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sabato 27 dicembre 2014

IL LAVORO DIPENDENTE DEL SOCIO UNICO DI SRL: UN PROFESSIONISTA CI SCRIVE





Ci scrive il Dr. Lorenzo Sagulo- Studio Stern Zanin.
 
Buonasera Dott. Frabetti,

Le scrivo in riferimento al post recentemente pubblicato sul suo blog: “S.r.l. unipersonale e assunzione del Socio Unico”  (http://costidellavoro.blogspot.it/2014/12/srl-unipersonale-e-assunzione-del-unico.html). Leggendo il suo intervento, nel quale viene sottolineata una criticità dal punto di vista fiscale, ho “ragionato” sul punto e su quelle che potrebbero essere le criticità sul piano previdenziale nonché normativo.

Per l’appunto, conseguentemente a quanto da lei sottolineato, una delle molteplici criticità sarebbe la mancata soddisfazione di quanto previsto all’art. 2094 c.c.: “E’ prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”

 

In materia previdenziale, con particolare riferimento alla Gestione commercianti il socio deve iscriversi qualora vi sia partecipazione personale al lavoro aziendale con carattere di abitualità e di prevalenza mentre qualora lo stesso sia esclusivamente socio di capitale (non prestando alcuna attività lavorativa) non è prevista l’iscrizione… di conseguenza, mi corregga se sbaglio, potrebbe essere possibile un’assunzione come subordinato (fermo restando la necessità che la società non sia unipersonale) del socio di capitale in ragione del fatto che lo stesso non gestisca autonomamente il proprio lavoro ma sia soggetto ad “eterodirezione”  (ritengo che però debba essere necessario verificare se esistano incompatibilità  che possano determinare conflitto di interessi nel momento in cui il socio rivesta anche una carica sociale”).

Sperando di aver contribuito ad un ragionamento costruttivo per entrambi, buona serata!

Rispondiamo:
Intanto, esprimiamo i più vivi ringraziamenti al Dr. Sagulo per averci seguito e per l’opportunità di approfondimento che ci offre.
Contestualmente, raccomandiamo ai nostri lettori di leggere l’ottimo e aggiornatissimo Blog del Dr. Sagulo che trovate al link: http://www.lorenzosagulo.com/sternzanin/blog/category/blog/
La puntualissima e circostanziata osservazione del giovane Esperto giuslavorista mi ha portato a riflettere circa la necessità di un maggiore approfondimento della fattispecie, invero complessa.
Dal punto di vista pratico, è evidente (e non è contestabile) che siamo di fronte ad un tema di probatio diabolica: è arduo, infatti, immaginare subordinato ed etero diretto un soggetto, l’Amministratore Unico di Srl, che è il Capo incontrastato dell’Impresa …
Ciò posto, però, siccome la realtà operativa presenta svariate complessità e sfumature, a mio modesto avviso, occorre spendere qualche nota di approfondimento, in punto normativo, in modo da consentire una adeguata e approfondita “mappatura” delle possibilità e delle preclusioni effettivamente offerte dall’ordinamento giuridico.
Procederemo, quindi, ad un approfondimento, breve, ma squisitamente normativo, in punta di diritto.
E certo da questo punto di vista, almeno a livello superficiale, può percepirsi una certa quale dissonanza della sentenza del Tribunale di Genova (citata dal nostro Blog) e gli orientamenti amministrativi solitamente conclamati, specie dell’INPS; ma scendiamo nel dettaglio.


a)      Il Messaggio INPS 12441/2011:
Già nel Messaggio nr. 12441/2011 l’ INPS si era preoccupato di conciliare giurisprudenza e prassi ispettiva, come precisato dall’ ottimo approfondimento del Centro Studi ANCL che si può trovare al link: http://www.anclsu.com/centro-studi/quesiti/1188/soci-dipendenti-in-srl.html:

L’INPS ricorda che esiste una consolidata giurisprudenza di legittimità la quale 'ha in primo luogo sancito un principio di assoluta incompatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società e la carica di amministratore unico della medesima. Analoga esclusione ricorre nel caso in cui il socio partecipi (direttamente o indirettamente) al capitale sociale in una misura capace di assicurargli, da sola, la maggioranza richiesta per la validità delle deliberazioni assembleari, tanto da risultare sovrano della società stessa, rispetto alla quale, pertanto, non può assumere contemporaneamente anche la diversa figura di lavoratore subordinato'”.

In particolare, al riguardo, il messaggio richiama la sentenza n. 1793/1996 della Corte di Cassazione ove i giudici hanno affermato che: “né il contratto di società, né l’esistenza del rapporto organico che lega l’amministratore alla società, valgono ad escludere la configurabilità di un rapporto obbligatorio tra amministratori e società, avente ad oggetto, da un lato la prestazione di lavoro e, dall’altro lato, la corresponsione di un compenso sinallagmaticamente collegato alla prestazione stessa. Ciò perché, in particolare, il rapporto organico concerne soltanto i terzi, verso i quali gli atti giuridici compiuti dall’organo vengono direttamente imputati alla società……….; con la conseguenza che, sempre verso i terzi, assume rilevanza solo la persona giuridica rappresentata, non anche la persona fisica. Ma nulla esclude che nei rapporti interni sussistano rapporti obbligatori tra le due persone”.

