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martedì 25 giugno 2013

DICHIARAZIONE FISCALE CORRETTIVA "IN UTILIBUS"

Il tema della dichiarazione correttiva in utilibus continua ad essere oggetto di un ampio dibattito, al punto che tra Amministrazione finanziaria e giurisprudenza non può dirsi ancora raggiunto un accordo.
L'intervento regolativo in materia del 2001 (art. 02. 08-bis DPR 322/98 come modificato dal DPR 07/12/2001 nr. 435) invece di chiarire ha complicato le cose.
Pomo della discordia, il seguente inciso:

"Le dichiarazioni dei redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dei Sostituti d'Imposta possono essere integrate dai Contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo. L'eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione, ai sensi dell'art. 17 del D.lgs. 241/1997".

"Non oltre": che significa questo inciso? Per l'Agenzia delle Entrate non ci sono dubbi di sorta, l'inciso circoscrive in 01 anno il periodo della dichiarazione correttiva in utilibus sottoponendolo ad una rigida preclusione; per la Cassazione invece (vedi Cass. Sez. Unite 06/12/2002 nr. 17394, Cass. 20/04/2012 nr. 6253) tale disposizione non incide sulla "generale" facoltà del Contribuente di emendare la Dichiarazione fiscale, correlata alla natura di "dichiarazione di scienza" della medesima dichiarazione che come tale presuppone la possibilità di modifica in caso di errore. 
Da ultimo, si segnala l'intervento di Cass. 14/05/2012 nr. 11500, che ha confermato quest'ultimo orientamento.
Chi ha ragione?
Il nodo interpretativo, a mio modestissimo avviso, si scioglie solo partendo cognizione che ogni ricostruzione de quapresuppone, da un lato, la presa d'atto di un (attuale o potenziale) "conflitto di norme" (art. 02. 08-bis DPR 322/98 e art. 38 DPR 602/1973, quest'ultimo riguardante la disciplina generale del rimborso), dall'altro una distinta modalità di soluzione. Chi ritiene che il periodo disponibile per la correzione della Dichiarazione in utilibus sia esclusivamente infra-annuale (la posizione dell'Amministrazione Finanziaria) presuppone che la disposizione ex DPR 322/98 (attinente allo stesso campo materiale del DPR 602/73, gli "errori in dichiarazione") sia speciale a tutti gli effetti, quindi tale da assorbire ogni profilo regolatore del rimborso, prevalendo sulla disciplina generale ex. art. 38 DPR 602/73. Viceversa, la Cassazione tende a disconoscere tale "esclusivismo" di disciplina del DPR 322/98, ritenendo che la procedura ivi descritta, finalizzata solo a consentire il recupero dell'eccedenza tramite compensazione, non possa ritenersi l'unica modalità di rilevazione dell'eccedenza di imposta. 
In quest'ultima ricostruzione, il "conflitto di norme" viene superato, presupponendo una specializzazione nelle disposizioni interessate al rimborso fiscale: il DPR 322/98 sarebbe, in questa direzione, finalizzato a gestire il recupero degli "errori" tramite compensazione, il DPR 602/1973 invece sarebbe volto a consentire il recupero degli "errori" tramite procedura di rimborso classica.
Dal punto di vista eminentemente logico ed esegetico, è, nonostante tutto, questa ricostruzione a lasciarsi maggiormente apprezzare.
Nonostante entrambe le disposizioni partano da uno stesso dato di partenza (l'errore in dichiarazione dei redditi) per ritenere l'efficacia preclusiva della procedura dichiarativa in utilibus ex DPR 322/1998 si deve per forza presupporre che la modifica del 2001 al citato DPR abbia innovato la disciplina dell'accertamento dell'errore. Conclusione cui non è lecito giungere, proprio considerando il tenore letterale della disposizione che, incidendo solo sul recupero tramite compensazione, non ha inteso operare in deroga alla generale disciplina del rimborso. Ma c'è di più: la disposizione ex. art. 02 DPR 322/98 non può operare in deroga, perchè essa non è scritta o confezionata in modo da poter essere intesa come prevalente o sostitutiva del DPR 602/73: nè a tale conclusione si può giungere in via interpretativa, per il ben noto principio che vieta all'interprete, nel silenzio della legge, di applicare l'interpretazione analogica una norma di diritto eccezionale a casi non previsti (art. 14 Disp. prel.).
La conclusione della Cassazione, poi, si lascia enormemente apprezzare per i canoni di "giustizia naturale" cui si conforma e che si lasciano apprezzare non solo in termini di aderenza allo spirito garantistico dello Statuto del Contribuente (l. 212/2000), ma anche per l'efficacia di "rimessione in termini" che ne consegue in sede processuale, dove viene permessa senza limiti di sorta al Contribuente una facoltà di dedurre a rimborso i propri errori (vedi tra le tante Cass. n. 10708/2007; n. 3904/2005; n. 12791/2004). 
Con ciò, però, anche così ricostruito il diritto vivente, non può farsi a meno di rilevare una seria e grave lacuna: fino a quando al Contribuente è dato emendare la Dichiarazione? Qui le scuole di pensiero sono almeno due, chi ritiene che la Dichiarazione sia correggibile in ogni momento, e chi, invece, ritiene che anche tale facoltà debba essere comunque contenuta nel limite quadriennale di accertamento.
Lo stesso art. 38 DPR 602/73 quando parla di "errore" non precisa quando o entro quale termine debba essere rilevato l'errore!
E non può essere omesso di rilevare come tale incertezza possa anche risolversi in una conclamata "eterogenesi dei fini", rimettendo in mano magari al Contribuente disonesto un eccessivo arbitrio nella paralisi della legittima pretesa tributaria.
Al momento, riteniamo che l'unico modo per uscire dall'impasse sia una specifica legislativa che contemperi adeguatamente la tutela del contribuente con la necessaria tutela della certezza della legittima pretesa fiscale, magari modulando la disciplina in relazione alle correzioni in utilibus invocate in sede amministrativa (dove in analogia con i termini dell'accertamento, non è incoerente concepire un termine, evidentemente equo, con efficacia preclusiva), ovvero in sede giurisdizionale (dove tali rilievi, attenendo ad un potere di "eccezione" del Contribuente non può subire limitazioni, pena la lesione al principio del contraddittorio ex. art. 24 Cost.).

Collaboratore Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro, Ferrara
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