul part time” ex. art. 78 cit. sia inteso come “regola di inversione probatoria” a beneficio degli Enti (INPS e INAIL), comunque utile in sede ispettiva.
E’ evidente che occorre attendere il pronunciamento della Corte di Cassazione, e attenersi, prudenzialmente, in caso di stipula di rapporti part time in Edilizia, al “limite quantitativo” del 3%, così come fin qui gestito.
A disposizione per aggiornamenti

mercoledì 23 settembre 2015

JOBS ACT, AGEVOLAZIONI PER APPRENDISTI-QUALIFICA PROFESSIONALE E ALTA FORMAZIONE: FLASH

Un brevisssimo flash per ricordarVi che il D.lgs. contenente misure di “politiche attive” del Jobs Act, ha introdotto specifici incentivi per l’assunzione di giovani a titolo di apprendistato per diploma e alta formazione, contrattualistiche notoriamente neglette dalla pratica (che, per questi casi, ha preferito ricorrere all’apprendistato professionalizzante).
Non potendoci sbilanciare in commenti, data la materia tanto delicata, ma non volendo deludere le attese informative, qui di seguito riportiamo il testo, nella versione disponibile sul sito web istituzionale del Governo.
Di maggiore interesse, i commi 1, 2, 3, 4,5 (gli altri commi riguardano disposizioni di copertura finanziaria). 

Art. 32 (Incentivi per il contratto di apprendistato per la qualifica, il diploma e il certificato di specializzazione tecnica superiore e di alta formazione e ricerca)
1. A titolo sperimentale, per le assunzioni con contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento e fino al 31 dicembre 2016, si applicano i seguenti benefici:
a) non trova applicazione il contributo di licenziamento di cui all’articolo 2, commi 31 e 32, della legge n. 92 del 2012;
b) l’aliquota contributiva del 10 per cento di cui all’articolo 1, comma 773, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è ridotta al 5 per cento;
c) è riconosciuto lo sgravio totale dei contributi a carico del datore di lavoro di finanziamento dell’ASpI di cui all’articolo 42, comma 6, lettera f), del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 e dello 0,30 per cento, previsto dall’articolo 25 della legge n. 845 del 1978.
2. Agli incentivi di cui al comma 1 non si applica la previsione di cui all’articolo 47, comma 7, del decreto legislativo n. 81 del 2015.
3. Ai sensi degli articoli 41, comma 3, e 43, comma 1, del decreto legislativo15 giugno 2015, n. 81, in materia di disciplina organica dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni, a titolo sperimentale, per gli anni 2015 e 2016 le risorse di cui di cui all'articolo 68, comma 4, lettera a), della legge n. 144 del 1999, sono incrementate di 27 milioni di euro per ciascuna annualità da destinare al finanziamento dei percorsi formativi degli anni 2015/2016 e 2016/2017 rivolti all’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, e dei percorsi formativi rivolti all’alternanza scuola lavoro ai sensi dell’articolo 1, comma 7, lettera d), della legge n. 183 del 2014 e del decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77. La sperimentazione di cui al primo periodo del presente comma è finalizzata a elaborare modelli per l’occupazione dei giovani di cui all’articolo 43, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 ed è promossa dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, d’intesa con le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche avvalendosi degli enti di cui alla legge 14 febbraio 1987, n. 40, nei limiti delle risorse di cui al primo periodo del presente comma da destinare prioritariamente ai percorsi di formazione nell’ambito del sistema di istruzione e formazione professionale.
4. All’articolo 22, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183, le parole da: «di cui il 50 per cento» fino alla fine del comma sono soppresse.
5. All’articolo 6 della legge 8 marzo 2000, n. 53, il comma 4 è abrogato. Le conseguenti relative risorse, pari a 7.500.000 euro per l’anno 2015 e a 14.993.706,97 euro annui a decorrere dal 2016, restano a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 ed affluiscono al piano gestionale di cui all’articolo 29, comma 2.
6. Agli oneri derivanti dai commi 1, 2 e 3 del presente articolo, pari a 27 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 per quanto attiene al comma 3 e valutati in 0,5 milioni di euro per l’anno 2015, 6,2 milioni di euro per l’anno 2016, 10,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, 5,4 milioni di euro per l’anno 2019, 0,1 milioni di euro per l’anno 2020 per quanto attiene ai commi 1 e 2,si provvede:
a) quanto a 20 milioni di euro per l’anno 2015 mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma 107, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
b) quanto a 20 milioni di euro per l’anno 2016 mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2;
c) quanto a 7,5 milioni di euro per l’anno 2015, 13,2 milioni di euro per l’anno 2016, 10,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, 5,4 milioni di euro per l’anno 2019 e 0,1 milioni di euro per l’anno 2020 mediante corrispondente riduzione degli stanziamenti di cui all’articolo 29, comma 3.
7. Ai sensi dell’articolo 17, comma 12 della legge 31 dicembre 2009, n.196, il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche avvalendosi del sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge n. 92 del 2012, provvedono al monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dalla disposizione di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo. Nel caso in cui si verifichino, o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni delle minori relative entrate, il Ministro dell’economia e delle finanze provvede, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto alla rideterminazione dei benefici contributivi di cui al comma 1.
8. Per gli anni 2016 e 2017, per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali degli allievi iscritti ai corsi ordinamentali di istruzione e formazione professionale curati dalle istituzioni formative e dagli istituti scolastici paritari, accreditati dalle Regioni per l’erogazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale, è dovuto, in via sperimentale e limitatamente al predetto biennio, un premio speciale unitario ai sensi dell'art. 42 del T.U. 1124/1965. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta dell’INAIL, sono stabiliti l’ammontare del premio speciale e le modalità di applicazione tali da assicurare anche il rigoroso rispetto del limite di spesa di cui al quarto periodo del presente comma. Ai fini della determinazione del premio e del suo aggiornamento annuo si fa riferimento al minimale giornaliero di rendita. Per favorire l'integrazione scuola-lavoro, nel calcolo per la determinazione del predetto premio speciale unitario non si tiene conto dei maggiori oneri inerenti i rischi lavorativi per i periodi di formazione svolti negli ambienti di lavoro nel limite massimo di minori entrate per premi per l’INAIL pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017, in relazione alle quali è previsto un trasferimento di pari importo all’ente da parte del bilancio dello Stato. Ai relativi oneri pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 si provvede:
a) quanto a 1 milione di euro per l’anno 2016 e a 5 milioni di euro per l’anno 2017 mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma 107, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
b) quanto a 1 milione di euro per l’anno 2016 mediante corrispondente riduzione degli stanziamenti di cui all'articolo 29, comma 3;
c) quanto a 3 milioni di euro per l’anno 2016 mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.
 
A disposizione per approfondimenti

START UP INNOVATIVE, QUANDO LE AGEVOLAZIONI SPETTANO AI SOCI AMMINISTRATORI

Caso:
Una Ditta che sviluppa progetti informatici “innovativi” per la difesa spaziale si trova in questa speciale situazione. Ha assunto un’impiegata amministrativa part time e si avvale di Tizio e Caio, entrambi Ingegneri spaziali con Master ad Harvard è contemporaneamente lavoratore autonomo in Partita IVA (Sviluppatore di software) e Socio Amministratore. Può rientrare nei requisiti di legge per l’accesso alle agevolazioni delle cd start up innovative?

Risposta:
Stando al recentissimo parere del 4/9/2015 prot. 155486 del Ministero dello Sviluppo Economico, la risposta pare proprio affermativa, almeno in ipotesi.
L’art. 25.1°comma lett. e) n. 2 DL 179/2012, infatti, prevede:

… Impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore al terzo della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di titolo di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un'università italiana o straniera, oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all'estero, ovvero, in percentuale uguale o superiore a due terzi della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di laurea magistrale ai sensi dell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270.

Ricorrendo le suddette condizioni, l’impresa può essere iscritta al Registro speciale delle Start up innovative.
Essenziale, però, a quanto viene dato di capire, è che i Soci siano anche “collaboratori”, ossia lavoratori.
Diversamente, il Ministero non riconosce le agevolazioni, se non ricorre il lavoro dei Soci Amministratori, ovvero se questi si limitano semplicemente a svolgere il ruolo di “meri organi sociali”.
A disposizione per aggiornamenti e approfondimenti

martedì 22 settembre 2015

ASSEGNO DI RICOLLOCAZIONE, LA NOVITA' DEL JOBS ACT

Il Jobs Act, con il D.lgs. relativo alle cd “politiche attive”, introduce l’atteso “assegno di ricollocazione” per lavoratori disoccupati da più di 4 mesi, che, nell’intenzione dell’Esecutivo, dovrebbe rendere più efficace e fluida l’assistenza ai lavoratori in cerca di occupazione e migliorare la resa delle “politiche attive” (art. 23).
In attesa di commenti ufficiali, possiamo delineare come segue le principali linee guida del nuovo istituto:

- L’assegno è riconosciuto solo ai percettori della nuova prestazione NASPI, disoccupati da più di 4 mesi (ricordiamo che, al decorrere del periodo di inattività del disoccupato, l’assegno NASPI si riduce: quindi, l’assegno di ricollocazione dovrebbe bilanciare questa riduzione proporzionale);
- Il quantum dell’assegno è proporzionale “al profilo” del soggetto da assistere: verosimilmente, saranno stilati degli scaglioni di “occupabilità” in proporzione al quale verrà disegnata l’attribuzione della NASPI (le misure saranno definite dalla nuova ANPAL, Autorità Nazionale Politiche Attive del Lavoro, soggetto chiamato a gestire l’attuazione dell’assegno);
- L’erogazione dell’assegno è subordinato alla stipula del cd “patto di servizio” con i Centri per l’Impiego per l’avvio del percettore ad iniziative formative.
- Correlativamente, per incentivare questo percorso, e per incentivare la stipula del cd “patto di servizio”, che, nell’economia del disegno legislativo, è l’architrave del nuovo sistema di tutele, viene rafforzato il sistema della cd “condizionalità”: oggi, il mantenimento della NASPI (ma anche di altre misure di sostegno al reddito), è subordinato alla stipula del “patto di servizio”.

