Non bastavano i Consulenti del Lavoro (Fondazione
Studi CDL), ora anche il Ministero del Lavoro ci si mette ad
avvitarsi su se stesso sulla speciale disciplina delle cocopro in outbound
introdotta dall'art. 24-bis DL 83/2013 (conv. in l. 134/2012) per i
call center fino a 20 Dipendenti.
Nel Ns. post del 11/10/2012 (http://costidellavoro.blogspot.it/2012/10/call-center-collaborazioni-out-bound.html),
ci siamo diffusi in una critica alle posizioni sull'argomento della Fondazione
Studi CDL, troppo ottuse e arroccate. Ora, queste posizioni vengono
recepite dal Ministero e ciò induce rigidità e confusione nella materia. Che
questo modus agendi non sia commendevole, lo si capisce da sè,
specie se si parte dal presupposto (illusione!) che sia compito (anzi dovere)
del Ministero fare chiarezza; e che tale compito (dovere) sia tanto più grande,
tanto più alla base vi sia una normativa confusa (quale indubbiamente è l'art.
24-bis DL 83/2012).
Già nel post citato di
ottobre 2012 scorso, avemmo modo di precisare che recepire la novità del DL 83
relativo alle cocopro outbound del call center significava
porre questioni di pretta "lana caprina". Davanti all'evidenza della
deroga dell'art. 61.01°comma D.lgs. 276/03 per tali rapporti, davanti
all'evidenza che, in base a questa norma era consentito assumere "senza
progetto", ci sarebbe voluto poco per ritenere derogata in toto la
disciplina della co.co.pro. per questa tipologia di
collaborazioni! Gridare allo scandalo, escludere (con sdegno, per di più) tale
circostanza la deroga alla "legge Biagi", solo perchè... le residue
disposizioni restano in vigore, è dire cosa sostanzialmente vera dal punto di
vista del diritto positivo, ma non così determinante come potrebbe sembrare ad
una valutazione superficiale.
Innanzitutto, la deroga dell'art. 24-bis
DL 83/2012 non può operare con riguardo alle tutele relative alla Sicurezza,
anche perchè esse sono ormai assorbite e compendiate da altra sede legislativa,
il D.lgs. 81/2008. Allo stesso modo, le tutele previdenziali (maternità etc.)
non patiscono deroga, in quanto recepite in discipline di ordine previdenziale
e non dalla "legge Biagi". Nè può desumersi dal DL 83/2012 la
disapplicazione dell'art. 66 D.lgs. 276/2003 sulle sospensioni per maternità
etc. per il semplice motivo che il DL 83/2012 ha introdotto un'espressa deroga
al solo art. 61.01°comma.
Ma che questa constatazione sia
elementare e in fondo scontata, lo si desume da un dato molto semplice: nel
caso in esame, versiamo pur sempre nell'ambito delle cococo, che, in quanto non
escluse ex. art. 61 come Agenti etc. dal campo di applicazione totale di tale
"capo" della legge Biagi, restano pur sempre assoggettati, per le
parti non derogate, al D.lgs. 276/2003, che è regime "naturale" per
le collaborazioni che non implicano "autonoma organizzazione" del
prestatore (come le prestazioni a Partita IVA) e che sono diverse da Agenti
etc. (da quelle richiamate in capo all'art. 61.01°comma cit.).
Queste disposizioni restano applicabili,
ma sono marginali, ovvero sono piccola cosa, rispetto alla portata reale
dell'intervento dell'art. 24-bis DL 83/2012 sull'art. 61.01°comma,
oggetto questa di una vera incomprensione sia da parte dei Consulenti del
Lavoro, sia da parte del Ministero del Lavoro.
Rendere inapplicabile l'art. 61.01°comma
(per le collaborazioni aventi i requisiti economici di cui alla contrattazione
collettiva) significa rendere inapplicabile l'art. 69.01°comma! Significa
disinnescare per queste tipologie di collaborazioni il più delicato e rischioso
congegno di conversione automatica e forzosa della collaborazione autonoma in
lavoro subordinato a tempo indeterminato, già del resto congegnato dalla Circ.
Min. Lav. 17/2006, mettendo in secondo piano tutta una serie di
requisiti che da anni avevano caratterizzato l'attività ispettiva
(autodeterminazione temporale, fasce orarie etc.).
Qualunque altra disposizione dedicata al
lavoro a progetto, non oggetto di disapplicazione da parte del DL 83/2012, in
quanto disapplicata, di per sè, non può portare dritta dritta alla conversione
in lavoro subordinato, diretta e praticamente automatica, come prefigurata
dall'art. 69.01°comma!
Solo un cieco può non rendersi conto
dell'enorme portata di questa rettifica legislativa e del grande riflesso che
essa può avere come politica di favor verso le collaborazioni autonome nei call
center e di netta inversione di tendenza rispetto ad una apparentemente più
conclamata politica di rigore almeno "annunciata" nelle disposizioni
giuslavoristiche comuni (come riformate dalla l. 92/2012): con buona pace degli
intendimenti restrittivi dei Consulenti e del Ministero del Lavoro.
Nella misura, infatti, in cui è ammessa
la disapplicazione degli artt. 61.01°comma e dell'art. 69.01°comma D.lgs.
276/2003, per tutte quelle collaborazioni nei call center non
inferiori ai minimi retributive delle figure professionali di riferimento dei
CCNL, ciò significa che gli organi ispettivi sono tenuti a rispettare quel
rapporto come autonomo, anche se privo di progetto, anche se non rispettoso
delle garanzie di preavviso etc.
Intervenire sul progetto rendendolo in
parte qua inoperante significa eliminare il più decisivo
requisito di aggravamento probatorio imposto all'Azienda per mantenere in
atto una cocopro (vedi Circ. Min. Lav. 14/2013); significa invertire gli
oneri probatori, caricando di questo onere l'Ispettore, il
Collaboratore e non più l'Azienda! Scusate se è poco!
Giuridicamente e politicamente è molto,
moltissimo.
Ma la vera miopia è non cogliere la
portata della norma in relazione al sistema delle "collaborazioni
autonome". Subordinare la disapplicazione di alcuni dispositivi di tutela
per il lavoro "para-subordinato" a requisiti di ordine economici
(compenso superiore ai minimi) significa, in parallelo con le disposizioni
sulle cd finte Partite IVA, aprire una nuova traccia legislativa di valutazione
dello status di "sotto-protezione" economica del
"lavoratore para-subordinato": queste tutele, infatti, sono concepite
per lavoratori "economicamente deboli". Ma se questi diventano
economicamente competitivi, che ne è della tutela?
Nel post di ottobre
scorso, prendendo a riferimento la disposizione che, in base a requisiti
reddituali, esclude l'applicabilità delle presunzioni sulle finte Partite IVA,
abbozzammo una linea interpretativa, che articola in modo più flessibile e
nuovo la tutela per gli "autonomi non avversi al rischio economico".
Ma nessuno ancora ha recepito e sviluppato questi (per Noi importanti) spunti
di riflessione.
Dr. Giorgio Frabetti, Profilo Linkedin: http://www.linkedin.com/profile/view?id=209819076&goback=%2Enmp_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1&trk=tab_pro
Collaboratore Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro, Ferrara
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