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giovedì 26 aprile 2012

TRASFERTE E ORE DI VIAGGIO


Come valorizzare ai fini retributivi le ore di trasferta come orario di lavoro? Soccorrono al riguardo le indicazioni dell'Interpello 15/2010 del Ministero del Lavoro.
Il Ministero del Lavoro ha avuto modo di precisare che, ai sensi dell'art. 02 lett. a) D.lgs. 66/2003, si considera "orario di lavoro" il tempo durante il quale il prestatore di lavoro subordinato è a disposizione del Datore, in funzione delle sue esigenze. Con questo, il Ministero ha confermato (come criterio di massima) la non computabilità delle ore di viaggio nell'orario di lavoro (in continuità, per altro, con quanto disposto dall'art. 05 RD 1955/1923 e dall'art. 04 RD 1956/1923), salvo che:

a) Sussista una diversa e spefica disposizione del CCNL di settore;
b) Risulti che, in concreto, il tempo di viaggio sia effettivamente funzionale alla prestazione lavorativa.

A margine, precisiamo che da Ns. autonome valutazioni, riteniamo prudenzialmente che debbano in ogni caso computarsi come orario di lavoro le ore di viaggio nel seguente caso: quando, cioè, il Lavoratore disponga di telefono cellulare aziendale con auricolare/bluetuth, che permettono al Lavoratore di parlare direttamente al telefono, senza interrompere il percorso di trasferimento.
 La presenza di questi congegni (non importa se di proprietà aziendale o personale) determina un quadro organizzativo tale per cui il Lavoratore è in grado di assumere le consegne del Datore anche durante il viaggio: il possesso di auricolare e bluetuth, quindi, concorre ad individuare un rapporto di reale funzionalità del "tempo di viaggio" al "tempo della subordinazione", perchè è evidente che tali congegni tecnici consentono al Datore di lavoro di impartire al Lavoratore le necessarie istruzioni funzionali all'esecuzione della prestazione.
Sul punto, soccorre l'analogia con la situazione dei cd "lavoratori mobili" (tipicamente l'autotrasporto) che comunicano attraverso la Radio CB.
Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro in Ferrara
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LE TRASFERTE DEI DIPENDENTI- UN QUADRO (GESTIONALE) DI MASSIMA


Il tempo ha sedimentato una fitta rete di interpelli con i quali, specie negli ultimi tempi, il Ministero del Lavoro si è pronunciato su alcuni caratteristici "punti grigi" della normativa sulle trasferte (specie Interpello nr. 13/2010, nr. 14/2010, nr. 15/2010), rivelando un'attenzione e un approfondimento straordinarie, tali da profilare (almeno tendenzialmente) dpiù facili e mirati controlli sulla materia.
Al momento, ed in assenza di altre specifiche indicazioni ministeriali, riteniamo necessario ed opportuno raccomandare una profonda revisione delle fattispecie in gestione presso le Aziende per considerare:

A) Se gli esborsi finanziari legati alle trasferte nelle Aziende Clienti non siano manifestamente disallineati con gli esborsi che ci si attenderebbe in via normale nel settore di appartenenza;
B) Se la metodica di rimborso (piè di lista/forfettario) scelta dall'impresa sia coerente con il tipo di trasferta in uso presso l'Azienda: ad es., le trasferte "abituali" (es. Operatori di Punto Vendita e affini) rivelano un coefficiente di gravosità maggiore per il Lavoratore ed è normale e coerente aspettarsi una metodica di rimborso à forfait (indennità di trasferta: Cass. 5701/2004; ma ve. anche Int. 15/2010), piuttosto che una metodica di rimborso a piè di lista;
C) Se la trasferta (indipendentemente dalla metodica di rimborso adottata) sia coerente con l'impegno orario richiesto al Lavoratore; ad esempio, non è molto coerente stipulare un contratto part time in un contesto produttivo caratterizzato da abituali trasferte: diversamente un simile quadro organizzativo sarebbe più coerente un impegno a tempo pieno del lavoratore;
D) Se l'Azienda, una volta iniziato a gestire le trasferte con una certa metodica, si sia poi mantenuta costante e coerente, senza realizzare trattamenti ingiustificatamente differenziati;
E) Se la rappresentazione delle trasferte non da luogo a criticità nella rappresentazione dell'orario di lavoro e dei riposi: se per le trasferte brevi, può essere facilmente adottato il criterio di massima previsto dai CCNL di sovrapposizione tra orario di lavoro normale e periodo di trasferta, maggiori problemi si pongono per le trasferte lunghe consistenti in più giorni. Precisiamo, altresì, che questi criteri vanno integrati con i criteri disposti dai vari CCNL e che entrano più dettagliatamente nel merito dei criteri di gestione dell'orario e delle retribuzioni del periodo di trasferta.