Questi, al momento, i tratti caratterizzanti dell’istituto.
Ministero ed Istituti dovranno intervenire per chiarire gli aspetti ancora oscuri: in particolare, non è chiaro se l’assegno sia compatibile o meno con la percezione di voucher o con lavoro a chiamata.
Allo stesso modo, è da verificare se e come tale istituto sia concorrenziale con i tradizionali istituti di CIG o CIGS e se questi potranno disincentivarne l’applicazione.
Evidentemente, ogni ulteriore considerazione è rimessa all’adozione degli appositi atti di attuazione e chiarimento degli organi amministrativi competenti.
A disposizione per approfondimenti

JOBS ACT, INCENTIVI ALLE ASSUNZIONI: ABOLITO L'ART.4.12 COMMA L.92/2012-FLASH

Un brevissimo flash per avvertirVi che i D.lgs. di attuazione del Jobs Act abroga l’art. 4.12°comma l. 92/2012, che, nel vigore del precedente assetto normativo, regolava le condizioni generali di accesso agli incentivi nelle assunzioni.
L’art. 31 del D.lgs. regola diversamente la materia, riformulando i principi generali. Visto che questa disposizione pare dover entrare in vigore immediatamente con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la modifica legislativa non può che condizionare le Aziende che avessero intenzione di assumere con incentivi (in primis, l’incentivo ex. art. 1.118°comma l. 190/2014), determinando verosimilmente incertezze.
Data la delicatezza della materia, e dato che proprio la l. 92/2012 ha generato, in sede prima interpretativa e applicativa, “corto circuiti” notevoli, non possiamo esprimerci con prese di posizioni definitive, prima che si pronuncino Ministero e, in particolare, INPS.
Nell’ attesa, ci si potrà rifare ai chiarimenti interpretativi che, auspicabilmente, la Fondazione Studi CDL elaborerà.
Qui di seguito, comunque, riportiamo il testo dell’art. 31, avvertendo che la materia degli incentivi risulta compiutamente regolata nel D.lgs. sulle “politiche attive del Lavoro” agli artt. 29 ss.

Art. 31 (Principi generali di fruizione degli incentivi)

1.Al fine di garantire un'omogenea applicazione degli incentivi si definiscono i seguenti principi:
a) gli incentivi non spettano se l'assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva, anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all'assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione;
b) gli incentivi non spettano se l'assunzione viola il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine, anche nel caso in cui, prima dell'utilizzo di un lavoratore mediante contratto di somministrazione, l'utilizzatore non abbia preventivamente offerto la riassunzione al lavoratore titolare di un diritto di precedenza per essere stato precedentemente licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine;
c) gli incentivi non spettano se il datore di lavoro o l'utilizzatore con contratto di somministrazione hanno in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l'assunzione, la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate all’assunzione di lavoratori inquadrati ad un livello diverso da quello posseduto dai lavoratori sospesi o da impiegare in diverse unità produttive ;
d) gli incentivi non spettano con riferimento a quei lavoratori che sono stati licenziati nei sei mesi precedenti da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume o utilizza in somministrazione, ovvero risulta con quest'ultimo in rapporto di collegamento o controllo;
e) con riferimento al contratto di somministrazione i benefici economici legati all’assunzione o alla trasformazione di un contratto di lavoro sono trasferiti in capo all’utilizzatore e, in caso di incentivo soggetto al regime de minimis, il beneficio viene computato in capo all’utilizzatore;
f) nei casi in cui le norme incentivanti richiedano un incremento occupazionale netto della forza lavoro mediamente occupata, il calcolo si effettua mensilmente, confrontando il numero di lavoratori dipendenti equivalente a tempo pieno del mese di riferimento con quello medio dei dodici mesi precedenti, avuto riguardo alla nozione di “impresa unica” di cui all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (UE) N. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, escludendo dal computo della base occupazionale media di riferimento sono esclusi i lavoratori che nel periodo di riferimento abbiano abbandonato il posto di lavoro a causa di dimissioni volontarie, invalidità, pensionamento per raggiunti limiti d'età, riduzione volontaria dell'orario di lavoro o licenziamento per giusta causa.
2. Ai fini della determinazione del diritto agli incentivi e della loro durata, si cumulano i periodi in cui il lavoratore ha prestato l’attività in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro subordinato o somministrato; non si cumulano le prestazioni in somministrazione effettuate dallo stesso lavoratore nei confronti di diversi utilizzatori, anche se fornite dalla medesima agenzia di somministrazione di lavoro, di cui all'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo n. 276 del 2003, salvo che tra gli utilizzatori ricorrano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti ovvero intercorrano rapporti di collegamento o controllo.
3. L'inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie inerenti l'instaurazione e la modifica di un rapporto di lavoro o di somministrazione producono la perdita di quella parte dell'incentivo relativa al periodo compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione.

A disposizione per approfondimenti

giovedì 17 settembre 2015

LAVORATRICE CONDUCENTE DI LINEA IN GRAVIDANZA: QUALE INTERDIZIONE DAL LAVORO?

Quesito:
Lavoratrice conducente di linea rimane incinta. Essendo il lavoro di “conducente di linea” qualificabile come “lavoro usurante” ex. D.lgs. 67/2011, si applicano tutele particolari in questo caso?

Risposta (Interpello Min. Lav., nr. 16/2015):
La soluzione al caso va trovata partendo dall’art. 7 D.lgs. 151/2001, che dispone il divieto di adibire le Lavoratrici madri al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché a lavori pericolosi, faticosi, insalubri, come definiti dall’art. 5 DPR 1026/1976 (All. A), ovvero comportanti il rischio di esposizione a particolari agenti e condizioni di lavoro che renderebbero insicuro ed insalubre l’ambiente di lavoro (all. B).
Ora, si da il caso che l’art. 5, All. A citato, alla lettera “o”, disponga il divieto di lavoro della Lavoratrice madre i lavori espletati “a bordo delle navi, degli aerei, dei treni, dei pullmann e di ogni altro mezzo di comunicazione in modo” per tutto il periodo della gestazione e fino a tre mesi dopo il parto (termine del periodo dia astensione obbligatoria).
Nel periodo non coperto da astensione obbligatoria, la Lavoratrice deve essere adibita ad altre mansioni, compatibili con il suo stato. Eventuali più lunghi periodi di interdizione (es. fino a 7 mesi dopo il parto) potranno essere disposti solo se la mansione della Lavoratrice madre riveste altri fattori di rischio che, ai sensi dell’art. 5 cit., vietano l’adibizione della Lavoratrice madre (es. All. A, lett. b, c, d).
Nei confronti delle Lavoratrici madri, l’art. 28 D.lgs. 81/2008 richiede una speciale attenzione nella valutazione dei rischi verso la Lavoratrice madre, che, durante la gestazione, dovrà essere destinataria di misure di sicurezza, speciali, adattate alle sue particolari condizioni.
A disposizione per approfondimenti

ESTESI AI LAVORATORI INPGI (GIORNALISTI) GLI SGRAVI PER SOSTITUZIONE DI MATERNITA'

Caso: Tizio, giornalista, viene assunto a termine in una redazione di quotidiano, in sostituzione di Caia, giornalista a tempo indeterminato, in maternità. Può il Datore di lavoro applicare lo sgravio sulla contribuzione INPGI previsto dall’art. 4.3-5°comma D.lgs. 151/2001 per le assunzioni sostitutive di personale in maternità?

Risposta: Con Interpello nr. 18 (Nota Prot. nr. 37/0011590) del 20/7/2015, il Ministero del Lavoro ha riconosciuto applicabile, anche al caso di specie (anche al settore INPGI), lo sgravio del 50% della contribuzione a favore del Datore di Lavoro che assuma personale in sostituzione di maternità. Pur essendo il settore INPGI-Giornalisti un settore “speciale”, il Ministero ha riconosciuto l’estensione della disciplina ex D.lgs. 151/2001, in forza di una previsione contenuta nella l. 388/2000 (all’INPGI è riconosciuto un potere di “modulazione” delle disposizioni ex D.lgs. 151 cit.).

mercoledì 16 settembre 2015

IL REDDITO DA LAVORO ACCESSORIO (VOUCHER) È UTILE PER IL SOGGIORNO LUNGO IN ITALIA DEL CITTADINO UE?

Caso:
Tizio, cittadino rumeno (UE), soggiorna in Italia. E’ disoccupato, ma percepisce nel 2015, € 6.000 di voucher. Bastano questi redditi a provare la sussistenza di “risorse economiche sufficienti” per restare in Italia per un soggiorno superiore a 3 mesi ex. art. 7 D.lgs. 30/2007.

