Lavoro, lavoro, quanto mi costi! Punto di condivisione (piccolo "salotto") aperto alla comunità dei Giuslavoristi e Professionisti ex. l. 12/1979 in relazione ai problemi di contrattualistica e di legislazione del lavoro subordinato e autonomo. La presente pagina non costituisce consulenza professionale. A Cura del Dr. Giorgio Frabetti, Professionista ex l. 4/2013 (Collaboratore Studio CDL Landi, Ferrara).
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venerdì 30 ottobre 2015
ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO, QUANDO SI PUO’ ASSUMERE PERSONALE-BREVI CONSIDERAZIONI
giovedì 29 ottobre 2015
COMMENTO CASSAZIONE 21023/2015: ATTENZIONE ALLA NORMATIVA "PRO TEMPORE" APPLICABILE ALLE COLLABORAZIONI AUTONOME!
In questi giorni, sta incontrando notevole diffusione sul web una sentenza recentissima della Corte di Cassazione (nr. 21023/2015), da molti salutata come una sentenza in controtendenza con le restrizioni sul cd “finto lavoro autonomo”.
Nel caso di specie, in particolare, smentendo le conclusioni del Direttore dell’Ispettorato del Lavoro di Bolzano, la Corte di Cassazione ha ritenuto di non poter confermare le conclusioni di un’Ordinanza-Ingiunzione con la quale l’ispettorato aveva qualificato “lavoro subordinato” quello prestato da alcune donne che provvedevano, senza orario fissato, a rassettare e pulire immobili di un residence (in località ad alta vocazione turistica), ovvero a riscuotere i canoni di locazione.
La Cassazione, in questo caso, aveva escluso la subordinazione, argomentando l’esiguità delle ore lavorate e l’assenza di una formale etero-direzione delle Lavoratrici.
La sentenza non può costituire un precedente valido per le attuali collaborazioni.
Innanzitutto, l’Ispezione si riferisce ad un periodo (aprile 2003) certamente precedente all’entrata in vigore della legge Biagi (24/10/2004): la sentenza, cioè, si riferisce ad un periodo ante- legge Biagi, quando le collaborazioni erano davvero deregolate.
A maggior ragione, questa sentenza non può essere invocata oggi, pur abolita la legge Biagi e pur ristabilita la piena vigenza dell’art. 409 CPC.
E’ al riguardo buona cosa ricordare che la sentenza ragiona come si ragionava "una volta", ovvero esclude la subordinazione perché esclude, nel caso di specie, l'etero direzione! Peccato che dal 1 gennaio 2016 serva la dimostrazione della "etero organizzazione" ... è io ho più di un motivo per ritenere che questa difetti nel caso qui trattato dalla Cassazione. Come abbiamo già visto, la circostanza che il Barista esegua da solo il lavoro, senza ordini altrui, non ne fa necessariamente un genuino lavoratore autonomo: la ripetitività delle prestazioni resta un indizio decisivo della circostanza che il Collaboratore non dispone di alcun margine di “autonomia organizzativa” sul servizio che deve svolgere. E questo ragionamento, crediamo, possa valere nel caso oggi dovesse ripresentarsi il caso delle Lavoratrici di cui alla sentenza nr. 21023/2015.
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE PER ASSENZA INGIUSTIFICATA- UN'IMPORTANTE NOTA INTERPRETATIVA DELLA CORTE DI CASSAZIONE
Quesito: Supponiamo che ad un’Azienda Cliente si applichi un CCNL come quello Alimentari Industria che, all’art. 70, numero 2), prevede una simile clausola sul licenziamento disciplinare (per giusta causa):
… assenza ingiustificata per tre giorni consecutivi o per tre volte all'anno nei giorni seguenti ai festivi o alle ferie;
Ci si è chiesti se questa norma di CCNL consente il licenziamento del Dipendente al mero “sopravvenire” delle giornate di assenza, così come computate secondo la norma, secondo le sequenze ivi precisate (a ridosso di ferie e/o festività), ovvero se occorra una valutazione ulteriore di “proporzionalità” tra infrazione e licenziamento.
Risposta:
Questo quesito è stato dibattuto in Cassazione 11/9/2015 nr. 17987, in una prosa sintetica, ma molto involuta, la cui sintesi, però, può essere compendiata come segue.
