Quesito:
Una Signora collabora da molti anni come
cassiera nella Pizzeria da asporto del marito, il fatto è
notorio. Il marito pizzaiolo riceve un Verbale della DTL provinciale
dove si intima il pagamento della maxisanzione (pena la sospensione del locale)
per l'assenza dell'iscrizione della mia moglie all'INAIL, quale
"Collaboratrice familiare". Cosa può fare il Pizzaiolo per
difendersi?
Risposta:
L'operato degli organi di vigilanza della DTL nasce, come
noto, dal dettato letterale della Circolare 38/2010 del Ministero del Lavoro
(mai superata) che considera "lavoro dipendente" prestato in "nero", come tale
passibile di maxisanzione (e di sospensione dell'attività imprenditoriale nei
casi più gravi ex. D.lgs. 81/2008) il lavoro svolto dal Familiare Coadiuvante
che non risulti iscritto all'assicurazione INAIL come "prestatore d'opera
manuale" o "sovraintendente l'opera altrui" ai sensi dell'art. 04.01°comma nr.
06) DRP 1124/1965 e che non risulti oggetto delle comunicazioni all'INAIL di cui
all'art. 23 DPR cit.
Con riguardo al lavoro dei familiari, questa determinazione
ministeriale fa discendere una presunzione di lavoro subordinato (dipendente
dall'assenza della comunicazione del Socio familiare all'INAIL ex. art. 23 DPR
1124/65), che deve intendersi eminentemente iuris tantum, ossia
passibile di prova contraria.
In primo luogo, si deve considerare la regola
civilistica di diritto (vedi, tra gli altri, Cass. 18284/2003), che, per il
lavoro dei familiari (specie stretti) codifica la più rigorosa "presunzione di
gratuità" e che, a differenza dei rapporti di lavoro "comuni", disconosce un
diritto indiscriminato del familiare alla "retribuzione" del lavoro (dati gli
obblighi di solidarietà economica che vigono all'interno della famiglia:
affectio vel benevolentiae causa).
In secondo luogo, la Circ. INAIL 67/1988
precisa (in aderenza alla sentenza della Corte Costituzionale nr. 476/1987) che
l'assicurazione di questa tipologia di familiari spetta, se la prestazione
d'opera non sia fornita "in via occasionale": requisito, evidentemente, da
provarsi dal Datore di Lavoro.
Purtroppo, a questi fini, il Ministero del Lavoro, che,
sull'argomento si è pronunciato con Lett. Circ. 10184/2013, è apparso molto
restrittivo (molto di più che in materia di Gestione
Artigiani/Commercianti INPS, per cui questa vale l'indicazione dell'art.
21.06ter DL 269/2003 conv. in l. 326/2003 che comprende anche pensionati,
parenti entro il 3° grado che collaborino per 90 gg. all'anno). Ai fini INAIL,
infatti, secondo il Ministero del Lavoro, deve intendersi "occasionale" e,
quindi, non passibile di assicurazione ex. art. 04-23 DPR 1124/1965 il lavoro
prestato dai familiari con la cadenza di una/due giornate nell'arco del mese e
in un massimo di 10 giornate lavorate nell'anno.
Ove possibile, consigliamo di andare in Commissione ex.
art. 17 D.lgs. 124/2004 e far valere (per evidenti motivi di razionalità e
congruità) l'argomentazione civilistica secondo la quale l'eventuale mancata
assicurazione all'INAIL non può determinare conseguenze così stringenti in punto
di qualificazione del lavoro. Il carattere subordinato ed eventualmente
"oneroso", con riguardo al "lavoro familiare" richiede ben altra istruzione da
parte degli Ispettori del Lavoro!
Collaboratore Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro, Ferrara
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