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giovedì 12 settembre 2013

APPRENDISTATO PER PMI, UN PASSO AVANTI, DUE INDIETRO: PRIMI COMMENTI AL DL LAVORO

Poche le novità del DL Lavoro (DL 76/2013) in materia di apprendistato, solo qualche intervento "di cacciavite", secondo la felicissima espressione di Nevio Bianchi.
In prima battuta, va precisato che i principali assestamenti riguardano l'apprendistato professionalizzante o di mestiere, e praticamente nulla è riservato alle altre figure contrattuali. L'unica disposizione che riguarda, per lo meno indirettamente, l'apprendistato per "qualifica professionale" (per i minorenni) non fa che evidenziare l'insufficienza di una contrattualistica di fatto ritenuta da Aziende e Consulenti troppo rigida (perchè misura l'adempimento della formazione sulla "qualifica" e non sulla "qualificazione; ma sul punto torneremo tra pochissimo).
Interventi "di cacciavite", dicevamo.
Nel progetto originario, il DL Lavoro fissava alcuni criteri-regole base che, al 30/09/2013, avrebbero dovuto essere recepite dalla Conferenza Stato-Regioni in apposite Linee-Guida per l'apprendistato professionalizzante. Inizialmente, trattavasi di semplificazioni che riguardavano le Piccole Medie Imprese, riguardate secondo le disposizioni della Raccomandazione della Commissione UE del 06/05/2003. Una maledetta complicazione (alla faccia della semplificazione!), che finiva per sovrapporre una nozione di "impresa" e di "base occupazionale" dettata per la disciplina UE degli aiuti di Stato e assolutamente non sovrapponibile con la dimensione "lavoristica" tendenzialmente fissata nel rinvenire il discriminare tra piccola/grande impresa nella sussistenza di più/meno di 15 Dipendenti. Un passaggio quest'ultimo eliminato in sede di conversione del DL in legge. Così come, in sede parlamentare, è stato eliminato il disposto che limitava le disposizioni di "semplificazione" (da recepirsi in Linee Guida Stato-Regione) alle assunzioni di apprendisti fino al 31/12/2012. Ora, queste disposizioni riguardano tutte le imprese (anche con più di 15 Dipendenti) e tutte le assunzioni, senza limiti di tempo.
Ma quali sarebbero queste semplificazioni?
Le semplificazioni sono essenzialmente tre:

a) Piano formativo individuale: potrà essere reso obbligatorio solo in relazione alla formazione per l'acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche;
b) Registrazione della formazione e della qualifica professionale ai fini contrattuali:Tale attestazione dovrà essere effettuata in un documento avente i requisiti minimi del modello di libretto formativo del cittadino di cui al Dm 10/10/2005.
c) Imprese multilocalizzate: La formazione potrà avvenire secondo la disciplina della Regione dove l'Azienda ha sede legale.