La Cassazione ricorda che le norme di CCNL non obbligano necessariamente il Datore ad adottare l’atto di licenziamento disciplinare: il licenziamento disciplinare, infatti, ricorda la Corte di Cassazione, va adottato a fronte di condotte di “inadempimento” ex. art. 2103 C.C.; in questo senso, le violazioni eventualmente enumerate nel CCNL acquistano valenza meramente “sintomatica” dell’inadempimento, potendo così il Dipendente provare il contrario; su questo, dovrà misurarsi la difficile prova della cd “proporzionalità” del licenziamento disciplinare ex. art. 7 l. 300/70.
Ci sono casi, però, in cui questo esame di “proporzionalità” non serve, perché deve ritenersi sostanzialmente compiuto ed “assorbito” dalla norma collettiva: questo, secondo la Cassazione, sarebbe proprio il caso dell’art. 70.1°comma numero 2) che ammette il licenziamento in modo pressocchè automatico, al ricorrere degli “indici quantitativi” previsti (il numero di assenze, la loro adiacenza con giorni di feste e ferie), senza valutazioni ulteriori e discrezionali.
La sentenza, comunque, per come è formulata, lascia aperti molti dubbi e perplessità, perché effettivamente (se non intesa rettamente) si presta a comprimere il diritto di difesa del Lavoratore, costituzionalmente garantito. In realtà, ogni obiezione cade, se si parte dal presupposto che il giudizio di “proporzionalità” della sanzione disciplinare in questo caso è semplicemente fatto ricadere non sul Datore, ma sul Lavoratore: la norma, infatti, implicando già essa un giudizio di “proporzionalità” esonera il Datore dall’onere di riscontrarla nel concreto; ma non esonera, né può esonerare, il Lavoratore dal contestarla: evidentemente, non riuscendo il Lavoratore a invertire l’onere della prova, la sanzione disciplinare resta efficace.
E’ evidente che si tratta di una pronuncia molto vantaggiosa per i Datori di Lavoro nostri Clienti, che, al ricorrere di questa norma, o di altra norma confezionata in modo similare, si trovano largamente semplificata la via del licenziamento disciplinare. A disposizione per approfondimenti
mercoledì 28 ottobre 2015
JOBS ACT E NUOVE NORME SUL COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO DEI DISABILI - PRIMA PANORAMICA
La presente accompagna prima breve panoramica delle disposizioni introdotte dal Jobs Act (D.lgs. 151/2015. cd Decreto Semplificazioni), relativamente alle nuove norme sul collocamento obbligatorio del personale disabile.
Le informazioni sono attinte dalla Circolare 19/2015 della Fondazione Studi CDL, in attesa di disposizioni di chiarimento ministeriale. Qui di seguito, in sintesi, i tratti principali della riforma.
-CAMPO DI APPLICAZIONE PIU’ AMPIO (art. 2.1°comma D.lgs. 151): Estese le disposizioni ex. l. 68/1999 alle persone di cui all’art. 1.1°comma l. 222/1984, percettori di pensioni di invalidità;
-SUPERAMENTO DEL REGIME DI “GRADUALITA’” NELL’OBBLIGO DI ASSUNZIONE (art. 2 D.lgs. 151): A partire dal 1 gennaio 2017, [viene] superato, per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti, il regime di gradualità nell’attuazione dell’obbligo di assunzione che era subordinato all’effettuazione di ‘nuove assunzioni’. In altre parole, mentre prima l’obbligo di assumere un disabile scattava solo in caso di nuove assunzioni, ora il semplice fatto di avere dai 15 ai 35 dipendenti impone al datore di lavoro di avere alle proprie dipendenze il lavoratore disabile nei termini previsti per gli altri datori di lavoro (sessanta giorni dall’obbligo). Tale previsione è pienamente applicabile anche ai partiti politici, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni senza scopo di lucro che operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione.
-COMPUTO QUOTA DI RISERVA PER DISABILI NON ASSUNTI TRAMITE IL COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO-NUOVE REGOLE (Art. 4 D.lgs. 151): I lavoratori, già disabili prima della costituzione del rapporto di lavoro, sono computati nella quota di riserva anche se non assunti tramite il collocamento obbligatorio, ma solo nel caso in cui abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 60% o con disabilità intellettiva e psichica con riduzione della capacità lavorativa al 45%”, ovviamente non dipendente da colpa del Datore di Lavoro (N.B.: Tale meccanismo dovrebbe alleggerire l’adempimento assunzionale di personale disabile, ma non è del tutto chiaro nei termini operativi e si raccomanda di attendere le disposizioni ministeriali del caso).
