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venerdì 13 marzo 2015

DIRITTO DI PRECEDENZA E ASSUNZIONI AGEVOLATE: QUASI TRE ANNI DI EQUIVOCI E FRAINTENDIMENTI

Sul “diritto di precedenza”, or sono quasi tre anni, grava una pesante cappa di confusione interpretativa, alimentata da una poco accorta interpretazione delle disposizioni ex. art. 04.12°comma lett. a) l. 92/2012. Recentemente, tale confusione, per quegli effetti di “trascinamento” degli errori (tipici di quanto si fanno le cose, senza riflettere), è rifluita in un Interpello del Ministero del Lavoro, il nr. 3/2015: proprio, il soggetto che, finora, pareva più di tutti immune a attestato su posizioni differenti rispetto all’INPS. Ma iniziamo con ordine. Queste disposizioni, in un’ottica di consolidamento e razionalizzazione della disciplina delle agevolazioni nell’assunzione, aveva prescritto una serie di condizioni generali ostative alla fruizione così riassumibili: 12. Al fine di garantire un'omogenea applicazione degli incentivi all'assunzione, ivi compresi quelli previsti dall'articolo 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, e dagli articoli 8, commi 2 e 4, e 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, per i periodi di vigenza come ridefiniti dalla presente legge, si definiscono i seguenti principi: a) gli incentivi non spettano se l'assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva; gli incentivi sono esclusi anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all'assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione; b) gli incentivi non spettano se l'assunzione viola il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine; gli incentivi sono esclusi anche nel caso in cui, prima dell'utilizzo di un lavoratore mediante contratto di somministrazione, l'utilizzatore non abbia preventivamente offerto la riassunzione al lavoratore titolare di un diritto di precedenza per essere stato precedentemente licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine; c) gli incentivi non spettano se il datore di lavoro o l'utilizzatore con contratto di somministrazione abbiano in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l'assunzione, la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate all'acquisizione di professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori sospesi oppure siano effettuate presso una diversa unità produttiva; d) gli incentivi non spettano con riferimento a quei lavoratori che siano stati licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume ovvero risulti con quest'ultimo in rapporto di collegamento o controllo; in caso di somministrazione tale condizione si applica anche all'utilizzatore. Come noto, l’interpretazione INPS (con le Circolari 137/2012 e 131/2013) ha dato luogo a critiche, perché ha accreditato l’interpretazione secondo la quale il rispetto del diritto di precedenza implica la “previa offerta” datorile del posto di Lavoro al lavoratore subordinato cessato, che sia titolare di diritto di precedenza[1]. L’INPS, poi, in una successiva Circolare (la 131/2013), si è spinta più oltre. Commentando un incentivo all’assunzione disposto dal DL 76/2013, e richiamando le disposizioni dell’art. 04.12°comma lett. a)-b) l. 92/2012, relativamente alle condizioni generali ostative alla fruizione del beneficio, l’INPS ritenne di rinvenire una specie di ratio stabilizzante (come vedremo, non autorizzata da nessun riscontro testuale, come messo ben in rilievo dalla Fondazione Studi CDL nel 2013). Della serie: se in Azienda c’è un diritto di precedenza, il Datore, ove intenda fruire dell’agevolazione, oltre a dover offrire l’assunzione al Dipendente cessato, titolare del diritto di precedenze, non avrebbe dovuto riassumere lo stesso Dipendente decorsi sei mesi. Questa circostanza era ritenuta elusiva del “diritto di precedenza”. Ora, come vedremo, l’INPS è andata molto oltre la tradizionale configurazione del “diritto di precedenza”, tracciando l’identikit