Evidentemente, in questa opera di monitoraggio si dovrà prestare maggiore attenzione a quelle trasferte ricorrenti e consolidate in veri e propri "regimi organizzativi", essenzialmente del settore Agricoltura (conteterzismo), Edilizia, Autotrasporto, Operatori di Punto Vendita e affini, Impiegati Tecnici di Studi Professionali (tipicamente Ingegneri, Agrotecnici ...): avendo riguardo, per questi ultimi, ai Dipendenti che esplichino le loro mansioni in cantieri esterni allo Studio.Come insegna il Vademecum sul LUL, dovranno comunque tralasciarsi quelle trasferte caratterizzate da esborsi marginali e non ricorrenti.
Studio CDL Francesco Landi
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sabato 21 aprile 2012

LIQUIDAZIONE INDENNITA' DI DISOCCUPAZIONE CON REQUISITI RIDOTTI, NON UTILIZZO DEL MODELLO DL 86/88 bis


Msg INPS 4368/2012:
Facendo seguito al messaggio n. 966 del 17 gennaio 2012, avente per oggetto la liquidazione dell’indennità  di disoccupazione con requisiti ridotti mediante il prelievo dei dati contributivi direttamente dalla procedura  UNIEMENS opportunamente implementata, si comunica  che sono state risolte alcune problematiche  tecniche collegate alla fase di avvio di utilizzo di detto prelievo di dati con particolare riguardo:
- al ripristino dei dati riferiti ai giorni già coperti da DS ordinaria;
- agli automatismi di attribuzione del sesto giorno lavorativo nei casi di c.d. settimana corta;
- all’adeguamento del criterio di determinazione della retribuzione di riferimento necessaria alla liquidazione della prestazione con specifico riguardo anche ai mesi di inizio e fine attività qualora non siano lavorati per intero;
- all’adeguamentodel criterio di determinazione della retribuzione di riferimento necessaria alla liquidazione
della prestazione con specifico riguardo ai lavoratori intermittenti;
- all’attivazione di un alert – che segnali i casi in cui la retribuzione teorica superi la retribuzione imponibile che impone l’intervento dell’operatore affinché, se  necessario, inserisca i dati manualmente dopo avere
effettuato i necessari controlli;
- alla esposizione in Uniemens dei dati della sezione riferita alle giornate di attività lavorativa per consentire  un confronto con quanto precaricato in procedura DS WEB.
Si comunica, inoltre, che è stata risolta l’anomalia,  verificatasi per una parte delle denunce UNIEMENS  2011, rappresentata dal mancato prelievo dei dati relativi ai primi dieci giorni di lavoro di ogni mese.  Ciò premesso, si rappresenta che continuano a pervenire segnalazioni di richiesta sistematica – da parte di  molte strutture INPS del territorio – dei modelli DL 86/88 bis ai lavoratori e di reiezione della domanda di  prestazione nei casi di mancata presentazione di questi modelli da parte dei lavoratori.  Si ribadisce, a tal proposito, che per la trasmissione dei dati necessari per il calcolo della prestazione non deve essere più richiesto il modello DL 86/88 bis. Laddove i dati risultino incompleti o comunque necessitino di approfondimenti, dovranno essere contattati – in primo luogo e tramite e-mail – l’azienda o il consulente  affinché la comunicazione UNIEMENS sia tempestivamente integrata, garantendo il sistematico utilizzo del  canale UNIEMENS per la liquidazione della prestazione in oggetto.  Si ribadisce, altresì, che, qualora non sia possibile procedere alla liquidazione attraverso i dati ricavabili da UNIEMENS, si farà riferimento alle buste paga già in possesso del lavoratore al fine di procedere all’erogazione della prestazione di sostegno al reddito in tempi adeguatamente contenuti. In tal senso si assumerà la retribuzione complessiva mensile derivante dalla busta paga escludendo:
- la retribuzione per indennità sostitutiva di preavviso;
- la retribuzione per ferie godute;
- la retribuzione per ferie non godute;
- la retribuzione ad integrazione di prestazioni previdenziali (CIG-CIGS, Malattia, Maternità);
- l’eventuale trattamento di fine rapporto.
In nessun caso comunque la temporanea indisponibilità dei dati può dare luogo alla reiezione della domanda di prestazione che va, in questa ipotesi, tenuta in evidenza e definita tempestivamente al momento della ricezione dei dati secondo le corrette modalità sopraesposte. Tale data di ricezione sarà inserita nell’apposito campo della procedura riservato all’indicazione del dato “domanda completa dal”.
Si informa, infine, che, in considerazione delle problematiche emerse nella fase di avvio della nuova  funzionalità di precarica di cui trattasi e dei ritardi legati ai problemi tecnici insorti nel corso delle elaborazioni dei pagamenti, le pratiche pervenute alle Strutture territoriali entro il 29 febbraio 2012 saranno comunque considerate definite in tempo utile anche quando risultino elaborate entro sessanta giorni anziché entro i trenta previsti in via ordinaria.

