Poche le novità del DL Lavoro (DL
76/2013) in materia di apprendistato, solo qualche intervento "di
cacciavite", secondo la felicissima espressione di Nevio Bianchi.
In prima battuta, va precisato che i
principali assestamenti riguardano l'apprendistato professionalizzante o di
mestiere, e praticamente nulla è riservato alle altre figure contrattuali.
L'unica disposizione che riguarda, per lo meno indirettamente, l'apprendistato
per "qualifica professionale" (per i minorenni) non fa che
evidenziare l'insufficienza di una contrattualistica di fatto ritenuta da
Aziende e Consulenti troppo rigida (perchè misura l'adempimento della
formazione sulla "qualifica" e non sulla "qualificazione; ma sul
punto torneremo tra pochissimo).
Interventi "di cacciavite",
dicevamo.
Nel progetto originario, il DL Lavoro
fissava alcuni criteri-regole base che, al 30/09/2013, avrebbero dovuto essere
recepite dalla Conferenza Stato-Regioni in apposite Linee-Guida per
l'apprendistato professionalizzante. Inizialmente, trattavasi di
semplificazioni che riguardavano le Piccole Medie Imprese, riguardate secondo
le disposizioni della Raccomandazione della Commissione UE del 06/05/2003. Una
maledetta complicazione (alla faccia della semplificazione!), che finiva per
sovrapporre una nozione di "impresa" e di "base
occupazionale" dettata per la disciplina UE degli aiuti di Stato e
assolutamente non sovrapponibile con la dimensione "lavoristica"
tendenzialmente fissata nel rinvenire il discriminare tra piccola/grande
impresa nella sussistenza di più/meno di 15 Dipendenti. Un passaggio
quest'ultimo eliminato in sede di conversione del DL in legge. Così come, in
sede parlamentare, è stato eliminato il disposto che limitava le disposizioni
di "semplificazione" (da recepirsi in Linee Guida Stato-Regione) alle
assunzioni di apprendisti fino al 31/12/2012. Ora, queste disposizioni
riguardano tutte le imprese (anche con più di 15 Dipendenti) e tutte le
assunzioni, senza limiti di tempo.
Ma quali sarebbero queste
semplificazioni?
Le semplificazioni sono essenzialmente
tre:
a) Piano formativo individuale: potrà
essere reso obbligatorio solo in relazione alla formazione per l'acquisizione
delle competenze tecnico-professionali e specialistiche;
b) Registrazione della
formazione e della qualifica professionale ai fini contrattuali:Tale attestazione
dovrà essere effettuata in un documento avente i requisiti minimi del modello
di libretto formativo del cittadino di cui al Dm 10/10/2005.
c) Imprese multilocalizzate: La formazione
potrà avvenire secondo la disciplina della Regione dove l'Azienda ha sede
legale.
IMPORTANTE: Se entro
il 30/09 pv la Conferenza Stato-Regioni non avrà recepito queste indicazioni in
un atto di Linee Guida, le predette disposizioni saranno immediatamente
operative e saranno anche fatte valere in sede ispettiva!
Non è il massimo come semplificazione,
ma certamente queste semplificazioni erano attese dopo il non esaltante esito
applicativo della Circolare Min. Lav. 05/2013, che in merito all'accertamento
della formazione ha rivelato rigidità e appesantimenti.
Con questo, però, occorre porsi un
quesito preliminare: ma per quale motivo, lo Stato decide di coinvolgere le
Regioni nella disciplina del rapporto di apprendistato, dopo che queste erano
state pesantemente ridimensionate dal TU del 2011 a tutto vantaggio della
contrattazione collettiva?
Ora, per iniziare ad articolare una
verosimile pista di risposta, si deve partire dall'art. 07 TU che aveva
circoscritto la competenza della Regione nella definizione dell'offerta
formativa; offerta, in qualche modo, cedevole rispetto alla contrattazione
collettiva, dato che in assenza di offerta regionale, sarebbe prevalsa quella
collettiva. Ma questa disposizione sarebbe servita, nella visione del TU, a
circoscrivere per la Regione un ruolo eminentemente tecnico, senza che dalle
disposizioni regionali potessero determinarsi altri influssi sulla gestione del
contratto (rimessa alla legge statale per competenza esclusiva da "ordinamento
civile" come riconosciuto da Corte Cost. 50/2005).
