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giovedì 13 dicembre 2012

LA "SPENDING REVIEW" DELL'AZIENDA E IL TAGLIO DELLE BUSTE PAGA: COME FARE

Quesito:
Sono un Imprenditore di una Grande Industria Metalmeccanica.
A seguito della crisi economica, insieme al Consiglio di Amministrazione stiamo attendendo ad un'attenta e scrupolosa revisione della spesa aziendale. E' stata rilevata l'esagerazione dei costi di alcuni Dipendenti amministrativi, cui in passato erano stati riconosciuti emolumenti ad personam troppo generosi. In base alla normativa giuslavoristica vigente, mi è consentito ridurre le retribuzioni ad personam del Personale? Quali criteri e procedure devo seguire? Grazie.

Risposta:
Quando l'Azienda procede alla spending review della propria organizzazione, il componente di costo subito preso nel mirino è il costo del personale.
Quanto alla riduzione degli ad personam, occorre precisare che essi sono assorbibili (fino a diversa espressa previsione contrattuale) da futuri incrementi contrattuali (vedi Tribunale Roma 07/03/2001). Quindi, prima di procedere ad un'aggressiva politica di tagli, occorre valutare se questa attuale eccedenza di costo può essere "ammortizzata" e neutralizzata in relazione al prevedibile ciclo degli incrementi contrattuali più prossimi. Ecco, allora, che, se nel torno di una o due tornate di rinnovo, il costo del personale si "normalizza", all'Azienda basta solo imputare gli attuali costi come "anticipo di incrementi di CCNL" (decurtando l'eventuale apposito Fondo "rinnovi CCNL"). Se invece l'importo dell'ad personam è talmente elevato che non può essere recuperato nel breve periodo dei rinnovi, allora il discorso cambia e l'Azienda ha tutto il diritto di avviare una trattativa col Personale per una revisione.
La reazione classica dei Datori di Lavoro, quando viene loro prospettata dai Consulenti questa eventualità, è quella di alzare gli occhi al cielo e sospirare: "E se poi il Dipendente non accetta?". Il cruccio dei Datori è non riuscire a licenziare agevolmente il Dipendente recalcitrante, visti i costi del licenziamento. In realtà, se sopravvengono circostanze economiche tali da imporre decise revisioni organizzative e una più aggressiva spending review, il licenziamento non deve essere considerato un taboo. D'accordo, sui cd "licenziamenti economici", nonostante la riforma della legge 184/2010 (Collegato Lavoro), è prematuro sbilanciarsi, dato che è ancora presto per valutare la reazione di una giurisprudenza che ha provveduto a irrigidire le circostanze di "licenziamento economico", rifiutando recisamente proprio il licenziamento ... per riduzione dei costi! Ma è evidente che, se la riduzione dei costi non nasce da arbitrio del Datore, ma è giustificata dal punto di vista tecnico, lì il "giustificato motivo oggettivo" del licenziamento ricorre ex. art. 03 l. 604/1966.
Evidentemente, in questi casi, l'Azienda deve comportarsi in modo trasparente e leale, facendo presente al lavoratore la situazione aziendale con realismo, prospettandogli le necessarie opzioni, anche a tutela del suo posto di lavoro. Ed è ben difficile che se la giurisprudenza ha ammesso la legittimità del demansionamento in vista della conservazione del posto, essa non ammetta, se non altro ricorrendone l'eadem ratio, anche la legittimità della decurtazione della busta paga, purchè non investa i "minimi", ma solo il "trattamento integrativo" (per un'ipotesi di sicura legittimità di questa operazione si veda l'art. 06.02°comma lett. d) l. 142/2001, per le Cooperative).
Una volta che il Lavoratore ha accettato di trattare le soluzioni sono molteplici.
Personalmente, consigliamo di addivenire ad una transazione che contempli la conservazione di una quota parte di ad personam come "anticipo di rinnovi di CCNL" e una parte destinarla ad un accantonamento per "iniziative di produttività", facendo balenare ad esempio al Dipendente l'eventualità che le somme perse possano tornargli indietro sotto forma di incentivi (eventualmente detassati).
Siamo comunque nella logica dell'opportunità e dell'endorsement aziendale: è evidente che il Dipendente deve essere motivato alla "rinuncia" e non può nutrire il sospetto che quello che gli viene tolto ritorna sotto forma di maggiore compenso all'Amministratore (il quale da questo aumento ricaverebbe il sicuro vantaggio della riduzione dell'imponibile fiscale ...).
In ogni caso, è necessario che l'accordo sia convalidato in sede di Commissione di Conciliazione presso la locale Direzione Territoriale del Lavoro, ovvero presso Sindacato, per non incorrere nelle impugnative ex. art. 2113 del Codice Civile.

Studio Francesco Landi
Consulente del Lavoro in Ferrara

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