INTEGRAZIONI SALARIALI E COMPENSI REVERSIBILI


Mes INPS 2769/2012:
In merito ai quesiti pervenuti sulla cumulabilità dei trattamenti di integrazione salariale e i compensi reversibili, ad integrazione della Circolare n. 130/2010, si specifica quanto di seguito indicato.
La lettera e), comma 2, dell'art.51 del D.P.R. n. 917/1986, prevede specificamente che: "non concorrono a formare il reddito i compensi reversibili di cui alle lettere b) ed f) del comma 1 dell'art. 47 ".
L'art. 47, nel testo novellato dal D.Lgs 12/12/2003 n. 344, corrisponde attualmente all'art. 50 del TUIR.
Al riguardo la lettera b) del predetto art. 50, qualifica reddito assimilato a quello di lavoro dipendente le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità e precisa espressamente che sono esclusi quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e quelli che per legge devono essere riversati allo Stato.
La citata lettera f) dell'art. 50, qualifica reddito assimilato a quello di lavoro dipendentele indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l'esercizio di pubbliche funzioni, sempreché le prestazioni non siano rese da soggetti che esercitano un'arte o professione e non siano state effettuate nell'esercizio di impresa commerciale, nonché i compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie, ai giudici di pace e agli esperti del tribunale di sorveglianza, escludendo esplicitamente quelli che per legge devono essere riversati allo Stato.
Attesa la formulazione del combinato disposto della lettera e) dell'art. 51 e delle lettere a) e b) dell'art. 50 del TUIR, appare evidente dal tenore letterale delle diposizioni in esame che i compensi reversibili, ivi richiamati, non costituiscono reddito assimilato a quello dipendente, né sono assoggettabili a tassazione, in quanto sono imputati direttamente al soggetto al quale, per legge o clausola contrattuale (lettera b), o soltanto per legge (lettera f), devono essere riversati.
In tali fattispecie, dunque, viene meno il presupposto impositivo stabilito dall'art. 1 del TUIR costituito dal possesso di redditi in danaro o in natura rientrante nelle categorie di redditi indicati nell'art. 6 del TUIR.
Ne consegue che i compensi reversibili previsti dalle lettere b) e f) dell'art. 50, comma 1, del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR) non concorrono a formare reddito ai fini della corresponsione del trattamento integrativo salariale.
Analogamente, nel caso di gettoni di presenza riversati direttamente dal percipiente alle Associazioni Sindacali di appartenenza, in presenza di specifiche e accertate clausole contrattuali di adesione che stabiliscano la reversibilità del compenso dall'associato all' Associazione Sindacale, può ragionevolmente configurarsi l'ipotesi di compensi reversibili in quanto, anche in tale fattispecie, manca il presupposto impositivo e l'imputazione del compenso è riversato direttamente sul soggetto indicato nella clausola contrattuale.
Conseguentemente, ai fini delle erogazioni dei trattamenti di integrazione salariale anche i compensi reversibili alle Associazioni Sindacali, solo previa esibizione della prova documentale della reversibilità, non danno luogo a ipotesi di cumulabilità con le prestazioni integrative salariali.
Coerentemente, nel caso in cui lavoratore beneficiario del trattamento di integrazione salariale svolga un'attività lavorativa, la cui remunerazione derivi esclusivamente dai predetti compensi reversibili, previa esibizione della prova documentale suindicata, può ritenersi esonerato dalla comunicazione preventiva prevista dal comma 5, dell'art. 8, Legge n. 160/1988.

INDENNITA' MANCATO AVVIAMENTO AL LAVORO PER I LAVORATORI PORTUALI: IL PARERE DELL'INPS

Msg INPS 935/2012
Il comma 23 dell'articolo 33 della Legge 12 novembre 2011 n. 183 (Legge di stabilità 2012) ha prorogato l'intervento di cui all'art. 19, comma 12 del D.L. 29.11.2008 n.185, convertito con modificazioni dalla L. 28.01.2009 n.2, destinando 15 milioni di euro alla concessione, per l'anno 2012, ai lavoratori addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle imprese e agenzie di cui all'articolo 17, commi 2 e 5, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni, e ai lavoratori delle società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali ai sensi dell'articolo 21, comma 1, lettera b), della medesima legge n. 84 del 1994, e successive modificazioni, di un'indennità pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile di integrazione salariale straordinaria previsto dalle vigenti disposizioni, nonchè della relativa contribuzione figurativa e degli assegni per il nucleo familiare, per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro, nonchè per le giornate di mancato avviamento al lavoro che coincidano, in base al programma, con le giornate definite festive, durante le quali il lavoratore sia risultato disponibile. L'indennità è riconosciuta per un numero di giornate di mancato avviamento al lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di ventisei giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ciascun mese, incrementato del numero delle giornate di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità. L'erogazione dei trattamenti di cui al presente comma da parte dell'Inps è subordinata all'acquisizione degli elenchi recanti il numero, distinto per ciascuna impresa o agenzia, delle giornate di mancato avviamento al lavoro, predisposti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in base agli accertamenti effettuati in sede locale dalle competenti autorità portuali o, laddove non istituite, dalle autorità marittime.
In conformità con quanto stabilito nella Conferenza dei servizi tenutasi il 5 marzo 2009 presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l'autorizzazione, sarà data con riferimento a comunicazioni mensili, da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di dati relativi alle giornate non lavorate per singola società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali.
Nella procedura di autorizzazione in attuazione del decreto in oggetto deve essere utilizzato il codice d'intervento 625, utile ai fini dell'imputazione contabile. Non basandosi in tal caso la concessione del trattamento su un decreto ministeriale bensì direttamente sulla norma di legge (L. 2/09), dovrà essere utilizzato come numero decreto: 11012, e come data dello stesso: 05/01/2012.
Si ricorda che ai lavoratori beneficiari della prestazione in oggetto va riconosciuto, come esplicitamente affermato dalla norma, il trattamento massimo mensile di integrazione salariale. In caso di pagamento diretto gli operatori, dopo aver imputato la retribuzione di riferimento nel campo "retribuzione teorica"dovranno pertanto inserire la lettera "S" nel campo "Retribuzione Mensile Superiore ex art. 1 Comma 5 L. 451/94 (S/N)".
Ai fini del conguaglio e della imputazione contabile si richiamano le istruzioni già fornite con circolare n. 113 del 20 giugno 2002, con messaggio n. 16209 del 16 lugio 2008 e richiamate con messaggio n. 006361 del 3 marzo 2010 e messaggio n. 001030 del 17 gennaio 2011.

