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martedì 4 marzo 2014

LA PRESCRIZIONE DEI DIRITTI DEL LAVORATORE

I crediti retributivi del lavoratore dipendente si prescrivono in 05 anni, ai sensi dell'art. 2948 nr. 04 e 05 del Codice Civile.
Trattasi dei crediti aventi natura retributiva da corrispondersi con periodicità annuale o infra-annuale (es. retribuzione diretta comprensiva di tutte le sue componenti, e retribuzione indiretta, 13ma e 14ma, TFR, indennità sostitutiva del preavviso etc.).
Gli "altri diritti", derivanti comunque dal rapporto di lavoro, ma privi di natura ed origine retributiva, si prescrivono in dieci anni, ai sensi dell'art. 2946 Codice Civile.
A seguito della sentenza 63/1966 della Corte Costituzionale, la prescrizione non matura nel corso del rapporto di lavoro subordinato (sia esso a termine o a tempo indeterminato), ma solo al momento della cessazione del rapporto di lavoro, salvo il caso che il rapporto sia assistito da garanzie di "stabilità reale" (in sostanza, l'art. 18 St. lav.).
Tale speciale norma, riferita evidentemente ai rapporti di lavoro subordinato, non si applica ai rapporti di lavoro autonomo (salvo che siano disconosciuti).
La prescrizione può essere sospesa alle tassative condizioni stabilite dagli artt. 2941 e 2942 Codice Civile; la causa di sospensione "sterilizza" il decorso della prescrizione. Cessata la causa di sospensione, la prescrizione riprende a decorrere esattamente da dove era intervenuto lo "stop".
Diverso, invece, il caso dell'interruzione della prescrizione.
L'interruzione arresta il decorso della prescrizione, la quale inizia a decorrere dall'inizio.
Gli atti interruttivi della prescrizione possono essere stragiudiziali (è il caso delle diffide ad adempiere, gli atti di costituzione in mora etc.), che devono assumere una vera e propria forma di intimazione e devono essere necessariamente portati alla conoscenza del destinatario interessato (sono atti recettizi, da perfezionarsi, nei casi più semplici, con Raccomandata AR).
Gli atti interruttivi possono essere giudiziali: tipici la domanda giudiziale e di arbitrato, che spiegano effetto interruttivo permanente: la prescrizione, in questo caso, non riprende a decorrere se non quando interviene sentenza passata in giudicato (art. 2945 Codice Civile).
La prescrizione non riguarda "meri fatti", nè le "aspettative di diritti futuri". Per esempio, l'anzianità di servizio, come "mero evento/fatto", può essere fatta oggetto di un accertamento giudiziale, a condizione che sussista nel Lavoratore un interesse ad agire, da valutare in ordine alla concreta azionabilità dei diritti sottesi all'anzianità di servizio. Non così per le "conseguenze economiche" dell'anzianità (scatti, liquidazione del TFR) che costituiscono diritti e rivendicazioni economiche, prescrivibili alla pari di ogni credito retributivo (Cass. Civ. 9060/2004). Per esempio, in ordine alla qualificazione giuridica e all'accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro: La qualità di "lavoratore subordinato" può essere in qualsiasi tempo oggetto di accertamento giudiziale, se sussiste un interesse concreto del Lavoratore ad agire in relazione a diritti conseguenti a tale riconoscimento (Cass. Civ. 10824/1997). Diritti che, per contro, sono soggetti a prescrizione.
Sono comunque imprescrittibili i diritti del Lavoratore relativi al riconoscimento della nullità del contratto a termine, della nullità del licenziamento per causa di matrimonio e della Lavoratrice madre.
Sono soggette al termine di prescrizione di cinque anni, tutte le azioni relative all'annullamento delle dimissioni per dolo, violenza morale, errore, ai sensi dell'art. 1442 Codice Civile, e delle rinunce o transazioni annullabili per violazione dell'art. 2113 Codice Civile.
 
 
 
 

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