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mercoledì 25 luglio 2012

DOSSIER MONTI-FORNERO: I LICENZIAMENTI INDIVIDUALI E L'ARTICOLO 18 DOPO LA RIFORMA


Un breve schema riassuntivo dell’art. 18 St. lav. (legge 300/1970), che ha subito rilevanti rimodulazioni e assestamenti da parte della legge 92/2012 (Riforma Monti-Fornero).

Limiti dimensionali: La riforma Monti-Fornero (confermando largamente le disposizioni del passato) ha disposto l’applicabilità dell’art. 18 ai Datori di Lavoro (Imprenditori e non Imprenditori)

a)       Con più di 15 Dipendenti;
b)        Con più di 05 se si tratta di Imprenditore Agricolo;
c)        Al Datore di Lavoro (Imprenditore o non Imprenditore) che, nell’ambito dello stesso Comune, occupi più di 15 Dipendenti e all’Impresa Agricola che nel medesimo Comune occupi più di 05 Dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti;
d)       In ogni caso al Datore di Lavoro (Imprenditore o non Imprenditore) che occupi più di 60 Dipendenti.

Sono comunque da ritenersi escluse le cd “organizzazioni di tendenza”, come da disciplina previgente.
Questo il primo prospetto riassuntivo che si può realizzare.

A)      LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO (art. 18.01°comma):
Nei casi di:

·         Licenziamento per motivazioni politiche, religiose, razziali, di lunga, di sesso, di disabilità, di appartenenza o orientamento sindacale (la l. 92/2012 compendia casi già previsti all’art. 04 l. 604/1966, all’art. 15 l. 300/1970, all’art. 03 l. 108/90);
·         Licenziamento disposto per causa di matrimonio, ovvero intimato nel periodo immediatamente intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni ad un anno dopo la celebrazione (art. 35 D.lgs. 198/2006);
·         Licenziamento della Lavoratrice Madre intimato dall’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino; ovvero causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale (di maternità o di paternità) o dal congedo per la malattia del bambino; o ancora intimato fino ad un anno dall’ingresso del Minore adottivo nel nucleo familiare (art. 54.01, 06, 07 e 09 D.lgs. 151/2011);
·         Licenziamento riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge (es. licenziamento del Lavoratore svolgente pubbliche funzioni elettive, collocatosi in aspettativa).

Licenziamento determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell’art. 1345 del Codice Civile (vedi ad esempio, abusi e omissioni dolose commesse nella nuova procedura di “raffreddamento” preventiva al cd “licenziamento economico” ex. art. 07 l. 604/1966, come riformato dalla Monti-Fornero).

                Quale trattamento risarcitorio per i casi di licenziamento discriminatorio, ai sensi del nuovo art. 18.01° comma l. 92/2012, il Giudice:

a)       Ordina al Datore la reintegrazione del Lavoratore nel posto di lavoro (in alternativa, il Lavoratore può chiedere un’indennità pari a 15 mensilità, non soggetta a contribuzione previdenziale);
b)       Condanna il Datore di Lavoro al risarcimento del danno, stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto, maturata dal giorno del licenziamento sino all’effettiva reintegrazione, in ogni caso non inferiore alle 05 mensilità;
c)        Condanna il Datore di Lavoro al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali, dal momento del licenziamento al momento dell’effettiva reintegrazione.

Al trattamento risarcitorio per licenziamento discriminatorio la legge 92/2012 equipara il caso di licenziamento in forma orale: aspetto questo di dubbia legittimità costituzionale, in quanto non si comprende per quale speciale motivo l’oralità debba subire un trattamento meno severo rispetto ad altri casi di carenze formali, sanzionate dalla riforma in modo meno severo nella generalità dei casi.

B)       LICENZIAMENTI DISCIPLINARI E LICENZIAMENTI “PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO” MANIFESTAMENTE INFONDATI (art. 18.04-07 comma):

Nei casi di

a)        Licenziamenti disciplinari: nei casi di provvedimenti disciplinari illegittimi per insussistenza dei fatti contestati, ovvero per errata applicazione di sanzione espulsiva (licenziamento) in luogo di sanzione conservativa disposta dal CCNL;
b)       Licenziamenti per giustificato motivo oggettivo rientranti nella nuova previsione dell’art. 07 l. 604/66, di cui si contesti la “manifesta infondatezza”;
c)        Licenziamenti illegittimi motivati da inidoneità fisica o psichica del Lavoratore, senza l’osservanza della disciplina di tutela del posto di lavoro e della professionalità, in violazione cioè dell’art. 04.04°comma l. 68/1999, dell’art. 04.10°comma l. 68/1999 e dell’art. 2110 del Codice Civile.