-NUOVE REGOLE PER L’AUTOTRASPORTO (art.5.1°comma lett. a): Le Aziende di autotrasporto dovranno conteggiare nella base occupazionale utile il personale viaggiante addetto alla guida degli automezzi;
-ESONERO ASSUNZIONE PERSONALE DISABILE PER ATTIVITA’ AD ALTO RISCHIO INAIL (art.5.1°comma lett. a): L’art. 5, semplifica il procedimento di esonero dall’obbligo di assunzione di persone con disabilità per quanto concerne gli addetti impegnati in lavorazioni che comportano il pagamento di un tasso di premio ai fini INAIL pari o superiore al 60 per mille, prevedendo un’automaticità basata su un’autocertificazione del datore di lavoro.
ATTENZIONE, L’autocertificazione ha un costo! Il Datore di Lavoro sarà tenuto a versare al Fondo per il diritto al lavoro dei disabili il contributo esonerativo pari ad 30,64 euro per ogni giorno lavorativo e per ciascun lavoratore disabile non occupato.
-ASSUNZIONE TRAMITE CHIAMATA NOMINATIVA E SELEZIONE INDIVIDUALE: Mediante la modifica dell’art. 7 della legge n. 68/1999, si cerca di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro: i datori di lavoro privati e gli pubblici economici avranno la possibilità di assumere lavoratori con disabilità attraverso chiamata nominativa (ovvero l’azienda individua autonomamente la persona da inserire). Sarà altresì possibile, e dunque non obbligatorio, far precedere l’assunzione dalla richiesta al servizio competente della raccolta delle candidature sulla base delle qualifiche concordate, ma con il mantenimento in capo al datore di lavoro della facoltà di scelta all’interno della rosa dei nomi proposti.
N.B: Finora l’assunzione di lavoratori disabili avveniva solo parzialmente tramite chiamata nominativa, mentre una parte degli avviamenti era affidati ai servizi competenti.
Con le nuove norme, dal 1/1/2016, l’avviamento lavoratori a cura dell’ufficio avviene solo nel caso di mancata assunzione dei datori di lavoro. Altra importante novità collegata a tali modifiche riguarda la soppressione della possibilità per gli uffici di procedere all’avviamento di lavoratori con qualifiche similari qualora quelle richieste dal lavoratore non siano disponibili. In precedenza, il comma 2 dell’articolo 9 della legge n.68/1999 prevedeva che gli uffici potessero invece procedere secondo l'ordine di graduatoria e previo addestramento o tirocinio. Eliminata anche la possibilità per gli uffici competenti di poter determinare procedure e modalità di avviamento mediante chiamata con avviso pubblico e con graduatoria limitata a coloro che aderiscono alla specifica occasione di lavoro.
Non risultano mutazioni di rilievo nell’impianto delle sanzioni amministrative, che resta invariato.
Per quanto riguarda la disciplina degli incentivi economici per assunzione di personale disabile, si rinvia a successivo approfondimento, che, si spera, possa compendiare informazioni ufficialmente confermate dal Ministero del Lavoro.
Sarà comunque nostra cura presentare un resoconto coordinato tra la normativa nuova e previgente, non appena il Ministero avrà provveduto a consolidare proficuamente il quadro normativo.
A disposizione per approfondimenti
DECRETO SEMPLIFICAZIONE, LE NUOVE SANZIONI DEL LIBRO UNICO DEL LAVORO (LUL)
Le disposizioni del D.lgs. 151/2015 (art. 22.5°comma) che modificano l’art. 39.7°comma DL 112/2008 sul LUL non determinano radicali novità.
Da un lato, il D.lgs. (cd Decreto Semplificazioni) rimodula le sanzioni amministrative per omessa e infedele registrazione nel LUL, secondo i seguenti importi:
-Previsione base: Sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 1.500 euro.
-Violazione riferita a più di cinque lavoratori ovvero a un periodo superiore a sei mesi: la sanzione va da 500 a 3.000 euro.
-Violazione riferita a più di dieci lavoratori ovvero a un periodo superiore a dodici mesi: la sanzione va da 1.000 a 6.000 euro.
Dall’altro, il testo assesta i termini descrittivi delle ipotesi di illecito amministrativo oggetto della sanzione:
-Omessa registrazione: si riferisce alle scritture complessivamente omesse e non a ciascun singolo dato di cui manchi la registrazione, e che si risolvano in differenti trattamenti retributivi, fiscali, previdenziali; -Infedele registrazione: si riferisce alle scritturazioni dei dati di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 39 D.L. n. 112/08, convertito con modificazioni dalla legge n.133/08, diverse rispetto alla qualità o quantità della prestazione lavorativa effettivamente resa o alle somme effettivamente erogate, e che si risolvano in differenti trattamenti retributivi, fiscali, previdenziali.
