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giovedì 31 maggio 2012

COME FAR RIPARTIRE L'ECONOMIA EMILIANA?

Come far ripartire l'Emilia, dopo il traumatico evento sismico degli ultimi giorni?
Giovanni Favia (M5S) è andato subito "sul pezzo" come si dice e ha proposto: rinvio dei pagamenti fiscali, alleggerimento del patto di stabilità per i Comuni impegnati nella ricostruzione, destinazione del 5 per mille alla ricostruzione, storno dei fondi destinati alla Autostrada Cispadana (Ferrara-Mirandola) per destinarli al terremoto.
Teniamo conto, Signori, che la base di qualsiasi progetto di ricostruzione è il territorio produttivo, quel fittissimo reticolo di industrie, aziende e aziendine di cui la Bassa Modenese e l'Alto Ferrarese erano ricchissimi.
Quindi, poche "pippe": la Cispadana si deve fare!
D'accordo, può darsi che la Cispadana si sia sostanzialmente già "suicidata" con gli eventi sismici degli ultimi giorni, perchè sfido chiunque a percorrere un'autostrada in una zona altamente sismica e i cui terreni si sono liquefatti! Ma, posto che evidentemente il progetto dovrà essere revisionato sotto l'aspetto anti-sismico e geologico, nessun dubbio che questo progetto è essenziale: perchè aumenta la connettività del tessuto produttivo (Bassa Modenese-Alto Ferrarese) già molto fertile e non può che favorire il "valore aggiunto" delle imprese emiliane da rilanciare.
Se possibile, abbiamo mille motivi in più per fare la Cispadana (con tutte le riserve geologiche del caso).
Sulle restanti proposte, nessun dubbio che Favia coglie nel segno quando lancia la provocazione di utilizzare l'otto per mille per destinarlo alle calamità, secondo una sfiziosa e interessante lettura della l. 222/1985: ipotesi da approfondire nei ragguagli tecnico-giuridici e senza facili polemiche anti-clericali.
Da ultimo, le altre istanze di Favia (posticipo dei pagamenti fiscali, alleggerimento del Patto di stabilità) non hanno storia, in quanto recepite dal Governo.
Ma grande assente dalle proposte di questi giorni è il lavoro!
Partiamo da un assunto: il tessuto industriale di Modena-Carpi-Finale Emilia etc. è un tessuto formato in prevalenza da lavoratori autonomi, poi ingranditisi e fattisi imprenditori, spesso con il lancio decisivo delle Banche Popolari locali. Si tratta spesso di agricoltori che contemporaneamente all'agricoltura coltivavano un mestiere artigiano: quindi, persone abituate alla flessibilità, abituate a pensare all'economia con mente "auto-imprenditoriale", quindi, con la piena consapevolezza dei "cicli" produttivi.
Nessuno scandalo, quindi, a proporre ai Sindacati di avvalersi della facoltà (molto discussa) di stipulare intese territoriali "in deroga" per i Comuni colpiti dal sisma: intese, cioè, finalizzate a flessibilizzare il più possibile la disciplina dei rapporti di lavoro, senza pregiudizio dei fondamentali diritti della persona, per facilitare al massimo la ripresa dei Distretti Produttivi locali. E' bene, poi, che il Governo intervenga con un DL, in via transitoria (per un biennio 2012-2014?) e in deroga all'art. 08 stesso, per permettere ai Sindacati di stipulare intese che autorizzino le Aziende dei territori interessati dal sisma di assumere sotto i livelli retributivi minimi di CCNL (vedi vecchi "contratti di riallineamento") per i periodi strettamente indispensabili per la ripresa e la ricostruzione: si può studiare la misura specie per i lavoratori alloggiati in tende e senza più stabile dimora e quindi senza "costi fissi" tipo IMU etc. E contemporaneamente prevedere il recupero del differenziale sotto forma di premio di produttività detassato al 10% ad una cadenza data (es. a fine anno).
Meglio lavorare "in deroga" (con maggiori chanches di ripresa) che andare in Cassa Integrazione (anche se "in deroga")! A casa mia, mi hanno sempre insegnato la massima "aiutati che Dio ti aiuta!". E mai come in questi tempi di crisi e terremoti questa massima è adatta!

Dr. Giorgio Frabetti, Consulente d'Azienda in Ferrara

mercoledì 30 maggio 2012

TIROCINI FORMATIVI: SE L'INOCCUPATO/DISOCCUPATO TROVA LAVORO NELLE MORE DEL TIROCINIO


Cosa succede se il tirocinante disoccupato (o inoccupato) trova lavoro durante l'effettuazione del tirocinio?
Nè la legge, nè la Circolare Min. Lav. 24/2011 risolvono espressamente questo caso.
Con l'entrata in vigore del TU apprendistato, però, in adempimento dell'accordo Governo-Parti Sociali del 27 ottobre 2010, è oggi l'apprendistato l'unico rapporto formativo di riferimento. E comunque l'apprendistato sta al tirocinio formativo quale rapporto genere-specie. Nel senso che il "tirocinio" condivide alcune finalità formative dell'apprendistato, ma si attiva alle speciali condizioni previste dall'art. 11 DL 138/2011. Al di fuori di questa previsione, il rapporto formativo è certamente regolato dalle disposizioni sull'apprendistato e come questo retribuito e soggetto a contribuzione previdenziale.
Questa considerazione a Ns. modesto avviso condiziona la valutazione del requisito relativo allo status di disoccupazione/inoccupazione, che deve intendersi non solo requisito di accesso (come precedentemente), ma anche come condizione di permanenza: venendo meno la quale,  in corso del rapporto formativo, il tirocinio non può proseguire e si deve interrompere.
La legislazione non contempla la possibilità di tirocini con soggetti già occupati in altro settore (anche se per mansioni differenti da quelle contrattualizzate): a queste condizioni, prevale senza possibilità di dubbio la disposizione dell'art. 01 TU apprendistato. Se il tirocinio prosegue, può essere disconosciuto dagli organi inquirenti e trasformato in rapporto di apprendistato retribuito e con tutta la contribuzione necessaria.
Ricordiamo che l'apprendistato non è escluso dalla circostanza che lo stesso lavoratore abbia in essere altro contratto di lavoro, anche da "qualificato", se le mansioni dedotte nell'apprendistato sono "altre" o costituiscono diverso "sviluppo formativo" del rapporto principale (es. Cameriere che svolga apprendistato di Metalmeccanico).
Molto più grave, invece, appare l'ipotesi che il tirocinio sia attivato per mansioni identiche a quelle del rapporto di lavoro subordinato per cui il Lavoratore si considera "qualificato". Deve, in questo caso, ritenersi applicabile quella rigorosa giurisprudenza di Cassazione che declina la nullità di qualunque rapporto formativo ... per mancanza dell'oggetto, dell'ubi consistam della formazione ... (art. 1325 Codice Civile).
Non riteniamo di aver esaurito con questa nota tutta la possibile casistica, perchè il tirocinio conosce delle decisive varianti regolative: è probabile che in quella sede, la casistica qui considerata sia gestita con temperamenti e disposizioni meno rigide di quanto qui evidenziato.
Ma questa eventuale valutazione può effettuarsi solo caso per caso.
Restiamo comunque a disposizione per eventuali aggiornamenti di interesse.

Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro in Ferrara

SISMA EMILIA, LE AGEVOLAZIONI DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI FERRARA


Nell'ambito delle iniziative annunciate dalla Camera di Commercio di Ferrara a seguito del sisma del 20 maggio scorso, si coglie l'occasione di ricordare che la stessa Camera ha disposto l' esenzione dal pagamento dei diritti di segreteria e delle eventuali sanzioni REA e Albo Imprese Artigiane connesse alla ritardata presentazione al Registro delle imprese delle denunce di cessazione e/o sospensione dell'attività causa sisma: a breve verranno fornite adeguate indicazioni sulle modalità operative per usufruire dell'esenzione.
La disposizione sarà monitorata con attenzione per le ricadute verosimili sulla sospensione degli Studi di Settore, per i quali però occorrerà specifiche disposizioni, non dovendosi escludere alcuna iniziativa di aggiornamento informativo anche a favore dell'Agenzia delle Entrate, anche per quei casi  di breve (o relativamente breve) durata della sospensione dell'attività.
Per tutte le altre tipologie di pratiche, compreso il deposito del bilancio di esercizio, in caso di impossibilità di trasmissione telematica, il sito Internet della CCIAA raccomanda di contattare, tempestivamente, e comunque prima della scadenza del termine, l'Ufficio Registro delle Imprese ( tel. 0532-783703/723 ) al fine di attivare eventuali procedure d'urgenza.
Non risultano, comunque, ancora attivi bandi per la concessione di contributi per la ricostruzione, anche se il tenore delle comunicazioni istituzionali contenute nel sito internet della Camera di Commercio lascia presagire che tali iniziative siano di prossima emanazione.
Questo il link cui fare riferimento: http://www.fe.camcom.it/urp/urp/notizie/Terremoto-Voglia-di-ricominciare

Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro in Ferrara

martedì 29 maggio 2012

SISMA EMILIA: MONTI SOSPENDA I TRIBUTI (IRPEF, IMU)



Non c'è molto da dire. Dopo gli inaspettati e tragici eventi sismici di oggi, che hanno visto una recrudescenza sismica che ha ulteriormente dissestato le già martoriate province emiliane, venete e lombarde colpite dal sisma, è evidente che Monti deve rivedere il quadro delle disposizioni "di favore" già messe in cantiere martedì scorso per i terremotati.
Non creda il premier che basti un rinvio IRPEF e IMU ... ad personam, ovvero a singoli le cui abitazioni e/o Aziende siano state colpite dal sisma: disposizione ridicola e grottesca, che fa dipendere l'applicazione dei benefici fiscali da un accertamento tecnico della Protezione Civile. A parte la facilità dei casi di corruzione che questo sistema può determinare (e che si sono visti fin nel recente passato sismico dell'Italia), un simile sistema finirebbe per operare come un'ingiusta "lotteria", ossia facendo dipendere i benefici fiscali dalla semplice "calendarizzazione" degli interventi degli Uffici, per altro intasati in questi giorni.
Un assurdo.
Disponga Monti differimenti IRPEF e IMU per Province, ovvero per Comuni, fissandoli per Decreto Legge (senza cioè valutazioni discrezionali della Pubblica Amministrazione); e, in prospettiva, inizi a studiare dei correttivi al Patto di Stabilità per rendere la fiscalità locale sostenibile per aiutare famiglie e imprese nella ricostruzione (senza dare pretesto a facili lassismi assistenziali).
Credo che non ci sia emiliano che non si riconosca in queste richieste minime.
Grazie