IMPORTANTE: Se entro il 30/09 pv la Conferenza Stato-Regioni non avrà recepito queste indicazioni in un atto di Linee Guida, le predette disposizioni saranno immediatamente operative e saranno anche fatte valere in sede ispettiva!
Non è il massimo come semplificazione, ma certamente queste semplificazioni erano attese dopo il non esaltante esito applicativo della Circolare Min. Lav. 05/2013, che in merito all'accertamento della formazione ha rivelato rigidità e appesantimenti.
Con questo, però, occorre porsi un quesito preliminare: ma per quale motivo, lo Stato decide di coinvolgere le Regioni nella disciplina del rapporto di apprendistato, dopo che queste erano state pesantemente ridimensionate dal TU del 2011 a tutto vantaggio della contrattazione collettiva?
Ora, per iniziare ad articolare una verosimile pista di risposta, si deve partire dall'art. 07 TU che aveva circoscritto la competenza della Regione nella definizione dell'offerta formativa; offerta, in qualche modo, cedevole rispetto alla contrattazione collettiva, dato che in assenza di offerta regionale, sarebbe prevalsa quella collettiva. Ma questa disposizione sarebbe servita, nella visione del TU, a circoscrivere per la Regione un ruolo eminentemente tecnico, senza che dalle disposizioni regionali potessero determinarsi altri influssi sulla gestione del contratto (rimessa alla legge statale per competenza esclusiva da "ordinamento civile" come riconosciuto da Corte Cost. 50/2005).
E' probabile, allora, che il DL Lavoro abbia voluto intervenire su questo solco per chiarire alcuni residui equivoci che si frapponevano ad una piena recezione dello "spirito" del TU.
Venendo al punto a), la disposizione deve limpidamente intendersi nel senso che, ai fini del giudizio di "adempimento" dell'obbligo formativo del Datore (passibile di disposizione, vedi Circ. Min. Lav. 35/2013) devono venire in considerazione prioritariamente in rilievo le ore di formazione tecnica. Se si mette a confronto questo passaggio del DL Lavoro, con il passaggio della Circolare Min. Lav. 05/2013 ci si accorge del vero motivo della semplificazione. Ottusamente, la Circolare 05/2013, nel fissare le soglie percentuali di adempimento/inadempimento della formazione, parametrava tale percentuale alle "ore del PFI" con ciò conglobando sia le ore di formazione tecnica e le ore ore di formazione trasversali e altro (evidentemente meno o non "essenziali" ai fini dell'adempimento formativo del Datore), con evidente penalizzazione delle Aziende. Il DL, sul punto specifico, recepisce l'interpretazione più duttile e intelligente che, fissando "l'obbligo" del PFI alla sola formazione tecnica, determina la rilevanza nel "conto ore" della formazione alle sole ore di formazione tecnica ai fini del potere di "disposizione" degli Ispettori ex D.lgs. 124/2004 (una riforma, vedremo, parzialmente paralizzata dal Ministero del Lavoro con la Circolare 35/2013).
Ma a cosa miri questa semplificazione, è dato che emerge a mio giudizio ancora più chiaramente dal punto b).
Come va intesa questa disposizione? Questa disposizione patrocina un adeguamento degli oneri di registrazione formale della formazione non alle "qualifiche" astrattamente intese dal piano formativo, ma alle qualifiche sviluppate in Azienda, in un'evidente prospettiva di favore verso la occupabilità dell'apprendista. Una disposizione non a caso inizialmente prevista per le PMI (che da tempo invocavano simili adeguamenti) e che si coglie proprio dall'apparente endiadi "registrazione della formazione e della qualifica ai fini contrattuali". Parlare di "qualifica ai fini contrattuali" (in aggiunta a "formazione") non avrebbe senso alcuno, se non fosse intenzione del legislatore fissare la rilevanza degli eventi formativi da registrare non solo alla formazione vera e propria (ossia da "offerta regionale"), ma anche alla "qualificazione", ovvero alla formazione "adattata" contrattualmente alla "capacità formativa dell'Azienda" e alla realtà dell'apprendista: caso classico l'apprendista che abbia svolto in precedenza periodi di apprendistato non conclusi o altre attitudini sviluppate in altri rapporti, rendendo possibile l'apprendistato per l'apprendimento di competenze residue (vedi Interpello Min. Lav. 08/2007).
E che questa sia la policy del DL lavoro è reso, a mio giudizio, assolutamente chiaro dal passaggio dello stesso DL (art. 09.03°comma):

“successivamente al conseguimento della qualifica o diploma professionale ai sensi del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, allo scopo di conseguire la qualifica professionale ai fini contrattuali, è possibile la trasformazione del contratto in apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere; in tal caso la durata massima complessiva dei due periodi di apprendistato non può eccedere quella individuata dalla contrattazione collettiva di cui al presente decreto legislativo”.