Queste le prime indicazioni che si possono estrarre dalla Circolare 26/2015 del Ministero del lavoro, che si riporta sotto (in estratto).
Art. 22 D.lgs. 151/2015:
5. All'articolo 39 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il comma 7 è sostituito dal seguente: «7. Salvo i casi di errore meramente materiale, l'omessa o infedele registrazione dei dati di cui ai commi 1, 2 e 3 che determina differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero a un periodo superiore a sei mesi la sanzione va da 500 a 3.000 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero a un periodo superiore a dodici mesi la sanzione va da 1.000 a 6.000 euro. Ai fini del primo periodo, la nozione di omessa registrazione si riferisce alle scritture complessivamente omesse e non a ciascun singolo dato di cui manchi la registrazione e la nozione di infedele registrazione si riferisce alle scritturazioni dei dati di cui ai commi 1 e 2 diverse rispetto alla qualità o quantità della prestazione lavorativa effettivamente resa o alle somme effettivamente erogate. La mancata conservazione per il termine previsto dal decreto di cui al comma 4 è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 600 euro. Alla contestazione delle sanzioni amministrative di cui al presente comma provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza. Autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è la Direzione territoriale del lavoro territorialmente competente.».
ESTRATTO CIRCOLARE MINISTERO LAVORO NR. 26/2015 (…)
Libro Unico del Lavoro, prospetto paga, assegni familiari
II Legislatore modifica la disciplina sanzionatoria in materia di LUL, prospetto paga e assegni familiari, introducendo un criterio di commisurazione della sanzione graduato per fasce in relazione sia al numero dei lavoratori coinvolti che ai periodi in cui permanga la condotta illecita. Giova subito precisare che qualora la condotta sia riconducibile a due diverse fasce, andrà applicata la sanzione più elevata la quale assorbirà, evidentemente, la violazione meno grave. Libro unico del Lavoro In riferimento al LUL, viene riformulato il comma 7 dell'art. 39 del D.L. n. 112/2008 prevedendo, per le condotte di omessa o infedele registrazione dei dati, la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 150 ad euro 1.500. La sanzione è aumentata nei seguenti termini: - da euro 500 ad euro 3.000 se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 6 mesi; - da euro 1.000 ad euro 6.000 se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 12 mesi. Atteso che la graduazione della sanzione tiene conto sia del numero di lavoratori ; che delle mensilità interessate dall'omissione, sono evidentemente superate le indicazioni fornite con circ. n. 23/2011, afferenti le modalità di quantificazione della sanzione nei casi in cui la condotta illecita si protragga per più di una mensilità. Restano invece fermi i chiarimenti già forniti da questa Direzione generale, da ultimo con circolare n. 2/2012, in relazione al concetto di infedele registrazione che va riferito esclusivamente ai casi di difformità tra i dati registrati e il quantum della prestazione lavorativa resa o l'effettiva retribuzione o compenso corrisposto. È quindi da escludersi qualsiasi valutazione in ordine alla riconduzione del rapporto ad altra tipologia contrattuale ovvero in ordine alla mancata corresponsione di determinate somme previste dalla contrattazione collettiva applicata o applicabile, rispetto alle quali è fatto salvo evidentemente il potere di emanare la diffida accertativa al fine di dare immediata tutela ai lavoratori interessati. Si ricorda infine che le condotte di omessa e infedele registrazione - alle quali sono equiparate, ai fini sanzionatori, anche la tardiva compilazione del LUL - sono punibili a condizione che le stesse abbiano determinato differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali. (…)
martedì 27 ottobre 2015
LAVORATORI FRONTALIERI, NUOVA CONVENZIONE ITALIA SVIZZERA
Fonte DPL Modena
“E’ stato rivisto l’accordo del 23 febbraio 2015 tra Italia e Svizzera sullo scambio automatico di informazioni, contenente anche la roadmap con i principi di fondo per il nuovo regime tributario relativo ai cittadini italiani residenti nelle zone di confine e che lavorano in Svizzera. Il Ministero dell’Economia e Finanze fa il punto della situazione predisponendo un documento intitolato: “I lavoratori frontalieri italiani in Svizzera. Carburante di qualità nel motore dell’economia elvetica, in particolare ticinese”. Nel documento sono inseriti dati e statistiche sui flussi dei frontalieri, il trattamento fiscale attuale e quello prospettico, il sistema di previdenza, le misure di welfare ed il mercato del lavoro nel Canton Ticino. Nell’accordo tra i due Stati è stato rivisto il trattamento fiscale. Se fino ad oggi la tassazione era esclusiva nel paese dove il lavoratore prestava la sua opera, cioè in Svizzera; d’ora in poi sarà invece concorrente, sia nel paese dove viene prestato il lavoro, sia nel paese di residenza. Il paese dove si lavora preleverà una ritenuta alla fonte, fino a un massimo del 70% di quanto dovuto in base alle imposte sui redditi delle persone fisiche; il paese in cui si risiede applicherà poi le proprie imposte sui redditi, con detrazione di quanto assolto alla fonte nell’altro stato. Nel documento si specifica, quindi, che la tassazione definitiva, che si ottiene sommando le imposte assolte nei due stati, sarà quella del paese di residenza”.
