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martedì 16 aprile 2013

IL LAVORO IN NERO DEL "CLANDESTINO" EXTRA-UE- LE SANZIONI A CARICO DEL DATORE DI LAVORO


Quesito:
Mi è stata contestato l'impiego "in nero" di Lavoratore Extra-UE clandestino dalla DTL e a ruota dall'Agenzia delle Entrate.
A quali sanzioni vado incontro?

Risposta:
In primo luogo, Lei va incontro a maxi-sanzione e a sospensione dell'attività ex. art. 36-bis l. 248/2006, come modificate dalla l. 183/2010 (Collegato Lavoro).
A fronte della contestazione della maxi-sanzione, riteniamo che, nel caso di specie, non possano ricorrere gli estremi per applicare la diffida ex. art. 13 D.lgs. 124/2004. Come noto, il Collegato Lavoro ha reso (meritevolmente) la diffida applicabile contestualmente alla maxi-sanzione, rendendo così immediatamente regolarizzabili le condotte di "lavoro sommerso", impedendo le rigidità e pesanti problematiche derivanti dalla sospensione dell'attività (prima di fatti generalizzata, ma che, specie nei ristoranti, esercizi alimentari, creava notevoli problemi di igiene e conservazione degli alimenti). Viceversa, stante il disposto dell'art. 13 D.lgs. 124/2004, come interpretato dalla Lett. Circolare Min. Lav. 24/01/2006, la presenza di Lavoratore Extra-UE clandestino costituisce circostanza impeditiva dell'immediata sanatoria. La DTL applicherà la sospensione dell'attività, almeno fino a quando l'Azienda non avrà avviato le pratiche per il permesso di soggiorno del Lavoratore (se intende rinnovarne il rapporto).
A margine, si coglie l'occasione di precisare che la presenza di lavoratore clandestino determina in capo all'Azienda l'applicazione delle sanzioni penali ex. art. 22.12°comma D.lgs. 268/1998 (aggravate dal D.lgs. 109/2012) che comminano al Datore di Lavoro che si avvalga delle prestazioni d'opera di un Lavoratore Extra-UE privo di permesso di soggiorno la sanzione della reclusione da sei mesi a tre anni. 
Sul punto, va chiarito che nell'applicazione di tale norma concorre, a Ns. avviso proficuamente, la nuova previsione ex. art. 03 D.lgs. 109/2012, che fissa in 03 anni la presunzione di permanenza del cittadino Extra-UE alle dipendenze "irregolari" del Datore di Lavoro. La disposizione, concepita per ovviare alle ben note incertezze che in punto di stima della durata si determinavano ove venisse accertato un lavoro "in nero" di Extra-UE, appare abbastanza "garantista" verso il Datore (almeno fino a che non risulti provata una durata superiore). Ciò vale, a Ns. giudizio, a fissare la pena applicabile verso il minimo edittale, sufficiente cioè a far scattare la "pena sostitutiva" pecuniaria come ex. art. 53 l. 689/1981 (con stima dell'importo parametrato ai virtuali giorni di detenzione, secondo la procedura di stima di cui all'articolo citato).
Per quanto concerne, poi, la dimensione fiscale è essenziale precisare che la sanzione penale (art. 04 D.lgs. 74/2000) contenente sanzione per "dichiarazione infedele" (da uno a tre anni) solo se l'imposta complessivamente (frutto dell'occultamento costo del lavoro-ricavi) viene in rilievo solo se dovesse ridondare ad una stima, in sede di accertamento fiscale, di un reddito lordo complessivo almeno superiore a € 50.000 (da € 50.000 in sù). Questo significa che prima di arrivare a questa imputazione, anche solo ai fini di denuncia, occorre passare per accertamento fiscale, i cui termini potranno allungarsi ex. art. 37.24-26°comma DL 223/2006 per le virtuali ricadute penali. Resta inteso che, ove l'accertamento non attinga le soglie penalmente rilevanti, l'infedeltà in dichiarazione sarà passibile di una semplice sanzione amministrativa, punibile (eventualmente anche con ravvedimento) nelle più "miti" forme ex. art. 01 D.lgs. 472/1997 (corrispondente al 100% o 200% della maggiore imposta).
A margine, poi, si precisa che, se lei è titolare di Azienda soggetta alla disciplina ex D.lgs. 231/2001, è prevista la speciale sanzione ex. art. 02 D.lgs. 109/2012 che prevede una sanzione pecuniaria da 100 a 200 quote, entro il limite di € 150.000".





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