di un istituto, che, così “creativamente” acconciato, non appare molto dissimile dalla vecchia “reintegra” (senza che nulla autorizzi questa conclusione). E quel che è peggio, è che, non solo l’INPS non si è mai preoccupata di motivare le ragioni tecnico-giuridiche della sua (quantomeno ardita) posizione, ma addirittura che la stessa posizione sia rifluita (ancora una volta, senza alcun approfondimento tecnico) in un Interpello del Ministero del Lavoro (nr. 3/2015). Ministero che finora appariva sostanzialmente refrattario a certe posizioni INPS, avendo assunto nel 2008, all’indomani della l. 247/2007 (cd Protocollo Welfare) una posizione, in punto di diritto di precedenza, molto tradizionale, che certo non lasciava presagire gli sviluppi dell’INPS. Una posizione, del resto, ribadita anche recentemente, all’indomani del cd Decreto Poletti, con la Circolare Min. Lav. 18/2014 (ed è proprio questo immediato precedente a rendere tanto più inopinata e incomprensibile la “virata” ministeriale con l’Interpello nr. 3/2015). Ora, si da il caso che tale orientamento INPS sia stato pesantemente criticato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro nella Circolare nr. 15/2013. Questa posizione critica, però, tuttora fondata e da portare avanti, richiede, almeno a mio modesto avviso, un aggiornamento rispetto alla Circolare nr. 15/2013. Nel 2013, la Fondazione CDL tentò di contrastare il punto di vista dell’INPS sul diritto di precedenza, richiamandosi alla Circolare Min. Lav. Nr. 13/2008: ma con l’allineamento del Ministero del Lavoro alle posizioni dell’INPS tali armi sono manifestamente spuntate. Oggi, il punto di vista dell’INPS (e del Ministero) sul diritto di precedenza si può contrastare in un modo diverso, impugnando la paziente arma dell’esegesi testuale, logica e sistematica della norma. Nelle righe che seguono spieghiamo come. Dal ns. modesto punto di vista, siamo, infatti, convinti che, solo ripercorrendo con ordine il percorso esegetico dell’INPS, intrinsecamente viziato ed errato, si possa avere ragione della norma, e, confutati gli errori, si possa pervenire ad un inquadramento più corretto della norma. In particolare, la ns. ferma opinione è che tutti i problemi trovino la loro origine in un equivoco interpretativo: in particolare nella non efficace e puntuale lettura coordinata tra lett. a) e lett. b) dell’art. 4.12°comma l. 92/2012, in particolare, laddove questi, rispettivamente, si riferiscono a “obblighi assunzionali di legge e di CCNL” (lett. a) e a “diritto di precedenza” (lett. b). E qui sta anche la parziale inefficacia della posizione (pur corretta) della Fondazione Studi CDL, che, giustamente, segnala la svista dell’INPS, ma non con la dovuta efficacia critica “chirurgica”. Una critica “chirurgica”, cioè, dovrebbe portarci a capire che la posizione INPS sul “diritto di precedenza” è così involuta, essenzialmente perché l’Istituto, nella Circolare 137/2012, sposa un’interpretazione dell’art. 12.04°comma lett. a)-b) della legge 92/2012 che tende a sovrapporre le due fattispecie (lett. a), lett. b): vediamo come e perché. “Niente agevolazioni assunzionali a chi viola obblighi assunzionali previsti da legge e CCNL”. Scorrendo il testo della Circolare citata (par. 1.1:1), l’INPS comprende tra gli obblighi assunzionali anche gli obblighi che nascono in capo al Datore di Lavoro di assumere il Dipendente, ove questi eserciti il diritto di precedenza. Come noto, il diritto di precedenza è una fattispecie particolare, a formazione progressiva, in ogni previsione di legge sia esso previsto ex. art. 15 l. 264/1949 sia ex. art. 5 D.lgs. 368/2001, sia ex. art. 47.6°comma l. 428/1990, sia ex art. 1 DL 34/2014 (conv. in l. 78/2014). Al verificarsi di una condizione di cessazione del rapporto subordinato (a tempo determinato o indeterminato), la legge riconosce un lasso di tempo al Dipendente (variabile da 3-6 mesi, ma con durata variabile secondo la contrattazione collettiva) per decidere se