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LAVORO SOMMERSO: PAGAMENTO A RATE, PER REVOCARE LA SOSPENSIONE ATTIVITA’ PRODUTTIVA
Il D.lgs. 151/2015 (altrimenti detto, Decreto Semplificazioni) ha innovato significativamente la procedura per consentire in capo al Datore di Lavoro la revoca del provvedimento di sospensione dell’attività produttiva. Qui di seguito, un breve riepilogo:
-PRESUPPOSTI DI SOSPENSIONE DELL’ATTIVITA’ PRODUTTIVA: Restano fermi i presupposti di sospensione previgenti. La sospensione, cioè, è disposta dall’Ispettore, quando il numero di lavoratori irregolari sia pari al 20% del totale dei lavoratori presenti nel luogo di lavoro (Nota INAIL 23/11/2010 nr. 8513).
Ad esempio, ove si rilevi la presenza di 10 lavoratori (di cui 3 “in nero”), la percentuale andrà calcolata su base “10” (e non su base “7”); il numero dei lavoratori (di cui “3” in nero), rappresentando il 30% del totale dei Lavoratori, è sufficiente a consentire l’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività produttiva;
-NUOVI IMPORTI PER SOMME PER REVOCA SOSPENSIONE: Variano gli importi delle misure aggiuntive previste per conseguire la revoca della sospensione dell’attività. In questi casi, il Datore di Lavoro dovrà versare € 2.000 (sospensione per lavoro irregolare) ed € 3.200 (gravi e reiterate violazioni della normativa di Sicurezza);
- PAGAMENTO A RATE PER LA RIAPERTURA DELL’ATTIVITA’ PRODUTTIVA SOSPESA: La sospensione dell’attività produttiva per “lavoro nero” e simili ex. art. 14 D.lgs. 81/2008 potrà essere revocata, con pagamento non dell’intera somma aggiuntiva, ma del 25%. Per il residuo importo, maggiorato del 5%, verrà versato successivamente (a rate), entro sei mesi. In caso di inadempimento, sulle somme si formerà titolo esecutivo. Sulle misure tecniche, si attendono specifiche (essendo inedita la formazione di un titolo esecutivo su un atto dell’Ispettore e non della Direzione Territoriale, in senso stretto).
-REGOLARIZZAZIONE CONTRATTUALE: Tale regolarizzazione avverrà nello stesso modo previsto per la maxi-sanzione. In allegato, si riporta l’estratto della Circolare del Ministero del Lavoro nr. 26/2015, dedicata a questi contenuti
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venerdì 23 ottobre 2015
MAXISANZIONE E DIFFIDA, I NUOVI CASI EX D.LGS. 151/2015 (GUIDA ALLA LETTURA DELLA CIRCOLARE MIN.LAV. 26/2015
giovedì 22 ottobre 2015
FALLIMENTO E ISTANZA DI LIQUIDAZIONE DEL TFR AL FONDO DI GARANZIA-DA "L'ESPERTO RISPONDE" 41/2015 (QUESITO 3573)
Caso:
L’Azienda Taldeitali Spa (35 Dipendenti) a maggio 2013 chiude definitivamente. A luglio 2014, viene approvato (e non contestato) il concordato preventivo.
A oggi, il TFR non risulta pagato né dal Fondo di Tesoreria INPS né dal Fondo di Garanzia INPS.
Qual è la procedura corretta da seguire per la liquidazione del TFR da parte del Fondo di Garanzia INPS?
E quali i tempi di definizione della pratica?
