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sabato 3 agosto 2013

CALL CENTER IN OUTBOUND: DOPO I CONSULENTI DEL LAVORO, ANCHE IL MINISTERO SI AVVITA SU SE STESSO!

Non bastavano i Consulenti del Lavoro (Fondazione Studi CDL), ora anche il Ministero del Lavoro ci si mette ad avvitarsi su se stesso sulla speciale disciplina delle cocopro in outbound introdotta dall'art. 24-bis DL 83/2013 (conv. in l. 134/2012) per i call center fino a 20 Dipendenti.
Nel Ns. post del 11/10/2012 (http://costidellavoro.blogspot.it/2012/10/call-center-collaborazioni-out-bound.html), ci siamo diffusi in una critica alle posizioni sull'argomento della Fondazione Studi CDL, troppo ottuse e arroccate. Ora, queste posizioni vengono recepite dal Ministero e ciò induce rigidità e confusione nella materia. Che questo modus agendi non sia commendevole, lo si capisce da sè, specie se si parte dal presupposto (illusione!) che sia compito (anzi dovere) del Ministero fare chiarezza; e che tale compito (dovere) sia tanto più grande, tanto più alla base vi sia una normativa confusa (quale indubbiamente è l'art. 24-bis DL 83/2012).
Già nel post citato di ottobre 2012 scorso, avemmo modo di precisare che recepire la novità del DL 83 relativo alle cocopro outbound del call center significava porre questioni di pretta "lana caprina". Davanti all'evidenza della deroga dell'art. 61.01°comma D.lgs. 276/03 per tali rapporti, davanti all'evidenza che, in base a questa norma era consentito assumere "senza progetto", ci sarebbe voluto poco per ritenere derogata in toto la disciplina della co.co.pro. per questa tipologia di collaborazioni! Gridare allo scandalo, escludere (con sdegno, per di più) tale circostanza la deroga alla "legge Biagi", solo perchè... le residue disposizioni restano in vigore, è dire cosa sostanzialmente vera dal punto di vista del diritto positivo, ma non così determinante come potrebbe sembrare ad una valutazione superficiale.
Innanzitutto, la deroga dell'art. 24-bis DL 83/2012 non può operare con riguardo alle tutele relative alla Sicurezza, anche perchè esse sono ormai assorbite e compendiate da altra sede legislativa, il D.lgs. 81/2008. Allo stesso modo, le tutele previdenziali (maternità etc.) non patiscono deroga, in quanto recepite in discipline di ordine previdenziale e non dalla "legge Biagi". Nè può desumersi dal DL 83/2012 la disapplicazione dell'art. 66 D.lgs. 276/2003 sulle sospensioni per maternità etc. per il semplice motivo che il DL 83/2012 ha introdotto un'espressa deroga al solo art. 61.01°comma.
Ma che questa constatazione sia elementare e in fondo scontata, lo si desume da un dato molto semplice: nel caso in esame, versiamo pur sempre nell'ambito delle cococo, che, in quanto non escluse ex. art. 61 come Agenti etc. dal campo di applicazione totale di tale "capo" della legge Biagi, restano pur sempre assoggettati, per le parti non derogate, al D.lgs. 276/2003, che è regime "naturale" per le collaborazioni che non implicano "autonoma organizzazione" del prestatore (come le prestazioni a Partita IVA) e che sono diverse da Agenti etc. (da quelle richiamate in capo all'art. 61.01°comma cit.).
Queste disposizioni restano applicabili, ma sono marginali, ovvero sono piccola cosa, rispetto alla portata reale dell'intervento dell'art. 24-bis DL 83/2012 sull'art. 61.01°comma, oggetto questa di una vera incomprensione sia da parte dei Consulenti del Lavoro, sia da parte del Ministero del Lavoro.
Rendere inapplicabile l'art. 61.01°comma (per le collaborazioni aventi i requisiti economici di cui alla contrattazione collettiva) significa rendere inapplicabile l'art. 69.01°comma! Significa disinnescare per queste tipologie di collaborazioni il più delicato e rischioso congegno di conversione automatica e forzosa della collaborazione autonoma in lavoro subordinato a tempo indeterminato, già del resto congegnato dalla Circ. Min. Lav. 17/2006, mettendo in secondo piano tutta una serie di requisiti che da anni avevano caratterizzato l'attività ispettiva (autodeterminazione temporale, fasce orarie etc.).
Qualunque altra disposizione dedicata al lavoro a progetto, non oggetto di disapplicazione da parte del DL 83/2012, in quanto disapplicata, di per sè, non può portare dritta dritta alla conversione in lavoro subordinato, diretta e praticamente automatica, come prefigurata dall'art. 69.01°comma!
Solo un cieco può non rendersi conto dell'enorme portata di questa rettifica legislativa e del grande riflesso che essa può avere come politica di favor verso le collaborazioni autonome nei call center e di netta inversione di tendenza rispetto ad una apparentemente più conclamata politica di rigore almeno "annunciata" nelle disposizioni giuslavoristiche comuni (come riformate dalla l. 92/2012): con buona pace degli intendimenti restrittivi dei Consulenti e del Ministero del Lavoro.
Nella misura, infatti, in cui è ammessa la disapplicazione degli artt. 61.01°comma e dell'art. 69.01°comma D.lgs. 276/2003, per tutte quelle collaborazioni nei call center non inferiori ai minimi retributive delle figure professionali di riferimento dei CCNL, ciò significa che gli organi ispettivi sono tenuti a rispettare quel rapporto come autonomo, anche se privo di progetto, anche se non rispettoso delle garanzie di preavviso etc.
Intervenire sul progetto rendendolo in parte qua inoperante significa eliminare il più decisivo requisito di aggravamento probatorio imposto all'Azienda per mantenere in atto una cocopro (vedi Circ. Min. Lav. 14/2013); significa invertire gli oneri probatori, caricando di questo onere l'Ispettore, il Collaboratore e non più l'Azienda! Scusate se è poco!
Giuridicamente e politicamente è molto, moltissimo. 
Ma la vera miopia è non cogliere la portata della norma in relazione al sistema delle "collaborazioni autonome". Subordinare la disapplicazione di alcuni dispositivi di tutela per il lavoro "para-subordinato" a requisiti di ordine economici (compenso superiore ai minimi) significa, in parallelo con le disposizioni sulle cd finte Partite IVA, aprire una nuova traccia legislativa di valutazione dello status di "sotto-protezione" economica del "lavoratore para-subordinato": queste tutele, infatti, sono concepite per lavoratori "economicamente deboli". Ma se questi diventano economicamente competitivi, che ne è della tutela?

Nel post di ottobre scorso, prendendo a riferimento la disposizione che, in base a requisiti reddituali, esclude l'applicabilità delle presunzioni sulle finte Partite IVA, abbozzammo una linea interpretativa, che articola in modo più flessibile e nuovo la tutela per gli "autonomi non avversi al rischio economico". Ma nessuno ancora ha recepito e sviluppato questi (per Noi importanti) spunti di riflessione.



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