manifestare o meno “gradimento” per un’assunzione. Nel lasso di tempo, ovviamente, il Lavoratore può esprimere interesse ad una riassunzione, ovvero non fare nulla. Ove il Lavoratore, però, manifesti il gradimento alla riassunzione, il Datore deve provvedere. Come si può ben capire, il “diritto di precedenza” passa per due fasi: una fase di “mera latenza”, al trascorrere del tempo di legge (decorso il quale, il diritto di precedenza cessa); e una fase in cui il “diritto di precedenza” è a tutti gli effetti in atto quale vincolo datorile all’assunzione[2]. Questa linea interpretativa ha dalla sua la logica formale e giuridica, ma lascia aperta un’obiezione di fondo: se, cioè, il legislatore ha già compendiato il “diritto di precedenza” nella lettera a) dell’art. 12.04°comma l. 92/2012, come giustificare che la legge consideri “la violazione del diritto di precedenza” nella lettera b)? A rigore, l’operazione interpretativa dell’INPS, tendendo ad assorbire la previsione di cui alla lettera b) nella previsione di cui alla lettera a), con ciò realizzando una interpetatio abrogans della lettera b). Non mi risulta che nessuno, al momento, abbia obiettato alla posizione INPS sotto questo profilo (nemmeno la Fondazione Studi CDL). Ma c’è più di un motivo per ritenere che sia questo vizio esegetico sia alla base dei successivi “avvitamenti” sul “diritto di precedenza”. L’INPS, più in particolare, con la Circolare nr. 137/2012, arriva a dire (in modo inopinato e attirandosi le ferme critiche della Fondazione Studi CDL) che il Datore di Lavoro, per assumere con agevolazioni, rispettando la lettera b), prima di assumere il Lavoratore da agevolare, deve “offrire” l’assunzione al Lavoratore[3]. Se riflettiamo un poco, questo “avvitamento” nasce da un percorso interpretativo errato, ma, pur nell’errore, lineare e consequenziale. Nel momento in cui assorbe di fatto il rispetto del “diritto di precedenza” (quello esercitato dal Lavoratore, quindi a tutti gli effetti vincolante per il Datore) tra gli “obblighi di assunzione di legge e di CCNL”, l’INPS, non riconoscendo quello che, almeno a giudizio nostro e di altri, costituisce errore esegetico, si trova nella necessità di giustificare in qualche modo il riferimento legislativo al “diritto di precedenza” di cui alla lettera b). Non potendo più riferire la “violazione del diritto di precedenza” alle “precedenze” fatte valere nei termini dai Lavoratori (perché compendiate nella lettera a), l’INPS ritiene di giustificare tale riferimento, presupponendo che il legislatore abbia impedito l’assunzione agevolata non solo quando il diritto di precedenza sia stato fattivamente esercitato, ma in tutti i casi in cui esso sia previsto dalla legge. In tutti questi casi, secondo l’INPS, sarebbe precluso l’accesso all’agevolazione non solo quando contrasta con la volontà di assunzione, manifestata dal Lavoratore che abbia esercitato un diritto di precedenza (posizione come noto della Fondazione Studi CDL), ma in tutti i casi in cui la legge riconosca un diritto di precedenza. Ad esempio, se, in concomitanza con un’assunzione, un Datore di Lavoro abbia realizzato un licenziamento, secondo l’INPS, il Datore non potrebbe assumere con agevolazione nel periodo dei 6 mesi riconosciuti al Lavoratore licenziato (senza giusta causa) per esercitare il proprio diritto di precedenza ex. art. 15 l. 264/1949: a prescindere dalla circostanza che tale diritto sia stato o meno esercitato. Di qui, è logico per l’INPS concludere per la posizione come noto più aspramente criticata: se l’Azienda non vuole aspettare 6 mesi, per liberarsi del vincolo della “precedenza”, deve offrire il posto di lavoro al licenziato (ovvero “farlo rinunciare” a tale diritto, in una “conciliazione assistita” ex. art. 2113 Codice Civile). Ormai ostaggio dell’errore, l’INPS arriva al più totale travisamento nella Circolare 131/2013, quando giunge addirittura ad estrapolare dalla lett. b) dell’art. 4.12°comma l. 92/2012 una preclusione