Che bisogno ci sarebbe di far svolgere l'apprendistato ad un soggetto neo-maggiorenne già in possesso della relativa "qualifica"? Il bisogno c'è nella misura in cui l'Azienda possa valutare che il neo-maggiorenne debba completare il ciclo di "qualificazione" apprendendo nozioni complementari, riferite non ad un apparato astratto di competenze, ma ad un assetto di competenze concrete spendibili sul campo.
In questo senso, è chiara e credo inconfutabile la linea di politica del diritto che emerge dal DL: favorire nell'interesse delle PMI (le più rappresentative in Italia) una disciplina dell'apprendistato parametrata sulle loro necessità formative. In questo senso, lo strumento delle Linee Guida è teso a coinvolgere le Regioni in un processo di revisione del catalogo formativo, affinchè sia meno astratto e accademico e più aderente ai concreti contesti aziendali.
Non è molto, ma sono comunque passi avanti.
Ma a un passo avanti, corrispondono due passi indietro! intorbidare, infatti, il quadro dellapolicy semplificatoria interviene la lettera c).
Venendo a parlare delle "imprese multilocalizzate", la legge introduce un criterio (regressivo, come vedremo) secondo cui in caso di imprese localizzate in più Regioni si applica la disciplina regionale dove l'impresa ha sede legale. Una formulazione infelicissima, dato che l'apprendistato, in quanto contratto, non è regolato dalla legge regionale, ma dalla legge civile; al massimo questo rinvio avrebbe potuto intendersi alla "offerta formativa" regionale. In realtà, di tale rinvio non ci sarebbe stato bisogno in un disegno legislativo ispirato a semplificazione e ad una visione degli obblighi formativi più calata nella pratica realtà aziendale, con prevalenza della "competenza tecnica", che verosimilmente avrebbero dovuto rendere più uniforme e omoegei i rapporti formativi parificandoli alle mansioni/qualifiche da acquisire. E di cui ci sarebbe stato ancora meno bisogno, se, fissato nel CCNL la base per la regolamentazione dell'apprendistato (come nello "spirito" del TU), si fosse poi rilasciata l'individuazione della sede regionale ai meri adempimenti amministrativi quali comunicazione al Centro per l'Impiego etc. sfrondando la burocrazia e le comunicazioni regionali sull'apprendistato in essere nelle Regioni, come adempimenti non necessari.
E sarà proprio a partire dalle pessime disposizioni sulle "imprese multilocalizzate" che il Ministero del Lavoro inizia in via amministrativa un'opera di ridimensionamento, che di fatto ostacola il potenziale riformatore del DL Lavoro.
Dopo aver affermato a chiare lettere questo criterio di semplificazione, il Ministero, con Circolare 35/2013, prendendo proprio le mosse dalla disciplina delle "imprese multilocalizzate", tiene a ribadire che la disciplina regionale, quanto a durata e contenuti di formazione (base, traversale, durata) resta obbligatoria. 
Questa disposizione pare fare a pugni con quanto appena detto prima: e cioè se la predisposizione del PFI è obbligatoria solo per la formazione tecnica, e se di fatto questo è l'unico parametro di giudizio dell'inadempimento del Datore, e se anche l'impresa multilocalizzata può accedere alle stesse semplificazioni al PFI, a cosa serve affermare l'obbligo dell'osservanza della formazione regionale?
Due obblighi ... che paiono confliggere tra di loro!
A mio modesto giudizio, questa sensazione di contraddizione, si può superare solo presupponendo che il Ministero abbia recepito tali disposizioni di semplificazione solo come "norme contrattuali dispositive/cedevoli", valide e rilevanti ai fini dell'ispezione, solo e in quanto siano recepite nel PFI. Ma nella misura in cui il PFI nulla specifichi, allora lì il Ministero si riserva di valutare l'adempimento formativo in relazione alla globalità dell'offerta formativa evidentemente regionale. In altre parole, il Ministero resta fermo nella sua (ottusa) posizione di ritenere "essenziale" ai fini del giudizio dell'adempimento/inadempimento formativo del Datore il "Monte-ore" globale di cui all'offerta formativa, ignorando del tutto l'altro criterio codificato dal DL Lavoro: che diverrà rilevante solo se espressamente richiamato nel Piano Formativo dell'apprendista dall'Azienda.

Un orientamento palesemente inaccettabile e giuridicamente arbitrario (perchè iniquamente sbilanciato sulla "comodità" degli Uffici Ispettivi), che è da rivedere energicamente, non solo in vista di una più equilibrata considerazione dei principi civilistici in materia di inadempimento contrattuale nell'apprendistato (l'apprendistato è un contratto!), tarati sull' "essenzialità" dell'inadempimento, ma che in fondo recepisca quanto dice lo stesso DL, che già fissa questa soglia di "essenziale adempimento" dell'obbligo formativo dell'apprendista alle "competenze tecniche".

Collaboratore Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro, Ferrara
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