giovedì 19 aprile 2012

CERTIFICAZIONE DEI CONTRATTI: LE PROSPETTIVE PER L'EDILIZIA


La certificazione dei contratti, da ipotesi negletta e più che marginale, con le recenti innovazioni del TU relativo alla Sicurezza e Igiene sul Lavoro sta divenendo istituto di rilevanza centrale almeno nell'ambito degli appalti.    Con il DPR 177/2011, infatti, viene data attuazione alle disposizioni ex. art. 06.08°comma lett. g) e art. 27 D.lgs. 81/2008 e si dispongono i requisiti di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati.    Settori che nell'ambito dell'Edilizia possono essere molto sensibili e rilevanti.    Questi di massima i requisiti:        a) Integrale applicazione delle vigenti disposizioni in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria e misure di gestione delle emergenze;b) Integrale e vincolante applicazione anche del comma 2 dell’articolo 21 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nel caso di imprese familiari e lavoratori autonomi;c) Presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto. Tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto.d) Avvenuta effettuazione di attività di informazione e formazione di tutto il personale, ivi compreso il Datore di lavoro ove impiegato per attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, specificamente mirato alla conoscenza dei fattori di rischio propri di tali attività, oggetto di verifica di apprendimento e aggiornamento. I contenuti e le modalità della formazione di cui al periodo che precede sono individuati, compatibilmente con le previsioni di cui agli articoli 34 e 37 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, entro e non oltre 90 giorni dall’entrata in vigore del TU Sicurezza, con accordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le parti sociali;e) Possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati e avvenuta effettuazione di attività di addestramento all’uso corretto di tali dispositivi, strumentazione e attrezzature, coerentemente con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e all’allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;f) Avvenuta effettuazione di attività di addestramento di tutto il personale impiegato per le attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, ivi compreso il datore di lavoro, relativamente alla applicazione di procedure di sicurezza coerenti con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e dell’allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;g) Rispetto delle vigenti previsioni, ove applicabili, in materia di Documento unico di regolarità contributiva;h) Integrale applicazione della parte economica e normativa della contrattazione collettiva di settore, compreso il versamento della contribuzione all’eventuale ente bilaterale di riferimento, ove la prestazione sia di tipo retributivo, con riferimento ai contratti e accordi collettivi di settore sottoscritti da organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.     La normativa praticamente obbliga le imprese (specie Edili) alla previa certificazione ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.    Senza la certificazione, infatti:     - Non può ritenersi configurato il requisito di qualificazione di cui al punto c);    - Non può stipularsi un sub-appalto.     Non del tutto chiarite appaiono le eventuali sanzioni applicabili in caso di trasgressione.    Sicuramente applicabile la sanzione penale contravvenzionale ex. art. 55.05°comma TU lett. b) (arresto da due a quattro mesi o ammenda da € 1.000 a € 4.800), soggetta a prescrizione obbligatoria nelle forme del TU.    Meno chiare le conseguenze sul versante civile. A differenza dell'art. 26 D.lgs. 81/2008 (appalti senza costi di sicurezza), il DPR non dichiara nulli i contratti stipulati con simili imprese. Certo, però, l'Azienda sprovvista di tali requisiti si presta a subìre il recesso dell'appaltante (specie pubblico) ex. art. 1665 del Codice Civile .    Tale nuova previsione va comunque tenuta sotto la massima attenzione e considerazione, in quanto forse la certificazione è l'unico strumento, che, agendo sul piano "premiale" dell'incentivazione delle "buone prassi contrattuali" e della responsabilizzazione dell'Azienda, può rendere giustizia alle gravi carenze e insufficienze delle disposizioni lavoristiche sugli appalti, che troppa incertezza generano nella contrattualistica e nella vita delle imprese.    Crediamo altresì che questa nuova legislazione stia aprendo la strada ad un consolidamento dell'istituto della certificazione proprio nell'universo degli appalti e sub-appalti, specie ove il solco della contrattualistica appaia segnato da una legislazione tecnica (specie di "progettazione" vedi legge 1085/1971 sul cemento armato) che tracci i percorsi di gestione ed organizzazione in modo talmente rigido e standardizzato da non potersi occultare utilmente la forza lavoro disponibile. E' una riflessione che, al punto in cui siamo arrivati, non si può non iniziare a sviluppare.
A cura dello Studio Cdl Francesco Landi, in Ferrara
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IL NUOVO APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE NEL CCNL TURISMO