Risposta:
L’art. 48.5°comma D.lgs 81/2015 prevede che i compensi da lavoro accessorio-voucher siano utili per configurare i requisiti reddituali necessari per il rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno. Nel testo di legge, non si precisa se i voucher di lavoro accessorio siano utili anche per consentire il soggiorno lungo (per più di tre mesi, ad esempio) del cittadino UE.
Il fatto che il D.lgs. 81 cit. non ne parli, non deve essere interpretato come preclusione a questa possibilità, dovendosi, all’uopo, far riferimento ad altre norme, in particolare all’art. 7 D.lgs. 30/2007, che, al comma 1 lett. b), prevede che il cittadino UE, che intenda soggiornare in Italia per più di 3 mesi, debba disporre di “risorse economiche sufficienti, non diventare un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato durante il suo periodo di soggiorno, da attestare attraverso una dichiarazione o con altra idonea documentazione”.
Come noto, sulla scia della normativa comunitaria (Dir. CE 38/2004), non è mai stato definito una soglia monetaria fissa per definire questa “soglia di autosufficienza”.
La Commissione UE, più volte interpellata, ha sempre dichiarato che tale importo deve essere interpretato in modo flessibile, consentendo ogni mezzo di prova (all’evidente scopo di facilitare l’inserimento dei cittadini UE negli altri Stati membri). Sul punto, è intervenuta l’ormai risalente Circolare 18/2009 del Ministero dell’Interno, la quale, recependo le linee interpretative della Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio (COM (2009) 313 def.), ha dichiarato che, in mancanza di altra idonea prova, fa fede dell’autosufficienza economica il possesso di un reddito annuo non inferiore alla pensione sociale.
Questo importo, per il 2015, è fissato in € 448,52 euro per 13 mensilità e per l’anno 2015 il limite di reddito è pari ad 5.830,76 euro annui. Quindi, in mancanza di altre fonti di reddito (rendite vitalizie, finanziamenti familiari etc.), anche i redditi da voucher parrebbero dare titolo al soggiorno del cittadino UE in Italia, se superiori alle somme ivi riportate.

LAVORO ACCESSORIO E COMMITTENTI IMPRENDITORE - IL LIMITE ECONOMICO DI E. 2000

Quesito:
L’art. 48.1°comma D.lgs. 81/2015 prevede che nei confronti di “Committenti Imprenditori o Professionisti”, fermo restando il limite globale annuo degli € 7.000 netti, il voucher possa sviluppare compensi fino ad € 2.000 per Committente (€ 2020 con rivalutazione ISTAT disposta per il 2015 con Circ. INPS 77/2015). A questi fini, quali requisiti deve rivestire un “Imprenditore”? La legge si riferisce solo ad un Imprenditore commerciale? O anche ad un Imprenditore Artigiano? Cooperativo?

Risposta:
Col passaggio dall’art. 70 D.lgs. 276/2003 (edizione rivista dalla l. 92/2012) all’art. 48, è rimasto il particolare limite economico degli € 2.000, ma questo non è più riservato a “Committenti” definibili quali “imprenditori Commerciali”.
La norma si riferisce semplicemente a “Imprenditori”. Ciò significa che, per definire questa tipologia di soggetti, oggi non è più indispensabile riferirsi alla definizione di “Imprenditore Commerciale” ex. art. 2195 Codice Civile, ma ad ogni tipologia di “Impresa”: anche l’impresa artigiana ex. l. 445/85, anche l’Impresa cooperativa. In particolare, oggi il fulcro dell’attenzione legislativa pare essersi spostato (almeno idealmente) dall’art. 2195 Codice Civile all’art. 2082 Codice Civile, includendo in esso qualunque tipologia di attività organizzata diretta al conseguimento di un lucro soggettivo.
Da questa fattispecie, devonsi comunque linearmente e coerentemente escludere le ONLUS, le organizzazioni No Profit, e le Associazioni Sportive Dilettantistiche (e le SRL e Soc.Coop. Sportive), perché istituzionalmente definite prive di scopo lucrativo. Anche se esse dovessero svolgere attività commerciali a latere attività lucrative (es. rivendita di pubblicazioni, somministrazioni di alimenti e bevande etc.), esse sarebbero subordinate allo scopo principale “non lucrativo”: rileverebbero come indici di mero “lucro oggettivo”, non sufficiente per integrare il “lucro soggettivo” tipico delle Imprese. Ecco perché questi soggetti, anche se assumessero voucheristi nell’ambito di sagre, bar etc. non potrebbero scontare il limite di € 2.020 per i Committenti Imprenditori, quanto il nuovo limite di € 7.000.

martedì 15 settembre 2015

LA RIFORMA DEI CONTROLLI A DISTANZA-CASI (GPS, SMARTPHONE, TABLET): UTILIZZABILITA' PER SANZIONI DISCIPLINARI

Quesito:
Nel vigore della precedente normativa sui “controlli a distanza”, il Datore poteva utilizzare le risultanze di videosorveglianza e terminali sui Dipendenti per spiccare iniziative disciplinari solo contro gravi illeciti o irregolarità del Dipendente medesimo (fattispecie dei cd "controlli difensivi"). E ora? Cosa cambia con il Jobs Act? Corrisponde al vero che oggi il Datore di Lavoro può infliggere sanzioni disciplinari per le risultanze di tablet e smartphone, in qualunque circostanza, a prescindere dal limite dei cd “controlli difensivi”? 

Risposta:
Effettivamente, a questo parrebbe condurre l’interpretazione letterale del nuovo art. 4 l. 300/70 quando dispone: 

L’accordo o l’autorizzazione non sono richiesti per gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e per gli strumenti di registrazione degli accessi e delle uscite.

Tra gli strumenti “per rendere” la prestazione ci sono sicuramente smartphone, tablet, specie con applicazioni di geo-localizzazione … le cui tracce potranno così essere valorizzate anche per provvedimenti disciplinari, senza più necessità di autorizzazione DTL o accordo sindacale. Questa linea ermeneutica (pure paventata, anche se non confermata, dal Garante della Privacy nella lettera-articolo pubblicata ne L’Huffington post del 8/9/2015 reperibile sul sito “DPL Modena”) porterebbe ad una reale deregoulation rispetto ai controlli da dispositivi tecnologici: acquisendo il semplice possesso di tali strumenti, il Dipendente accetterebbe il rischio di controlli sulla sua persona, che, a questo punto, il Datore di Lavoro eserciterebbe nel pieno delle prerogative riconosciutegli in via generale dall’art. 2103 Codice Civile. Abbiamo seri dubbi, però, che questa, al momento, sia un’interpretazione praticabile: in questo senso, invitiamo alla prudenza le Aziende e i Datori di Lavoro in generale, specie quelli che hanno salutato questa riforma del “controllo a distanza” come eliminazione tout court di un vincolo finora molto presente e pesante alle loro prerogative.
Innanzitutto, sull’argomento, deve pronunciarsi il Garante della Privacy (che si spera emetta disposizioni garantiste e, nello stesso tempo, agevoli per le Aziende). Dico il Garante, ancora più del Ministero del Lavoro, perchè la materia, particolarmente incisiva sulla normativa della Privacy, deve essere interpretata alla luce di essa; e ciò coinvolge in massimo grado la competenza del Garante della Privacy.
In secondo luogo, dobbiamo tener presente che, in materia di Privacy, vige un sistema normativo molto complesso: tale normativa, infatti, è frutto di norme UE cui lo Stato italiano si sta via via adeguando, almeno dal 1996 (dalla data della famosa legge 675/96). Le norme italiane, pertanto, devono essere sempre interpretate in chiave di conformità alle norme UE e disapplicate, se in contrasto: e anche la norma di riforma dei “controlli a distanza” del Jobs Act, il quale dovrà interpretato in armonia con le norme interne e UE in materia di Privacy, come implementate dal Garante della Privacy (es. Linee Guida 1/4/2010 in materia di “controlli a distanza”). Per queste casistiche, resiste un orientamento molto restrittivo da parte delle principali Istituzioni Europee (Vedi Raccomandazione 1/4/2015 del Consiglio d’Europa), che non ammette l’utilizzazione a fini disciplinare delle risultanze dei cd “controlli a distanza”, se non per circostanze gravi e non diversamente gestibili: come appunto i classici “controlli difensivi”.
Ricordiamo, infine, che la giurisprudenza è obbligata a interpretare la normativa italiana in materia di Privacy in conformità alla normativa Europea. 

CONCLUSIONI:

All’atto pratico, pertanto, e fino a diverso chiarimento del Garante della Privacy (in questo istituzionalmente più autorevole del Ministero del Lavoro), è prudente ritenere che le risultanze di tablet etc. ai fini dei controlli disciplinari non potranno essere utilizzati, se non come ultima ratio, ovvero secondo le tradizionali forme dei cd “controlli difensivi”: quando cioè i controlli diretti anche da videosorveglianza, da terminale, sul lavoratore erano ammessi solo per finalità di autotutela dell’Azienda (vedi il noto caso del Datore che, per controllare un Dipendente infedele, aveva assunto un falso profilo Facebook).
Perdurando questa incertezza, non pare bastare il semplice possesso di smartphone, tablet con applicazioni di geolocalizzazione a legittimare un più vasto e indiscriminato potere di controllo del Datore di Lavoro sul Dipendente. Restiamo a disposizione per gli aggiornamenti istituzionali (si spera chiari e tempestivi).

Dr. GIORGIO FRABETTI
Collaboratore
STUDIO LANDI-FERRARA

INGEGNERI, LE COLLABORAZIONI PROFESSIONALI MONOCOMMITTENTI DOPO IL JOBS ACT: POSSIBILE LA COCOCO?

Caso:
Ingegnere con contratto di collaborazione coordinata e continuativa con una Società di Progettazione. A quale Cassa previdenziale è tenuto a versare contributi?

Risposta:
In una nota del 25/2/2015 Prot. nr. 4594, il Ministero dell’Economia delle Finanze aveva riepilogato i termini dei casi in cui il reddito prodotto dal Professionista non sia riconducibile a reddito professionale ex. art. 53 TUIR, ma reddito “assimilato a lavoro dipendente”.
La questione presenta immediate ricadute in punto di individuazione della Cassa di Previdenza competente: nel caso di reddito professionale, è competente la speciale Cassa professionale INARCASSA, nel secondo caso, l’INPS-Gestione Separata.

