Sono l'Amministratore di una Cooperativa con più di 15 Dipendenti in crisi. Ho deciso la via dell'affitto di Azienda per ristrutturare i debiti.
Come devo regolarmi, secondo le vigenti disposizioni di legge?
Risposta:
Ai fini della fattispecie citata nel quesito, e ai
fini dei complessivi effetti gestionali del rapporto di lavoro con il Personale
Dipendente, è essenziale precisare che l'affitto d'Azienda rientra nella
complessiva ipotesi di "trasferimento d'Azienda" ai fini lavoristici
ex. art. 2112 del Codice Civile, di cui, in questa sede, si
provvederà a delineare brevi tratti.
Teniamo, comunque, a precisare che
trattiamo, in questo caso, della fattispecie ex. art. 2112 del Codice
Civile nella sua ipotesi-base, rinviando a dopo l’illustrazione della
diversa e speciale ipotesi ex. art. 47 l. 428/1990.
Innanzitutto, con l'affitto d'Azienda
(fattispecie ascrivibile al "trasferimento" di cui sopra), i rapporti
di lavoro subordinato proseguono con il Cessionario senza soluzione di
continuità.
A questo fine, la norma specifica che
"il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano" e con ciò
aprendo l'orizzonte a svariate considerazioni collegate.
Per avere un’idea dei principali aspetti
gestionali della vicenda e delle ricadute operative sui rapporti di lavoro
dipendente, occorre dire quanto segue.
Innanzitutto, la legge configura un
tipico caso di "novazione soggettiva" delle obbligazioni del rapporto
di lavoro subordinato sul versante del Datore di Lavoro subentrante, rimanendo
viceversa immutata la posizione del Lavoratore. Sul versante del Lavoratore
subordinato, poi, detta sostituzione avviene in via automatica: ai fini del
perfezionamento del trasferimento, occorre certamente l'accordo tra
Imprenditore Cedente e Imprenditore Cessionario, ma non il consenso dei
lavoratori ceduti.
A favore di questi ultimi e a maggiore
garanzia dei loro trattamenti economici, si precisa che il rapporto di
lavoro, al momento del trasferimento e in assenza di diverse
"intese", deve restare disciplinato dal CCNL applicabile alla
precedente Azienda, salvo che il Datore opzioni un'altra regolamentazione
collettiva, evidentemente compatibile. E' essenziale precisare che il diverso
"accordo collettivo" non può che essere opzionato tra gli accordi
dello stesso livello: evidentemente, non è riconosciuto al Datore di Lavoro passare
da una regolamentazione di livello nazionale, ad una regionale o aziendale. Nè
a questa conseguenza si può giungere in deroga alla normativa vigente con
intese aziendali cd "di prossimità" disciplinate dall'art. 08 DL
138/2011 e disposte dai Sindacati maggiormente rappresentativi in Azienda (come
avremo modo di precisare successivamente, siamo a sconsigliare caldamente tale
procedura in quanto per eventuali deroghe "sindacali" è utilizzabile
l'art. 47 l. 428/1990).
In caso di mutamento della
regolamentazione collettiva del lavoro nei tre mesi successivi dalla modifica,
al Dipendente "ceduto" è riconosciuta la facoltà di
dimissioni per "giusta causa" ex. art. 2119 del Codice Civile.
A parte la circostanza che, nulla di specifico o diverso essendo stato disposto
dalla l. 92/2012, a queste dimissioni si applica la procedura di convalida, una
simile singolare presa di posizione legislativa è evidentemente concepita per
garantire al Dipendente dimissionario il trattamento di dimissioni,
configurando in fatto le dimissioni "per giusta causa",evento
comunque riconducibile a "disoccupazione involontaria" ai fini del
trattamento DS (fino al 31/12/2012) e ASPI (dal 01/01/2013).
Sulle singole voci di trattamento
retributivo e sui trattamenti normativi, nelle more del passaggio dall'una
all'altra Azienda, la legge dispone l'intangibilità dei diritti acquisiti dal
Lavoratore e consolidatisi nel suo patrimonio al momento del trasferimento:
sotto questo profilo, quindi, il Lavoratore potrà considerare ad esempio i
trattamenti normativi derivanti da "scatti di anzianità" e gli
eventuali aumenti economici disposti, che si devono ritenere
"resistenti" ad eventuali mutamenti nella disciplina collettiva,
quantunque con qualche sfasatura nel "netto" e nel "lordo".
Per quanto riguarda le "retribuzioni lorde", e per il caso di
eventuali nuove pattuizioni collettive che dispongano importi retributivi
lordi inferiori rispetto a quelli in essere al Lavoratore Dipendente, si
conservano i precedenti maggiori importi a titolo diad personam: è
opportuno che, in questi casi, l'Imprenditore cessionario si affretti a
dichiarare tale ad personam conferito "ad imputazione di futuri incrementi
contrattuali e assorbibile in vista di questi". Per quanto riguarda, le
retribuzioni "nette" a Ns. avviso non ci sono argomenti per ritenerle
"intangibili" (vedi Ns. post sugli "accordi del netto"
dell'aprile scorso: http://costidellavoro.blogspot.it/2012/04/quando-azienda-e-dipendente-si.html), essendo queste frutto di accordi individuali e intuitu personae assunte tra Dipendente e Imprenditore
cedente. Ma anche in questo caso, è indispensabile che l'Imprenditore contesti
tempestivamente tali voci retributive maggiorate, operando altrimenti (per
"acquiescenza" ed inerzia) i trattamenti economici consolidatisi ad
personam.
A questi fini, comunque, restano in capo
al Dipendente "ceduto" le quote di TFR maturato nella precedente
gestione, così come tutte le voci retributive già maturate e consolidate nella
vigenza del precedente rapporto.
Da ultimo, si precisa che Cedente e
Cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti in essere in capo al
Lavoratore al tempo del trasferimento, salvo che lo stesso Lavoratore disponga
con conciliazione ex. art. 410-411 Cpc la liberazione del Cedente. Trattasi di
solidarietà "speciale" non estensibile a ritenute fiscali e
previdenziali come nelle recenti disposizioni di riforma (anche se sotto questo
versante occorre comunque mantenere la dovuta attenzione).
Questa disciplina del rapporto di lavoro
subordinato può essere comunque derogata in melius a favore
dell'Azienda, facendo applicazione dell'art. 47 l. 428/1990.
In particolare, dato lo stato di
conclamata crisi aziendale della Cooperativa (passibile di CIGS, a Ns.
informazione),dato che la stessa occupa (almeno secondo le informazioni in Ns.
possesso) più di 15 Dipendenti, è possibile gestire il trasferimento di
personale "in deroga" ai vincoli e ai limiti dell'art. 2112 del Codice
Civile, a condizione che intervenga negoziazione e accordo sindacale con le
Rappresentanze Aziendali ex. art. 19 l. 300/1970 (le firmatarie dell'accordo
collettivo).
A questo fine, va comunque precisato,
per maggiore chiarezza e correntezza gestionale, che non servono disposizioni
sindacali "in deroga" per operazioni di razionalizzazione
dell'impiego e della disciplina oraria del personale dipendente, quali ad
esempio il passaggio ad un'articolazione multiperiodale dell'orario (attraverso
un uso calibrato dei permessi). In questo senso, sia chiaro, non esiste un
"diritto acquisito" del Lavoratore alla retribuzione per ... lavoro
straordinario!
Restiamo a disposizione per altri,
eventualmente più dettagliati aggiornamenti alla pagina FB https://www.facebook.com/pages/Studio-Landi-cdl-Francesco/323776694349912
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