Risposta:
Ai sensi della l. 297/82 e del D.lgs. 80/1992, il Lavoratore, in caso di fallimento del Datore di Lavoro, ha diritto al TFR e alle ultime tre mensilità di retribuzione, sul conto del Fondo di Garanzia INPS. L’istanza del Dipendente al Fondo di Garanzia INPS deve essere prodotta dal giorno successivo alla pubblicazione del decreto di omologazione o del decreto che decida eventuali opposizioni o impugnazioni.
L’istanza va prodotta alla sede INPS attraverso canali esclusivamente telematici (Circ. INPS 46/2012).
La domanda deve includere carta di identità in corso di validità del richiedente, modello TFR 3bis (Codice SR52) compilato in tutte le sue parti, timbrato e firmato dal Commissario tenuto alla sua compilazione (ex l. 248/2006), copia delle buste paga relative al periodo richiesto, copia autentica del decreto di omologazione del concordato preventivo e attestazione della Cancelleria del Tribunale che il concordato omologato non è stato appellato o reclamato.
Il Fondo è tenuto a liquidare le somme spettanti, compresi interessi legali e la rivalutazione monetaria entro 60 gg. dalla richiesta del Lavoratore (art. 2.7°comma l. 297/82).
A disposizione per approfondimenti
IL TFR IN BUSTA PAGA E CESSIONE DEL QUINTO-QUESITI TRATTATI DA "L'ESPERTO RISPONDE" (3576-41/2015)
Quesiti:
1) Se il Lavoratore aderisce alla Qu.I.R. (Quota Integrativa della Retribuzione), può chiedere successivamente un finanziamento con cessione del quinto?
2) Posto che, per ottenere la Qu.I.R., il TFR del Dipendente deve essere libero da vincoli, una volta attivata la Qu.I.R., il TFR rimane bloccato, oppure è disponibile per finanziamenti?
Risposta:
Ai sensi dell’art. 3 dpcm 27/2/2015, non può accedere alla Qu.I.R. il Lavoratore dipendente il cui TFR sia a disposizione (ossia vincolato, in garanzia) per contratti di finanziamento. Dal tenore complessivo del testo di legge, questo impedimento è previsto per contratti di finanziamento anteriori alla costituzione della QU.I.R., non posteriori. Quindi, successivamente al perfezionamento della Qu.I.R., il Lavoratore può impegnare per contratti di finanziamento sia il TFR maturato presso l’Azienda fino al riconoscimento della Qu.I.R., sia la quota di TFR in busta paga (tipicamente, per cessioni del quinto). E’ evidente che, in quest’ultimo caso, la frazione del “quinto” cedibile in finanziamento deve tener conto degli emolumenti retributivi aggiornati con la Qu.I.R.
A disposizione per approfondimenti
mercoledì 21 ottobre 2015
L'ORARIO DI LAVORO DEGLI INSTALLATORI SECONDO LA RECENTE GIURISPRUDENZA UE
Riallacciandoci a ns risalenti post dedicati al problema del conteggio del tempo di viaggio dal proprio domicilio come orario di lavoro, siamo a trattare della particolare fattispecie dell’Installatore, le cui mansioni consistono nell’installazione di impianti tecnologici, delle più svariate tecnologie presso il Cliente.
Una recente sentenza della Corte di Giustizia del 10/9/2015 C-266/14 (occasionata da una vertenza sulla legislazione spagnola) ha dichiarato valorizzabile (come orario di lavoro e ai fini della corrente retribuibilità) il tempo di percorrenza con l’automezzo (aziendale) impiegato da tale Lavoratore dal proprio domicilio al primo Cliente e nel rientro a fine giornata.
Il suddetto tempo deve intendersi lavoro vero e proprio, quindi, retribuito con retribuzione corrente, e non si considera (specie agli effetti economici) trasferta (Cass. 8293/2015).
In questo caso, però, si apre il non semplice problema del conteggio delle indennità connesse agli spostamenti, che, ex art. 51 TUIR sarebbero imponibili per il 50%: una norma, ricordiamo, dalla discussa applicabilità, non essendo stato del tutto perfezionato l’iter attuativo. Ma aldilà di queste specifiche problematiche fiscali e previdenziali, la sentenza europea, pur occasionata dalla legislazione spagnola, si pronuncia su un punto di normativa uniforme, l’art. 2, punto 1, dir. 2003/88, quindi, certamente estensibile anche in Italia in forza del richiamo alla normativa interna (D.lgs. 66/2003) di recepimento della direttiva UE sull’orario di lavoro. In questo senso, e a questi fini, devono certamente considerarsi ancora valide le indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro con Interpello nr. 15/2010, nei termini sotto richiamati e sviluppati.
