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mercoledì 11 novembre 2015

RIFORMA DELLE MANSIONI: RAPPORTI TRA LA NUOVA DISPOSIZIONE DI LEGGE E I "VECCHI" CCNL

Quesito:
Dopo la riforma dell’art. 2103 C.C. (disciplina delle mansioni) da parte dell’art. 3 D.lgs. 81/2015, che ne è di quelle disposizioni dei CCNL di settore che, nel disciplinare le mansioni, disciplinano i diritti di inquadramento del Dipendente facendo riferimento alle “mansioni equivalenti”? Devono intendersi abrogate, o tuttora in vigore? E quale disciplina deve applicarsi ai rapporti di lavoro subordinato già costituiti secondo la vecchia normativa, la vecchia o la nuova?

Risposta:
I quesiti sono strettamente intrecciati tra di loro.
I RIFLESSI DI UNA MODIFICA DI LEGGE SUL CCNL:
Come noto, nel disegno originario delle Disposizioni preliminari al Codice Civile, erano previste una serie di norme (art. 5, 6, 7) che qualificavano come “fonti pubblicistiche” i contratti collettivi (cd “corporativi”).
L’art. 7 prefigurava il rapporto legge-contrattazione collettiva “corporativa” secondo la regola della “competenza”, accordando a questa fonte una regolazione pressocchè esclusiva del contratto di lavoro, e lasciando alla legge la regolazione delle norme cd “imperative”.
Con la soppressione dell’ordinamento corporativo (pubblicistico) ad opera del RDL 721/1943 (che ha provveduto a smantellare gran parte dell’ordinamento giuridico fascista), le “norme corporative” sono state automaticamente degradate a norme di pretta “autonomia privata”, prive di quella efficacia giuridica speciale inizialmente configurata dalle Preleggi.
Nel caso di specie, il sopravvenire di una norma (l’art. 3 D.lgs. 81/2015), che riforma in pejus l’art. 2103 Codice Civile e il conseguente “diritto all’inquadramento” del Lavoratore prevale certamente su quei CCNL (la totalità) che regolano l’inquadramento del lavoratore secondo la previgente disciplina, con riferimento alle cd “mansioni equivalenti”. Queste disposizioni di CCNL devono intendersi certamente abrogate, con effetto dal 25/6/2015 (data di entrata in vigore del D.lgs. 81/2015).

EFFICACIA NEL TEMPO DELLA MODIFICA DELL’ART. 2103 C.C.: Nell’ultimo quesito (“ … Quale disciplina deve applicarsi ai rapporti di lavoro subordinato già costituiti secondo la vecchia normativa, la vecchia o la nuova?”), si pone un problema di pretto diritto intertemporale.
E questo è affatto coerente, dato che, quando si discute di abrogazione di una norma, non può non porsi il problema del dies a quo di decorrenza di tale efficacia abrogativa.
Su questo specifico aspetto, siamo anche fortunati, dato che questo specifico argomento è stato trattato in una recente sentenza di merito del Tribunale di Roma (30/9/2015), la prima dedicata a questo aspetto tanto delicato e qualificante delle recenti riforme del lavoro.
Il Tribunale di Roma ha concluso per la immediata applicabilità della nuova disciplina dell’inquadramento anche ai rapporti di lavoro in corso.
Allo stato attuale, questa conclusione deve comunque intendersi coerente: l’art. 3 D.lgs. 81, infatti, ha riformato l’art. 2103 Codice Civile, ma non ha previsto un diritto transitorio; di qui, la ricostruzione dell’efficacia temporale della nuova disposizione va necessariamente compiuta secondo il diritto comune, particolarmente secondo l’art. 15 Disp. Prel. che dispone “la vigenza per il futuro” delle nuove disposizioni di legge: ciò significa, evidentemente, che la nuova disciplina si applica a tutti i rapporti in essere al 25/6/2015 (data di entrata in vigore del D.lgs. 81/2015).

Note di dottrina: Su quest’ultima interpretazione, sono anche attualmente attestati Avv. BERTI (Studio Maresca) in Diritto 24 del 12/10/15.

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