A far data dal 17/04 us, è stata data attuazione, per il settore Turismo, alla nuova disciplina dell'apprendistato secondo le disposizioni del Testo Unico di settembre.
Dando atto dei possibili mutamenti che possono sopravvenire a causa della riforma Monti-Fornero (ma vedremo che non è nell'apprendistato in sè che possono sorgere le principali fonti di criticità nella subiecta materia), questi sono i lineamenti essenziali della disciplina:

a) Numero di apprendisti da assumere: Il numero degli apprendisti che l'Azienda del Turismo può assumere non può essere in proporzione superiore a un apprendista per ogni lavoratore qualificato (sul punto, la riforma Monti-Fornero introduce il rapporto di tre apprendisti per ogni due lavoratori qualificati). In ogni caso, se il Datore di Lavoro non ha lavoratori qualificati, o ne ha meno di tre, può assumere apprendisti in misura non superiore a 03 (disposizione confermata nel Ddl Monti-Fornero). Nessuna limitazione numerico-dimensionale per le imprese artigiane ex. l. 443/85;
b) Percentuale di conferma in servizio: Nella disposizione del Turismo, la possibilità di assumere apprendisti è subordinata alla "stabilizzazione" del 70% degli apprendisti scaduti nei 24 mesi precedenti la chisura del rapporto (il Ddl Monti-Fornero lo eleva a 50%). Una disposizione, riconosciuta in sede sindacale, ma di cui finora si era negata l'efficacia preclusiva alla contrattualistica di apprendistato: con il DDL, parrebbe, invece, sorgere un vero e proprio divieto a contrarre (l'apprendistato), in difetto di tali presupposti. La disposizione, però, perentoria e secca in apparenza, è assai nebulosa quanto agli effetti pratici. Si consideri che la "trasformazione" non è accompagnata da specifici impegni alla stabilizzazione da parte del Datore, con rinuncia di recesso (quindi,  potrebbero favorirsi anche "trasformazioni" puramente strumentali!). E si giustifica poco all'indomani dell'introduzione del canone del "tempo indeterminato" (come base dell'apprendistato) e della maggiore flessibilità in uscita.
c) Formazione:
Ricchissime sono le specifiche del CCNL in punto di formazione: su questo piano, la disciplina del TU e del CCNL arricchisce e consolida molte disposizioni già emerse, a titolo di "buona prassi contrattuale", nel canone dell'apprendistato professionalizzante:
- La formazione va "verbalizzata" periodicamente (06 mesi dice il CCNL, senza definire il termine "perentorio") dal Datore, quanto a "risultati" in termini di competenze acquisite;
-La formazioen può essere formale e "informale" (termine su cui gli organi competenti dovranno fornire lumi);
-Dovrà svolgersi secondo un Piano Formativo Individuale (da redigersi, pena sanzioni amministrative, fino a 30 gg. successivi all'assunzione dell'apprendista): atto necessario ai fini di prova, per attestare che il rapporto è "speciale" e non di "diritto comune";
-I profili formativi che costituiranno il cannovaccio dell'apprendistato sono definiti dall'accordo, fino ad approvazione da parte della Regione, dell' offerta formativa ai sensi del TU dell'apprendistato;
- Questo il monte ore di formazione: 80 ore (livelli 2 e 3), 60 ore (livelli 4,5,6S), 40 ore (livello 6), riproporzionati ai mesi di lavoro per gli apprendistati stagionali, ridotti di 1/4 per le Aziende che si avvalgano dell'Ente Bilaterale (per consulenza sul PFI), ovvero impieghino l'apprendista in mansioni oggetto di competenza scolastica;
- E' facoltà dell'Azienda anticipare in tutto o in parte la formazione per gli anni successivi;
- Si possono cumulare i periodi di apprendistato svolti presso altro Datore di Lavoro se afferiscono alla stessa mansione e non sia trascorso un periodo di interruzione superiore ai 12 mesi;
-La formazione deve avere un termine finale certo: 30 gg. prima della "scadenza naturale" del contratto, durante i quali l'Azienda potrà liberamente recedere, dando congruo preavviso (ma attenzione che il regime retributivo di quest'ultimo scorcio, in assenza di chiarimenti ministeriali, è controverso nel regime del TU);
- Il parere degli Enti Bilaterali al PFI non può valere come "condizione sospensiva" per la stipulazione del contratto di apprendistato (si confermano disposizioni della Circ. Min. Lav. 40/2004), ma tale prassi gode di diversi incentivi.
N.B.: Questa è la parte da cui sorgono i principali obblighi di revisione del PFI attualmente in uso presso le Aziende del Turismo.
d) Part time: A differenza del settore Commercio, non ci sono limiti minimi al part time nell'apprendistato. Restano fermi i limiti minimi generali per i contratti di lavoro subordinato nel settore Turismo.
e) Apprendistato Stagionale: Era la novità del TU, che, dopo anni di controversie, lo assimilava ai contratti a tempo determinato, appare oggi, complice il ddl Monti-Fornero, l'istituto dalla sorte più incerta. Dal punto di vista tecnico-giuridico, il problema sorge perchè il TU ha descritto l'apprendistato stagionale con rinvio al D.lgs. 368/2001, proprio quello in corso di pesanti e non chiare modifiche da parte del Ddl governativo. Evidentemente, su questa contrattualistica, possono ricadere i maggiori contraccolpi dei notevoli irrigidimenti che il ddl sta imponendo ai rapporti a termine (in termini di maggiorazioni, di tempistica di stipula etc.). Nell'immediato, l'unico modo che è dato all'Azienda per cautelarsi è quello di riassumere l'apprendista stagionale oggi, secondo la nuova normativa, e riassumerlo domani ex novo sforando i termini di interruzione previsti per la "riassunzione" dell'apprendistato. Oppure, ricorrere all'apprendistato semplice (a tempo indeterminato) con la formula del part time verticale, articolato per i periodi di stagione (es. week end 25 aprile-01 maggio, giugno-settembre, dicembre e così via). Il punto va, quindi, attentamente monitorato.
f) Durata dell'apprendistato: 36 mesi (livelli 2, 3, 4, 5, 6S); 24 mesi (livelli 6);
g) Retribuzione e Inquadramento: La retribuzione degli apprendisti è quella corrispondente alla Qualifica di destinazione, ma con le seguenti percentuali: 80% (primo anno), 85% (secondo anno), 90% (terzo anno), 95% (quarto anno). La retribuzione resta "percentualizzata" fino al termine "naturale" del rapporto anche in caso di "qualificazione anticipata" dell'apprendista.
Dr. Giorgio Frabetti, Consulente d'Azienda 

