Quesito:
Mi è stata contestato l'impiego "in
nero" di Lavoratore Extra-UE clandestino dalla DTL e a ruota dall'Agenzia
delle Entrate.
A quali sanzioni vado incontro?
Risposta:
In primo luogo, Lei va incontro a
maxi-sanzione e a sospensione dell'attività ex. art. 36-bis l. 248/2006, come
modificate dalla l. 183/2010 (Collegato Lavoro).
A fronte della contestazione della
maxi-sanzione, riteniamo che, nel caso di specie, non possano ricorrere gli
estremi per applicare la diffida ex. art. 13 D.lgs. 124/2004. Come noto, il
Collegato Lavoro ha reso (meritevolmente) la diffida applicabile
contestualmente alla maxi-sanzione, rendendo così immediatamente
regolarizzabili le condotte di "lavoro sommerso", impedendo le
rigidità e pesanti problematiche derivanti dalla sospensione dell'attività
(prima di fatti generalizzata, ma che, specie nei ristoranti, esercizi
alimentari, creava notevoli problemi di igiene e conservazione degli alimenti).
Viceversa, stante il disposto dell'art. 13 D.lgs. 124/2004, come interpretato
dalla Lett. Circolare Min. Lav. 24/01/2006, la presenza di Lavoratore Extra-UE
clandestino costituisce circostanza impeditiva dell'immediata sanatoria. La DTL
applicherà la sospensione dell'attività, almeno fino a quando l'Azienda non
avrà avviato le pratiche per il permesso di soggiorno del Lavoratore (se
intende rinnovarne il rapporto).
A margine, si coglie l'occasione di
precisare che la presenza di lavoratore clandestino determina in capo all'Azienda
l'applicazione delle sanzioni penali ex. art. 22.12°comma D.lgs. 268/1998
(aggravate dal D.lgs. 109/2012) che comminano al Datore di Lavoro che si
avvalga delle prestazioni d'opera di un Lavoratore Extra-UE privo di permesso
di soggiorno la sanzione della reclusione da sei mesi a tre anni.
Sul punto, va chiarito che
nell'applicazione di tale norma concorre, a Ns. avviso proficuamente, la nuova
previsione ex. art. 03 D.lgs. 109/2012, che fissa in 03 anni la presunzione di
permanenza del cittadino Extra-UE alle dipendenze "irregolari" del
Datore di Lavoro. La disposizione, concepita per ovviare alle ben note
incertezze che in punto di stima della durata si determinavano ove venisse
accertato un lavoro "in nero" di Extra-UE, appare abbastanza
"garantista" verso il Datore (almeno fino a che non risulti provata
una durata superiore). Ciò vale, a Ns. giudizio, a fissare la pena applicabile
verso il minimo edittale, sufficiente cioè a far scattare la "pena
sostitutiva" pecuniaria come ex. art. 53 l. 689/1981 (con stima
dell'importo parametrato ai virtuali giorni di detenzione, secondo la procedura
di stima di cui all'articolo citato).
Per quanto concerne, poi, la
dimensione fiscale è essenziale precisare che la sanzione penale (art. 04
D.lgs. 74/2000) contenente sanzione per "dichiarazione infedele" (da
uno a tre anni) solo se l'imposta complessivamente (frutto dell'occultamento
costo del lavoro-ricavi) viene in rilievo solo se dovesse ridondare ad una
stima, in sede di accertamento fiscale, di un reddito lordo complessivo almeno
superiore a € 50.000 (da € 50.000 in sù). Questo significa che prima di
arrivare a questa imputazione, anche solo ai fini di denuncia, occorre passare
per accertamento fiscale, i cui termini potranno allungarsi ex. art.
37.24-26°comma DL 223/2006 per le virtuali ricadute penali. Resta inteso che,
ove l'accertamento non attinga le soglie penalmente rilevanti, l'infedeltà in
dichiarazione sarà passibile di una semplice sanzione amministrativa, punibile
(eventualmente anche con ravvedimento) nelle più "miti" forme ex.
art. 01 D.lgs. 472/1997 (corrispondente al 100% o 200% della maggiore imposta).
A margine, poi, si precisa che, se lei è
titolare di Azienda soggetta alla disciplina ex D.lgs. 231/2001, è prevista la
speciale sanzione ex. art. 02 D.lgs. 109/2012 che prevede una sanzione
pecuniaria da 100 a 200 quote, entro il limite di € 150.000".
Dr. Giorgio Frabetti, Profilo Linkedin: http://www.linkedin.com/profile/view?id=209819076&goback=%2Enmp_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1_*1&trk=tab_pro
Collaboratore Studio Francesco Landi, Consulente del Lavoro, Ferrara
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