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lunedì 23 febbraio 2015

IL DECORO DEL PERSONALE INFERMIERISTICO: NOTE SU UN CASO DI CRONACA

Un’infermiera viene licenziata dalla Casa Protetta in cui lavora per essersi fatta fotografare insieme ai cadaveri dei Degenti: una foto, la ritrae “sempre sorridente, accanto ad una defunta, con i pollici alzati”; l’altra, “con la bocca totalmente spalancata ad imitazione della posa assunta nell’atto della propria morte dalla paziente”. Le foto, inopportune e irriguardose, sono state valutate dalla Casa di Cura sufficienti ad integrare gli estremi della “giusta causa” di licenziamento; una posizione, questa, confermata dal Tribunale di Ravenna con un provvedimento, che ha suscitato ampio eco mediatico, l’ordinanza 23/1/2015. Il caso, che ha fatto molto discutere sui media, anche a causa della contemporanea imputazione penale a carico dell’imputata (in custodia cautelare) per procurata morte dei degenti anziani (tramite somministrazioni di eccessive dosi di cloruro di potassio). Non disponendo attualmente del testo dell’ordinanza, possiamo, però, avanzare alcune piste di valutazione generale. L’art. 2119 Codice Civile codifica la “giusta causa” di licenziamento come una circostanza tale da rendere improseguibile il rapporto di lavoro. Qualche commentatore alla citata ordinanza (vedi Avv. ZAVALLONI del Foro di Cesena, in Guida al Lavoro nr. 7/2015) ha plaudito la sentenza: esiste un codice di decoro (etico, dentologico, prima che disciplinare) che obbliga il Personale Infermieristico a tenere comportamenti consoni e che determinano irrimediabilmente la censura del contegno dell’Infermiera. Non abbiamo motivi per non confermare questi assunti, in punta di diritto. Certamente, in questo caso, l’infermiera non può invocare a sua scusante il carattere “goliardico” delle foto, eventualmente il fatto che le foto non siano circolate fuori una stretta cerchia, quasi quegli atti fossero stati compiuti “in privato”. Se usualmente il Lavoratore può difendersi da addebiti quando il Datore ne chiama in causa la vita privata (fino ad un certo punto, però…), nel caso di specie, questa scusante non sussiste, perché le foto sono state scattate in servizio: e questo, è certamente grave. Quanto alla adeguatezza del licenziamento disciplinare (punto su cui verosimilmente proseguirà il contenzioso), ben difficilmente (crediamo) gli Avvocati della Lavoratrice potranno invocare i pur gravi precedenti di annullamento giudiziario di provvedimenti di licenziamento di personale infermieristico, colto in atti molto gravi, come maltrattamenti e simili, a carico di degenti. Qui, c’è una foto in gioco! C’è una fotografia a provare il contegno non consono della Dipendente. La foto, oltre ad essere una prova schiacciante e non aggirabile, costituisce di per sé stessa anche un veicolo di diffusione del danno all’immagine della Casa di Cura (particolarmente, oggi, in tempi di Social network), di elevata dannosità e di difficile, quasi impossibile, recuperabilità. E’ arduo, quasi impossibile, per la Casa di Cura recuperare lo sfregio così subito; di massima, l’unica possibilità di recupero per la Casa di Cura sta nel licenziamento della Dipendente che si sia resa responsabile di atti tanto riprovevoli, perché solo così la Casa di Cura può dare all’opinione pubblica l’immagine di una realtà capace di voltare pagina e di liberarsi da certe “mele marce”.
Dr. GIORGIO FRABETTI
Studio Landi, Ferrara

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