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martedì 19 febbraio 2013

PENSIONI DI INVALIDITA': CONTA IL REDDITO FAMILIARE O IL REDDITO PERSONALE?


Pensione di invalidità ex. art. 12 l. 118/1971: come si calcola il reddito dell'assistito: rileva reddito coniugale? O il solo reddito del Singolo?
Cass. 7529/2009 Cass. 20426/2010 ha riposto: Conta solo il reddito individuale dell'invalido.
Perchè? Sentiamo la viva voce della Cassazione:

"Come è stato già evidenziato da Cass. 22 marzo 2001 la locuzione "limiti di reddito ... calcolati agli effetti Irpef" indica in modo chiaro come il legislatore, nel ritenere che debba avere rilievo solamente la situazione personale dell'invalido, abbia voluto prendere a parametro il reddito dell'assistibile assoggettabile all'Irpef, a norma degli artt. 3 e ss. D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 e successive modificazioni.Tale principio è stato di recente confermato dalla pronuncia 9 luglio 2008 n. 18825, la quale richiama le precedenti affermazioni nello stesso senso di Cass. 21 ottobre 1994 n. 8668 e 11 dicembre 2002 n. 17664, ed esso trova conferma pure nella giurisprudenza costituzionale, ove si è evidenziato che il legislatore con l'art. 14-septies del decreto-legge 30 dicembre 1979 n. 663, introdotto con la legge di conversione 29 febbraio 1980, n. 33, ha dato rilievo ai fini dell'erogazione della pensione di inabilità al solo limite di reddito individuale, e così anche nel caso dell'assegno corrisposto agli invalidi parziali, secondo quanto disposto dal medesimo art. 14 septies, nonchè dall'art. 9 del decreto-legge 22 dicembre 1981 n. 791, convertito nella legge 26 febbraio 1982 n. 54, e poi ancora dall'art. 12 della legge 30 dicembre 1991 n. 412 (v. Corte Costituzionale n. 400 del 1999 e n. 88 del 1992)
Del resto, il decreto del Ministero dell'Interno 10 gennaio 1996, concernente la determinazione per l'anno 1996 degli importi delle pensioni, degli assegni e delle indennità a favore dei mutilati ed invalidi civili, ciechi civili e sordomuti, nonchè dei limiti di reddito prescritti per la concessione delle provvidenze stesse, fissava in lire 21.103.645 il limite di reddito dell'assistibile per fruire della pensione di inabilità, senza fare alcun accenno al reddito dei componenti del nucleo familiare".

Scomponendo il ragionamento della Corte di Cassazione, si ricava quanto segue:

a) La legge 33/80 ha codificato una norma di rinvio "uniforme" per tutte le disposizioni ex. l. 118/71 e figli contenenti riferimenti a requisiti reddituali per pensioni di invalidità. In forza di tale rinvio, i criteri di determinazione reddituale validi ai fini delle suddette prestazioni previdenziali si sovrappongono automaticamente a quelle IRPEF.
b) Di conseguenza, rilevando ai fini IRPEF, il solo riferimento al reddito personale, questo vale per le pensioni ex. l. 118/1971, come criterio di default in assenza di riferimenti al "cumulo" familiare (come ex. art. 13 l. 118/1971). 
c) Eventuali riferimenti pregressi al "cumulo" del reddito coniugale (come ex. art. 26 l. 153/1969) devono intendersi implicitamente abrogati.

Il sillogismo solo apparentemente non fa una grinza.
Ma il punto debole della sentenza è la deduzione di un effetto applicativo molto importante (l'imputazione a titolo esclusivamente "personale" del reddito dell'invalido) a partire da un'interpretazione ex silentio. Un'interpretazione che sa di "deduzione da una deduzione": la dinamica abrogativa de qua, per essere convalidata, avrebbe avuto bisogno di un'argomentazione più estesa e analitica.
In effetti, anche ragionando astrattamente, ossia dal punto di vista meramente logico ed esegetico, un simile sbocco interpretativo non appare proprio necessitato, potendosi dare delle norme considerate una diversa e più semplice articolazione.
Ad esempio, cosa impedisce di considerare il riferimento dell'art. 14.04°comma-septies l. 33/1980 come "norma specializzante"?
In effetti, il riferimento al "cumulo dei redditi" è già inferibile ex. art. 12 l. 118/1971 che, a questi fini, rinvia all'art. 26 l. 153/1969 che compendia il criterio del "cumulo" riferendolo al solo coniuge. Viceversa, l'art. 14 de quo, compendiando un riferimento al "nucleo familiare" parrebbe compendiare un diverso criterio di considerazione del "cumulo" riferendolo al "nucleo familiare" (anche se interventi successivi, come la l. 412/91 hanno parificato questo riferimento al "reddito complessivo del nucleo familiare" al "reddito coniugale"). E ciò escluderebbe una qualsivoglia efficacia abrogatrice del "cumulo dei redditi" coniugali ex. art. 12 l. 118/1971!
Tra l'altro, proprio l'art. 14 de qua deve invitarci a riflettere sulla possibilità che proprio il legislatore abbia inteso utilizzare i conseguenti riferimenti all'IRPEF in modo più eclettico, pragmatico, non attento ai riflessi "sistematici". Il fatto che l'art. 14 contenga un criterio di cumulo reddituale certamente non allineato con il TUIR, deve farci riflettere sulla circostanza che, molto probabilmente, il riferimento all'IRPEF contenuto nella legge debba intendersi come esclusivamente riferito alle "voci di imputazioni reddituale" (reddito autonomo etc.): anche per un'evidente considerazione di "economia interpretativa".

Dr. Giorgio Frabetti, Ferrara
Esperto diritto del lavoro

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