Dr. Giorgio Frabetti, Consulente d'Azienda in Ferrara

lunedì 28 maggio 2012

CAMPAGNA FISCALE 2012, LE SCADENZE DI UNICOPF

Questo il quadro delle principali scadenze inerenti la Dichiarazione presentata con Modello UNICOpf.

a) Entro il 18 giugno (già 16, sabato, con differimento al primo giorno lavorativo utile, il lunedì):

I Contribuenti che presentano la Dichiarazione con Modello UNICOpf, qualora il risultato sia un debito nei confronti dell'Erario, effettuano il versamento del:

a) Saldo 2011 (IRPEF, addizionale regionale e comunale 2011, acconto del 20% sui redditi a tassazione separata, imposte sostitutive- cedolare secca etc.);
b) Primo Acconto IRPEF;
c) Primo Acconto cedolare secca Redditi 2012 (per i soli soggetti entrati in cedolare secca nel 2011);
d) Acconto addizionale Comunale 2012.

b) I Contribuenti che optano per la rateizzazione delle imposte sopra elencate (Dichiarazione presentata con Modello UNICOpf), entro lo stesso termine del 18/06/2012, devono effettuare il versamento della prima data.

c) Scadenze per pagamenti a rate:
Se il Contribuente opta per il pagamento rateale, questo è il prospetto delle scadenze e degli interessi, con alcune variazioni, ove il pagamento sia effettuato prima o dopo il 18 giugno 2012 e, in quest'ultimo caso, fino al 16 luglio 2012.

SCHEMA RATE-PAGAMENTO AL 18/06/2012:


Numero Rate      Scadenza Rata      Interessi       
01                         18/06                      ------
02                         02/07                      0,13%
03                         31/07                      0,46%
04                         31/08                      0,79%
05                         01/10                      1,12%
06                         31/10                      1,45%
07                         30/11                      1,78%



SCHEMA RATE-PAGAMENTO DAL 19/06/2012 AL 18/07/2012:

Numero Rate      Scadenza Rata      Interessi       
01                         18/07                      ------
02                         31/07                      0,13%
03                         31/08                      0,46%
04                         01/10                      0,79%
05                         31/10                      1,12%
06                         30/11                      1,45%

In quest'ultimo caso, occorre calcolare, su tutte le imposte dovute, la maggiorazione dello 0,4%.

Dr. Giorgio Frabetti, Consulente d'Azienda in Ferrara

QUANDO IL DIPENDENTE USA L'AUTO AZIENDALE: UN'IPOTESI (CONTRATTUALE) DI LAVORO



Ci sono mansioni per esercitare le quali un'Azienda è costretta ad affidare la propria auto in dotazione del Dipendente.
Nell'esperienza aziendale, si sa quale "quarantotto" scoppia (in termini gestionali e non), quando il Dipendente fa un incidente con l'auto aziendale; e magari si trova in vacanza con moglie e figli al seguito. Come istituire un sistema di controllo semplice e trasparente, per ottimizzare l'uso dell'auto per finalità aziendali, onde evitare sprechi e usi impropri di carattere personale o extra-professionale?
Qui di seguito si propone una bozza-tipo di contratto di comodato, pensata per porre alcuni punti fermi in questa direzione.
Innanzitutto, per scoraggiare impropri usi extra-aziendali, occorre essere assolutamente chiari nel porre a carico del Dipendente-Utilizzatore specifici obblighi di custodia (punto 08), di conseguenza caricando integralmente il Dipendente-automobilista dei costi economici di ogni violazione del Codice della Strada e di ogni Sinistro. Questo impianto è ampiamente visibile nella bozza-tipo che si propone, ove si prevede tale forma di responsabilità (vedi evidenza di un nuovo punto 10).
Al fine, comunque, di rendere più certo il divieto di uso "extra aziendale" del Dipendente, abbiamo introdotto una specifica "interpretativa" che definisce "uso aziendale lecito" l'uso dell'auto nel periodo compreso tra le ore 00.00 di lunedì e le ore 24.00 del venerdì successivo (con possibilità di deroga per diverso accordo scritto ed espresso). L'uso dell'auto in giorno di sabato, domenica e festivi infrasettimanali esclusi è invece tassativamente vietato; in caso di Sinistri, l'Azienda non coprirà l'automobilista che abbia usato l'auto in questo periodo vietato.
Una disposizione agile e trasparente che rende la gestione dell'accordo sull'auto certamente più efficace e trasparente.
Qui sotto, si propone il testo-tipo da Noi pensato:


TESTO TIPO DI COMODATO DELL'AUTO AZIENDALE

Tra la Società ______


Il Sig. _______



PREMESSO CHE:

La Società Scrivente (d’ora in poi Società Concedente) possiede a titolo di Proprietà/Noleggio (contratto prot. ___ del _____) un’autovettura marca __________, modello _________, targa __________, num. Matricola______________, in relazione a preesistente autorizzazione del Noleggiante come da atto _____________;
Il Sig. _______ (d’ora in poi Utilizzatore), patente di guida nr. ______, è Dipendente della Società Concedente con la qualifica di _______ di __ Categoria CCNL ____________________


TUTTO QUANTO SOPRA PREMESSO
SI STABILISCE QUANTO SEGUE


01) La Società Concedente assegna in uso all’Utilizzatore l’autovettura indicata nelle premesse, per fini strettamente inerenti al rapporto di lavoro dipendente, entro l’orario di lavoro e comunque esclusivamente in funzione della mansione contrattuale dell’Utilizzatore. E’ vietato e costituisce fonte di responsabilità, salvo caso fortuito e forza maggiore da provarsi ai sensi dell’art. 1218 del Codice Civile, l’uso dell’auto al di fuori di queste essenziali funzioni aziendali, come indicato nel punto 02);
02) Ai fini esclusivi del presente comodato, e senza pregiudicare l’applicazione ordinaria della disciplina dei riposi, dei periodi di orario massimo, del lavoro straordinario etc., al fine cioè di circoscrivere, per utilità gestionale, il periodo di utilizzo dell’autovettura aziendale, con “orario di lavoro”, ai sensi del precedente comma, si intende ogni mansione svolta dall’Utilizzatore nell’arco di tempo compreso tra le ore 00.00 del lunedì e le ore 24.00 del venerdì, sabato, domenica e festività infra-settimanali escluse. Salvo casi di trasferta documentata, l’uso dell’auto aziendale da parte dell’Utilizzatore al di fuori dell’arco di tempo appena citato, si considera “personale” e, pertanto, vietato ai sensi del punto 01) del presente accordo. Eventuali modificazioni in tali tempistiche d’uso dovranno risultare per iscritto e per deroga esplicita (definitiva o temporanea che sia).
03) La durata dell’assegnazione in uso aziendale è stabilita fino al 31 dicembre 2012 salvo licenziamento/Dimissioni dell’Utilizzatore. Tale assegnazione si intenderà tacitamente rinnovata in assenza di disdetta delle Parti con preavviso di 01 mese emesso per iscritto e con data certa;
04) L’assegnazione in uso aziendale viene effettuata dalla Società Concedente all’utilizzatore nella sua esclusiva qualità di Dipendente ___________ della Società Concedente e, dunque, in relazione al disimpegno della mansione contrattuale di _________, __ Categoria secondo il CCNL __________ pro tempore vigente;
05) L’assegnazione è gratuita e non contempla corrispettivo;
06) L’autovettura viene consegnata all’Utilizzatore, in normale stato di funzionamento e dovrà essere riconsegnata alla scadenza nello stesso stato di conservazione, salvo normale deperimento d’uso;
07) Restano ad esclusivo carico della Società Concedente tutte le spese relative al funzionamento dell’autovettura derivanti dal contratto di noleggio, comprese a titolo esemplificativo: canoni di noleggio, assicurazione RCA auto, manutenzioni ordinarie etc.;
08) Il Dipendente è responsabile della custodia dell’auto anche eventualmente presso la propria abitazione e sarà tenuto all’osservanza della diligenza prevista dall’art. 1177 del Codice Civile;
09) L’Utilizzatore si impegna e si obbliga a servirsi del mezzo esclusivamente in conto proprio, essendo tassativamente esclusa –a pena di decadenza del presente contratto e salvo il risarcimento di eventuali danni arrecati alla Società Concedente- la facoltà dell’Utilizzatore di sub-concedere il bene a terzi. 
10) Resteranno pure ad esclusivo carico dell’Utilizzatore gli oneri per eventuali riparazioni o ripristini dell’ automezzo a seguito di sinistri o di altri danni verificatisi nel periodo di utilizzo extra-aziendale nei periodi non autorizzati ai sensi del punto 02) del presente accordo. In tutti i casi, l’Utilizzatore rifonderà le spese per sinistri e danni causati da grave negligenza alla guida;
11) La Società Concedente si riserva di ispezionare il mezzo, ogni volta lo ritenesse opportuno;
12) La presente convenzione è relativa ad operazioni soggette ad IVA. Essa, pertanto, è soggetta a registrazione solo in caso d’uso e a tassa fissa, ai sensi degli artt. 05 commi 02 e 40 DPR 26 aprile 1986 nr. 131;
13) Per quanto qui non previsto si applicano le disposizioni del Codice Civile, relative al Comodato gratuito d’uso di beni mobili.