che non ha riscontro nel testo di legge. L’INPS ritiene, cioè, violata la lett. b) anche nel caso in cui il Lavoratore licenziato sia assunto oltre sei mesi, oltre il diritto di precedenza … E’ evidente che la legge non dice questo, e non si vede come, in una norma di “stretta interpretazione” (art. 14 preleggi) come le agevolazioni nell’assunzione, l’INPS, e poi il Ministero, siano potuti pervenire a tanto … Non occorre molto sforzo per comprendere come tali assunti costituiscano una forzatura macroscopica del dettato legislativo: se, infatti, il legislatore avesse davvero inteso in questi termini il diritto di precedenza, secondo una sequenza così atipica rispetto alle previsioni di legge, l’avrebbe dovuta prevedere, cosa che, del resto, ha fatto con il contratto di “somministrazione”. Ma così non è stato, e questa è una ragione sufficiente per ritenere che tale interpretazione INPS sia contra legem. A questo punto, l’unico modo per conciliare significato testuale, logico e sistematico della normativa in oggetto è quello di proporre una contro-esegesi dell’art. 04.12°comma lett. a) e b) l. 92/2012. Quando, cioè, il legislatore esclude le agevolazioni ove non sia rispettato il “diritto di precedenza” occorre concludere che il legislatore (come coerentemente enunciato dalla Fondazione Studi CDL), si riferisca solo ai casi in cui il Lavoratore si sia avvalso del diritto di precedenza per vincolare il Datore all’assunzione; viceversa, con la lettera a), il legislatore ha inteso enunciare, quali condizioni preclusive all’accesso alle “assunzioni agevolate”, tutti i casi in cui il Datore sia “obbligato” (secondo legge o CCNL) all’assunzione di certi lavoratori; senza, però, che tale obbligo abbia come fonte l’esercizio da parte del Lavoratore del “diritto di precedenza”. Nel dubbio sull’esatta interpretazione della legge, dovrebbe essere saggio consiglio attenersi alla massima fedeltà possibile al testo di legge; particolarmente in una materia, come quella delle agevolazioni, di “stretta interpretazione” (art. 14 preleggi) che non ammette “voli pindarici” di interpretazione. Se queste osservazioni possono essere utili, se potranno essere raccolte per la riflessione “in alto” … noi non potremmo essere più felici. Grati per chi vorrà discutere e riprendere queste modeste note.

Dr. GIORGIO FRABETTI
Studio Landi Francesco
P.zza Travaglio 7 44121 Ferrara tel.0532/733616-769844 fax 0532/711495-711488 Potete consultare la ns. pagina facebook al seguente indirizzo : https://www.facebook.com/#!/pages/Studio-Landi-cdl-Francesco/323776694349912

[1] La Circolare INPS 137/2012, al riguardo, precisa che “L’incentivo [all’assunzione, nota nostra] potrà essere riconosciuto qualora il Datore di Lavoro o l’Utilizzatore abbiano preventivamente offerto l’assunzione al Lavoratore titolare del diritto”. [2] Contra, la posizione della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro (Circ. 15/2013): “… Il diritto di precedenza previsto per i lavoratori cessati da un rapporto a termine non sorge automaticamente in capo al Lavoratore per il solo fatto che il rapporto intercorrente con il Datore di Lavoro sia cessato in un arco di tempo di dodici mesi precedenti alla nuova assunzione effettuata. Per poter invocare tale diritto di precedenza rispetto ad altri Lavoratori, lo stesso dovrà dimostrare di aver palesato il proprio interesse nei termini sopra descritti. Non sarà, quindi, il Datore di Lavoro a dover formalizzare l’interesse alla stipula di un nuovo contratto nei confronti del Lavoratore, bensì quest’ultimo a dover attivarsi nei termini sopra descritti. Medesimo discorso può essere effettuato in relazione ai lavoratori assunti per lo svolgimento di attività stagionali”. [3] Vedi Circ. INPS 137/2012: “L’incentivo potrà essere riconosciuto, qualora il Datore di Lavoro o l’Utilizzatore abbiano preventivamente offerto l’assunzione al Lavoratore titolare del diritto”.

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