Quale trattamento risarcitorio per questi casi, ai sensi del nuovo art. 18.04-07° comma l. 92/2012, il Giudice:

a) Ordina al Datore la reintegrazione del Lavoratore nel posto di lavoro (in alternativa, il Lavoratore può chiedere un’indennità pari a 15 mensilità, non soggetta a contribuzione previdenziale);
b) Condanna il Datore di Lavoro al risarcimento del danno, stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto, maturata dal giorno del licenziamento sino all’effettiva reintegrazione, in ogni caso non inferiore alle 12 mensilità;
c) Condanna il Datore di Lavoro al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali, dal momento del licenziamento al momento dell’effettiva reintegrazione.

ATTENZIONE ALLE REGOLE DELL’ACCREDITO DEI CONTRIBUTI INPS DOPO LA REINTEGRA!
Sia nel caso di licenziamento “discriminatorio” (Sub A) che nel caso di “licenziamento disciplinare o manifestamente infondato” (Sub B), la riforma Monti Fornero ha disposto speciali regole per l’accredito dei contributi dovuti nelle more del licenziamento e della reintegra.
In questi termini, dall’ammontare dei contributi previdenziali dovuti dal Datore di Lavoro dalla data dell’illegittimo licenziamento fino a quella dell’eventuale reintegrazione in servizio deve essere decurtata la contribuzione accreditata al Lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altra attività lavorativa: il Datore di Lavoro è tenuto a corrispondere solo il differenziale contributivo.
Nel caso, poi, in cui i contributi versati da altro Datore di Lavoro nelle more del giudizio dell’impugnativa afferiscano ad altra Gestione Previdenziale (es. Gestione Separata INPS), i medesimi contributi vanno imputati, d’ufficio, alla gestione corrispondente all’attività lavorativa illegittimamente risolta, con addebito dei costi di trasferimento contributivo al Datore di Lavoro che ha adottato il provvedimento di recesso dichiarato invalido.
Per alleggerire e ammorbidire speciali sanzioni “previdenziali” tipiche del regime della “reintegra”, e attenuare le rigidità gestionali che in questa situazione potrebbero determinarsi per la corretta ricostruzione della posizione contributiva del Dipendente, è prevista la possibilità della revoca del licenziamento da parte del Datore di Lavoro. Se questa viene emessa entro il termine di 15 gg. dalla comunicazione al Datore di Lavoro dell’impugnazione del medesimo, determina la ripresa del rapporto di lavoro senza soluzione di continuità, con piena maturazione in capo al Dipendente già licenziato dei diritti retributivi e contributivi preesistenti, senza applicazione delle sanzioni ivi previste nel caso di licenziamento illegittimo.

C) ALTRI LICENZIAMENTI DISCIPLINARI O “OGGETTIVI” ILLEGITTIMI (art. 18.05-07°comma):
Trattasi di fattispecie classicamente residuale, comprendente tutti i casi di violazione dei canoni di “giustificato motivo soggettivo” (licenziamento disciplinare) o di “giustificato motivo oggettivo” diversi da quelli soggetti alla più severa disciplina dell’art. 18.01°comma e dell’art. 18.04°comma.

Quale trattamento risarcitorio per questi casi, ai sensi del nuovo art. 18.04-07° comma l. 92/2012, il Giudice:

a) Dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data di licenziamento;
b) Condanna il Datore di Lavoro al risarcimento del danno, stabilendo a tal fine un’indennità onnicomprensiva commisurata tra un minimo di 12 ed un massimo di 24 mensilità, dell’ultima retribuzione globale di fatto.

D)ALTRI LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI PER VIZI FORMALI O PROCEDURALI (art. 18.06°comma):

Trattasi dei casi di licenziamenti
a)Privi di motivazione in violazione dell’art. 02 l. 604/1966;
                b) Irrogati senza l’osservanza della procedura di cui all’art. 07 l. 300/1970;
c) Licenziamenti per giustificato motivo oggettivo intimati senza l’osservanza della procedura ex. art. 07 l. 604/1966.

Il limite dimensionale, però, non vale per tutti i casi qui citati. La disciplina di cui al punto A), ovvero del “licenziamento discriminatorio” si applica a tutte le imprese, anche con meno di 15 Dipendenti. Attenzione, però, che la riforma Fornero ha introdotto confini più “mobili” tra tutela reale e obbligatoria: stante la circostanza che sono soggetti all’art. 18 St. lav. Tutti i licenziamenti comunque compiuti in modo fraudolento (vedi art. 1345 Codice Civile) anche se prima facie sarebbero gestibili in tutela obbligatoria (in impresa con meno di 15 Dipendenti) sarebbero automaticamente compresi nella più severa disciplina dell’art. 18.