Dr. Giorgio Frabetti, Consulente d'Azienda in Ferrara



LA PENSIONE SUPPLEMENTARE INPS, ISTRUZIONI PER L'USO

Ai sensi dell'art. 05 l. 1338/1962, quando i contributi per una pensione autonoma sono insufficienti, è possibile la liquidazione della pensione supplementare, se il richiedente possiede i seguenti requisiti:

a) E' già pensionato (con altro Fondo);
b) Ha compiuto l'età pensionabile.

Qui di seguito, per maggiore chiarezza del pubblico, diamo conto del diversificato regime normativo che si è instaurato dopo gli interventi legislativi che convulsamente si sono succeduti tra il DL 78/2010 e il DL 201/2011 e che hanno stratificato, per gli Utenti, diversi regimi di decorrenza del diritto a pensione e di ogni altra situazione giuridica soggettiva connessa.
Al riguardo, si precisa che dal 01/01/2008 al 31/12/2011, l'età pensionabile era pari a 60 anni per le donne e 65 per gli uomini, anche in presenza di contribuzione alla Gestione Separata INPS (eccezione: per le domande presentate entro il 31/12/2007 l'età era pari a 57 anni -uomini e donne- per la Gestione Separata INPS- Msg INPS nr. 11137/2008).
Qui di seguito riportiamo breve tabella contenente le cd "finestre" vigenti per la pensione supplementare nel periodo sopra considerato.

Requisito anagrafico* Sola ctr lavoro dipendente                       Lav. Aut/mista/parasubordinato
31 marzo                         01 luglio                                                       01 ottobre
30 giugno                         01 ottobre                                               01 gennaio dell’anno successivo
30 settembre                 01 gennaio dell’anno successivo               01 aprile dell’anno successivo
31 dicembre                 01 aprile dell’anno successivo                       01 luglio dell’anno successivo

*60 anni per le donne
*65 per gli uomini

Al riguardo, si coglie l'occasione di precisare che se la pensione principale è una pensione di vecchiaia e viene liquidata nel 2008, con le specifiche finestre, ovviamente la pensione supplementare verrà liquidata con la medesima decorrenza con apposita e contestuale domanda del Lavoratore. Da verificare il Msg INPS nr. 11137/2008 in presenza di soggetti con un’età pari a 60 anni per le donne e 65 per gli uomini, maturati entro il 31/12/2007 per il sistema esclusivamente contributivo (Msg INPS 23916/2008).
Grazie ai chiarimenti indotti dal Msg INPS 9332/2009, è stato precisato che la data di "apertura della finestra di accesso" è determinata esclusivamente in funzione del momento in cui l'assicurato raggiunge l'età pensionabile e non anche in funzione della decorrenza della pensione principale liquidata o in corso di liquidazione a carico di un Fondo Sostitutivo, esclusivo o esonerativo INPS.
In ogni caso, dopo le prime restrizioni introdotte al sistema pensionistico dalla legge 122/2010 (DL 78/2010), anche per il regime della pensione supplementare trovano applicazione le decorrenze di accesso lì previste per quei soggetti lavoratori iscritti all'AGO o alla Gestione Separata INPS che, successivamente al 31/12/2010, avessero conseguito il diritto a pensione a carico di una forma di previdenza obbligatoria per lavoratori dipendenti, ovvero sostitutiva, esclusiva o esonerativa (cd "finestra mobile").
Fino al 31/12/2011 queste erano le decorrenze:

-12 mesi dal mese di maturazione dei requisiti, per chi ha solo contributi da lavoro Dipendente;
-18 mesi dal mese di maturazione dei requisiti, in presenza di contribuzione mista o separata.

Pertanto, stante questo regime, se alla data di presentazione della domanda del supplemento, sono già trascorsi i 12 o i 18 mesi dal compimento dell'età pensionabile, potrà essere liquidato il trattamento in parola dal 1° giorno dal mese successivo a quello di presentazione della domanda.
Dopo la riforma Monti, sono mutati i requisiti di età di uomini e donne (Circolare INPS 35/2012). Questo il prospetto:

PENSIONE DI VECCHIAIA, DONNE, SETTORE PRIVATO

Età/anni                                 Sola ctr dip                             Ctr autonoma o Gestione Separata INPS
01/01/2011                           60 anni (più finestra 12 mesi)       60 anni (più finestra di 12 mesi)
01/01/2012                           62 anni                                        63 anni e 06 mesi
01/01/2013                           62 anni e 03 mesi                         63 anni e 09 mesi
01/01/2014                           63 anni e 09 mesi                         64 anni e 09 mesi
01/01/2015                           63 anni e 09 mesi                         64 anni e 09 mesi
01/01/2016                           65 anni e 07 mesi                         65 anni e 01 mese
01/01/2017                           65 anni e 07 mesi                         66 anni e 01 mese
01/01/2018                           66 anni e 07 mesi                         66 anni e 07 mesi
2019-2020                            66 anni e 11 mesi                         66 anni e 11 mesi


PENSIONE DI VECCHIAIA, UOMINI, SENZA DISTINZIONE DI CONTRIBUZIONE, COMPRESA LA GESTIONE SEPARATA



Età/anni                                 Sola ctr dip                              
01/01/2011                           65 anni (più finestra 12 o 18 mesi)  
01/01/2012                           66 anni e                                      

01/01/2013                           66 anni e 03 mesi                      

01/01/2014                           66 anni e 03 mesi                      
01/01/2015                           66 anni e 03 mesi                      
01/01/2016                           66 anni e 07 mesi                      
01/01/2017                           66 anni e 07 mesi                      
01/01/2018                           66 anni e 07 mesi                      
2019-2020                           66 anni e 11 mesi

NB La Tabella contiene, a partire dal 01/01/2013, l'aumento con gli indici di speranza di vita

Si coglie l'occasione di ricordare che la pensione supplementare, può essere liquidata per contributi già esistenti non ricongiunti (posizioni silenti), non è integrabile al TM, possono essere liquidati periodi contributivi a supplemento sulla pensione supplementare.
A margine, alcune questioni specifiche:

a) Assegno di invalidità e pensione supplementare:
Il Msg INPS nr. 2453/2006 ha chiarito che l'assegno ordinario di invalidità rientra, a tutti gli effetti, nell'ambito delle prestazioni pensionistiche.
Pertanto, i Titolari di assegno di invalidità hanno diritto alla liquidazione della pensione supplementare al compimento dell'età pensionabile di vecchiaia.
Poichè il diritto alla pensione supplementare è collegato alla Titolarità di altro trattamento pensionistico, va da sè che la revoca o la mancata conferma dell'assegno ordinario di invalidità determina la revoca della pensione supplementare.

b) Pensione supplementare di invalidità:
La Corte di Cassazione ha stabilito (disconoscendo precedente interpretazione INPS) che la legge 222/1984 non ha determinato l'implicita abrogazione dell'art. 05 della legge 1338/1962 in materia di pensione supplementare. Pertanto, anche per questi soggetti può essere liquidata la pensione supplementare, esclusa però la Gestione Separata (dm 282/1996).


Pensione supplementare e totalizzazione:
Secondo la Circolare INPS 09/2008, i titolari di pensione in totalizzazione (D.lgs. 42/2006), che abbiano periodi di contribuzione nel Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD), i quali (fino al 31/12/2011) privi dei 03 anni minimi  di contribuzione, possono richiedere, sussistendo altre condizioni di legge, la pensione supplementare nel Fondo, a condizione che la pensione totalizzata sia composta da almeno una quota a carico di un Fondo Sostitutivo od esclusivo alla assicurazione generale obbligatoria.
I titolari di pensione in totalizzazione (D.lgs. 42/2006) che abbiano periodi di contribuzione nella Gestione Separata INPS ex. art. 02.26°comma della legge 335/1995, esclusi dalla totalizzazione, possono chiedere, sussistendo gli ulteriori requisiti di legge, la pensione supplementare a carico della predetta Gestione.


Testo raccolto dal Dr. Giorgio Frabetti, Consulente d'Azienda in Ferrara



PATOLOGIE ONCOLOGICHE: 30 GIORNI DI CONGEDO RETRIBUITO PER INVALIDITA' CIVILE

Con l'art. 07 D.lgs. 119/2011 è stato aggiornata la disciplina dei congedi per cure per gli invalidi civili.
Disposizione utile di default per consentire ai Dipendenti affetti da patologie continuative (caso classico le patologie oncologiche) di fruire di permessi aggiuntivi rispetto ad altre disposizioni di legge.
L'art. 07, contenuto nel TU dei permessi, costituisce recezione e consolidamento legislativo di tendenze e disposizioni già consolidate quale ius receptum dalla giurisprudenza o dalla prassi amministrativa.
In questi termini, i lavoratori mutilati e invalidi civili ai quali sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50% possono fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a 30 gg.
Il congedo è accordato dal Datore di Lavoro a seguito di domanda del Dipendente, accompagnata:

a) Da richiesta del Medico convenzionato con il SSN o appartenente ad una Struttura Sanitaria Pubblica, dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all'infermità invalidante riconosciuta;
b) Dal Verbale che attesti la percentuale di invalidità superiore al 50%.

Il Lavoratore è tenuto a documentare in maniera idonea l'avvenuta sottoposizione alle cure.
Nel caso di trattamenti terapeutici continuativi, a giustificare l'assenza può essere prodotta anche una attestazione cumulativa.
Durante l'assenza, è fermo il diritto del Datore di chiedere visite fiscali.
Durante il periodo di congedo, che non rientra nel periodo di comporto, il Dipendente ha diritto di percepire il trattamento economico, calcolato per le assenze di malattia.
Poco chiara la ripartizione degli oneri economici.
Innanzitutto, nonostante l'assimilazione del detto trattamento di invalidità alla malattia, non è previsto alcun intervento a carico dell'INPS; parrebbe quindi il costo gravare tutto sul Datore di Lavoro. Con questo, però, non sono chiaramente specificate le voci, le indennità e le complessive basi di calcolo utili per il computo del trattamento; sul punto, quindi, dovranno intervenire chiarimenti ministeriali.
A margine, comunque, si precisa che tale diritto compete sia a Dipendenti Pubblici sia Privati, indipendentemente dalla recezione della previsione del congedo in sede di contrattazione collettiva.
Il TU conferma la previsione già enucleata dalla Nota-Interpello del Ministero del Lavoro (Prot. 25/I/0006893 del 05/12/2009), secondo cui le assenze per congedi non vanno computate nel periodo di comporto.