Fino al 25/6/2015, non era consentito agli Ingegneri stipulare collaborazioni coordinate e continuative “a progetto” per attività rientranti nell’esercizio della professione (art. 61.3°comma D.lgs. 276/03).
Questi rapporti, anche quando dotati di tutti i crismi della cococo ex. art. 409 cpc (es. mono-committenza, coordinamento stabile col Committente), non avrebbero in nessun caso essere potuto essere riconducibili alla tipologia contrattuale delle “cocopro” e, quindi, alla qualificazione fiscale di “reddito assimilato a rapporto di lavoro dipendente”: in questo caso, i redditi non avrebbero potuto scontare la contribuzione Separata INPS, ma solo la contribuzione INARCASSA

Dopo il 25/6/2015, con l’entrata in vigore del D.lgs. 81/2015, viene abrogato l’art. 61.3°comma D.lgs. 276/03: certamente alle collaborazioni dell’Ingegnere si applica l’art. 409 cpc.

Nel vigore dell’art. 409 cpc, la qualificazione fiscale (e previdenziale) delle collaborazioni autonome dell’Ingegnere (sicuramente “giustificata” e non assimilabile a lavoro dipendente, secondo la nuova regola sul lavoro autonomo ex. art. 2.2°comma lett. b) del D.lgs. 81/2015), devono seguirsi le stesse regole estrapolate dall’Amministrazione Fiscale e dall’INPS nei tempi antecedenti l’entrata in vigore dell’art. 61.3°comma D.lgs. 276/2003 (quando vigeva solo l’art. 409 cpc come norma di tipizzazione/qualificazione delle “collaborazioni coordinate continuative”).

Di qui, le seguenti conclusioni pratiche:

1) Collaborazione ha per oggetto attività “istituzionali” dell’Ingegnere: Il reddito da collaborazione deve qualificarsi, senza margine di dubbio alcuno, come “reddito professionale”, imponibile fiscalmente come “lavoro autonomo” ex. art. 53 TUIR e imponibile previdenziale secondo INARCASSA. Su queste conclusioni, era già assestata l’Amministrazione Fiscale nel pieno vigore dell’art., come si desume dal tenore inequivoco della Circolare Ag. Entr. 67/2001.
2) “Collaborazioni” chiaramente finalizzate a compiti extra-professionali dell’Ingegnere: in questi casi, si può ravvisare una qualificazione fiscale diversa da “lavoro autonomo” e assoggettabile a “Gestione Separata INPS”: tipicamente, nei casi di Amministratore e Sindaco di Società. N.B.: In tutti gli altri casi, diversi da Sindaco e Amministratore, in cui sia in discussione se la cococo investe compiti extra-professionali, e che la contribuzione utile è INPS-Gestione Separata (non INARCASSA), l’onere della prova è a carico dell’Ingegnere. Per una nomenclatura, sommaria, ma utile, delle attività “tipiche” e “atipiche” di Ingegneri (e Architetti), si rinvia alla Circ. INPS 72/2015.
A disposizione per ulteriori approfondimenti

lunedì 14 settembre 2015

JOBS ACT, DIMISSIONI SOLO IN VIA TELEMATICA

Con il cd “Decreto di semplificazione” varato, in via definitiva, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 4/9 us., è stata modificata la procedura della cd “convalida” delle dimissioni (“dimissioni in bianco”), introducendo un regime di tassativa telematizzazione della procedura di convalida.
Le dimissioni raccolte in altro modo (anche avanti la DTL, ma non raccolte con canale telematico) non saranno efficaci.
Ma sul punto, ci riserviamo ulteriori e necessari aggiornamenti*

*Gli aggiornamenti sul regime del diritto transitorio sono al post del 2/10, che provvede a correggere quanto precedentemente scritto qui.

IL LAVORO ACCESSORIO NEL PUBBLICO IMPIEGO

Quesito:
Un Ente Pubblico può impiegare un Lavoratore con il voucher di lavoro accessorio? La legge opera una distinzione tra Enti Pubblici?

Risposta:
Sotto questo versante, i cambiamenti tra la legge Monti-Fornero e il Jobs Act sono minimi.
La previsione dell’art. 48.4° comma è del tutto identica a quella dell’art. 70.3°comma (come modificata dalla l. 92/2012): “Il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio da parte di un committente pubblico è consentito nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno”. Il “Committente Pubblico” è agevolmente definibile con rinvio all’art. 1.2°comma D.lgs. 165/2001:

“Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI”.

Non essendo il “Committente Pubblico” assimilabile al “Committente Imprenditore/Professionista”, ne consegue che, in questo caso, il lavoro accessorio, nell’ambito della PA, può essere attivato entro un range di € 7.000 netti per anno civile, nella totalità dei Committenti (anche privato).
Una particolare limitazione è prevista per la speciale previsione di voucher per soggetti che beneficiano di “ammortizzatori sociali”: questi, nel limite di € 3.000 netti annui (anno civile), possono essere assunti solo da “Enti Locali” (con chiara esclusione per gli altri Enti Pubblici ex. art. 1.2°comma D.lgs. 165/2001).
In tutti i casi, i voucher sono attivabili

“nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno”.

Tale espressione postula il rinvio ad ogni disposizione legale, amministrativa, interna suscettibile di incidere sul personale flessibile della PA, a partire dalla norma-quadro ex. art. 36 D.lgs. 165/2001 e successive modificazioni.

venerdì 11 settembre 2015

JOBS ACT E LAVORO ACCESSORIO, I VOUCHER ACQUISTATI PRIMA DEL 25/6/2015: QUALE DIRITTO TRANSITORIO?

Caso:
Tizio, al 24/6/2015, aveva acquistato (e utilizzato) voucher di lavoro domestico per € 4.000. Di questi, solo una parte corrispondente a € 1.000, l’aveva utilizzata per far lavorare Caio. Al 25/6/2015, successivamente all’entrata in vigore del Jobs Act, residuano € 3.000: può utilizzarli? E se intende avvalersi ancora della prestazione di Caio può giovarsi del nuovo limite economico (ove la situazione di Caio lo permetta) ed erogare compensi per lavoro accessorio fino a € 7.000?

Risposta:
Trattasi di voucher che cadano “a cavallo” tra la vecchia e la nuova normativa: acquistati prima del 25/6/15 (nel vigore dell’art. 70 D.lgs. 276/2003), ma utilizzati e abbinati al Lavoratore solo dopo il 25/6/15. Al momento, comunque, e per un’utile risposta, il quesito deve essere scomposto in due parti, concettualmente distinte:

1) La sorte dei voucher acquistati prima dell’entrata in vigore del D.lgs. 81/2015 (ovvero prima del 25/6/15): La sorte di questi voucher è garantita dall’art. 49.8°comma D.lgs. 81/2015; per questi voucher il D.lgs. fa salva la “predetta disciplina”. Pertanto, questi voucher restano utilizzabili, fino al 31/12/2015, anche ben oltre (a quanto pare di capire) le apparenti restrizioni introdotte dal Jobs Act quanto alla tempistica di utilizzazione del voucher (da utilizzarsi ex. art. 49.2°comma entro i “30 gg. successivi” all’acquisto (aspetto, come visto, molto discutibile). Sull’argomento, è intervenuta la Circolare INPS 149/2015, ma, almeno a nostro modesto avviso, senza introdurre chiarimenti di rilievo. N.B.: Non paiono, però, i chiarimenti INPS molto incisivi sulla casistica concreta. L’INPS, infatti, si è limitata a ricalcare la previsione di legge, e a un generico (anche se utile) cenno agli eventuali rapporti in violazioni di legge sorti prima dell’emanazione della Circ. 149, ovvero in difetto di indicazioni operative (rapporti che vengono “fatti salvi” in nome del giusto e doveroso principio della “tutela dell’affidamento amministrativo”).

2) L’influenza di questi voucher sui nuovi limiti economici del D.lgs. 81/2015: Se un Committente scopre di poter “compensare” il voucherista fino a € 7.000 (perchè la situazione del voucherista glielo permette), in conformità alle nuove norme, può acquistare voucher fino a € 7.000? O deve tener conto dei voucher già acquistati?
Come precisato in un precedente post, al momento, quest’ultima pare la soluzione più prudente in quanto accreditata dall’INPS: in un passaggio della Circolare dedicato ai voucher dei Cassintegrati, l’INPS ha ritenuto che, per i voucher per questa particolare tipologia di soggetti (con il limite a € 3.000 netti), ai fini del conteggio del limite economico complessivo utile nel vigore delle nuove norme, si debba considerare l’importo dei voucher già acquistati prima del 25/6/15 (ovvero, nel vigore delle norme previgenti).
Una soluzione, che appare coerente estendere anche agli altri casi di utilizzo di voucher dopo il 25/6/15 (limiti € 7.000, € 2.000). Questa soluzione deve valere anche per i voucher acquistati a cavallo tra la vecchia e la nuova normativa? Ovvero ai voucher acquistati prima del 25/6 e utilizzati dopo il 25/6? La norma, per questi voucher salvaguarda la “previgente disciplina”: disciplina che, evidentemente, deve intendersi comprensiva dei “limiti economici” stabiliti dalla previgente disciplina appunto (tarata particolarmente su “anno solare” e non su “anno civile”).
Ora, allo stato attuale delle cose, riteniamo che la norma debba interpretarsi nel senso che, fino al 31/12/2015, per i voucher acquistati prima del 25/6 (anche se utilizzati dopo) vigono i limiti economici etc. degli artt. 70 ss. D.lgs. 276/03; e su queste regole, il personale ispettivo dovrà condurre i propri accertamenti. Per quanto riguarda i nuovi voucher, atteso che i limiti economici degli stessi sono parametrati su “anno civile”, e non più su “anno solare”, atteso che i nuovi limiti economici devono essere verificati su un orizzonte temporale che si distende tra il 1/1 e il 31/12, atteso che, in difetto di indicazioni normative tale riferimento temporale non può che andare dal 1/1/2015 al 31/12/2015, implicando così una parziale retroattività del conteggio dei limiti economici (in un tempo cioè precedente al 25/6 , data di entrata in vigore del D.lgs. 81), appare coerente (e prudente) seguire l’orientamento espresso dall’INPS in Circolare 149/2015 e scomputare dal nuovo limite degli € 7.000, l’importo dei voucher già acquistati/utilizzati (€ 4.000). Questo, naturalmente, fino a diversa indicazione ministeriale.

giovedì 10 settembre 2015

VOUCHER - LAVORO ACCESSORIO A CAVALLO DI UN ANNO (2015), UN CASO PROBLEMATICO

Caso: Tizio ha accumulato, al 24/6/2015, compensi per “lavoro accessorio” (tra tutti i Committenti) per € 3.000 come Domestico. Al 26/6, dopo l’entrata in vigore del D.lgs. 81/2015, viene richiesto di altri lavori domestici. Entro quali limiti economici annui può ancora sviluppare compensi per lavoro accessorio, posto che, per il lavoro domestico (Committenza Non Imprenditrice-Professionale) dovrebbe scontare i nuovi limiti reddituali annui complessivi di € 7.000?