ATTENZIONE: IL RISARCIMENTO E’ RIDOTTO SE IL DIPENDENTE LICENZIATO SVOLGE ALTRO LAVORO NELLE MORE DELLA VERTENZA DI LICENZIAMENTO
In questi termini, la riforma Monti-Fornero, consolidando quelli che erano in larga parte “diritto vigente e non scritto” presso le Corti Giudiziarie, ha stabilito che quando il Datore di Lavoro sia stato condannato a risarcimento del danno (nelle ipotesi sopra contemplate), dalle somme riconosciute a titolo risarcitorio va dedotto l'eventuale aliunde perceptum (ossia il quantum percepito presso altri Datori di Lavoro a seguito della risoluzione del rapporto), ovvero l'aliunde percipiendum, vera novità della riforma (riferita a quanto il Lavoratore avrebbe potuto percepire con una ricerca accurata e diligente di lavoro, secondo la "propria occupabilità").
                Le disposizioni appaiono a prima vista meramente “ricognitive” di regole già esistenti e riteniamo parrebbero applicabili indistintamente ai licenziamenti intimati sia nell’ ”area reale” sia nell’area “obbligatoria”. Ma sul punto, svilupperemo i necessari chiarimenti.

                TERMINI DI IMPUGNAZIONE:
                La disciplina applicabile è differenziata:

a)       Fino al 31/12/2012, il licenziamento è impugabile in via stragiudiziale entro 60 gg. dalla ricezione della comunicazione. A questo fine, il Lavoratore decade dalla possibilità di agire in giudizio se entro 270 gg. non provvede a depositare il ricorso nella Cancelleria del Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro;
b)       Dal 01/01/2012, il Lavoratore, che può sempre impugnare il licenziamento in via stragiudiziale nel termine di 60 gg., decade dal diritto di azione giurisdizionale se entro 180 gg. dall’impugazione non provvede a depositare il ricorso nella Cancelleria del Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro.

Questo è quanto al momento appare possibile dire sulla nuova versione dell’art. 18, come riformato dalla l. 92/2012.
La riforma si caratterizza per una rimodulazione di tutele operata dalla Monti-Fornero tende ad avvicinare il più possibile le tecniche di tutela dell’area reale a quella dell’area risarcitoria, salvaguardando l’operatività della tradizionale reintegra come ultima ratio in casi particolarmente gravi, quale “pena privata” per sanzionare comportamenti particolarmente odiosi del Datore di Lavoro.
Colpisce poi la tecnica analitica, ma molto giudiziaria e “avvocatesca” della riforma, tesa a puntualizzare e dettagliare aspetti e tecniche di tutela giudiziaria, per contrastare abusi.

E I LICENZIAMENTI CD ECONOMICO/ORGANIZZATIVI?
SOLO ALCUNI CENNI SUL NUOVO ART. 06 l. 604/1966:
A margine, possiamo solo accennare all’altro aspetto della riforma dell’art. 18, la più discussa e controversa del cd “licenziamento per giustificato motivo oggettivo” (economico). La difficile gestazione del progetto di riforma ha portato l’Esecutivo ad accantonare l’iniziale progetto che escludeva la reintegra dai cd “licenziamenti economico/organizzativi”, per portare avanti un disegno di “liberalizzazione” già iniziato dalla legge 183/2010 (cd Collegato Lavoro) ed ad approdare per una soluzione di compromesso abbastanza astrusa ed ermetica incentrata sull’obbligo del Datore a comunicare alla DPL l’intenzione di procedere a licenziamenti economici, in modo da permettere una serie di colloqui esplorativi col Lavoratore per “raffreddare” possibili forme di conflitto.
E’ prematuro pronunciarsi su tale normativa, che appositamente stralciamo da questa breve Comunicazione, riservandoci comunicazioni più consolidate quando il Ministero del Lavoro avrà “detto la sua” sugli adempimenti da farsi presso i propri Uffici.
L’unica cosa che al momento si può dire (e che non è incoraggiante per le prospettive di riforma) è che i “vincoli” ai licenziamenti economici non appartengono al rango di “diritto scritto” (così che, per rimuovere detti vincoli, basta rimuovere la norma scritta), ma sono di origine “non scritta”, ossia frutto di interpretazioni che si sono via via consolidate presso i Tribunali come “diritto vivente”. La battaglia, quindi, è più culturale che legislativa (e il legislatore tenta di combatterla di “retroguardia” con un’interpretazione autentica delle disposizioni del Codice di Procedura Civile sui cd “vizi di diritto” che rendono impugnabile una sentenza, inserendovi il caso di ingerenza del Giudice in considerazioni di merito tecnico-organizzativo.

Dr. Giorgio Frabetti
Consulente d'Azienda in Ferrara

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