Dr. Giorgio Frabetti, Consulente d'Azienda in Ferrara

PATTO DI NON CONCORRENZA, COMMENTO A FONDAZIONE STUDI CONSULENTI DEL LAVORO


La presente per chiosare un parere della Fondazione Studi CDL (reperibile al link: http://www.consulentidellavoro.it/pdf/fondazionestudi/parere_n09_2012.pdf), avente per oggetto il trattamento fiscale del patto di non concorrenza, in capo all'Agente (Impresa Individuale, Società di Persone, Società di Capitali).
Parere denso di ombre e poche luci, pieno di aspetti scivolosi per il carattere non sempre convincente delle argomentazioni addotte.
Premessa di tutto il ragionamento è il riconoscimento (ineccepibile) della natura "risarcitoria" di tale indennità costituente "lucro cessante" per la perdita del rapporto di lavoro e per la preclusione al suo esercizio nelle zone inibite secondo l'accordo, privo di natura provvisionale.
Questi i passaggi fondamentali.

01) IRPEF: Il "patto di non concorrenza" costituisce ricavo tassabile (pur non provvisionale) secondo i criteri della "tassazione separata", in analogia con le altre indennità che trovano origine nella fine del rapporto. Il punto non è certissimo, ma nella pratica può riscontrarsi un certo accordo, almeno per le imprese individuale (anche per l'assenza di prese di posizioni ministeriali differenti).
02) IVA: Citando una Nota dell'Agenzia delle Entrate nr. 179539/2001, la Fondazione Studi deduce, stante il carattere risarcitorio della somma, l'esclusione dal campo di applicazione IVA. Una conclusione logica e lineare se si considera che ai fini IVA è rilevante  la "prestazione di servizi" cui (almeno epidermicamente) non può riferirsi l'ipotesi di indennità di non concorrenza.
Attenzione, però, a sgradevoli e impreviste ri-classificazioni che, in sede di accertamento o di chiarimento interpretativo, possono essere sollevate dall'Agenzia delle Entrate invocando i comuni criteri di interpretazione del contratto ex. art. 1362 del Codice Civile.
Ai fini IVA non può non pesare (se non altro a fini presuntivi e interpretativi del contratto) la disposizione ex. art. 06 TUIR che classifica il reddito perso e sostituito da provvedimento risarcitorio nella stessa categoria che sarebbe spettata ove il reddito fosse stato conseguito fisiologicamente. In questi termini, quindi, se il patto di non concorrenza è un contratto concepito come "fittizia" continuazione del precedente rapporto, in modo da accordare all'Agente le stesse provvigioni tendenziali, può allora essere più arduo invocare l'esclusione IVA.
03) IRAP: Qui la ricostruzione della Fondazione Studi appare più debole e forse un pò "politica".
Riportiamo per esteso il passo:
"Chi scrive è del parere che nell’ipotesi in cui l’indennità venga corrisposta ad un agente in forma individuale o in forma di società di persone, la stessa non debba concorrere alla formazione della base imponibile Irap poiché non avendo natura provvigionale “esce” dalla formazione del reddito d’impresa, attiene alla sfera personale della persona. Sembra, invece, ineluttabile che l’indennità formi base imponibile Irap, nel caso l’agente sia costituito sotto forma di società di capitali".

Soluzione barocca e artificiosa, che sconta l'assoluta mancanza di linearità non solo rispetto all'interpretazione più comune e corrente dei componenti la base imponibile IRAP, ma anche con le premesse dello stesso parere della Fondazione Studi. Per quale motivo, cioè, una volta classificati come ricavi gli emolumenti del "patto di non concorrenza", non dovrebbe conseguire la medesima classificazione ai fini IRAP? Conclusione questa tanto più stravagante, specie dopo che la l. 244/2007 ha codificato e consolidato la pressocchè totale corrispondenza (e derivazione) tra base imponibile IRPEF e base imponibile IRAP.
04) Contribuzione ENASARCO: E' facile e conseguente dedurre la non imponibilità delle somme versate dall'impresa "Committente" come patto di non concorrenza ai fini ENASARCO, difettando compensi provvisionali. Sul punto, il parere si presta a poche discussioni, salva la riserva dell'eventuale "riclassificazione" del compenso come "provvisionale" come visto nel punto 02).

Dr. Giorgio Frabetti, Consulente d'Azienda in Ferrara

VIDEOSORVEGLIANZA IN FARMACIA: GIOIE E DOLORI


Le recenti disposizioni di semplificazioni sulle videocamere nei luoghi di lavoro con (Nota 7162/2012) è anche frutto di una lunga e paziente opera di persuasione messa in campo da FederFarma che da tempo aveva denunciato la necessità di interventi rapidi e veloci per fronteggiare l'impellente rischio di rapine e furti in Farmacia.
Si coglie, però, l'occasione di precisare alcune criticità residue.In primo luogo, la Nota, pur eliminando l'obbligo di sopralluogo del personale ispettivo per visionare le videocamere non definisce una tempistica certa a priori di conclusione del procedimento (della serie, il procedimento finirà il _________). Resta a questi via la l. 241/90 (di problematica applicabilità, tra l'altro, alle procedure amministrative della DPL). In secondo luogo, la nota ministeriale complica le procedure disciplinari per contestare ai Lavoratori furti in Farmacia: questo, nella misura in cui vincola l'accertamento della violazione del Dipendente (pur delibabile da visione della videocamera) ad una sede istituzionale (denuncia ai carabinieri, indagini preliminari, processo). Con ciò limitando non poco la prerogativa del Datore di gestire riservatamente queste "sporche" faccende.

Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro in Ferrara

DENUNCIA MENSILE LAVORATORI OCCUPATI NELL'EDILIZIA-NUOVE DISPOSIZIONI


A far data dal prossimo 01/01/2013, il rilascio del DURC da parte delle competenti Casse Edili sarà subordinato all'osservanza dei nuovi "indici di congruità" (minima) già avviati dall'Avviso Comune 28/10/2010 (Tabella A) relativamente ai lavori (pubblici e privati) di importo superiore a € 70.000.
Di conseguenza, viene fortemente incisa e modificata la procedura concernente la Denuncia mensile dei lavoratori occupati nel cantiere edile, per consentire un flusso informativo adeguato alle nuove verifiche di congruità (secondo evidenze che dettagliamo in allegato, per comodità informativa dei Sigg.ri Clienti). Ciò modifica sensibilmente il campo delle informazioni da inviare alla Cassa Edile, che diventano molto più sensibili e penetranti del passato; ad esempio, imponendo la denuncia anche in presenza di cantieri di breve, brevissima durata.
E' avviato un periodo sperimentale, a partire dal 01/04/2012 fino al 31/12/2012, durante il quale è consentita un'ampia tolleranza ad omissioni e carenze, purchè evidentemente siano rapidamente corrette.
A partire dal 01/01/2013, tali carenze non saranno più tollerate e spiegheranno un'efficacia bloccante della denuncia e del relativo rilascio del DURC.