Risposta: Il caso non è stato chiaramente risolto, nemmeno dopo i primi chiarimenti operati dalla Circolare INPS 149/2015.
L’unica circostanza in cui l’INPS ha affrontato il caso è stato per il caso di voucher in contemporanea con trattamenti a sostegno del reddito. In questa circostanza, l’INPS ha dichiarato: “Il predetto limite complessivo dei € 3.000 di compenso, per l’anno in corso, è da intendersi comprensivo anche delle prestazioni di lavoro accessorio già rese dal 1.1.2015 al 24.6.2015 (giorno precedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 81)”.
Per i diversi casi dei limiti di € 2.000 (Committenti Imprenditori/Professionisti) e di € 7.000 (Committenti non Imprenditori), nulla risulta definito in Circolare, ma crediamo valga l’analogia con il passo citato. Pare prudente e coerente ritenere che Tizio, nel caso di specie, per i voucher attivati dopo il 25/6, debba scomputare dal limite (teorico) dei € 7.000, meno gli € 3.000 già fruiti prima del 25/6.
E questo, a maggior ragione, se si pensa che i nuovi limiti vanno parametrati ad “anno civile” 1/1-31/12/2015. Fossero i compensi parametrati ad “anno solare”, allora, si potrebbe calcolare l’anno partendo dal 25/6/2015, arrivando fino al 24/6/2016, e contando € 7.000.
Ma con il riferimento ad “anno civile”, questa operazione non pare proprio possibile. Restiamo comunque in attesa di ulteriori chiarimenti da Ministero del Lavoro e INPS.

RIFORMA VIDEOSIRVEGLIANZA-CASI DA ATTENZIONARE

Con l’entrata in vigore prossima del D.lgs. sulla riforma dei controlli a distanza ex. art. 4 l. 300/70, urge verificare il trattamento di due casi di notevole attualità applicativa e operativa (per le Aziende):

- Dispositivi di localizzazione dei veicoli condotti dai Lavoratori (oggetto del Provvedimento del Garante della Privacy nr. 370/2011). Il Garante, nel vigore delle vecchie norme, aveva imposto l’autorizzazione DTL o l’accordo sindacale, aveva escluso l’informativa ai Dipendenti, e aveva determinato restrizioni circa la conservazione nel tempo delle risultanze delle registrazioni;
- Localizzazione dei Lavoratori tramite Smartphone (oggetto del Provvedimento del Garante della Privacy del 9/10/2014 nr. 449): Il Garante ha introdotto restrizioni con particolare riferimento all’uso delle risultanze per la procedura disciplinare. Sono casi, questi, dove gli interventi della riforma dei “controlli a distanza” appaiono particolarmente attesi.

A disposizione per approfondimenti

LA RIFORMA DEL CONTROLLO A DISTANZA-PROBLEMI

Il D.lgs. di riordino dei cd “controlli a distanza” ex. art. 4 l. 300/70 contiene una disposizione che consente il trattamento dei dati personali (a soli fini lavorativi) degli strumenti elettronici aziendali in uso al Dipendente come smartphone, tablet … le cui informazioni, le cui tracce potranno così essere valorizzate anche per provvedimenti disciplinari, senza più necessità di autorizzazione DTL o accordo sindacale.
Le Commissioni parlamentari competenti hanno espresso pesanti riserve circa la legittimità costituzionale di questa nuova previsione di legge, anche in relazione alle disposizioni UE sulla Privacy.
L’Esecutivo ha deciso di confermare il D.lgs., riservandosi in via successiva di introdurre sanzioni penali, per bilanciare le tutele.
Ciò induce un’incertezza (al momento) non eliminabile; l’indicazione da seguire, quando tale disposizione entrerà in vigore, è quella di non assecondare alcuna richiesta dei Clienti in questa materia, almeno finchè il Ministero del Lavoro non avrà fornito le necessarie indicazioni di prassi. In casi come questi, dove il rischio di invalidazione delle norme in sede UE o di Giustizia Costituzionale è molto elevato, l’unica certezza per i Clienti è seguire la prassi amministrativa (che garantisce loro una maggiore tutela, in forza del cd “principio dell’affidamento amministrativo”).
A disposizione per aggiornamenti

martedì 8 settembre 2015

VARATO DEFINITIVAMENTE IL JOBS ACT- IL COMUNICATO DEL GOVERNO



QUI DI SEGUITO, PUBBLICHIAMO IL COMUNICATO STAMPA CON IL QUALE L'ESECUTIVO HA ANNUNCIATO IL VARO DEGLI ULTIMI DECRETI ATTUATIVI DEL JOBS ACT.
SI COMPLETA, COSì, LA LUNGA FASE DI ATTUAZIONE DEL PROCESSO RIFORMATORE AVVIATO DAL GOVERNO RENZI CON LA LEGGE 183/2014.
NELLE PROSSIME SETTIMANE, AVVIEREMO I PRIMI APPOROFONDIMENTI
RESTATE SINTONIZZATI

 
Pubblicato il 4 set 2015
Il Consiglio dei ministri, nella seduta del 4 settembre 2015, ha approvato altri 4 decreti legislativi sul Jobs Act (legge delega n. 183/2014).
Riguardano:
  1. la semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro;
  2. il riordino dei servizi per il lavoro e le politiche attive;
  3. la semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese;
  4. il riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro.
Di seguito una breve sintesi dei 4 decreti legislativi:

Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale
Il decreto legislativo prevede, al fine di razionalizzare e semplificare l’attività ispettiva, l’istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro. L’Ispettorato ha personalità di diritto pubblico, ha autonomia di bilancio e “autonomi poteri per la determinazione delle norme concernenti la propria organizzazione ed il proprio funzionamento.
Gli organi dell’Ispettorato sono:
  • il direttore generale che ne ha la rappresentanza legale;
  • il consiglio di amministrazione;
  • il collegio dei revisori
La principale funzione dell’Ispettorato nazionale, risiede nel coordinamento, sulla base di direttive emanate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, della vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria. A tal fine, l’Ispettorato definisce tutta la programmazione ispettiva e le specifiche modalità di accertamento e detta le linee di condotta e le direttive di carattere operativo per tutto il personale ispettivo (compreso quello in forza presso INPS e INAIL).
In supporto alla programmazione dell’attività di vigilanza svolta dall’Ispettorato, si prevede l’obbligo per l’INPS, l’INAIL e l’Agenzia delle entrate di mettere a disposizione dell’Ispettorato, anche attraverso l’accesso a specifici archivi informatici, dati e informazioni, sia in forma analitica che aggregata.
Al fine di rafforzare l’azione di coordinamento con altri organi preposti alla vigilanza si prevede:
  • la stipula di appositi protocolli,  anche con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle agenzie regionali per la protezione ambientale onde  assicurare l’uniformità di comportamento ed una maggiore efficacia degli accertamenti ispettivi, evitando la sovrapposizione degli interventi;
  • l’obbligo per ogni altro organo di vigilanza che svolge accertamenti in materia di lavoro e legislazione sociale di raccordarsi con l’Ispettorato.
In ragione di un progressivo accentramento di tutte le funzioni ispettive presso l’Ispettorato nazionale del Lavoro, il personale ispettivo di INPS e INAIL è inserito in un ruolo ad esaurimento dei predetti Istituti con il mantenimento del trattamento economico e normativo in vigore e non potrà essere sostituito dagli Istituti. Pertanto, il reclutamento del personale ispettivo, dall’entrata in vigore dei decreti attuativi, sarà riservato esclusivamente all’Ispettorato del Lavoro.
Ulteriori disposizioni sono finalizzate alla semplificazione normativa in materia di ricorsi amministrativi e giudiziari riguardanti gli atti degli organi ispettivi.

Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e le politiche attive
Viene istituita una Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, coordinata dalla nuova Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), e formata dalle strutture regionali per le Politiche attive del Lavoro, dall’INPS, dall’INAIL, dalle Agenzie per il lavoro e dagli altri soggetti autorizzati all’attività di intermediazione, dagli enti di formazione, da Italia Lavoro, dall’ISFOL (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori) nonché dal sistema delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, dalle università e dagli altri istituti di scuola secondaria di secondo grado. L’istituzione dell’ANPAL avverrà senza nuovi oneri a carico della finanza pubblica. Tutte le risorse necessarie al suo funzionamento saranno infatti trasferite dal Ministero del lavoro e dall’ISFOL, dei quali sarà effettuata una conseguente riorganizzazione.
Il Ministero del lavoro fisserà linee di indirizzo triennali ed obiettivi annuali in materia di politiche attive e definirà i livelli minimi che le prestazioni devono avere su tutto il territorio nazionale.
Per garantire i livelli essenziali di prestazioni in materia di servizi e politiche attive del lavoro, Ministero del lavoro, Regioni e Province autonome definiranno, un Piano finalizzato all’erogazione delle politiche attive mediante l’utilizzo coordinato di fondi (nazionali, regionali e del Fondo Sociale Europeo). Allo stesso scopo il Ministero del lavoro stipulerà, con ogni Regione e con le Province autonome, una convenzione per regolare i rapporti e gli obblighi concernenti la gestione dei servizi per l’impiego e delle politiche attive del lavoro.
Il Ministero del lavoro controllerà quindi il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale e monitorerà le politiche occupazionali.
Sarà istituito un Albo nazionale dei soggetti accreditati a svolgere funzioni in materia di politiche attive del lavoro, un Sistema informativo delle politiche del lavoro e il fascicolo elettronico del lavoratore.
All’istituzione dell’Albo provvederà l’ANPAL; nello stesso vengono iscritte le agenzie per il lavoro e le agenzie che intendono operare nel territorio delle regioni che non abbiano istituito un proprio regime di accreditamento. L’obiettivo è quello di valorizzare le sinergie tra soggetti pubblici e privati e di rafforzare le capacità di incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Il Sistema informativo e il fascicolo elettronico del lavoratore mirano ad una migliore gestione del mercato del lavoro e del monitoraggio delle prestazioni erogate.
Per semplificare gli adempimenti per i datori di lavoro, si prevede che le comunicazioni di assunzione, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro (comprese quelle relative alla gente di mare), dovranno essere effettuate in via telematica.
Le informazioni del Sistema informativo rappresenteranno la base per la formazione del fascicolo elettronico del lavoratore, liberamente accessibile da parte degli interessati.
Tutte le informazioni contenute nel Sistema informativo saranno messe a disposizione delle Regioni e delle Province.
Ci sarà anche un Albo nazionale degli enti accreditati a svolgere attività di formazione professionale.
Quanto ai Fondi interprofessionali e bilaterali che faranno anch’essi parte della Rete, l’ANPAL eserciterà la vigilanza su di essi, riferendo al Ministero del Lavoro.
In vista di un più efficace inserimento e reinserimento nel mercato del lavoro si prevede che il Ministero del lavoro stipuli con ogni regione e con le province autonome una convenzione per la gestione dei servizi, prevedendo, in via transitoria, che i compiti, le funzioni e gli obblighi in materia di politiche attive del lavoro siano attribuiti a soggetti pubblici o privati accreditati, anche al fine di  svolgere, nei confronti dei disoccupati e dei soggetti a rischio di disoccupazione, attività di orientamento, ausilio, avviamento alla formazione e accompagnamento al lavoro.
Viene definito lo stato di lavoratore disoccupato, di lavoratore dipendente che subisce una riduzione di orario (in seguito all’attivazione di una procedura di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per integrazione salariale, contratto di solidarietà o interventi dei fondi di solidarietà) e di lavoratore a rischio di disoccupazione. Gli appartenenti a queste categorie verranno assegnati ad una classe di profilazione, allo scopo di valutarne il livello di occupabilità e saranno convocati dai Centri per l’impiego per la stipula di un Patto di servizio personalizzato. Il Patto dovrà inoltre riportare la disponibilità del richiedente a partecipare a iniziative di carattere formativo, di riqualificazione o di politica attiva e ad accettare congrue offerte di lavoro.
Per rafforzare la condizionalità delle erogazioni, la domanda di ASpI (Assicurazione Sociale per l’Impiego), NASpI (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego) o DIS-COLL (Disoccupazione per i collaboratori) equivarrà a dichiarazione di immediata disponibilità del lavoratore, e sarà inserita nel Sistema informativo delle politiche attive e dei servizi per l’impiego.
I beneficiari di prestazioni a sostegno del reddito, che non abbiano riottenuto una occupazione, saranno quindi chiamati a stipulare il Patto di servizio personalizzato.
La sottoscrizione del Patto di servizio personalizzato sarà necessaria anche ai fini della concessione dell’Assegno di disoccupazione (ASDI).
I beneficiari di prestazioni di sostegno al reddito che, senza giustificato motivo, non partecipano alle iniziative finalizzate a conseguirne l’inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro saranno soggetti a sanzioni che vanno dalla decurtazione, alla sospensione o decadenza dalle prestazioni.
Si prevede inoltre un Assegno di ricollocazione, a favore dei soggetti disoccupati, percettori della NASpI, la cui disoccupazione ecceda i quattro mesi. La somma, graduata in funzione del profilo di occupabilità, sarà spendibile presso i Centri per l’impiego o presso i soggetti accreditati a svolgere funzioni e compiti in materia di politiche attive del lavoro. L’assegno non costituirà reddito imponibile.
Ancora, i lavoratori titolari di strumenti di sostegno del reddito potranno essere chiamati a svolgere attività di servizio nei confronti della collettività nel territorio del Comune di residenza.
L’utilizzo dei lavoratori in tali attività non determinerà l’instaurazione di un rapporto di lavoro. A questi lavoratori spetterà un importo mensile, pari all’assegno sociale, erogato dall’INPS.
Si riordina infine la normativa in materia di incentivi all’occupazione con la previsione della istituzione, presso l’ANPAL, di un Repertorio nazionale degli incentivi all’occupazione. Vengono definiti i principi generali di fruizione degli incentivi al fine di garantire un’omogenea applicazione; si provvede alla razionalizzazione e al rifinanziamento di quelli finalizzati a promuovere i contratti di apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale, di alta formazione e ricerca e l’alternanza scuola lavoro.

Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità
Le disposizioni contenute nel decreto possono essere suddivise in tre gruppi fondamentali.
Semplificazioni di procedure e adempimenti
a) Razionalizzazione e semplificazione dell’inserimento mirato delle persone con disabilità, con l’obiettivo di superare i problemi di funzionamento che la disciplina finora vigente ha evidenziato.
Le linee caratterizzanti l’intervento riguardano:
  • la possibilità per i datori di lavoro privati, in linea con quanto richiesto dal Parlamento, di assumere i lavoratori con disabilità mediante la richiesta nominativa, ma non di effettuare l’assunzione diretta (potranno essere assunti solo disabili inseriti nelle apposite liste). Viene altresì introdotta la possibilità di computare nella quota di riserva i lavoratori disabili che abbiano una riduzione della capacità lavorativa di una certa entità anche se non assunti tramite le procedure del collocamento mirato;
  • l’integrale revisione della procedura di concessione dell’incentivo per le assunzioni dei disabili, prevedendo la corresponsione diretta e immediata dell’incentivo al datore di lavoro da parte dell’INPS mediante conguaglio nelle denunce contributive mensili. Si rafforzano gli incentivi per l’assunzione dei disabili, con una durata più lunga in caso di assunzione di persone con disabilità intellettiva e psichica.
b) Razionalizzazione e semplificazione in materia di costituzione e gestione del rapporto di lavoro.
I principali interventi riguardano:
  • la tenuta, a decorrere dal 1° gennaio 2017, del libro unico del lavoro in modalità telematica presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
  • la previsione che tutte le comunicazioni in materia di rapporti di lavoro, collocamento mirato, tutela delle condizioni di lavoro, incentivi, politiche attive e formazione professionale, ivi compreso il nulla osta al lavoro subordinato per cittadini extracomunitari nel settore dello spettacolo, siano effettuate esclusivamente in via telematica mediante modelli semplificati;
  • il potenziamento della Banca dati politiche attive e passive;
  • l’abolizione dell’autorizzazione al lavoro all’estero e la semplificazione del collocamento della gente di mare.
c) Razionalizzazione e semplificazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Le principali modifiche riguardano:
  • la revisione della composizione del Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, al fine di semplificare e snellire le procedure di designazione dei membri;
  • la riduzione dei componenti della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, l’introduzione di una nuova procedura di ricostituzione della Commissione e un aggiornamento delle funzioni ad essa istituzionalmente attribuite;
  • la messa a disposizione al datore di lavoro, da parte dell’Inail, anche in collaborazione con le aziende sanitarie locali per il tramite del Coordinamento Tecnico delle Regioni, di strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio;
  • lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, anche nelle imprese o unità produttive che superano i cinque lavoratori;
  • il miglioramento del processo di acquisizione delle informazioni necessarie per il calcolo del premio assicurativo attraverso la realizzazione di un apposito servizio sul portale dell’INAIL;
  • la trasmissione all’INAIL del certificato di infortunio e di malattia professionale esclusivamente per via telematica, con conseguente esonero per il datore di lavoro;
  • la trasmissione all’autorità di pubblica sicurezza delle informazioni relative alle denunce di infortunio mortali o con prognosi superiore a trenta giorni a carico dell’INAIL, esonerando il datore di lavoro;
  • l’abolizione dell’obbligo di tenuta del registro infortuni, anticipando la soppressione dell’obbligo, connessa, nelle intenzioni del legislatore, alla emanazione del decreto interministeriale istitutivo del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP).
d) Revisione delle sanzioni in materia di lavoro e legislazione sociale.
I principali interventi riguardano:
  • la modifica alla c.d. maxisanzione per il lavoro “nero” con l’introduzione degli importi sanzionatori “per fasce”, anziché legati alla singola giornata di lavoro irregolare e la reintroduzione della procedura di diffida, che consente la regolarizzazione delle violazioni accertate. La regolarizzazione è subordinata al mantenimento al lavoro del personale “in nero” per un determinato periodo di tempo;
  • la modifica al c.d. provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, favorendo una “immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita, valorizzando gli istituti di tipo premiale”;
  • si chiariscono le nozioni di omessa registrazione e infedele registrazione sul libro unico del lavoro e si modifica il regime delle sanzioni;
  • si modificano le sanzioni in materia di consegna del prospetto paga;
Disposizioni in materia di rapporto di lavoro
I principali interventi riguardano:
  • la revisione della disciplina dei controlli a distanza del lavoratore, con un intervento sull’art. 4 dello Statuto dei lavoratori per adeguare la disciplina all’evoluzione tecnologica, nel rispetto delle disposizioni in materia di privacy;
  • la possibilità per i lavoratori di cedere, a titolo gratuito, ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro, che svolgono mansioni di pari livello e categoria, i riposi e le ferie maturati, con esclusione dei giorni di riposo e di ferie minimi garantiti dalla legge, al fine di assistere i figli minori che, per le particolari condizioni di salute, hanno bisogno di assistenza e cure costanti da parte dei genitori;
  • l’introduzione con decreto ministeriale, per i lavoratori del settore privato, di ipotesi di esenzione dal rispetto delle fasce di reperibilità in caso di malattia, così come avviene per i lavoratori del settore pubblico;
  • l’introduzione di modalità semplificate per effettuare le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso il sito istituzionale. Nessun’altra forma di effettuazione di dimissioni sarà più valida: in questo modo si assesta un colpo decisivo alla pratica delle dimissioni in bianco che ha finora colpito, in particolare, le donne lavoratrici.
Disposizioni in materia di pari opportunità
I principali interventi riguardano:
  • la revisione dell’ ambito territoriale di riferimento delle consigliere di parità provinciali in vista della soppressione delle province;
  • la modifica della composizione e delle competenze del Comitato nazionale di parità;
  • la modifica delle competenze e della procedura di designazione e nomina delle consigliere, semplificando l’iter di nomina e superando le incertezze dovute alla precedente formulazione;
  • l’introduzione del principio secondo cui per le consigliere di parità non trova applicazione lo spoil system di cui all’art. 6, comma 1, della legge n. 145/2002;
  • la ridistribuzione fra gli enti interessati degli oneri per il sostegno alle attività delle consigliere;
  • l’introduzione della Conferenza nazionale delle consigliere di parità, per rafforzare e accrescere l’efficacia della loro azione, e consentire lo scambio di informazioni, esperienze e buone prassi. La Conferenza sostituisce la Rete delle consigliere e opera senza oneri per la finanza pubblica.

Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro
Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti, ha approvato, in esame definitivo, un decreto legislativo recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
Le disposizioni contenute nel decreto sono improntate a tre obiettivi:
  • Inclusione di lavoratori e imprese
  • Semplificazione e certezze per le imprese
  • Razionalizzazione delle integrazioni salariali
Inclusione di lavoratori e imprese
Il decreto rende strutturale la NASpI a 24 mesi per sempre. La NASpI, la nuova indennità in vigore dal 1 maggio 2015, è uno dei sussidi di disoccupazione più inclusivi d’Europa: oltre il 97% degli assicurati la ottiene, se perde il lavoro. Rispetto alle indennità precedenti (ASpI e miniASpI), il 70% dei beneficiari ottiene una prestazione che dura almeno un mese in più di prima. Inoltre, come ripetutamente affermato dal governo, il decreto introduce una salvaguardia, per il solo 2015, della durata della NASpI con riferimento ai lavoratori stagionali del settore del turismo e degli stabilimenti termali.
Il decreto mette a regime e rende strutturali (cioè finanzia per sempre) altre importanti misure di politica sociale:
  • le misure di conciliazione dei tempi di cura, di vita e di lavoro (tra le quali l’estensione del congedo parentale);
  • l’assegno di disoccupazione (ASDI), che fornisce un reddito sino a sei mesi ai beneficiari di NASpI con figli minori o ultracinquantacinquenni che esauriscono il sussidio senza avere trovato lavoro e hanno un Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) inferiore a 5.000 euro all’anno;
  • il fondo per le politiche attive del lavoro.
Infine, il decreto estende le integrazioni salariali in caso di riduzione o sospensione dell’orario di lavoro a 1.400.000 lavoratori e 150.000 datori di lavoro in precedenza esclusi da queste tutele. Questo risultato viene ottenuto estendendo la cassa integrazione agli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante e includendo nei fondi di solidarietà tutti i datori di lavoro che occupano più di 5 dipendenti, anziché, come in precedenza, più di 15.
Semplificazione e certezze per le imprese
Il decreto introduce un unico testo normativo di 47 articoli per la cassa integrazione e per i fondi di solidarietà, abrogando oltre 15 leggi e norme stratificatesi negli ultimi 70 anni, dal 1945 a oggi. Ciò costituisce una semplificazione enorme per imprese, consulenti e potenziali investitori esteri: la disciplina delle integrazioni salariali è contenuta in un unico testo.
Questo lavoro è stato completato anche grazie alla collaborazione con le commissioni parlamentari di Camera e Senato. Il Governo ha accolto la maggior parte delle osservazioni del Parlamento, su questo come su tutti gli altri aspetti del decreto.
Viene inserita nel decreto la disciplina della solidarietà espansiva, attualizzandola all’ordinamento giuridico vigente, rendendo così più agevoli eventuali interventi futuri in materia.
Con il decreto si realizza anche una maggiore certezza per le imprese e per lo Stato: si prevede che l’impresa provveda al conguaglio delle integrazioni pagate ai lavoratori o ne richieda il rimborso entro 6 mesi dalla fine del periodo di cassa integrazione.
Per quanto riguarda la Cassa integrazione ordinaria (CIGO), il decreto prevede una semplificazione delle procedure di autorizzazione, con l’abolizione delle commissioni provinciali e l’autorizzazione dei trattamenti direttamente da parte dell’INPS. La domanda di CIGO deve avvenire entro 15 giorni dall’avvio della riduzione o sospensione.
Per quanto riguarda la Cassa integrazione straordinaria (CIGS), sono introdotte varie semplificazioni.
Semplificazione procedure di consultazione sindacale:
  • all’atto della comunicazione alle associazioni sindacali, viene meno l’obbligo per l’impresa di comunicare i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e le modalità di rotazione;
  • per quanto riguarda i criteri di scelta e rotazione, viene stabilito che la congruità dei criteri di scelta si valuta sulla coerenza con le ragioni per cui viene richiesto l’intervento;
  • vengono abrogate le norme sulla rotazione, complicatissime e di difficile attuazione, e le sanzioni che ne conseguivano. D’ora in poi, le sanzioni (semplificate) si applicano solo per il mancato rispetto delle modalità di rotazione concordate nell’esame congiunto.
Semplificazione procedure autorizzazione:
  • sarà possibile richiedere CIGS per tutto il periodo necessario (direttamente 24 mesi per riorganizzazione). Per i contratti di solidarietà (che diventano una causale di CIGS, prendendone tutte le regole), anche 36 mesi di fila in presenza di determinate condizioni (vedi oltre).
Certezza dei tempi:
  • la CIGS parte 30 giorni dopo la domanda (per le richieste presentate a decorrere dal 1 novembre 2015).
Semplificazione dei controlli:
  • un unico controllo tre mesi prima della fine del periodo di cassa.
Il decreto consente infine di partire effettivamente con i fondi di solidarietà destinati a fornire le integrazioni salariali a datori di lavoro e loro lavoratori non coperti dalla cassa integrazione. Qui gli interventi e le semplificazioni sono tali da suggerire una trattazione apposita, nella scheda al fondo.
Razionalizzazione delle integrazioni salariali
Viene prevista una revisione della durata massima complessiva delle integrazioni salariali: per ciascuna unità produttiva, il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non possono superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile. Utilizzando la CIGS per causale contratto di solidarietà tale limite complessivo può essere portato a 36 mesi nel quinquennio mobile, perché la durata dei contratti di solidarietà viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente.
Esempi:
  • 12 mesi di CIGO+12 mesi di CIGS (es. riorganizzazione): stop a 24 mesi
  • 12 mesi di CIGO+24 mesi di CDS (Contratto di Solidarietà): ok 36 mesi
  • 12 mesi di CIGS (es. crisi)+24 mesi di CDS: ok 36 mesi
  • 36 mesi di CDS: ok
  • 12 mesi di CIGO+12 mesi di CDS: possibili altri 6 mesi di CIGO/ CIGS oppure altri 12 mesi di CDS
Nel settore edile, la durata massima complessiva della cassa ordinaria e straordinaria è stabilito in 30 mesi per ciascuna unità produttiva, in considerazione delle specificità di tale settore che tipicamente non consentono l’utilizzo dei contratti di solidarietà.
Il decreto prevede un meccanismo di responsabilizzazione delle imprese attraverso le aliquote del contributo d’uso (contributo addizionale). Viene infatti previsto un contributo addizionale del 9% della retribuzione persa per i periodi di cassa (cumulando CIGO, CIGS e contratti di solidarietà) sino a un anno di utilizzo nel quinquennio mobile; del 12% sino a due anni e del 15% sino a tre. Il contributo addizionale non è dovuto nei casi di eventi oggettivamente non evitabili.
A fronte di questo incremento progressivo del contributo addizionale, viene introdotta per la CIGO una riduzione generalizzata del 10% sul contributo ordinario pagato su ogni lavoratore (la CIGS è strutturalmente a carico della fiscalità generale). L’aliquota del contributo ordinario pagato da tutte le imprese indipendentemente dall’utilizzo della cassa passa quindi dall’1,90% all’1,70% della retribuzione per le imprese fino a 50 dipendenti; dal 2,20% al 2% per quelle sopra i 50; dal 5,20% al 4,70% per l’edilizia.
Viene previsto, sia per la CIGO che per la CIGS, il divieto di autorizzare l’integrazione salariale per tutte le ore lavorabili da tutti i lavoratori per tutto il periodo disponibile. In sostanza viene introdotto il divieto della cassa a zero ore per tutto il personale per tutto il periodo di cassa disponibile. Tale divieto, che per la CIGS non si applica per i primi 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto, serve anche a favorire la rotazione nella fruizione del trattamento di integrazione salariale, nonché il ricorso alla riduzione dell’orario di lavoro rispetto alla sospensione.
Per la CIGS, il decreto razionalizza la disciplina delle causali di concessione del trattamento. L’intervento straordinario di integrazione salariale può essere concesso per una delle seguenti tre causali:
  • riorganizzazione aziendale (che riassorbe le attuali causali di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale), nel limite di 24 mesi in un quinquennio mobile;
  • crisi aziendale, nel limite di 12 mesi in un quinquennio mobile. A decorrere dal 1° gennaio 2016, non può più essere concessa la CIGS nei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa. Viene previsto tuttavia un fondo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, che consente la possibilità di autorizzare, previo accordo stipulato in sede governativa, un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria per una durata massima rispettivamente di dodici mesi nel 2016, nove nel 2017 e sei nel 2018, qualora al termine del programma di crisi aziendale l’impresa cessi l’attività produttiva, ma sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell’azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale;