RETRIBUZIONE PERSONALE IN APPALTO E RESPONSABILITA' SOLIDALE COMMITTENTE APPALTATORE: LE ULTIME NOVITA' DEL DL SEMPLIFICAZIONI


Molte le novità del DL Semplificazioni relativamente alla disciplina della "solidarietà" negli obblighi retributivi e contributivi del Committente/Appaltatore verso il Dipendente assunto in appalto.
Stiamo parlando della previsione già a suo tempo introdotta dall'art. 29 D.lgs. 276/2003 (qui da ultimo "novellata"), non della diversa ipotesi dell'art. 35 DL 223/2006 (inerente alla solidarietà negli appalti da ritenute fiscali).Con le nuove disposizioni, si stabillisce quanto segue:

a) L'obbligazione solidale negli appalti si estende anche alla retribuzione differita, con espressa inclusione del TFR;
b) Sono stati inclusi i "premi assicurativi" INAIL;
c) Sono escluse dal vincolo della responsabilità solidale le sanzioni civili per inadempienze retributive e contributive;
d) In caso di giudizio per il pagamento in solido dell'appaltatore, il Committente può aggredire il patrimonio di quest'ultimo. Resta ferma la disposizione secondo cui il regime della solidarietà negli appalti permane fino a due anni dalla cessazione dell'appalto.
A cura dello Studio Cdl Francesco Landi, in Ferrara
Vai al link FB https://www.facebook.com/notes/studio-landi-cdl-francesco/retribuzione-personale-in-appalto-e-responsabilita-solidale-committente-appaltat/339454719448776

mercoledì 18 aprile 2012

PARTITE IVA SENZA ALBO: UNA PACCATA DI CONTRIBUTI PER LA GESTIONE SEPARATA INPS

Salata la previdenza con il Ddl Monti-Fornero per i Professionisti senza albo, i quali vedono aumentare la contribuzione alla Gestione Separata INPS dal 26% al 33% entro il 2018 (art. 33 attuale), al pari degli altri para-subordinati. Stiamo parlando (stando a dati de Il Sole 24 ore di oggi) di 200mila liberi professionisti in Partita IVA, che svolgono le attività più diverse, dagli amministratori di condominio, ai tributaristi, ai grafologi. Una “paccata” di contributi, che alimenta il già pesante differenziale tra questa platea di professionisti e i professionisti “ordinati”, i quali versano un’aliquota previdenziale mediamente dal 10% al 14%. Riferisce al Sole 24 Ore la settimana scorsa, Giuseppe Lupoi, presidente COLAP (Coordinamento Libere Associazioni Professionali): “Dopo anni di battaglie per allineare la nostra aliquota contributiva con quelle previste per i Professionisti iscritti ad un Albo, ci ritroviamo una norma che prevede l’esatto contrario”. Di un errore si tratterebbe comunque secondo Lupoi. Deve essere sfuggito, cioè, al Governo che “dei 400mila iscritti alla Gestione Separata, la metà è costituita da Professionisti”. Una norma profondamente asimmetrica, oltrechè penalizzante, secondo Riccardo Alemanno, Presidente dell’Istituto Nazionale tributaristi, che invoca un distinguo tra le figure della parasubordinazione e quella dei Professionisti veri e propri, per riequilibrare il rapporto in termini di contributi tra Professioni Ordinistiche e non Ordinistiche. Molto sentita per Alemanno è la comune preoccupazione dei tributaristi di non vedersi penalizzati in termini di tariffa dai Commercialisti. In ogni caso, dal punto di vista tecnico, l’obiezione merita ascolto: se, infatti, come suggerito anche dalla Fondazione Studi CDL nella sua Circolare di commento al Ddl Fornero, è giustificata un’assimilazione almeno economica alla contribuzione INPS del lavoro dipendente per impedire abusi nell’utilizzazione delle co.co.co. e delle Partite IVA, per le Professioni regolarmente avviate, la penalizzazione economica e gli effetti potenziali di sviamento di Clientela sono significativi: e questo, nonostante i conclamati intenti degli ultimi Governi di valorizzare al massimo la competitività nella prestazione dei servizi professionali.