Dr. Giorgio Frabetti, Consulente d'Azienda in Ferrara

I CONTRATTI DI PRESTAZIONE D'OPERA PROFESSIONALE DOPO LA LIBERALIZZAZIONE DELLE PROFESSIONI


Qualche rapido ragguaglio sull'incidenza del DL liberalizzazioni sulla disciplina dei contratti d'opera professionale.
Per comodità, ci rivolgiamo con questa Nota alle Professioni "ordinate".
Come noto, il DL 01/2012 ha imposto l'obbligo di stendere preventivo, l'obbligo di motivare aumenti/scostamenti di tariffa in relazione alla "speciale complessità" dell'incarico professionale conferito, l'obbligo di indicazione degli estremi della polizza professionale nel contratto.
Lungi dal "vivere" questi adempimenti come l'inerzia di un ennesimo adempimento burocratico-scritturale, è opportuno contestualizzarne la portata (operazione che non sempre si ritrova nelle prime pubblicazioni a commento della nuova normativa).
Innanzitutto, l'obbligo di preventivo e di polizza rafforzano gli "obblighi di informazione" Professionista-Cliente, già ricavati in termini molto vincolanti e impegnativi dall'art. 1336 del Codice Civile (responsabilità pre-contrattuale). Di massima, la violazione di tali obblighi determina solo la risarcibilità del danno, non l'invalidità dei contratti.
Stiano comunque all'erta i Professionisti, perchè, per prestazioni particolarmente complesse, dove il rapporto qualità-prezzo può essere sensibile e questo non sia stato fatto oggetto (non diciamo di negoziazione), ma nemmeno di informativa o interlocuzione col Cliente, questi può invocare la nullità dell'accordo come non concluso: non c'è dubbio che il DL liberalizzazioni possa aumentare l'incidenza statistica di tali casistiche.
Da ultimo, si ricorda ai Professionisti "ordinati" di non "prendere sotto gamba" la circostanza che il DL ha eliminato ogni riferimento a sanzioni disciplinari in caso di violazioni delle disposizioni sul preventivo etc. E' evidente, infatti, che con il DL l'obbligo del preventivo, della polizza etc. ha reso gli obblighi di trasparenza e di informazione pre-contrattuale più stringenti, con ciò rendendo oggettivamente più facili le contestazioni in sede disciplinare. Un motivo che Noi riteniamo ovvio e più facile di addebito può essere la mancanza di "decoro": e in effetti, carenze gravi e manifeste negli obblighi informativi incidono gravemente sulla "correttezza etica" che è tanto più stringente e vincolante in un ambito di "contatto sociale" (estraneo ad obblighi contrattuali), quale è la fase di trattativa e di primo approccio. Del resto, se è vero che non è "etico" il "mercato delle vacche" sui servizi professionali, anche la mancanza di "sincerità" non può considerarsi "etica".
Sul compenso del Professionista e l'eliminazione delle tariffe minime e massime, c'è poco da dire (o molto a seconda dei punti di vista).
Il DL accentua la proporzione del compenso al rapporto "qualità-prezzo" (e certo, occorre pensare all'incidenza su questa disposizione degli emendamenti al Ddl Monti-Fornero sui compensi minimi delle "Partite IVA" etc.) ed enuncia la dipendenza del compenso dalla fase della negoziazione Professionista-Cliente, in modo che sia il "mercato" a far scaturire la combinazione economica migliore.
In questo senso, deve cogliersi la (invero un pò demagogica e simbolica) abrogazione dei "massimi" e "minimi" di tariffa professionale, che però non valgono per le Consulenze e le Perizie Giudiziali, dove un Dm specificherà speciali criteri di tariffazione.
Con ciò, però, il DL denuncia una grave carenza, nella misura in cui, per le prestazioni professionali private, non definisce cosa succeda se (in ordine ad una specifica voce del compenso) sia mancata la trattativa. Al momento, stante il parere espresso dal Ministro della Giustizia Avv. Severino nella seduta alla Camera del 02/02/2012, crediamo possano applicarsi (come regola prudenziale) le stesse tariffe già applicate o conformi alle vecchie e abrogate tabelle. Come chiarito anche dal Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Commercialisti (Informativa 21/02), le vecchie tariffe e i vecchi parametri possono sempre invocarsi come "usi contrattuali" dispositivi, quindi fonti idonee a supplire la mancata espressione di volontà negoziale delle parti (fino a patto diverso).
Alla stessa conclusione, si deve pervenire ipotizzando la più utile e verosimile linea di condotta da tenere in caso di vertenza giudiziaria, determinata da disposizioni contrattuali carenti. In questo caso, infatti, è coerente l'opinione di chi ritiene ancora applicabile l'art. 2233 del Codice Civile, che riconosce all'Ordine Professionale la prerogativa di essere sentito dal Giudice in questi casi. Un tempo, tale potere verteva sulle "tariffe" (abolite); oggi tale potere non può che residuare per gli "usi tariffari" pur degradati a usi negoziali (e con ciò aggiungiamo un importante caveat: nonostante il DL liberalizzazioni, è in errore chi ritiene finito il potere di "opinamento" delle parcelle degli Ordini Professionali, che evidentemente residua in quanto compatibile con la nuova cornice normativa).
A sua volta, la problematica della polizza assicurativa deve intendersi come un "di cui" della problematica dei "costi negoziali".
Con riguardo alla polizza assicurativa, si ricorda che dal 13/08/2011, è fatto obbligo a tutti i Professionisti possederne una, secondo specifiche regolamentari dettate ai sensi del DL 138/2011 (Convenzione con gli Ordini Professionali). La disposizione del DL che prevede l'indicazione della polizza non anticipa tale obbligo, semplicemente impone al Professionista di notificare al Cliente se e quale contrattualistica assicurativa il professionista possieda, per un'evidenza vaglio di efficienza e di economicità (è evidente che, mancando la polizza, i costi per errori, sinistri etc. si traslerebbero sul Consumatore con aggravio di costi ...). Sul punto, comunque, avanzeremo chiarimenti, data la conclamata scomodità della disposizione, foriera di usi distorti e di speculazioni da parte dei Promoter assicurativi. Per il momento, raccomandiamo ai Professionisti di specificare nei contratti d'opera l'impegno a conformarsi, appena possibile, alla contrattualistica uniforme che verrà disposta dagli Ordini Professionali (in convenzione con le Assicurazioni), ai sensi del DL 138/2011, con ciò rassicurando il Cliente, da un lato, e non facendosi condizionare oltremodo dagli aspetti assicurativi.
Da ultimo, si ricorda che, con il DL 01/2012, la contrattualistica Professionista-Cliente rientra nella contrattualistica generale di "prestazione di servizi" coperta dalle garanzie a favore del Consumatore dal cd Codice del Consumo. Con ciò, la contrattualistica è messa in discussione da rimedi che ben possono rendere precario e incerto il rapporto professionale. In ogni caso, sul punto aspettiamo le determinazioni ministeriali per avere massima contezza e consapevolezza delle conseguenze applicative.

Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro in Ferrara 

NUOVO APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE ALIMENTARI ARTIGIANI


Chiuso il periodo transitorio di vigenza della precedente legislazione sull'apprendistato, è entrato in vigore il TU sull'apprendistato (D.lgs. 167/2011) con l'accordo interconfederale del settore Artigianato del 26/04/2012. Pertanto, è essenziale riepilogare la disciplina di contrattualistica disponibile e vigente.
Come in altri comparti del settore Artigiano, attesa la macchinosa tecnica compositiva che ha presieduto la redazione dell'intesa sindacale di recepimento del TU, la disciplina applicabile per il settore Artigianato dell'Alimentazione si ricava da un complesso incastro "tagli e cuci" tra norme contenute nell'intesa e norme già preconfezionate con l'art.58 CCNL Alimentari Artigiani del 27/04/2010.
Questi i passaggi fondamentali.
Durata e retribuzione, per esempio, sono esplicitamente regolati, con riferimento al previgente CCNL 27/04/2010, la cui efficacia, limitatamente all'apprendistato, è cessata al 25/04 us.
La durata dei rapporti è quella definita in allegato. In forza dell'intesa, gli apprendistati aventi le durate superiori a 05 anni sono tutte allineate alla durata massima dei 05 anni. Una disposizione questa, comunque, destinata a non trovare applicazione per il settore Alimentari in quanto in nessun caso è prevista una durata superiore a 05 anni.
Per l'individuazione dei "profili formativi", non è più dirimente il riferimento al Sistema Regionale delle Qualifiche (per l'intervenuta abrogazione della l.r. 17/2005): pertanto, per i profili formativi, occorre fare riferimento solo all'apposito allegato del medesimo CCNL citato.
Altra criticità è il part time.
Nel settore Alimentari Artigianato non si dichiara alcun orario minimo contrattuale per la stipula dell'apprendistato. Se l'intesa tace, la stessa ne permette comunque l'individuazione in via indiretta. E' previsto, infatti, l'obbligo di un minimo di 80 ore di formazione totale, comprensive della formazione nella normativa della Sicurezza; è quindi credibile che ciò obblighi alla programmazione di un orario compatibile, ad esempio 24 h minime settimanali. Si noti, però, che la medesima intesa nulla dice (a differenza dell'apprendistato negli Studi Prof.) circa la sussistenza di eventuali step intermedi di documentazione della formazione (obblighi di verifica periodica, anticipazioni, posticipazioni di formazione), limitandosi a permettere che della formazione il Datore possa dare attestazione  tramite apposita auto-dichiarazione.
Prima che siano gli organi ispettivi a entrare nel merito e a dare disposizione ai sensi del nuovo potere ex. art. 14 D.lgs. 124/2004 (con conseguenze imprevedibili), è bene che questi step si affermino come "buona prassi negoziale", per incrementare ulteriormente la solidità e la credibilità del rapporto di apprendistato.
Sul Tutor, con la copertura comunque dell'art. 07.07°comma seconda parte, è possibile ritenere traslate nel nuovo rapporto di apprendistato (almeno per il settore Metalmeccanica Artigiani) le disposizioni del Dm 28/02/2000 (nella versione vigente al 25/04/2012). Non può, pertanto, aversi valida stipula dell'apprendistato senza previa individuazione del tutor, nominato (ora ai soli effetti contrattuali) secondo le previgenti disposizioni del dm 2000 cit. Resta comunque consentito nelle imprese con meno di 15 Dipendenti che tutor possa essere anche il Titolare o un familiare coadiuvante: circostanza comunque evidenziata nella bozza di PFI allegata all'intesa.
A margine, si ricorda che la disciplina dell'apprendistato prevista dall'intesa perderà di efficacia al 31/12/2012, se frattanto non sarà stata recepita nei CCNL di settore.

Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro in Ferrara

venerdì 25 maggio 2012

IL DIPENDENTE PUO' ASSENTARSI DAL LAVORO PER "FARE VOLONTARIATO"?

