Con dm 30/10/2004, il Ministero del Lavoro è a suo
tempo intervenuto per attuare la previsione dell’art. 40.01°comma D.lgs.
276/03, che rimetteva al medesimo Ministero l’individuazione delle
mansioni “discontinue o intermittenti” per cui era stipulabile il
rapporto a chiamata (per queste, il dm richiamò il RD 2657/1923,
contenente elencazione delle tipologie di attività “discontinue e
intermittenti”).
Questo impianto è salvaguardato dal Jobs Act,
come si evince nell’attuale formulazione del D.lgs. di revisione delle
tipologie contrattuali flessibili. Tale testo, approvato in via
preliminare dal Consiglio dei Ministri il 20/2, e attualmente al vaglio
delle competenti Commissioni parlamentari, all’art. 12.01°comma dispone
quanto segue:
Il
contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo
svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente,
secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da
associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale o territoriale, anche con riferimento alla possibilità di
stipulare tale contratto in periodi predeterminati nell'arco della
settimana, del mese o dell'anno. In mancanza di contratto
collettivo, all’individuazione dei casi di utilizzo del lavoro
intermittente si provvede con decreto non regolamentare del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali.
Il Jobs Act
conferma l’impianto precedente del “lavoro a chiamata”, ma attualmente
non chiarisce se, in via transitoria, continui ad applicarsi il dm
30/10/2004 e il RD 2657/23. Circostanza, come ciascuno può ben
comprendere, essenziale per l’operatività dei contratti a chiamata, di
fatto non regolamentati (se non in via molto marginale) dai CCNL.
L’interpretazione
più logica e rigorosa porterebbe a ritenere inapplicabile il dm
30/10/2004 e il relativo RD 2657/23: al momento, infatti, è logico
ritenere che l’art. 40 D.lgs. 276/03, entrando in vigore tale testo,
debba ritenersi abrogato: in forza delle previsioni ex. art. 46.02°comma
del D.lgs., e anche delle più generali disposizioni ex. art. 15 Disp.
Prel. Codice Civile (“Le leggi non sono abrogate che da leggi
posteriori … perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata
dalla legge anteriore”). L’abrogazione dell’art. 40 D.lgs. 276/03 porta con sé anche i dm emanati in via di attuazione.
Di qui, la conseguente inoperatività del RD 2657/23 che attualmente definisce le ipotesi di ricorso al lavoro intermittente.
Questa
conclusione si trova altresì supportata dal confronto con altre
disposizioni, sovrapponibili, dell’emanando D.lgs. L’art. 19.02°comma
del D.lgs., ad esempio, in punto di lavoro stagionale, rimette ad un dm
la definizione di una nuova classificazione di “attività stagionali”, ma
mantiene in vigore, in via transitoria e per i necessari effetti
applicativi (es. esonero “limiti quantitativi” etc.), la precedente
regolazione del DPR 1525/1963. Non altrettanto, però, si prevede nel
caso del lavoro intermittente (per lo meno, non si prevede ancora la
sopravvivenza, in via transitoria, del dm 30/10/2004).
Perdurando
questo assetto normativo, le Aziende non potranno più ricorrere al
“lavoro a chiamata”, facendo ricorso al RD 2657/23, ma solo per le altre
ipotesi “soggettive” (lavoratori infra24 enni e ultra 55enni).
Restiamo in attesa di eventuali rettifiche al D.lgs., che potranno essere disposte, in sede di approvazione definitiva.
Dr. Giorgio Frabetti, Profilo Linkedin: http://www.linkedin.com/profile/view?id=209819076&goback=%2Enmp_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1&trk=tab_pro
Collaboratore Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro, Ferrara
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