Nell’Interpello citato, il Ministero del Lavoro, precisando che, ai sensi dell'art. 02 lett. a) D.lgs. 66/2003, si considera "orario di lavoro" il tempo durante il quale il prestatore di lavoro subordinato è a disposizione del Datore, in funzione delle sue esigenze, ha confermato (come criterio di massima) la non computabilità delle ore di viaggio nell'orario di lavoro (in continuità, per altro, con quanto disposto dall'art. 05 RD 1955/1923 e dall'art. 04 RD 1956/1923), salvo che:
a) Sussista una diversa e spefica disposizione del CCNL di settore;
b) Risulti che, in concreto, il tempo di viaggio sia effettivamente funzionale alla prestazione lavorativa.
Particolarmente nel caso degli Installatori, le ore di viaggio devono particolarmente computarsi come orario di lavoro, ove il Lavoratore disponga di telefono cellulare aziendale con auricolare/bluetuth, che permettono al Lavoratore di parlare direttamente al telefono, senza interrompere il percorso di trasferimento, ovvero di app (es. Google Maps) disposte dal Datore per identificare la percorrenza kilometrica più economica.
La presenza di questi congegni (non importa se di proprietà aziendale o personale) determina un quadro organizzativo tale per cui il Lavoratore è in grado di assumere le consegne del Datore anche durante il viaggio: il possesso di auricolare e bluetuth, quindi, concorre ad individuare un rapporto di reale funzionalità del "tempo di viaggio" al "tempo della subordinazione", perchè è evidente che tali congegni tecnici consentono al Datore di lavoro di impartire al Lavoratore le necessarie istruzioni funzionali all'esecuzione della prestazione.
Sul punto, soccorre l'analogia con la situazione dei cd "lavoratori mobili" (tipicamente l'autotrasporto) che comunicano attraverso la Radio CB.
Evidentemente, tali congegni dovranno essere ammessi e gestiti ai sensi dell’art. 4 l. 300/70 (controlli a distanza), come riformato dal recente D.lgs. 151/2015 (Decreto semplificazioni).
Restiamo a disposizione per aggiornamenti
NOI L’AVEVEVAMO DETTO! COLLABORAZIONI OCCASIONALI DOPO IL JOBS ACT, “IL SOLE 24 ORE” CONFERMA LA NOSTRA INTERPRETAZIONE
Ne abbiamo parlato nel nostro post del 14/5 us. Un contenuto, a sua volta, ripreso molto gentilmente nel sito Proposta Lavoro (vai al link: http://www.propostalavoro.com/benessere-e-lavoro/legislazione-e-sicurezza/co-co-co-dopo-il-jobs-act-come-funziona).
Ecco il passaggio di interesse dell’articolo di SIROCCHI:
La legge Biagi, al comma 2 dell’art. 61, esentava dall’obbligo di redazione del progetto le mini collaborazioni, ossia quelle di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare o comunque con compenso non superiore a [lordi] € 5.000 nel medesimo periodo.
Ebbene, poiché tale previsione è stata superata dall’art. 52 del D.lgs. 81/2015, ne consegue che le attuali collaborazioni coordinate saltuarie non hanno un tetto di durata massimo prefissato di durata né di valore e che il limite dei 5mila euro rimane per le collaborazioni di lavoro autonomo occasionale (quindi, senza coordinamento), ai fini degli obblighi previdenziali per l’iscrizione alla Gestione Separata INPS e per il versamento del relativo contributo, come previsto dal comma 2 dell’art. 44 del DL 269/2003 (corsivo e neretto nostro, ndr).
Ai fini delle imposte sui redditi, invece, il discernimento tra attività occasionali e attività abituali dovrà avvenire secondo criteri di ragionevolezza”.
martedì 20 ottobre 2015
FERIE LAVORATORI DOMESTICI, LA NORMATIVA APPLICABILE
Quesito:
L’art. 10 l. 335/1958 prevede un particolare regime per le ferie dei lavoratori domestici, che qui di seguito si riporta:
Art. 10. Ferie.
Ai lavoratori, dopo un anno di ininterrotto servizio, spetta un periodo di ferie annuali con corresponsione della retribuzione, nella misura e con le modalità appresso indicate.
La durata del periodo di ferie non può essere inferiore: a) per il personale impiegatizio di cui all'art. 5, primo comma, a quindici giorni consecutivi fino a cinque anni di anzianità; a venticinque giorni consecutivi per anzianità superiore; b) per i prestatori d'opera manuale di cui all'art. 5, comma secondo, a quindici giorni consecutivi fino a cinque anni di anzianità; a venti giorni per anzianità superiore.
