Un breve schema riassuntivo dell’art. 18 St. lav. (legge 300/1970), che
ha subito rilevanti rimodulazioni e assestamenti da parte della legge 92/2012
(Riforma Monti-Fornero).
Limiti dimensionali: La riforma
Monti-Fornero (confermando largamente le disposizioni del passato) ha disposto
l’applicabilità dell’art. 18 ai Datori di Lavoro (Imprenditori e non
Imprenditori)
a)
Con più di 15 Dipendenti;
b)
Con più di 05 se
si tratta di Imprenditore Agricolo;
c)
Al Datore di Lavoro (Imprenditore o non Imprenditore)
che, nell’ambito dello stesso Comune, occupi più di 15 Dipendenti e all’Impresa
Agricola che nel medesimo Comune occupi più di 05 Dipendenti, anche se ciascuna
unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti;
d)
In ogni caso al Datore di Lavoro (Imprenditore o non
Imprenditore) che occupi più di 60 Dipendenti.
Sono comunque da ritenersi escluse le cd
“organizzazioni di tendenza”, come da disciplina previgente.
Questo il primo
prospetto riassuntivo che si può realizzare.
A)
LICENZIAMENTO
DISCRIMINATORIO (art. 18.01°comma):
Nei casi di:
·
Licenziamento per
motivazioni politiche, religiose, razziali, di lunga, di sesso, di disabilità,
di appartenenza o orientamento sindacale (la l. 92/2012 compendia casi già previsti
all’art. 04 l. 604/1966, all’art. 15 l. 300/1970, all’art. 03 l. 108/90);
·
Licenziamento
disposto per causa di matrimonio, ovvero intimato nel periodo
immediatamente intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni ad
un anno dopo la celebrazione (art. 35 D.lgs. 198/2006);
·
Licenziamento della
Lavoratrice Madre
intimato dall’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento di un anno di
età del bambino; ovvero causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo
parentale (di maternità o di paternità) o dal congedo per la malattia del
bambino; o ancora intimato fino ad un anno dall’ingresso del Minore adottivo
nel nucleo familiare (art. 54.01, 06, 07 e 09 D.lgs. 151/2011);
·
Licenziamento
riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge (es. licenziamento
del Lavoratore svolgente pubbliche funzioni elettive, collocatosi in
aspettativa).
Licenziamento determinato da un motivo illecito
determinante ai sensi dell’art. 1345 del Codice
Civile (vedi
ad esempio, abusi e omissioni dolose commesse nella nuova procedura di
“raffreddamento” preventiva al cd “licenziamento economico” ex. art. 07 l.
604/1966, come riformato dalla Monti-Fornero).
Quale
trattamento risarcitorio per
i casi di licenziamento discriminatorio, ai sensi del nuovo art. 18.01° comma
l. 92/2012, il Giudice:
a)
Ordina al Datore la reintegrazione del Lavoratore nel
posto di lavoro (in alternativa, il Lavoratore può chiedere un’indennità pari a
15 mensilità, non soggetta a contribuzione previdenziale);
b)
Condanna il Datore di Lavoro al risarcimento del danno,
stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale
di fatto, maturata dal giorno del licenziamento sino all’effettiva
reintegrazione, in ogni caso non inferiore alle 05 mensilità;
c)
Condanna il Datore di Lavoro al versamento dei
contributi assistenziali e previdenziali, dal momento del licenziamento al
momento dell’effettiva reintegrazione.
Al trattamento
risarcitorio per licenziamento discriminatorio la legge 92/2012 equipara il
caso di licenziamento in forma orale: aspetto questo di dubbia legittimità
costituzionale, in quanto non si comprende per quale speciale motivo l’oralità
debba subire un trattamento meno severo rispetto ad altri casi di carenze
formali, sanzionate dalla riforma in modo meno severo nella generalità dei
casi.
B)
LICENZIAMENTI
DISCIPLINARI E LICENZIAMENTI “PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO” MANIFESTAMENTE
INFONDATI (art. 18.04-07 comma):
Nei casi di
a)
Licenziamenti
disciplinari:
nei casi di provvedimenti disciplinari illegittimi per insussistenza dei fatti
contestati, ovvero per errata applicazione di sanzione espulsiva
(licenziamento) in luogo di sanzione conservativa disposta dal CCNL;
b)
Licenziamenti per
giustificato motivo oggettivo rientranti nella nuova previsione dell’art. 07 l. 604/66, di cui si contesti la
“manifesta infondatezza”;
c)
Licenziamenti
illegittimi motivati da inidoneità fisica o psichica del Lavoratore, senza
l’osservanza della disciplina di tutela del posto di lavoro e della
professionalità, in violazione cioè dell’art. 04.04°comma l. 68/1999, dell’art.
04.10°comma l. 68/1999 e dell’art. 2110 del Codice
Civile.