  • contratto di solidarietà, sino a 24 mesi in un quinquennio mobile, che possono diventare 36 se l’impresa non utilizza CIGO o altre causali di CIGS nel quinquennio. Gli attuali contratti di solidarietà di tipo “A”, previsti per le imprese rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS, diventano quindi una causale di quest’ultima e ne mutuano integralmente le regole in termini di misura della prestazione e di contribuzione addizionale. La riduzione media oraria non può essere superiore al 60 per cento dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di solidarietà. Viene inoltre previsto, a tutela del lavoratore, che per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 70 per cento nell’arco dell’intero periodo per il quale il contratto di solidarietà è stipulato.
Infine, il decreto introduce meccanismi di attivazione dei beneficiari di integrazioni salariali e condizionalità delle prestazioni: nello specifico, i lavoratori beneficiari di integrazioni salariali (cassa integrazione o fondi di solidarietà) per i quali è programmata una sospensione o riduzione superiore al 50% dell’orario di lavoro nell’arco di un anno sono convocati dai centri per l’impiego per la stipula di un patto di servizio personalizzato. Questo patto di servizio, come previsto dal decreto sulle politiche attive, è più leggero di quello rivolto ai disoccupati, ed è volto in primo luogo a fornire iniziative di formazione e riqualificazione, anche in concorso con le imprese e i fondi interprofessionali.
Transizione
Il decreto prevede una transizione alle nuove disposizioni. Di seguito gli aspetti più rilevanti.
Le nuove regole si applicano solo ai trattamenti richiesti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto. Ai trattamenti pregressi si applicano le norme previgenti, e le loro durate si computano ai fini del limite massimo di durata complessiva nel quinquennio mobile solo per il periodo successivo alla data di entrata in vigore del decreto. In altri termini, nel nuovo quinquennio mobile non si computano i periodi fruiti in passato: si riparte da zero. Quindi i nuovi limiti di durata incidono dalla fine del 2017, non prima.
Il divieto delle zero ore di CIGS per tutti per l’intero periodo autorizzato entra in vigore solo fra 2 anni (a fine 2017).
Gli accordi sindacali conclusi prima dell’entrata in vigore del decreto (anche se la cassa non è ancora stata autorizzata) restano validi anche qualora prevedano durate maggiori. I periodi fruiti dall’entrata in vigore del decreto si computano però ai fini dei nuovi limiti.
La disposizione che prevede che la domanda di CIGS debba avvenire 30 giorni prima dell’avvio della riduzione o sospensione si applica ai trattamenti straordinari di integrazione salariale richiesti a decorrere dal 1° novembre 2015, così da dare modo alle imprese di adeguarsi al nuovo regime.
Per gli accordi conclusi e sottoscritti in sede governativa entro il 31 luglio 2015, riguardanti casi di rilevante interesse strategico per l’economia nazionale che comportino notevoli ricadute occupazionali, tali da condizionare le possibilità di sviluppo economico territoriale, e il cui piano industriale abbia previsto l’utilizzo di trattamenti straordinari di integrazione salariale oltre i limiti di durata previsti dal decreto, su domanda di una delle parti firmatarie dell’accordo, ed entro il limite di spesa di 90 milioni di euro per l’anno 2017 e di 100 milioni di euro per l’anno 2018, può essere autorizzata, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, la prosecuzione dei trattamenti di integrazione salariale per la durata e alle condizioni certificate da un’apposita commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Disposizioni in materia di fondi di solidarietà bilaterali
I principali interventi riguardano:
  • l’obbligo di estendere entro il 31 dicembre 2015 i fondi di solidarietà bilaterali per tutti i settori che non rientrano nell’ambito di applicazione delle integrazioni salariali ordinarie o straordinarie, in relazione ai datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti (attualmente l’obbligo è previsto in relazione ai datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti);
  • la previsione che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, il fondo di solidarietà residuale (ossia il fondo che opera per  tutti i settori i quali, oltre a non rientrare nell’ambito di applicazione delle integrazioni salariali ordinarie o straordinarie, non abbiano costituito fondi di solidarietà bilaterali) assume la denominazione di Fondo di Integrazione Salariale ed è soggetto a una nuova disciplina. Gli aspetti salienti di tale nuova disciplina sono i seguenti:
    • rientrano nell’ambito di applicazione del Fondo di Integrazione Salariale i datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti (attualmente, invece, rientrano nell’ambito di applicazione del fondo di solidarietà residuale i datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti), a fronte del pagamento di un’aliquota dello 0,45% della retribuzione a partire dal 2016 (per le imprese oltre i 15 dipendenti, l’aliquota sarà dello 0,65%);
    • il Fondo di Integrazione Salariale garantisce, a decorrere dal 1° gennaio 2016, l’erogazione di una nuova prestazione, ossia l’assegno di solidarietà. Si tratta di una integrazione salariale corrisposta – per un periodo massimo di 12 mesi in un biennio mobile – ai dipendenti di datori di lavoro che stipulano con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative accordi collettivi aziendali che stabiliscono una riduzione dell’orario di lavoro, al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale o di evitare licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo: tale nuova prestazione sostituisce i contratti di solidarietà di tipo “B”, ossia quelli stipulati dalle imprese non rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS. I datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 e fino a 15 dipendenti possono richiedere l’assegno di solidarietà per gli eventi di sospensione o riduzione di lavoro verificatisi a decorrere dal 1° luglio 2016;
    • nel caso di lavoratori che occupano mediamente più di 15 dipendenti, il Fondo di Integrazione Salariale garantisce l’ulteriore prestazione consistente nell’assegno ordinario, per una durata massima di 26 settimane in un biennio mobile, in relazione alle causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa previste dalla normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie (ad esclusione delle intemperie stagionali) e straordinarie (limitatamente alle causali per riorganizzazione e crisi aziendale);
  • revisione della disciplina dell’assegno ordinario corrisposto dai fondi di solidarietà bilaterali: i fondi (diversi dal fondo di integrazione salariale) stabiliscono la durata massima della prestazione, non inferiore a 13 settimane in un biennio mobile e non superiore, a seconda della casuale invocata, alle durate massime previste per la CIGO e la CIGS (attualmente, invece, l’assegno ordinario, a prescindere dalla causale invocata, non può eccedere la durata massima prevista per la CIGO);
  • introduzione di requisiti di competenza ed assenza di conflitto di interesse per gli esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, quali membri dei comitati amministratori dei fondi di solidarietà bilaterali (ivi compreso il fondo di integrazione salariale);
  • introduzione di requisiti di onorabilità per tutti i membri dei comitati amministratori del Fondo di Integrazione Salariale e dei fondi di solidarietà bilaterali;
  • la previsione che, se i comitati amministratori dei vari fondi non sono costituiti entro il 30 novembre 2015, il Ministro del lavoro nomini un commissario straordinario, così da garantire l’avvio del sistema dei fondi a decorrere dal 1 gennaio 2016;
  • la previsione che, entro il 31 dicembre 2015, i fondi bilaterali alternativi al sistema sin qui descritto, operanti nei settori della somministrazione di lavoro e dell’artigianato eroghino almeno una prestazione tra l’assegno ordinario per 13 settimane nel biennio o l’assegno di solidarietà per 26 settimane nel biennio, prevedendo un’aliquota di contribuzione al fondo dello 0,45% (diviso tra azienda e lavoratore secondo un accordo lasciato alle parti sociali). Tali fondi, così come i fondi di solidarietà bilaterali, possono inoltre erogare prestazioni integrative rispetto alle prestazioni di disoccupazione, oppure nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo dei lavoratori prossimi all’età di pensionamento. Al settore della somministrazione di lavoro è data la possibilità di utilizzare quota parte del contributo al fondo Formatemp, previsto dal dlgs 276 del 2003, per il versamento del contributo al fondo di solidarietà. In tal caso, il contributo può essere posto interamente a carico del datore di lavoro e l’aliquota di contribuzione non può essere inferiore allo 0,30%;
  • L’introduzione della possibilità per le Province autonome di Trento e Bolzano di sostenere l’istituzione di un fondo di solidarietà territoriale intersettoriale cui, salvo diverse disposizioni, si applica la disciplina prevista per i fondi di solidarietà bilaterali di cui all’articolo 26 del decreto.
Fonte: Governo