Al lavoratore che usufruisce del vitto e dell'alloggio spetta per il periodo di ferie - ove non usufruisca durante tale periodo di dette corresponsioni - un compenso sostitutivo la cui misura deve essere fissata dalle Commissioni provinciali previste all'art. 12 (1).
In caso di licenziamento - comunque avvenuto - o di dimissioni, al lavoratore che non abbia maturato l'intero diritto alle ferie annuali di cui ai paragrafi a), b), spettano tanti giorni di ferie quanti ne risultano in proporzione al numero dei mesi di anzianità considerando le frazioni di quindici giorni come mese intero.
Risposta:
Alle ferie dei lavoratori domestici si applicano le stesse regole previste per la generalità dei lavoratori dall’art. 10 D.lgs. 66/2003, con le relative sanzioni ex. art. 18bis.
Le ferie (4 settimane) vanno fruite dal lavoratore domestico per 2 settimane consecutive con obbligo di fruizione nei 18 mesi successivi. Si devono ritenere abrogate le norme speciali previste dalla l. 339/58 per le ferie dei lavoratori domestici (art. 10), stante che l’art. 2.1°comma D.lgs. 66/2003 rivolge la disciplina dell’orario di lavoro e delle ferie a “ con il seguente campo di applicazione:
1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano a tutti i settori di attività pubblici e privati con le uniche eccezioni del lavoro della gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE, del personale di volo nella aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE e dei lavoratori mobili per quanto attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/CE.
Non essendo il lavoro domestico contenuto nelle eccezioni sopra riportate, e rivolgendosi il D.lgs. 66 a “tutti i settori di attività pubblici e privati”, non si può nutrire alcun dubbio circa l’abrogazione in parte qua dell’art. 10 l. 339/1958.
LAVORATRICE RIFIUTA IL LAVORO IN GIORNO FESTIVO-LA CASSAZIONE DA RAGIONE ALLA LAVORATRICE (CASS. 16592/2015)
Caso:
Tizio, Titolare di Ditta Individuale esercente attività di commercio al minuto, commina la sanzione disciplinare della multa alla Dipendente Caia, per essersi questa assentata di sua volontà nella giornata del 6/1 (giorno dell’Epifania), nonostante Le fosse noto che, in quel giorno, il punto vendita sarebbe rimasto aperto. Caia fa ricorso avanti il Tribunale del Lavoro. Chi ha ragione?
Risposta (tratta da Cass. 16592/2015)
La Cassazione, con la recente sentenza del 7/8/2015 nr. 16592, ha dato ragione alla Lavoratrice.
La regolazione della materia – questo il giudizio degli Ermellini- si ritrova in una legge ad hoc, la legge 264/49, che riconosce il diritto pieno ed incondizionato, del lavoratore al riposo festivo.
Siccome il riposo festivo è disciplinato da una specifica fonte, la legge, e non è previsto alcun formale potere di deroga della contrattazione collettiva, devono ritenersi precluso alla contrattazione collettiva disciplinare in deroga alla legge e, a maggior ragione, deve ritenersi precluso al Datore di Lavoro disporre, in via unilaterale e di ordine di servizio, che il Lavoratore lavori in giorno festivo.
Questa conclusione lascia perplessi (vedi critiche di MASSI in Generazione Vincente Blog), particolarmente perché, nella pratica, ci si era abituati a trattare il riposo festivo agevolmente derogabile allo stesso modo del riposo settimanale.
A questo riguardo, invece, la Cassazione ha escluso ogni analogia tra riposo settimanale e riposo festivo. La Cassazione (con un passaggio logico molto discusso) ha comunque ritenuto possibile il lavoro festivo, solo su accordo col Lavoratore: circostanza che lascia molto perplessi i commentatori, perché non si vede come un diritto (il riposo festivo) definito “inderogabile” sia “rinunciabile” dal Lavoratore senza ricorrere all’art. 2113 C.C. …
Ma tant’è.
CONSIDERAZIONI DI ORDINE PRATICO:
Per ovviare a tali problematiche, crediamo sia buona prassi mantenere nei contratti di lavoro interessabili a tali problematiche specifiche clausole, ove il Dipendente consenta al Lavoro in giornata festiva infrasettimanale. Non basta evidentemente disporre tale possibilità in via unilaterale, ossia in via di “ordine di servizio” datoriale.