Pensione di invalidità ex. art. 12 l.
118/1971: come si calcola il reddito dell'assistito: rileva reddito coniugale?
O il solo reddito del Singolo?
Cass. 7529/2009 Cass. 20426/2010 ha riposto: Conta solo il reddito individuale dell'invalido.
Perchè? Sentiamo la viva voce della
Cassazione:
"Come è stato già evidenziato da Cass. 22 marzo
2001 la locuzione "limiti di reddito ... calcolati agli effetti
Irpef" indica in modo chiaro come il legislatore, nel ritenere che debba
avere rilievo solamente la situazione personale dell'invalido, abbia voluto
prendere a parametro il reddito dell'assistibile assoggettabile all'Irpef, a
norma degli artt. 3 e ss. D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 e successive
modificazioni.Tale principio è stato di recente confermato dalla pronuncia 9
luglio 2008 n. 18825, la quale richiama le precedenti affermazioni nello stesso
senso di Cass. 21 ottobre 1994 n. 8668 e 11 dicembre 2002 n. 17664, ed esso
trova conferma pure nella giurisprudenza costituzionale, ove si è evidenziato
che il legislatore con l'art. 14-septies del decreto-legge 30 dicembre 1979 n.
663, introdotto con la legge di conversione 29 febbraio 1980, n. 33, ha dato
rilievo ai fini dell'erogazione della pensione di inabilità al solo limite di
reddito individuale, e così anche nel caso dell'assegno corrisposto agli
invalidi parziali, secondo quanto disposto dal medesimo art. 14 septies, nonchè
dall'art. 9 del decreto-legge 22 dicembre 1981 n. 791, convertito nella legge
26 febbraio 1982 n. 54, e poi ancora dall'art. 12 della legge 30 dicembre 1991
n. 412 (v. Corte Costituzionale n. 400 del 1999 e n. 88 del 1992)
Del resto, il decreto del Ministero dell'Interno 10
gennaio 1996, concernente la determinazione per l'anno 1996 degli importi delle
pensioni, degli assegni e delle indennità a favore dei mutilati ed invalidi
civili, ciechi civili e sordomuti, nonchè dei limiti di reddito prescritti per
la concessione delle provvidenze stesse, fissava in lire 21.103.645 il limite
di reddito dell'assistibile per fruire della pensione di inabilità, senza fare
alcun accenno al reddito dei componenti del nucleo familiare".
Scomponendo il ragionamento della Corte
di Cassazione, si ricava quanto segue:
a) La legge 33/80 ha codificato una
norma di rinvio "uniforme" per tutte le disposizioni ex. l. 118/71 e
figli contenenti riferimenti a requisiti reddituali per pensioni di invalidità.
In forza di tale rinvio, i criteri di determinazione reddituale validi ai fini
delle suddette prestazioni previdenziali si sovrappongono automaticamente a
quelle IRPEF.
b) Di conseguenza, rilevando ai
fini IRPEF, il solo riferimento al reddito personale, questo vale per le
pensioni ex. l. 118/1971, come criterio di default in assenza
di riferimenti al "cumulo" familiare (come ex. art. 13 l.
118/1971).
c) Eventuali riferimenti pregressi al
"cumulo" del reddito coniugale (come ex. art. 26 l. 153/1969) devono
intendersi implicitamente abrogati.
Il sillogismo solo apparentemente non fa
una grinza.
Ma il punto debole della sentenza è la
deduzione di un effetto applicativo molto importante (l'imputazione a titolo
esclusivamente "personale" del reddito dell'invalido) a partire
da un'interpretazione ex silentio. Un'interpretazione che sa di
"deduzione da una deduzione": la dinamica abrogativa de qua,
per essere convalidata, avrebbe avuto bisogno di un'argomentazione più estesa e
analitica.
In effetti, anche ragionando
astrattamente, ossia dal punto di vista meramente logico ed esegetico, un
simile sbocco interpretativo non appare proprio necessitato, potendosi dare
delle norme considerate una diversa e più semplice articolazione.
Ad esempio, cosa impedisce di
considerare il riferimento dell'art. 14.04°comma-septies l. 33/1980
come "norma specializzante"?
In effetti, il riferimento al
"cumulo dei redditi" è già inferibile ex. art. 12 l. 118/1971 che, a
questi fini, rinvia all'art. 26 l. 153/1969 che compendia il criterio del
"cumulo" riferendolo al solo coniuge. Viceversa, l'art. 14 de
quo, compendiando un riferimento al "nucleo familiare" parrebbe
compendiare un diverso criterio di considerazione del "cumulo"
riferendolo al "nucleo familiare" (anche se interventi successivi,
come la l. 412/91 hanno parificato questo riferimento al "reddito
complessivo del nucleo familiare" al "reddito coniugale"). E ciò
escluderebbe una qualsivoglia efficacia abrogatrice del "cumulo dei
redditi" coniugali ex. art. 12 l. 118/1971!
Tra l'altro, proprio l'art. 14 de
qua deve invitarci a riflettere sulla possibilità che proprio il
legislatore abbia inteso utilizzare i conseguenti riferimenti all'IRPEF in modo
più eclettico, pragmatico, non attento ai riflessi "sistematici". Il
fatto che l'art. 14 contenga un criterio di cumulo reddituale certamente non
allineato con il TUIR, deve farci riflettere sulla circostanza che, molto probabilmente, il riferimento all'IRPEF contenuto nella legge debba intendersi come esclusivamente
riferito alle "voci di imputazioni reddituale" (reddito autonomo
etc.): anche per un'evidente considerazione di "economia
interpretativa".
Dr. Giorgio Frabetti, Ferrara
Esperto diritto del lavoro
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