Quale trattamento risarcitorio per questi
casi, ai sensi del nuovo art. 18.04-07° comma l. 92/2012, il Giudice:
a) Ordina al Datore la reintegrazione del Lavoratore nel
posto di lavoro (in alternativa, il Lavoratore può chiedere un’indennità pari a
15 mensilità, non soggetta a contribuzione previdenziale);
b) Condanna il Datore di Lavoro al risarcimento del
danno, stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione
globale di fatto, maturata dal giorno del licenziamento sino all’effettiva
reintegrazione, in ogni caso non inferiore alle 12 mensilità;
c) Condanna il Datore di Lavoro al versamento dei
contributi assistenziali e previdenziali, dal momento del licenziamento al
momento dell’effettiva reintegrazione.
ATTENZIONE ALLE REGOLE DELL’ACCREDITO DEI
CONTRIBUTI INPS DOPO LA REINTEGRA!
Sia nel caso di
licenziamento “discriminatorio” (Sub A) che nel caso di “licenziamento
disciplinare o manifestamente infondato” (Sub B), la riforma Monti Fornero ha
disposto speciali regole per l’accredito dei contributi dovuti nelle more del
licenziamento e della reintegra.
In questi termini,
dall’ammontare dei contributi previdenziali dovuti dal Datore di Lavoro dalla
data dell’illegittimo licenziamento fino a quella dell’eventuale reintegrazione
in servizio deve essere decurtata la contribuzione accreditata al Lavoratore in
conseguenza dello svolgimento di altra attività lavorativa: il Datore di Lavoro
è tenuto a corrispondere solo il differenziale
contributivo.
Nel caso, poi, in
cui i contributi versati da altro Datore di Lavoro nelle more del giudizio
dell’impugnativa afferiscano ad altra Gestione Previdenziale (es. Gestione
Separata INPS), i medesimi contributi vanno imputati, d’ufficio, alla gestione
corrispondente all’attività lavorativa illegittimamente risolta, con addebito
dei costi di trasferimento contributivo al Datore di Lavoro che ha adottato il
provvedimento di recesso dichiarato invalido.
Per alleggerire e
ammorbidire speciali sanzioni “previdenziali” tipiche del regime della
“reintegra”, e attenuare le rigidità gestionali che in questa situazione
potrebbero determinarsi per la corretta ricostruzione della posizione
contributiva del Dipendente, è prevista la possibilità della revoca del licenziamento da parte del
Datore di Lavoro. Se questa viene emessa entro il termine di 15 gg. dalla
comunicazione al Datore di Lavoro dell’impugnazione del medesimo, determina la
ripresa del rapporto di lavoro senza soluzione di continuità, con piena
maturazione in capo al Dipendente già licenziato dei diritti retributivi e
contributivi preesistenti, senza applicazione delle sanzioni ivi previste nel
caso di licenziamento illegittimo.
C) ALTRI LICENZIAMENTI DISCIPLINARI O “OGGETTIVI”
ILLEGITTIMI (art. 18.05-07°comma):
Trattasi di
fattispecie classicamente residuale, comprendente tutti i casi di violazione
dei canoni di “giustificato motivo soggettivo” (licenziamento disciplinare) o
di “giustificato motivo oggettivo” diversi da quelli soggetti alla più severa
disciplina dell’art. 18.01°comma e dell’art. 18.04°comma.
Quale trattamento risarcitorio per
questi casi, ai sensi del nuovo art. 18.04-07° comma l. 92/2012, il Giudice:
a) Dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto
dalla data di licenziamento;
b) Condanna il Datore di Lavoro al risarcimento del
danno, stabilendo a tal fine un’indennità onnicomprensiva commisurata tra un
minimo di 12 ed un massimo di 24 mensilità, dell’ultima retribuzione globale di
fatto.
D)ALTRI LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI PER VIZI
FORMALI O PROCEDURALI (art. 18.06°comma):
Trattasi dei casi
di licenziamenti
a)Privi di motivazione in violazione dell’art. 02 l. 604/1966;
b) Irrogati senza
l’osservanza della procedura di cui all’art. 07 l. 300/1970;
c) Licenziamenti per giustificato motivo oggettivo
intimati senza l’osservanza della procedura ex. art. 07 l. 604/1966.
Il limite
dimensionale, però, non vale per tutti i casi qui citati. La disciplina di cui
al punto A), ovvero del “licenziamento discriminatorio” si applica a tutte le imprese,
anche con meno di 15 Dipendenti. Attenzione, però, che la riforma Fornero ha
introdotto confini più “mobili” tra tutela reale e obbligatoria: stante la
circostanza che sono soggetti all’art. 18 St. lav. Tutti i licenziamenti
comunque compiuti in modo fraudolento (vedi art. 1345 Codice Civile) anche se prima
facie sarebbero gestibili in tutela obbligatoria (in impresa con meno di 15
Dipendenti) sarebbero automaticamente compresi nella più severa disciplina
dell’art. 18.