martedì 17 aprile 2012

AL 26 APRILE LA RIPRESA DELLE TRATTATIVE PER GLI STUDI PROFESSIONALI


Ufficio_Stampa_FILCAMS_CGIL_Nazionale@filcams.cgil.it

Contratto Nazionale Studi professionali


Il 26 aprile riprende la trattativa per la definizione di alcuni aspetti importanti del contratto nazionale degli studi professionali rinnovato lo scorso novembre.
Come previsto dal contratto, infatti, alcune materie prevedevano la costituzione di apposite commissioni contrattuali, o la costituzione di gruppi di lavoro dedicati.
Tra i temi che saranno affrontati nel prossimo incontro: Apprendistato (anche per i praticanti), tutele per le partite IVA e i collaboratori; classificazione e declaratoria dei profili professionali per l’area giuridica e tecnica, nomina commissione pari opportunità.
La Filcams Cgil, in collaborazione con i Giovani della Cgil, il Nidil Cgil, Iva sei partita e l’Associazione VI, piano sta per lanciare una campagna di comunicazione per coinvolgere praticanti e professionisti.

QUANDO AZIENDA E DIPENDENTE SI ACCORDANO SUL ... NETTO!


Gli "accordi sul netto" Datore di Lavoro-Lavoratore sono frequentemente fonte di equivoci, se non di conflitti, tra Lavoratori ed Aziende. Ecco, quindi, che ne urge un congruo inquadramento dei suoi essenziali tratti tecnico-giuridici.
Anzitutto, la questione del "netto in busta paga" si presenta ad un primo livello come un complesso problema di interpretazione del contratto di lavoro, della busta paga e dei documenti contabili. E certo in questa fattispecie, si pone un problema di accertamento dalla non semplice soluzione: come accorgersi cioè che tra Datore di Lavoro e Lavoratore è intervenuto un accordo per un certo risultato netto?
E' evidente che stiamo parlando di una fattispecie di accordo evidentemente "in chiaro" e non di accordi "al nero" (anche se spesso tali accordi sono assunti in una "zona grigia" che lascia traccia nelle anomalie contabili delle Aziende). E già questo costituisce un primo ostacolo pratico non da poco, rendendo molto oneroso e difficoltoso l'orientamento operativo.
La questione di per sè si lascia più apprezzare sul versante del diritto comune dei contratti che dal punto di vista giuslavoristico. La tangenza degli "accordi sul netto" con i vincoli giuslavoristici, infatti, è puramente teorica e di scuola, ossia nel caso in cui il "netto pattuito" fosse inferiore ai minimi sindacali ex. art. 36 Cost. Ipotesi, quest'ultima, puramente di scuola, poichè detti accordi sono nella pratica concepiti per "andare oltre" i minimi retributivi.
Di massima questi possono considerarsi indici tipici:

- Clausola contrattuale di salvaguardia di un certo risultato economico netto: è l'emergenza documentale più chiara, diretta e trasparente;
- Esistenza in busta paga di un "integrativo mobile": anche in assenza di contratto, questa voce retributiva presuppone che Azienda e Lavoratore vogliono ... un certo risultato netto in termini di retribuzione;
- Ad personam: Qui la questione si fa più complessa, anche in relazione alla non sempre coerente e convincente giurisprudenza di Cassazione che si è pronunciata sul significato da dare a questa voce, in assenza di accordo o di qualsiasi altra scrittura o dicitura contabile, in ordine alla sua assorbibilità rispetto a futuri incrementi contrattuali.