E' probabile, allora, che il DL Lavoro
abbia voluto intervenire su questo solco per chiarire alcuni residui equivoci
che si frapponevano ad una piena recezione dello "spirito" del TU.
Venendo al punto a), la disposizione
deve limpidamente intendersi nel senso che, ai fini del giudizio di
"adempimento" dell'obbligo formativo del Datore (passibile di
disposizione, vedi Circ. Min. Lav. 35/2013) devono venire in
considerazione prioritariamente in rilievo le ore di formazione
tecnica. Se si mette a confronto questo passaggio del DL Lavoro, con il
passaggio della Circolare Min. Lav. 05/2013 ci si accorge del vero motivo della
semplificazione. Ottusamente, la Circolare 05/2013, nel fissare le soglie percentuali
di adempimento/inadempimento della formazione, parametrava tale percentuale
alle "ore del PFI" con ciò conglobando sia le ore di formazione
tecnica e le ore ore di formazione trasversali e altro (evidentemente meno o
non "essenziali" ai fini dell'adempimento formativo del Datore), con
evidente penalizzazione delle Aziende. Il DL, sul punto specifico, recepisce
l'interpretazione più duttile e intelligente che, fissando
"l'obbligo" del PFI alla sola formazione tecnica, determina la
rilevanza nel "conto ore" della formazione alle sole ore di
formazione tecnica ai fini del potere di "disposizione" degli
Ispettori ex D.lgs. 124/2004 (una riforma, vedremo, parzialmente paralizzata
dal Ministero del Lavoro con la Circolare 35/2013).
Ma a cosa miri questa semplificazione, è
dato che emerge a mio giudizio ancora più chiaramente dal punto b).
Come va intesa questa disposizione?
Questa disposizione patrocina un adeguamento degli oneri di registrazione
formale della formazione non alle "qualifiche" astrattamente intese
dal piano formativo, ma alle qualifiche sviluppate in Azienda, in un'evidente
prospettiva di favore verso la occupabilità dell'apprendista. Una disposizione
non a caso inizialmente prevista per le PMI (che da tempo invocavano simili
adeguamenti) e che si coglie proprio dall'apparente endiadi "registrazione
della formazione e della qualifica ai fini contrattuali". Parlare di
"qualifica ai fini contrattuali" (in aggiunta a
"formazione") non avrebbe senso alcuno, se non fosse intenzione del
legislatore fissare la rilevanza degli eventi formativi da registrare non solo
alla formazione vera e propria (ossia da "offerta regionale"), ma
anche alla "qualificazione", ovvero alla formazione
"adattata" contrattualmente alla "capacità formativa
dell'Azienda" e alla realtà dell'apprendista: caso classico l'apprendista
che abbia svolto in precedenza periodi di apprendistato non conclusi o altre
attitudini sviluppate in altri rapporti, rendendo possibile l'apprendistato per
l'apprendimento di competenze residue (vedi Interpello Min. Lav. 08/2007).
E che questa sia la policy del
DL lavoro è reso, a mio giudizio, assolutamente chiaro dal passaggio dello
stesso DL (art. 09.03°comma):
“successivamente al conseguimento della
qualifica o diploma professionale ai sensi del decreto legislativo 17
ottobre 2005, n. 226, allo scopo di conseguire la qualifica professionale ai
fini contrattuali, è possibile la trasformazione del contratto in apprendistato
professionalizzante o contratto di mestiere; in tal caso la durata massima complessiva
dei due periodi di apprendistato non può eccedere quella individuata dalla
contrattazione collettiva di cui al presente decreto legislativo”.
Che bisogno ci sarebbe di far svolgere
l'apprendistato ad un soggetto neo-maggiorenne già in possesso della relativa
"qualifica"? Il bisogno c'è nella misura in cui l'Azienda possa
valutare che il neo-maggiorenne debba completare il ciclo di
"qualificazione" apprendendo nozioni complementari, riferite non ad
un apparato astratto di competenze, ma ad un assetto di competenze concrete
spendibili sul campo.
In questo senso, è chiara e credo
inconfutabile la linea di politica del diritto che emerge dal DL: favorire
nell'interesse delle PMI (le più rappresentative in Italia) una disciplina
dell'apprendistato parametrata sulle loro necessità formative. In questo senso,
lo strumento delle Linee Guida è teso a coinvolgere le Regioni
in un processo di revisione del catalogo formativo, affinchè sia meno astratto
e accademico e più aderente ai concreti contesti aziendali.
