Un'azienda ha licenziato il proprio lavoratore, indicando sulla lettera
di licenziamento un periodo di preavviso inferiore a quello previsto dal CCNL: 60
gg invece di 90 gg. Il lavoratore “manda avanti” il sindacato il quale, invece,
pretende che questi 30 gg gli vengano riconosciuti, perchè altrimenti il centro
per l'impiego non gli riconosce la disoccupazione. Mi pare strana e incongrua questa
richiesta: se c'è un accordo - anche tacito - tra le parti a non lavorare il
preavviso, non capisco quale possa essere il problema! Cosa ne pensate?
Risposta:
Il lavoratore dice "se non godo del preavviso, non vado in
disoccupazione". Ora, io mi chiedo: il Lavoratore ha l'anzianità
sufficiente per andare in disoccupazione (oggi DS?)?
Questo rileva.
Anche perché
dalla soluzione del problema “disoccupazione” può derivare un alleggerimento
consistente in capo al Datore dei costi della possibile vertenza (che con l’ASPI
una parte del risarcimento sarebbe trasferito, sia pure virtualmente, in capo
all’INPS, Ente Assicuratore!).
Essenziale, allora, diventa capire se l'evento di interruzione del
rapporto è caduto prima o dopo il 1/1/2013, data di entrata in vigore
dell'ASpI.
Se versiamo in periodo ante-ASpi, allora, rinvio al Msg INPS 19273/2012
e al commento di PIANETA LAVORO E TRIBUTI (http://www.teleconsul.it/pianetalavoro/primo-piano.aspx?id=246591) e del Consiglio Nazionale dei Consulenti del
Lavoro (http://www.consulentidellavoro.it/browse.php?mod=article&opt=view&id=11914). Il msg INPS, in recepimento di Cass.
29237/2011, ha precisato che la decorrenza dell’indennità di disoccupazione e
dell’indennità di mobilità, subirà il differimento, ex art. 73 r.d.l. 4 ottobre
1935 n. 1827 (siamo prima dell'ASpI!), all’ottavo giorno successivo alla data
finale del periodo corrispondente all’indennità di mancato preavviso
ragguagliata a giornate solo nei casi in cui detta indennità sia stata
effettivamente corrisposta dal datore di lavoro (Cass. n. 3836/2012). Nei casi,
invece, in cui essa non sia stata corrisposta anche a seguito di rinuncia, la
decorrenza delle predette indennità farà riferimento ai normali meccanismi
legati alla data di cessazione del rapporto di lavoro e di presentazione della
domanda di prestazione.
La rinuncia può essere tacita ... Si pone allora un problema di prova,
su cui in questa sede non posso entrare nel merito.
E dopo l'ASPI?
Ora, la Circolare INPS 142/2012 http://www.inps.it/bussola/visualizzadoc.aspx?svirtualurl=%2Fcircolari%2Fcircolare%20numero%20142%20del%2018-12-2012.htm), ai fini dell'ASpI, pare segnare una
"Marcia indietro". La Monti-Fornero differisce alla conclusione del
"periodo di preavviso" (non si parla di "pagamento
dell'indennità") il periodo di decorrenza per presentare la domanda di
trattamento.
Sul punto, dovranno uscire chiarimenti.
Una cosa pare sicura: la Monti-Fornero non ha innovato nulla
sull'indennità di mancato preavviso e dintorni; pertanto, resta ferma
l'indicazione giurisprudenziale e INPS che ne aveva riconosciuto la
disponibilità e la rinunci abilità del preavviso, anche tacita.
Resta evidentemente lo stesso problema di prova…
Piccolo CAVEAT: il tema della “rinunciabilità” del preavviso, sostenuta dall’INPS, lascia a mio giudizio impregiudicata la
possibile controversia sull’attrazione di questa “rinuncia” tra gli atti impugabili
dal Lavoratore ex. art. 2113 del Codice Civile alla cessazione del rapporto. A
mio modesto avviso, però, l’INPS non ha “detto la sua” su questa complessa
questione giurisprudenziale. L’indicazione INPS va letta come indicazione di “razionalità
economica” data agli stretti fini dell’ “indennizzabilità” della disoccupazione.
Ed è evidente che tale indicazione va tenuta presente da un Lavoratore
dipendente che voglia valutare “in buona fede” la convenienza di aprire o meno
una vertenza successiva al licenziamento.
Spero di non aver fatto confusione.
Dr. Giorgio Frabetti-Ferrara
Collaboratore Studio Francesco Landi, Ferrara
Nessun commento:
Posta un commento