E se al Dipendente viene il "ghiribizzo" di far volontariato? Se ad un certo punto, invoca un orario adeguato per conciliare la prestazione di lavoro con il servizio svolto a titolo di Volontariato, ad esempio, perchè deve andare a ricevere le "forniture" del Banco Alimentare e la sua organizzazione No Profit conta solo su di lui?
E' una cosa nota e risaputa le Associazioni di Volontariato accusano da sempre la penuria di "braccia", e disperano di trovare personale che non siano solo studenti, ragazzi in servizio civile, pensionati, ossia personale "non attive".
Forse è poco noto che dal punto di vista normativo, non c'è nessuna incompatibilità tra lavoro dipendente e volontariato. Anzi!
Prima di iniziare una precisazione. Quando parliamo di"volontariato", ai fini di questo specifico intervento, non ci riferiamo al volontariato per donazione di sangue (AVIS e dintorni), ossia al Volontariato di Protezione Civile, ma al "volontariato" puro e semplice, senza qualifiche, che non siano quelle discendenti dalla legge 266/1991. Ipotesi questa tendenzialmente più negletta, trascurata dalla pratica e dalla pubblicistica, tesa forse a valorizzare meglio la fenomenologia della donazione di sangue e della Protezione Civile.
Ora, cosa dice la legge 266/1991?
Se guardiamo l' art. 17. L. 266/91, scopriamo che i lavoratori che facciano parte di organizzazioni iscritte nei registri di volontariato istituiti dalle regioni e dalle province autonome per poter espletare l'attività di volontariato hanno diritto di usufruire delle forme dì flessibilità di orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti e dagli accordi collettivi compatibilmente con l'organizzazione aziendale.
Fermiamoci un attimo per capire.
La legge (a differenza della fattispecie di donazione di sangue e della Protezione Civile) non riconosce direttamente permessi retribuiti (o meno) in caso di Volontariato ex. l. 266/1991.
La legge, però, opera con una tecnica di formulazione diversa: non riconosce "permessi" (nulla impedisce ai CCNL di Comparto di riconoscerli, come vedremo), ma riconosce più sfumatamente un "diritto alla flessibilità oraria finalizzato all'espletamento di attività di volontariato".
La prima, essenziale, domanda che dobbiamo porci è se la predetta disposizione debba intendersi immediatamente esecutiva o meno. Il problema sorge in relazione al fatto che non tutti i CCNL prevedono appositi "permessi" o "congedi" per "volontariato" (se non formulazioni ambigue e poco perspicue come l'art. 19 CCNL Enti Pubblici Non Economici del 1995 che si limita ad un melange tra Protezione Civile e Volontariato riconoscendo un generico "favore", ma senza specificarne i termini tecnico-giuridici). Davanti al vuoto regolativo del CCNL, questo "beneficio" riconosciuto dalla legge ai Dipendenti volontari è meramente nominale o efficace?
Consideriamo una cosa: la norma si riferisce al "diritto del Dipendente-Volontario" a fruire di una "flessibilità oraria" (evidentemente adeguata). Ora, si da il caso che in ogni contratto collettivo vi siano ampie sezioni dedicati a questi istituti: sia nelle norme sui Permessi per Riduzioni d'Orario (meglio noti come ROL), sia nelle norme sui permessi/riposi per "festività soppresse" (l. 54/1977), sia nella altre norme di "programmazione flessibile dell'orario di lavoro".
Niente di più facile concludere che l'art. 17 l. 266/1991 abbia inteso permettere al Dipendente-Volontario di avvalersi degli istituti di flessibilità oraria già in essere nella contrattazione collettiva per renderli funzionali all'attività di volontariato, senza dover attendere disposizioni ad hoc.  
Una scelta normativa flessibile, concepita dal legislatore per adattare nel modo più agile e fluido possibile volontariato e ritmi dell'attività aziendale, in corrispondenza dei "picchi" e dei "vuoti" di produzione.
La chiave di gestione adeguata per conciliare lavoro e volontariato ci pare proprio questa: scambiare maggiore lavoro con maggiore tempo libero! E sfruttare a questo fine la leva del ROL Permesso per Riduzione d'Orario.
(Per il settore pubblico, si consiglia la leva delle "festività soppresse" riconosciute come giorni di ferie supplementari retribuite dalla l. 937/1977, tuttora in vigore, salvo le specifiche dei CCNL).
Ad esempio, sempre per restare al Privato, una Dipendente di Commercialista (Studio Professionale) che abbia svolto un surplus di ore nel periodo delle Dichiarazioni dei Redditi può "farsi restituire" l'eccedenza oraria e produttiva facendosi riconoscere, per i periodi "morti" dell'attività di Studio, giorni/ore di assenze retribuite ove poter svolgere attività di volontariato (i cd permessi ROL Riduzione Orario Lavoro). Scelta assurda o stravagante in apparenza (chi non si farebbe pagare lo straordinario?), ma che può rivelarsi altrettanto speculativa. A queste condizioni, la concessione di giorni di assenza può ben assumere un significato di "retribuzione incentivante" (vedi le classiche teorie del "cottimo Halsey"): detassabile (alla pari del lavoro straordinario) all'aliquota IRPEF sostituiva del 10% per il 2012 (quando sarà emanato l'apposito Decreto Presidenziale di finanziamento) anche per il 2012.
Ma la scelta di preferire il ROL e quindi scambiare maggiori ore con maggiore tempo libero è particolarmente vantaggiosa e ragionevole, oggi che la "detassazione" di produttività esiste di nome, ma non di fatto (perchè mancano i decreti attuativi).
Adesso, infatti, che lo straordinario e le voci di produttività non sono detassabili, c'è poca convenienza per il lavoratore a chiedere il riconoscimento delle ore straordinarie, che, aumentando il reddito lordo, andrebbero probabilmente "mangiate" da maggiori aliquote IRPEF o minori detrazioni, con rischi per il reddito netto: tanto vale, utilizzare la leva del ROL, che è vero non aumenta il reddito lordo, ma non determina "sorprese" sul fronte del ... netto!
Ma cosa succede se l'Azienda si oppone? D'accordo, la legge riconosce un diritto a conciliare lavoro e volontariato, ma se l'Azienda fa ostruzionismo? In fondo, si può obiettare, il Datore di Lavoro è la "parte forte" e ben può mettere "in non cale" i diritti pur legittimi del Dipendente.
Sul punto, non ci sono riscontri giurisprudenziali importanti che diano peso o riscontrino questa fattispecie, ma la logica e il buon senso ci permettono di evincere quanto segue.
Innanzitutto, la vicenda va trattata alla stregua dei generali (ma non meno penetranti) "obblighi di correttezza e buona fede"  che sempre di più ricevono attenzione e considerazione da parte della giurisprudenza nella codificazione delle regole "non scritte" di educazione e salvaguardia tra Datore di Lavoro e Dipendente (vedi tra le tante Cassazione civile , sez. lavoro, ordinanza 12.12.2011 n° 26560).
In ogni caso, senza mettere in mezzo Avvocati e Giudici (chè non c'è tempo e modo di sfruttarli per simili vicende), è sufficiente che tra il Lavoratore informi il Datore, con lettera scritta, delle sue intenzioni e della circostanze di ore e luogo in cui intende assentarsi per svolgere volontariato. Il Dipendente non può evidentemente assentarsi di sua iniziativa contrariamente al parere del Datore (chè incorrerebbe in sanzione disciplinare!), ma il Datore non può omettere una risposta. Di massima, se è stato debitamente preavvisato, se nulla oppone e se non sopravvengono circostanze impreviste della produzione tali da far ritenere irrealizzabili i progetti del Lavoratore, a favore del Dipendente Medesimo può ritenersi consolidato un diritto all'assenza ... per acquiescenza del Datore.

Dr. Giorgio Frabetti, Consulente d'Azienda in Ferrara








giovedì 24 maggio 2012

LAVORO NERO E ACCERTAMENTI FISCALI


La sentenza nr. 2539/2011 della Corte di Cassazione ha legittimato l'accertamento induttivo in caso di lavoro nero, sulla base dell'assunto che quest'ultima circostanza non sia altro che un indizio di "maggiore volume d'affari".
Intendiamoci: la sentenza non innova i presupposti dell'accertamento fiscale.
Trattando problematiche squisitamente "procedurali", la sentenza non determina alcun automatismo all'accertamento induttivo in caso di emergenza di lavoro nero (paragonabile ai recenti automatismi per omissioni negli Studi di Settori di cui al DL 98/2011 e s.m.i.). Viceversa, la Corte degli Ermellini stabilisce il criterio per cui, ove il lavoro nero determini (motivatamente) un diverso quadro del "valore aggiunto" aziendale e di un diverso "equilibrio finanziario" tale da determinare l'induzione di ulteriori e non dichiarati redditi, l'Amministrazione Fiscale è abilitata all'accertamento induttivo.
Tale consegna evidentemente non può valere però in assoluto e in automatico: ci sono circostanze, infatti, in cui l'emergenza di lavoro nero (emersa nel corso di ispezioni INPS, DPL, INAIL) presenti differenti indici di significatività: ad esempio, le fasi di "lavoro nero" possono ben riguardare anche solo alcuni mesi, alcune fasi della produzione etc.
Il punto allora è capire (anche per aiutare le Aziende) cosa un imprenditore/lavoratore autonomo aspettarsi dal Fisco, in questi casi, con sufficienti margini di prevedibilità e consapevolezza.
Crediamo che, per poter passare dall'accertamento analitico (in mera "correzione" della Dichiarazione) all'accertamento induttivo (che disconosce la Dichiarazione), l'Amministrazione debba riscontrare ex. art. 39 DPR 600/1973 un quadro globale e diffuso di "contabilità inattendibile" (da dimostrarsi dal Fisco con presunzioni gravi, precise, concordanti).
In che modo giungere a questo senza correre il rischio di fuorvianti arbitrii applicativi?
Crediamo che sul punto il DPR 570/1996 possa dirci qualcosa di molto significativo.
Il DPR 570/1996, infatti, codificando alcune soglie percentuali di scostamento tra costo del lavoro dichiarato e accertato, disponeva che la contabilità del Contribuente si sarebbe senz'altro potuta ritenere "inattendibile" sopra la soglia del 10%. Questa metodica è stata superata dall'entrata in vigore degli Studi di Settore. Ciononostante, siamo personalmente convinti che essa codifichi un criterio di utile orientamento almeno in termini contabili per i casi di cui all'oggetto.
In casi cioè di accertamento del "lavoro nero", crediamo il Contribuente possa validamente opporsi all'accertamento induttivo (e annullarlo, se del caso) qualora riesca a dimostrare che il "lavoro nero" accertato non appare significativo in termini di incremento del "volume d'affari", ovvero del "valore aggiunto", ovvero non presenti alcun riflesso "incrementativo" sulla struttura finanziaria e reddituale dell'Azienda. Questo naturalmente finchè il Fisco non abbia fondati motivi per procedere alla ricostruzione del "volume d'affari" secondo altra metodologia (prima fra tutti, l'accertamento bancario).
In linea di massima, comunque, va anche detto che in questi casi essenziale è la prevenzione.
Maggiore, cioè, sarà stata la diligenza e la continuità del Contribuente nel contabilizzare i flussi economici e finanziari della propria organizzazione, minore potranno essere le sorprese del Fisco: ecco perchè, onde cautelarsi da "brutte sorprese" è consigliabile alle Aziende/Lavoratori Autonomi l'adozione di una contabilità di bilancio anche per Ditte Individuali o Società di Persone (dove essa cioè è facoltativa) può costituire un valido "scudo" contro iniziative "aggressive" del Fisco come i controlli bancari (tanto più legittimati tanto più il Contribuente abbia dato prova di "lassismo" nella tenuta della contabilità).