Non è molto, ma sono comunque passi
avanti.
Ma a un passo avanti, corrispondono due
passi indietro! intorbidare, infatti, il quadro dellapolicy semplificatoria
interviene la lettera c).
Venendo a parlare delle "imprese
multilocalizzate", la legge introduce un criterio (regressivo, come
vedremo) secondo cui in caso di imprese localizzate in più Regioni si applica
la disciplina regionale dove l'impresa ha sede legale. Una formulazione
infelicissima, dato che l'apprendistato, in quanto contratto, non è regolato
dalla legge regionale, ma dalla legge civile; al massimo questo rinvio avrebbe
potuto intendersi alla "offerta formativa" regionale. In realtà, di
tale rinvio non ci sarebbe stato bisogno in un disegno legislativo ispirato a
semplificazione e ad una visione degli obblighi formativi più calata nella
pratica realtà aziendale, con prevalenza della "competenza tecnica",
che verosimilmente avrebbero dovuto rendere più uniforme e omoegei i rapporti
formativi parificandoli alle mansioni/qualifiche da acquisire. E di cui ci
sarebbe stato ancora meno bisogno, se, fissato nel CCNL la base per la
regolamentazione dell'apprendistato (come nello "spirito" del TU), si
fosse poi rilasciata l'individuazione della sede regionale ai meri adempimenti
amministrativi quali comunicazione al Centro per l'Impiego etc. sfrondando la
burocrazia e le comunicazioni regionali sull'apprendistato in essere nelle
Regioni, come adempimenti non necessari.
E sarà proprio a partire dalle pessime
disposizioni sulle "imprese multilocalizzate" che il Ministero del
Lavoro inizia in via amministrativa un'opera di ridimensionamento, che di fatto
ostacola il potenziale riformatore del DL Lavoro.
Dopo aver affermato a chiare lettere
questo criterio di semplificazione, il Ministero, con Circolare 35/2013,
prendendo proprio le mosse dalla disciplina delle "imprese
multilocalizzate", tiene a ribadire che la disciplina regionale, quanto a
durata e contenuti di formazione (base, traversale, durata) resta
obbligatoria.
Questa disposizione pare fare a pugni
con quanto appena detto prima: e cioè se la predisposizione del PFI è
obbligatoria solo per la formazione tecnica, e se di fatto questo è l'unico
parametro di giudizio dell'inadempimento del Datore, e se anche l'impresa
multilocalizzata può accedere alle stesse semplificazioni al PFI, a cosa serve
affermare l'obbligo dell'osservanza della formazione regionale?
Due obblighi ... che paiono confliggere
tra di loro!
A mio modesto giudizio, questa
sensazione di contraddizione, si può superare solo presupponendo che il
Ministero abbia recepito tali disposizioni di semplificazione solo come
"norme contrattuali dispositive/cedevoli", valide e rilevanti ai fini
dell'ispezione, solo e in quanto siano recepite nel PFI. Ma nella misura in cui
il PFI nulla specifichi, allora lì il Ministero si riserva di valutare
l'adempimento formativo in relazione alla globalità dell'offerta formativa
evidentemente regionale. In altre parole, il Ministero resta fermo nella sua
(ottusa) posizione di ritenere "essenziale" ai fini del giudizio
dell'adempimento/inadempimento formativo del Datore il "Monte-ore"
globale di cui all'offerta formativa, ignorando del tutto l'altro criterio
codificato dal DL Lavoro: che diverrà rilevante solo se espressamente
richiamato nel Piano Formativo dell'apprendista dall'Azienda.
Un orientamento
palesemente inaccettabile e giuridicamente arbitrario (perchè
iniquamente sbilanciato sulla "comodità" degli Uffici Ispettivi), che
è da rivedere energicamente, non solo in vista di una più equilibrata
considerazione dei principi civilistici in materia di inadempimento
contrattuale nell'apprendistato (l'apprendistato è un contratto!), tarati sull'
"essenzialità" dell'inadempimento, ma che in fondo recepisca quanto
dice lo stesso DL, che già fissa questa soglia di "essenziale
adempimento" dell'obbligo formativo dell'apprendista alle "competenze
tecniche".
Dr. Giorgio Frabetti, Profilo Linkedin: http://www.linkedin.com/profile/view?id=209819076&goback=%2Enmp_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1&trk=tab_pro
Collaboratore Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro, Ferrara
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