Il tema della dichiarazione correttiva in utilibus continua ad essere oggetto di un ampio dibattito, al punto che tra
Amministrazione finanziaria e giurisprudenza non può dirsi ancora raggiunto un
accordo.
L'intervento regolativo in materia del
2001 (art. 02. 08-bis DPR 322/98 come modificato dal DPR 07/12/2001 nr.
435) invece di chiarire ha complicato le cose.
Pomo della discordia, il seguente
inciso:
"Le dichiarazioni dei redditi,
dell'imposta regionale sulle attività produttive e dei Sostituti d'Imposta
possono essere integrate dai Contribuenti per correggere errori od omissioni
che abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito o di un minor
credito, mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto
per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta
successivo. L'eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può
essere utilizzato in compensazione, ai sensi dell'art. 17 del D.lgs. 241/1997".
"Non oltre": che significa
questo inciso? Per l'Agenzia delle Entrate non ci sono dubbi di sorta, l'inciso
circoscrive in 01 anno il periodo della dichiarazione correttiva in
utilibus sottoponendolo ad una rigida preclusione; per la Cassazione
invece (vedi Cass. Sez. Unite 06/12/2002 nr. 17394, Cass. 20/04/2012 nr. 6253)
tale disposizione non incide sulla "generale" facoltà del
Contribuente di emendare la Dichiarazione fiscale, correlata alla natura di
"dichiarazione di scienza" della medesima dichiarazione che come tale
presuppone la possibilità di modifica in caso di errore.
Da ultimo, si segnala l'intervento di
Cass. 14/05/2012 nr. 11500, che ha confermato quest'ultimo orientamento.
Chi ha ragione?
Il nodo interpretativo, a mio
modestissimo avviso, si scioglie solo partendo cognizione che ogni
ricostruzione de quapresuppone, da un lato, la presa d'atto di un
(attuale o potenziale) "conflitto di norme" (art. 02. 08-bis DPR
322/98 e art. 38 DPR 602/1973, quest'ultimo riguardante la disciplina generale
del rimborso), dall'altro una distinta modalità di soluzione. Chi ritiene che
il periodo disponibile per la correzione della Dichiarazione in
utilibus sia esclusivamente infra-annuale (la posizione
dell'Amministrazione Finanziaria) presuppone che la disposizione ex DPR 322/98
(attinente allo stesso campo materiale del DPR 602/73, gli "errori in
dichiarazione") sia speciale a tutti gli effetti, quindi tale da assorbire
ogni profilo regolatore del rimborso, prevalendo sulla disciplina generale ex.
art. 38 DPR 602/73. Viceversa, la Cassazione tende a disconoscere tale
"esclusivismo" di disciplina del DPR 322/98, ritenendo che la
procedura ivi descritta, finalizzata solo a consentire il recupero
dell'eccedenza tramite compensazione, non possa ritenersi l'unica modalità di
rilevazione dell'eccedenza di imposta.
In quest'ultima ricostruzione, il
"conflitto di norme" viene superato, presupponendo una
specializzazione nelle disposizioni interessate al rimborso fiscale: il DPR
322/98 sarebbe, in questa direzione, finalizzato a gestire il recupero degli
"errori" tramite compensazione, il DPR 602/1973 invece sarebbe volto
a consentire il recupero degli "errori" tramite procedura di rimborso
classica.
Dal punto di vista eminentemente logico
ed esegetico, è, nonostante tutto, questa ricostruzione a lasciarsi
maggiormente apprezzare.
Nonostante entrambe le disposizioni
partano da uno stesso dato di partenza (l'errore in dichiarazione dei redditi)
per ritenere l'efficacia preclusiva della procedura dichiarativa in
utilibus ex DPR 322/1998 si deve per forza presupporre che la modifica
del 2001 al citato DPR abbia innovato la disciplina dell'accertamento
dell'errore. Conclusione cui non è lecito giungere, proprio considerando il
tenore letterale della disposizione che, incidendo solo sul recupero tramite
compensazione, non ha inteso operare in deroga alla generale disciplina del
rimborso. Ma c'è di più: la disposizione ex. art. 02 DPR 322/98 non può operare
in deroga, perchè essa non è scritta o confezionata in modo da poter essere intesa
come prevalente o sostitutiva del DPR 602/73: nè a tale conclusione si può
giungere in via interpretativa, per il ben noto principio che vieta
all'interprete, nel silenzio della legge, di applicare l'interpretazione
analogica una norma di diritto eccezionale a casi non previsti (art. 14 Disp.
prel.).
La conclusione della Cassazione, poi, si
lascia enormemente apprezzare per i canoni di "giustizia naturale"
cui si conforma e che si lasciano apprezzare non solo in termini di aderenza
allo spirito garantistico dello Statuto del Contribuente (l.
212/2000), ma anche per l'efficacia di "rimessione in termini" che ne
consegue in sede processuale, dove viene permessa senza limiti di sorta al
Contribuente una facoltà di dedurre a rimborso i propri errori (vedi tra
le tante Cass. n. 10708/2007; n. 3904/2005; n. 12791/2004).
Con ciò, però, anche così ricostruito il
diritto vivente, non può farsi a meno di rilevare una seria e grave lacuna:
fino a quando al Contribuente è dato emendare la Dichiarazione? Qui le scuole
di pensiero sono almeno due, chi ritiene che la Dichiarazione sia correggibile
in ogni momento, e chi, invece, ritiene che anche tale facoltà debba essere
comunque contenuta nel limite quadriennale di accertamento.
Lo stesso art. 38 DPR 602/73 quando parla
di "errore" non precisa quando o entro quale termine debba essere
rilevato l'errore!
E non può essere omesso di rilevare come
tale incertezza possa anche risolversi in una conclamata "eterogenesi dei
fini", rimettendo in mano magari al Contribuente disonesto un eccessivo
arbitrio nella paralisi della legittima pretesa tributaria.
Al momento, riteniamo che l'unico modo
per uscire dall'impasse sia una specifica legislativa che contemperi
adeguatamente la tutela del contribuente con la necessaria tutela della
certezza della legittima pretesa fiscale, magari modulando la disciplina in relazione
alle correzioni in utilibus invocate in sede amministrativa
(dove in analogia con i termini dell'accertamento, non è incoerente concepire
un termine, evidentemente equo, con efficacia preclusiva), ovvero in sede
giurisdizionale (dove tali rilievi, attenendo ad un potere di
"eccezione" del Contribuente non può subire limitazioni, pena la
lesione al principio del contraddittorio ex. art. 24 Cost.).
Dr. Giorgio Frabetti, Profilo Linkedin: http://www.linkedin.com/profile/view?id=209819076&goback=%2Enmp_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1&trk=tab_pro
Collaboratore Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro, Ferrara
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