Francesco Landi, Consulente del Lavoro in Ferrara

I TURISTI STRANIERI E IL DENARO CONTANTE: UNA DISPOSIZIONE BUFALA E CAPESTRO


Le nuove disposizioni relative all'uso del denaro contante per Stranieri extra UE (in cui l'uso del contante è ammesso, in deroga alle disposizioni sulla tracciabilità, fino ad € 15.000) per le operazioni attinenti al "Turismo" (Commercio al minuto, Agenzie di Viaggi e simili) introducono una grave complicazione gestionale e procedurale.
Prima fra tutte una domanda: come accertare lo status di "cittadino straniero" extra UE?
E' realistico pretendere da questi soggetti di esibire l'identità? E' realistico caricare piccole aziende di obblighi da "vigile urbano" (pretendere di far "declinare le generalità")?
E gli Extra UE sono gli avventori occasionali con visto turistico (da esibire? E' troppo!), oppure anche Extra UE residenti (es. Badanti) che compiono "operazioni inerenti il settore Turismo"?
Il punto è che tale normativa può solo incentivare il "nero".
Per il Commerciante, che troverà obiettivamente più conveniente il "nero" a tale macchinosa procedura; per lo Straniero che, quando non è componente della mafia russa, ma personale residente in Italia non ha alcun interesse a farsi riconoscere nell'utilizzo di un contante verosimilmente frutto a sua volta di "nero" che diventa tracciabile.
E se l'Esercente sbaglia procedura? es. Attua regolarmente la comunicazione, ma dimentica di acquisire i dati di conto corrente dello straniero? Il contante acquisito va considerato "ricavo in nero" (passibile di accertamenti bancari?) ex. art. 32 DPR 600/1973.
Una disposizione inapplicabile, che invitiamo i Sigg.ri Clienti a non considerare tali disposizioni e a consigliarsi con le proprie Banche o Esperti del Settore di incoraggiare eventualmente (ma l'impresa è di per sè ciclopica) l'uso di "Carte di credito" o "carte prepagate". Eventualmente, affiggendo avviso in negozio, causa le note complicazioni della normativa sulla tracciabilità.
La Ns. convinzione comunque è che le disposizioni siano talmente "malfatte" da essere destinate a rapide variazioni. Per questo motivo, a maggior ragione, restiamo a disposizione per eventuali aggiornamenti.

Dr. Giorgio Frabetti, Consulente d'Azienda in Ferrara

mercoledì 23 maggio 2012

E' TEMPO DI IRAP- QUANDO L'ATTIVITA' E' ORGANIZZATA?



Anche quest'anno si avvicina la scadenza del pagamento dell'IRAP 2012 (per il 2011).
Tassa discussa, deprecata da piccole imprese e piccoli professionisti, come inutile balzello e doppione dell'IRPEF, specie in quel discusso passaggio normativo che subordina l'applicazione dell'imposta alla sussistenza nell'attività di impresa e di lavoro autonomo di profili di "autonoma organizzazione".
Ma cosa vuol dire "autonoma organizzazione"?
Non è che l'Agenzia delle Entrate si sia sbilanciata più di tanto.
Nel 2002 precisò solo (cosa per altro risaputa) che il regime di "parasubordinazione" dell'attività libero professionale escludeva con certezza l'IRAP. Il che è come dire di aver scoperto la benemerita "acqua calda", essendo noto e non discusso che il lavoratore parasubordinato opera in un contesto organizzativo predeterminato dal Committente.
Maggiori chiarimenti sono arrivati (prima che dalla giurisprudenza di Cassazione) dalla fondamentale Circolare 45/2008 dell'Agenzia delle Entrate, quando ricalcò i casi di esenzione IRAP sui requisiti dei cd "contribuenti minimi" (art. 01 comma 96 ss. l. 244/2007): spese inferiori a E. 15.000 nel triennio, assenza di dipendenti, di partecipazioni societarie etc.
Un contributo di chiarezza da ritenersi ancora valido oggi, e aggiornato al regime dei cd "contribuenti residuali" ex. art. 27 DL 98/2011, anche se non precisamente perfetto. Ad esempio, nessuno ha chiarito se, ai fini IRAP, l'assimilazione con i contribuenti minimi valga solo nei requisiti di spesa o non anche nel "volume dei compensi". Qualche illazione potrebbe farsi di non congruenza tra alti ricavi lordi e basse spese: in questo senso, un ausilio per l'organo di accertamento potrebbe venire dagli Studi di Settore, da cui può trarsi una facile "presunzione di normalità economica", certamente utile per ritenere configurato il delicato requisito dell' "autonoma organizzazione" come tale imponibile IRAP.
Senza poter entrare nella complessa e variegata casistica, una cosa i Contribuenti devono tenerla presente con certezza.
Siccome l'IRAP (imposta reale, non personale) è destinata a incidere il valore della produzione netto al lordo dei costi per il personale e degli oneri di natura finanziaria, pare logico ritenere che il requisito legale dell' "autonoma organizzazione" sia indice non tanto di organizzazione, quanto di "immobilizzazione", in questo sicuramente rilevante dal punto di vista "finanziario" in senso lato nel disegnare un volume della produzione congruente con il quadro IRAP (ossia un quadro produttivo caratterizzato da una certa quale "marginalità".
Detto questo, però, in linea generalissima, è essenziale scendere nella casistica specifica per esprimere un parere circostanziato sull'imponibilità IRAP nel caso concreto.

Dr. Giorgio Frabetti, Consulente d'Azienda in Ferrara

CASSA INTEGRAZIONE SISMA EMILIA: RIFLESSIONI SU CONFINDUSTRIA FERRARA


Ci sorprende il basso profilo adottato dalla Comunicazione Confindustria FE12.0622 del 23/05/2012, dedicata alla gestione degli ammortizzatori sociali per le aziende colpite dal sisma, con la quale Confindustria dichiara prossima la definizione di un "verbale unico" per l'assolvimento della procedura di CIGO per il sisma del 20/05 us.
D'accordo, la comunicazione velocizza l'iter amministrativo di queste procedure, per velocizzare l'esborso finanziario dell'INPS; in un momento così grave, però, dal Sindacato degli Industriali ci si sarebbe aspettato qualcosa di più in relazione all'eccezionale crisi indotta dal sisma che il territorio emiliano romagnolo sta attraversando. Sicuramente ci si sarebbe aspettato un atteggiamento di più alto profilo rispetto al passaggio, oggi quantomai più urgente, delle consultazioni sindacali. Tanto più attuali e da potenziare, quanto più le recenti vicende sismiche devono leggersi non solo nella facile lettura orizzontale degli "ammortizzatori", quanto nella più sfumata e complessa lettura "verticale" degli effetti di "indotto" che la crisi può avere sulla Provincia di Ferrara, per le imprese facenti parte dei comparti lesi dal sisma.
Rispetto a queste tematiche, riteniamo che il coinvolgimento sindacale deve essere massimo e di alto profilo, non meramente burocratico e "notarile".
Perchè è questa la sfida più grave e insidiosa dei recenti eventi sismici: ieri, con un'economia che "tirava", la ricostruzione avrebbe potuto arrivare rapida e veloce; oggi, tutto questo non è scontato. E le strategie da mettere in campo sono certamente più complesse e non possono esaurirsi nella Cassa Integrazione, utile nel breve periodo, ma non strategico nei tempi medio-lunghi.

Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro in Ferrara

martedì 22 maggio 2012

SISMA EMILIA, GOVERNO PROCLAMA STATO D'EMERGENZA


ANSA 22/05 ore 17,29 Il fabbisogno finanziario per far fronte allo stato di emergenza derivante dal sisma in Emilia verrà coperto utilizzando le risorse del Fondo Nazionale per la Protezione Civile. Il Fondo è stato all'uopo rifinanziato con 50 milioni di euro, prima della dichiarazione dello stato emergenziale. Lo annuncia una nota di palazzo Chigi.

Il consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per i territori delle province di Bologna, Modena, Ferrara e Mantova colpiti dal sisma del 20 maggio 2012, fissandone la durata a 60 giorni e attribuendo la competenza a coordinare gli interventi al Capo del Dipartimento della Protezione Civile.

Il Presidente del Consiglio ha annunciato il suo proposito di rinviare il pagamento dell'Imu per le abitazioni e gli stabilimenti industriali che saranno dichiarati inagibili''.

Per fare fronte alle spese derivanti dal sisma in Emilia ''non e' stato necessario procedere ad alcun aumento delle accise''.

APPRENDISTI MINORENNI: QUANDO E COME ASSUMERE


In attesa che la Regione definisca i profili formativi per l’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale e la conseguente offerta formativa, non sarà possibile per i datori di lavoro assumere lavoratori minorenni.


Fanno eccezione i 17enni in possesso di una qualifica professionale conseguita ai sensi del D.lgs. 226/2005, che potranno essere assunti con il contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere.

I giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni (compresi i 17enni in possesso di una qualifica professionale conseguita ai sensi del D.lgs. 226/2005) potranno essere assunti già dal 26 aprile 2012 con il contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere, solamente nel caso in cui il datore di lavoro applichi un CCNL che abbia recepito, anche attraverso Accordi interconfederali nazionali, quanto previsto dal D.lgs. 167/2011, anche in assenza di offerta formativa integrativa regionale.

I giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni non potranno essere assunti con il contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale fino a quando la Regione non definirà i profili formativi per l’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale e la conseguente offerta formativa.

Il contratto di apprendistato a tempo determinato per attività stagionali è consentito solo per l'apprendistato professionalizzante o di mestiere e solo se previsto dal CCNL di riferimento. I minorenni non potranno quindi più essere assunti con il contratto di apprendistato per attività stagionali, fatta eccezione per i 17enni in possesso di una qualifica professionale conseguita ai sensi del D.lgs. 226/2005, che potranno essere assunti con il contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere, e i 17enni in possesso di una qualifica professionale conseguita ai sensi del D.lgs. 226/2005, che potranno essere assunti con il contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere.