ATTENZIONE: IL RISARCIMENTO E’ RIDOTTO SE IL DIPENDENTE
LICENZIATO SVOLGE ALTRO LAVORO NELLE MORE DELLA VERTENZA DI LICENZIAMENTO
In questi termini,
la riforma Monti-Fornero, consolidando quelli che erano in larga parte “diritto
vigente e non scritto” presso le Corti Giudiziarie, ha stabilito che quando il Datore di Lavoro sia stato condannato a
risarcimento del danno (nelle ipotesi sopra contemplate), dalle somme
riconosciute a titolo risarcitorio va dedotto l'eventuale aliunde
perceptum (ossia il quantum percepito presso altri Datori di
Lavoro a seguito della risoluzione del rapporto), ovvero l'aliunde
percipiendum, vera novità della riforma (riferita a quanto il
Lavoratore avrebbe potuto percepire con una ricerca accurata e diligente di
lavoro, secondo la "propria occupabilità").
Le disposizioni appaiono a prima vista
meramente “ricognitive” di regole già esistenti e riteniamo parrebbero
applicabili indistintamente ai licenziamenti intimati sia nell’ ”area reale”
sia nell’area “obbligatoria”. Ma sul punto, svilupperemo i necessari chiarimenti.
TERMINI DI IMPUGNAZIONE:
La
disciplina applicabile è differenziata:
a)
Fino al 31/12/2012, il licenziamento è impugabile in
via stragiudiziale entro 60 gg. dalla ricezione della comunicazione. A questo
fine, il Lavoratore decade dalla possibilità di agire in giudizio se entro 270
gg. non provvede a depositare il ricorso nella Cancelleria del Tribunale in
funzione di Giudice del Lavoro;
b)
Dal 01/01/2012, il Lavoratore, che può sempre impugnare
il licenziamento in via stragiudiziale nel termine di 60 gg., decade dal
diritto di azione giurisdizionale se entro 180 gg. dall’impugazione non
provvede a depositare il ricorso nella Cancelleria del Tribunale in funzione di
Giudice del Lavoro.
Questo è quanto al
momento appare possibile dire sulla nuova versione dell’art. 18, come riformato
dalla l. 92/2012.
La riforma si
caratterizza per una rimodulazione di tutele operata dalla Monti-Fornero tende
ad avvicinare il più possibile le tecniche di tutela dell’area reale a quella
dell’area risarcitoria, salvaguardando l’operatività della tradizionale
reintegra come ultima ratio in casi
particolarmente gravi, quale “pena privata” per sanzionare comportamenti
particolarmente odiosi del Datore di Lavoro.
Colpisce poi la
tecnica analitica, ma molto giudiziaria e “avvocatesca” della riforma, tesa a
puntualizzare e dettagliare aspetti e tecniche di tutela giudiziaria, per
contrastare abusi.
E I LICENZIAMENTI CD
ECONOMICO/ORGANIZZATIVI?
SOLO ALCUNI CENNI SUL NUOVO ART. 06 l.
604/1966:
A margine, possiamo
solo accennare all’altro aspetto della riforma dell’art. 18, la più discussa e
controversa del cd “licenziamento per giustificato motivo oggettivo”
(economico). La difficile gestazione del progetto di riforma ha portato
l’Esecutivo ad accantonare l’iniziale progetto che escludeva la reintegra dai
cd “licenziamenti economico/organizzativi”, per portare avanti un disegno di
“liberalizzazione” già iniziato dalla legge 183/2010 (cd Collegato Lavoro) ed ad approdare per una soluzione di compromesso
abbastanza astrusa ed ermetica incentrata sull’obbligo del Datore a comunicare
alla DPL l’intenzione di procedere a licenziamenti economici, in modo da
permettere una serie di colloqui esplorativi col Lavoratore per “raffreddare”
possibili forme di conflitto.
E’ prematuro
pronunciarsi su tale normativa, che appositamente stralciamo da questa breve
Comunicazione, riservandoci comunicazioni più consolidate quando il Ministero
del Lavoro avrà “detto la sua” sugli adempimenti da farsi presso i propri
Uffici.
L’unica cosa che al momento si può dire (e che non è
incoraggiante per le prospettive di riforma) è che i “vincoli” ai licenziamenti
economici non appartengono al rango di “diritto scritto” (così che, per
rimuovere detti vincoli, basta rimuovere la norma scritta), ma sono di origine
“non scritta”, ossia frutto di interpretazioni che si sono via via consolidate
presso i Tribunali come “diritto vivente”. La battaglia, quindi, è più
culturale che legislativa (e il legislatore tenta di combatterla di
“retroguardia” con un’interpretazione autentica delle disposizioni del Codice
di Procedura Civile sui cd “vizi di diritto” che rendono impugnabile una
sentenza, inserendovi il caso di ingerenza del Giudice in considerazioni di
merito tecnico-organizzativo.
Dr. Giorgio Frabetti
Consulente d'Azienda in Ferrara