E' evidentemente quest'ultima fattispecie a meritare una speciale attenzione e considerazione.
Quindi, per ricostruire il significato reale che riveste una voce ad personam, non diversamente qualificata dalle Parti, è necessario ricorrere ai canoni di interpretazione del contratto codificati ex. art. 1362 ss del Codice Civile, codificati specialmente per quella metodica detta "interpretazione soggettiva": della serie, dove hanno "voluto parare" le parti? Quali intenzioni avevano realmente?
Ora, per comprendere il verosimile risultato netto che le parti si ripromettevano con la fissazione dell'ad personam, occorre rifarsi alla busta paga del primo mese di lavoro, date le vigenti tabelle retributive e aliquote contributive. Soluzione draconiana? Soluzione riduttiva? Assolutamente no, e personalmente siamo a sfidare chiunque intenda trovare un criterio ricostruttivo alternativo. Se, infatti, al momento dell'assunzione vigono le tabelle retributive, le aliquote fiscali, contributive etc., le tipologie di detrazione etc., l'ad personam consente il raggiungimento di un certo risultato netto, Noi dobbiamo presupporre che quel risultato netto costituisce l'obiettivo delle parti. Solo questo può essere un numero accettabile, su cui il Lavoratore (in termini di salario) e l'Azienda (in termini di costi) possono riporre un legittimo affidamento giuridico.
Ma attenzione: in queste convenzioni, non si pone solo un problema di numeri, ma anche un problema di delimitare la reale portata degli accordi, in relazione alla volontà contrattuale che si può ritenere ricostruibile con sufficiente attendibilità.
Ora, l'accordo deve essere inteso come un punto di equilibrio e di integrazione tra l'aspettativa del netto del Dipendente e la programmazione di costo del Datore. In questo senso, la manifestazione di tale volontà pare potersi ragionevolmente  incorporare solo nell'assunzione e nel contesto contabile allora disponibile: solo questo deve cioè considerarsi il contesto adeguato, la "causa efficiente" che ha spinto le parti all'accordo, ossia la base informativa su cui Datore di Lavoro e Dipendente possono aver espresso un accordo.
A riprova della complessità del problema, non può farsi a meno di notare come nei cd "accordi sul netto" venga anche in considerazione il problema di come questi importi si palesino in busta paga: in "mesi di calendario", ovvero su mensilità contrattualizzate (calendario e supplementari). Aspetto molto significativo dal punto di vista pratico, ma che per completezza le parti devono considerare. In particolare, per evitare evidenti abusi, tale importo netto, per essere apprezzato come elemento economico significativo dal punto di vista dell'impegno contrattuale, non può che essere riferito all' "anno", ossia al corrispondente importo di costo che l'Azienda ha accettato come base della contabilizzazione annuale di bilancio: elemento solo che deve essere considerato per verificare quale sia il reale punto di equilibrio e di convergenza tra le parti.
Di qui, in assenza di altre risultanze negoziale, non si può che considerare raggiunto l'accordo sul risultato netto disponibile dalle rilevazioni annuali o infra-annuali relative alla durata del rapporto (così come contabilizzato al lordo in bilancio) e secondo le cadenze di liquidazione di cui al CCNL.Punto e basta.
Soluzioni alternative non ce ne sono, anche per l'evidente assurdità e illogicità di soluzioni differenti.
Una facile obiezione, di solito avanzata dai Dipendenti, è che l'ad personam non solo non sia assorbibile, ma addirittura si aggiunga ad eventuali incrementi di rinnovo CCNL; portando così la retribuzione a crescere non solo degli incrementi di CCNL, ma anche ... dell'ad personam. Soluzione suggestiva all'apparenza, ma assurda in termini sia giuridici, sia contabili.Certo, c'è sempre il Datore che firma contratti-capestro. In assenza di accordo specifico, però, non può mai pervenirsi ad un simile risultato.Assumendo come pacifica cioè l'idea di una simile "anelasticità" dell'ad personam rispetto alla retribuzione, ne deriverebbe che il costo del personale in capo all'Azienda finirebbe per crescere, senza che l'Azienda possa interloquire. Un'interpretazione questa però palesemente contraria a "buona fede contrattuale" (art. 1375 Codice Civile) e che, viceversa, attenti canoni di interpretazione contrattuale portano con sicurezza ad escludere.  In effetti, sarebbe altrimenti troppo comodo "spiazzare" la controparte (datorile in questo caso) imponendole prestazioni non esigibili al momento del contratto, e che, se conosciute, avrebbero certamente mutato la prospettiva e la stessa possibilità di conclusione dell'accordo. Accordi, che, invece, una volta assunti devono essere salvaguardati (art. 1372 del Codice Civile). L'accordo sul netto fissa sì un risultato per il Lavoratore, ma nell'ambito contemporaneamente di un "paletto" di budget che l'Azienda ha provveduto a valutare come congruo e coerente; e di cui l'Azienda è nel pieno diritto di chiedere la tutela e il rispetto da parte del Lavoratore!
 Come comportarsi, quindi, in caso di aumenti della retribuzione?
I canoni di "interpretazione soggettiva" sopra esplicitati ci inducono ad operare le seguenti considerazioni. Lungi da noi l'idea che con gli "accordi sul netto", Aziende e Lavoratori possano identificare nel dettaglio la struttura della busta paga; più semplicemente, si accordano su un obiettivo economico (salario per il Lavoratore, costo aziendale per il Datore). Obiettivo che a questo punto, in assenza di diversi accordi, deve ritenersi confermato anche in caso di incrementi contrattuali! Sia sul versante del Lavoratore, sia sul versante dell'Azienda.
A questo punto, non vi è chi non veda come tale accordo sul "risultato netto" sia per conseguenza logica da intendere nei termini analoghi di un "massimale", che, in caso di incrementi, stabilizza la retribuzione agli importi dati!
In conseguenza, è inevitabile che, in presenza di aumenti, la struttura del prospetto paga debba essere rivista nei termini di un assorbimento dell'ad personam, corollario contabile logico connesso alla ratio di stabilizzazione economica ivi dedotta. E quando parliamo di "massimale", vogliamo dire che l'ad personam è destinato ad assorbirsi del tutto, qualora lo sviluppo delle retribuzioni, frattanto evidenziatosi, eguagli o superi il risultato netto programmato all'inizio dalle parti. A questo punto, non vi è chi non veda come l'accordo debba ritenersi inutile, esaurito e non più vincolante. E' evidente, quindi, che, per ritenere vincolanti disposizioni "sul netto" difformi da quanto fin qui esposto (evidentemente invocati dal Lavoratore) serve un'esplicita base di accordo che in modo chiaro e inequivoco (scritto o non scritto che sia) disponga diversamente: per es. la non assorbibilità dell'ad personam, ovvero la destinazione dell'ad personam a disporre aumenti contrattuali superiori a quelli a breve prevedibili etc. Se questo non risulta, nulla si può pretendere.
Francesco Landi, Consulente del Lavoro in Ferrara
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