Regione Emilia Romagnahttp://formazionelavoro.regione.emilia-romagna.it/notizie/nuove-regole-per-l2019assunzione-di-apprendisti-minorenni

sabato 19 maggio 2012

IL DIRITTO DEL LAVORO DI FRONTIERA: UN COMMENTO ALL'ART. 08 DL 138/2011


Un argomento che torna di attualità nelle more della riforma Monti-Fornero del mercato del lavoro è l'art. 08 DL 138/2011 approvato con la Manovra-bis dell'agosto scorso, che consentiva la deroga peggiorativa ad un vastissimo ambito di istituti lavoristici (dalle mansioni, alle collaborazioni a progetto etc.), ai contratti di secondo livello (aziendali o regionali) con efficacia generalizzata ai sindacati che godessero dei requisiti di "maggiore rappresentatività" fissati dall'accordo 28/06/2011.
La norma ha fatto molto discutere circa il suo presunto carattere "anti-costituzionale".
In realtà, la disposizione non fa che prendere atto di un assetto consolidato da decenni in giurisprudenza.
Giurisprudenza che da decenni registra l'assoluta deregoulation (almeno ai fini giuridici) tra livello nazionale e "secondo livello" di contrattazione. In altre parole, essendo il contratto collettivo di mero "diritto comune" e non essendo stato attuato l'art. 39.04°comma Cost. (che certo avrebbe decretato senza possibilità di dubbi il CCNL quale fonte "gerarchicamente sovraordinata" rispetto alla contrattazione di "secondo livello"), la regolazione in pejus del rapporto di lavoro è già possibile a prescindere da ogni considerazione relativa alla vigenza dell'art. 08.
L'unico contributo "proprio" dell'articolo 08 sta nell'estensione dell'efficacia di tale contrattazione anche ai lavoratori non iscritti ai sindacati stipulanti, ove i sindacati stipulanti possiedano la rappresentanza effettivamente maggioritaria in Azienda. Quindi, la ratio dell'art. 08 (tipica norma di sostegno dell'azione sindacale) non risiede nella "derogabilità" delle norme regolative del rapporto di lavoro, quanto nello sterilizzare l'efficacia di eventuali "intese separate".La norma, non modificata dal DDL Monti-Fornero, deve essere tenuta nella massima considerazione, quale possibile "valvola" si sfogo per flessibilizzare istituti già irrigiditi oltremodo dalla citata riforma (tempo determinato, collaborazioni a progetto, autonome etc.).
A margine si ricorda che la flessibilizzazione non coinvolge il salario: questo perchè una "deroga peggiorativa" sul salario (pur teoricamente possibile) è sterilizzata dalla l. 549/1995, che impone, quale base di calcolo della contribuzione previdenziale, la retribuzione dei CCNL, senza considerare la contrattazione "di secondo livello".

Studio Francesco Landi, Consulente del lavoro in Ferrara
(con la Collaborazione del Dr. Giorgio Frabetti, Consulente Aziendale in Ferrara)

PRESCRIZIONE DEBITI CONTRIBUTIVI INPS E CONSERVAZIONE DOCUMENTI LAVORATORI


Dopo anni di controversie e di incertezze giurisprudenziali, la Circolare INPS 31/2012 ha finalmente fatto il punto sul regime prescrizionale (quinquennale/decennale) del credito contributivo INPS da lavoro dipendente.
Brevemente, ricordiamo che, in forza delle disposizioni introdotte dalla legge 335/1995, la contribuzione dovuta a partire dal 01/01/1996 (data di entrata in vigore della legge citata) si prescrive in 05 anni, di norma dalla cessazione del rapporto di lavoro (ma non solo); 10 anni, in caso di notifica di denuncia da parte del Lavoratore (o aventi causa) tesa a recuperare il credito contributivo.
Si coglie l'occasione di precisare che la denuncia spiega un effetto meramente conservativo e non interruttivo della prescrizione. La denuncia cioè, che deve intervenire entro il quinquennio (e non dal momento in cui il Lavoratore "conosce" il ... "buco"!), non fa decorrere ex novo la prescrizione (es. denuncia nel 2004, nuova prescrizione nel 2014). Viceversa, la denuncia raddoppia sì il termine di prescrizione, ma conteggiando il periodo pregresso (ecco perchè è conservativa): quindi, se il termine iniziale della prescrizione è gennaio 2000 (con scadenza nel dicembre 2004) e il Lavoratore inoltra denuncia nell'ottobre 2004, il termine finale "raddoppiato" è dicembre 2009.
Un aspetto quest'ultimo puntualizzato dal recentissimo Msg INPS 8447/2012.
Correlativamente, salva denuncia del Lavoratore (che dovrà essere resa nota al Datore in forme adeguate), il Datore è tenuto a conservare la documentazione inerente il rapporto di lavoro e previdenziale per 05 anni (LUL, libro matricola, CUD, Mod. 101, Mod. 01M, DM, UNIEMENS etc.).

Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro in Ferrara

giovedì 17 maggio 2012

CAMPAGNA FISCALE 730/2012: NIENTE CEDOLARE AL LOCATORE SE NON RESTITUISCE L'AGGIORNAMENTO ISTAT 2010-2011 GIA' PAGATO DALL'INQUILINO


Se al 31 dicembre 2010, il Locatore provvedeva a versare l'imposta di registro e a richiedere la maturazione dell'aggiornamento ISTAT maturata al  15/12 dello stesso anno (scad. 15/12/2011), come doveva comportarsi se, frattanto, entrato in vigore il D.lgs. 67/2011, lo Stesso opzionava la cedolare secca?
Nella mia esperienza professionale, mi è capitato di riscontrare il comportamento di un CAF, che aveva negato al Locatore l'applicazione della cedolare per l'annualità 2011, ove questi avesse comunque proceduto a richiedere all'inquilino l'aggiornamento ISTAT. Secondo il CAF, cioè, la cedolare poteva essere attivata solo se a monte il Proprietario avesse rinunciato "a monte" all'aggiornamento ISTAT, comunque maturato al 15/12/2010.
La questione è spinosa e controversa e non ha trovato una soluzione.
Ora, compulsiamo la normativa.
Il D.lgs. 67/2011 impone la “rinuncia” all’aggiornamento ISTAT come condizione di godimento dei benefici della “cedolare secca”. Addirittura, ne dispone l’inderogabilità in sede negoziale.
Solo apparentemente, però, la norma è perentoria.
Infatti, l’art. 03.ult. comma si limita a “cesellare” la rinuncia all’aggiornamento ISTAT solo in relazione all’atto (la notifica al conduttore), ma nulla specifica sulla decorrenza di questa rinuncia in connessione con i periodi di imposta e le tempistiche di adempimento della “cedolare”(es. “la rinuncia deve essere notificata entro il giorno _________”).


Nessun termine indicato dalla normativa sulla “cedolare secca” (anche amministrativa) pare potersi intendere come “perentorio”, ossia a pena di decadenza. La riprova innanzitutto la si ottiene se si considerano le vicende amministrative di tale scadenza, prorogata dalla Presidenza del Consiglio, come in tante altri casi.
Inoltre, questa conclusione pare rafforzata solo se consideri che tale disposizione può concepirsi adeguatamente solo come disciplina di “raffreddamento” dell’ISTAT dalla natura extra-tributaria, perchè  incide su una componente tipicamente negoziale del rapporto di locazione. Trattasi cioè di una disposizione di “raffreddamento” che, sul versante del rapporto civilistico, si giustifica nella chiara “presunzione” di legge che la cedolare abbia sostanzialmente anticipato e consumato gli effetti di valuta sul “canone di locazione” normalmente propri dell’aggiornamento ISTAT. Altrimenti, ragionando diversamente, lo stesso beneficio in termini di valuta sarebbe conseguito due volte, con evidente locupletatio del Locatore, perseguibile in termini di “arricchimento ingiustificato” ex. art. 2041 del Codice Civile. Trattasi pertanto di disposizione concepita in termini di correttivo civile e contrattuale sugli effetti economici indotti dallo speciale tributo.
Conclusione questa che ridonda sull'interpretazione dell’art. 03.ult. comma relativamente ai tempi di notificazione della "cedolare secca": una volta ammesso che la finalità della disposizione è di mero riequilibrio economico delle prestazioni contrattuali a seguito dell’applicazione della “cedolare secca”, e non rileva di per sè ai fini fiscali.

Inoltre, si consideri un dato.
Chi opziona nel 2011 la cedolare secca per un contratto di locazione la cui annualità sia già maturata prima dell'entrata in vigore del D.lgs. 67/2011 e per cui abbia già versato l'imposta di registro (come nel Ns. caso), non può più ripetere l'imposta di registro già versata. Di qui, se si nega contestualmente (come ha mostrato di fare il CAF) l'aggiornamento ISTAT si determina una "doppia penalizzazione" economica del Locatore, che non pare assolutamente coerente con la ratio di riequilibrio economico dei "costi" contrattuali implicata dall'art. 03 D.lgs. cit. E del resto, valutando i benefici economici effettivi della “cedolare” sul carico economico del Locatore-Contribuente, non si può non notare come questi siano ben poco evidenti in termini di “valuta” nella “gestione di cassa” 2011: ragion per cui, non sarebbe scandaloso (dal punto di vista economico) se, non spettando la ripetizione dell'imposta di registro, potesse spettare l’aggiornamento ISTAT  anche per l’annualità 2010-11: salvo evidente sterilizzazione (ma sempre “per cassa”) nelle altre successive annualità.
Del resto, la spettanza dell’aggiornamento ISTAT maturato a dicembre 2010, in un tempo evidentemente previgente al regime della “cedolare secca” non può essere messo in discussione, sennò le garanzie dell'irretroattività della legge dello Statuto dei Diritti del Contribuente cadono giù per le "scale di cantina" come si suol dire volgarmente.
Quindi, il CAF che (nel caso sopra descritto) neghi l'applicazione della "cedolare" al Proprietario il quale abbia già conseguito l'aggiornamento ISTAT (salvo restituzione di questo) non pare una procedura corretta. Questo almeno a mio modesto giudizio.


Dr. Giorgio Frabetti, Consulente d'Azienda in Ferrara