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martedì 10 novembre 2015

LAVORO A TEMPO DETERMINATO, SE LA PROROGA NON RISULTA DA ATTO SCRITTO, COSA SUCCEDE?

Caso: Nell’Azienda Alfa Srl, nel corso di un’Ispezione, l’INPS rileva che Tizio, trovato intento al lavoro, pur qualificato dal Datore “lavoratore a termine prorogato”, non ha firmato alcun atto di proroga. Agli atti, esiste solo il “primo” contratto a termine, e la comunicazione UNILAV della proroga (nei termini di 5 gg.). Può evitare l’Azienda la trasformazione forzosa del rapporto in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato?

Risposta: Certamente.
L’art. 21.1°comma D.lgs. 81/2015, nel richiedere “il consenso del lavoratore”, ai fini della proroga ricalca la risalente disposizione che già fu dell’art. 2 l. 230/1962. Nel vigore di questa norma, si formò la consolidata giurisprudenza che argomentava come non obbligatoria (nemmeno ad substantiam) la forma scritta ai fini della proroga del rapporto a tempo determinato, interpretando correlativamente il riferimento al “consenso del Lavoratore”, come possibilità che la proroga del rapporto a termine sia perfezionata “oralmente” (Cass. 6305/1988; Cass. 4360/1986) o per “fatti concludenti” (Cass. 4939/90). Non essendo mai mutata la disciplina della proroga sul punto, né nel vigore del D.lgs. 368/01, né nel vigore del DL 34/2014, né nel vigore del D.lgs. 81/2015, si deve ritenere perfettamente consolidata e vigente questa giurisprudenza.
Naturalmente, è sempre meglio che l'azienda fissi per scritto
la convenzione di proroga col Dipendente, per evitare qualsiasi tipo di fastidio.

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