Una brevissima nota tesa a precisare che, ove l'assenza ingiustificata del Dipendente venga a prolungarsi in un periodo troppo lungo, il Lavoratore è passibile di licenziamento disciplinare, a prescindere dalla circostanza che detto evento sia stato contemplato nel Codice Disciplinare.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza nr.
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La sentenza (emessa a febbraio di quest'anno) risulta particolarmente interessante oggi, perchè consente di valutare interferenze e riflessi sulla disciplina della convalida delle dimissioni.
Come noto, quando il Lavoratore è assente e non da più notizie di sè, spesso nascono complessi problemi di qualificazione della sua condotta ai fini negoziali: se trattasi cioè di dimissioni "per fatto concludente" o di assenza passibile di licenziamento disciplinare. E' evidente l'interesse del Lavoratore che si trovi in questi passi ad invocare la prima ipotesi di qualificazione, che gli consente oggi di lucrare sulle lungaggini del procedimento di convalida.
Riteniamo comunque che in questi casi il Datore non deve porre alcun indugio e licenziare il Dipendente e profittare delle pur piccole agevolazioni che la legge Monti-Fornero gli riconosce: prima fra tutte, l'imputazione degli effetti del licenziamento disciplinare al momento della comunicazione.
Si pone chiaramente in questo caso il problema del Dipendente che ometta di ritirare la raccomandata, cercando così di impedire gli effetti notificatori connessi al licenziamento. Ricordiamo, però, che, in questi casi, specie ove nella lettera di assunzione il Lavoratore abbia rilasciato un recapito e non abbia provveduto a modificarlo, egli non può che giovarsi fino ad un certo punto della giacenza postale, in quanto gli è fatto concretamente obbligo di ritirare le comunicazioni aziendali; pertanto, il Datore può agevolmente presumere l'intenzionalità e la strumentalità del mancato ritiro.
Dr. Giorgio Frabetti
Consulente d'Azienda in Ferrara
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