Ciò posto, il Messaggio provvede a trarre le necessarie conseguenze operative, ai fini delle Ispezioni INPS:

“(…) Nel caso in cui nel corso di un accesso ispettivo si volesse qualificare la prestazione resa da un amministratore, non come inserita nel rapporto organico, ma indicativa di un rapporto di lavoro subordinato, come giustamente affermato dall’INPS, occorrerà che “sia fornita la rigorosa prova della sussistenza del vincolo della subordinazione, cioè dell’assoggettamento del lavoratore interessato, nonostante la qualità di amministratore, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società nel suo complesso”. In via più generale si deve verificare che sussista quella che è tecnicamente definita “eterodirezione” ciò la dipendenza da un soggetto diverso (Consiglio di amministrazione), in difetto di tale presupposto non può ritenersi sussistere un rapporto di lavoro subordinato ai sensi dell’art. 2094 c.c.”.
           
            Si può, in altre parole, sciogliere positivamente in sede ispettiva il dilemma di conciliabilità tra Qualità di Socio-Amministratore e Lavoro Dipendente, solo provando, ma in modo rigoroso (quindi, circostanziato), il sussistere tra Socio Unico Srl e Società di quel rapporto di eterodirezione proprio del lavoro subordinato. Prova, evidentemente, impossibile, se il Socio è davvero solo; prova forse meno inverosimile (per quanto ardua) se il rapporto societario appare più articolato.
Ad esempio, nel caso riportato dall’approfondimento ANCL, possiamo disporre di una esemplificazione utile, per poter dimostrare la coesistenza di un rapporto di lavoro subordinato in capo ai Soci di Srl. Trattavasi lì del caso di
            “Un´Azienda commerciale S.R.L. ha n.3 soci che lavorano (tutti e tre) in Azienda con la qualifica di lavoratori dipendenti . L´Azienda non ha un amministratore unico, ma sono gli stessi soci che fanno parte del consiglio di amministrazione (non percepiscono alcun compenso come amministratori) . Nessuno dei 3 ha una quota superiore al 50% del capitale sociale . Ogni dipendente (socio) quindi risponde agli altri 2 soci del proprio operato come lavoratore subordinato”.
            Dal tenore del quesito ci pare di poter affermare che:
  • Il potere deliberativo e di formazione della volontà dell’Ente sia affidato all’organo “Consiglio di amministrazione” soggetto collegiale che si configura sostanzialmente diverso dal singolo socio/amministratore.
  • I soci svolgono, concretamente, attività di lavoro dipendente con mansioni distinte da quelle relative al rapporto organico.
Ricorrendo “rigorosamente” i citati presupposti di etero-direzione, in questo caso, la SRL in argomento non deve temere alcuna visita ispettiva e non necessita di assegnare aree di competenza ai singoli amministratori proprio per non correre il rischio di attenuare o annullare il vincolo di subordinazione che li lega al Consiglio di amministrazione.

b)     I recenti aggiornamenti giurisprudenziali del Tribunale di Genova: il “contratto con se stesso”:

            Non mi pare che la recentissima sentenza del Tribunale di Genova nr. 299/2014, citata nel nostro post, abbia mutato i termini del problema, invocando l’art. 1395 Codice Civile, e qualificando detto rapporto di lavoro subordinato come “contratto con sé stesso” annullabile.
            Non è la prima volta che la giurisprudenza, anche ad altissimo livello, ricorre a questa regola per sciogliere le problematiche del lavoro dipendente dei Soci: precedenti importanti, in questo senso, appaiono Cassazione 18/05/1978 nr. 2043 e Cass. 25/03/1980 nr. 1999. Il contratto, in questo caso, è viziato (sarebbe annullabile, in questo caso, però, solo dagli Enti interessati, Agenzia delle Entrate, in primis).
            Quanto all’eventuale “conferma” (in questo caso, degli altri Soci) cui l’art. 1395 Codice Civile, subordina la “sanatoria” del contratto, questa, nel caso di specie, non deve presupporre solo la presenza di altri Soci, non presuppone un consenso fine a se stesso, ma presuppone una “giusta causa contrattuale”. La giurisprudenza, anche molto recente (Cass. 15/03/2012 nr. 4143), ha precisato che la “conferma” del contratto non vale come “mero consenso”, ma come “autorizzazione”: solo con tale atto, può superarsi l’oggettivo “conflitto di interessi” (art. 1394 Codice Civile) cui tale fattispecie da luogo. Ciò posto, la giurisprudenza precisa, al riguardo, che tale autorizzazione, per escludere il conflitto di interessi, deve essere accompagnata da una “determinazione degli elementi negoziali sufficiente a garantire la sua tutela”.
            Nel caso di specie, quindi, di Srl, occorre una minima articolazione organizzativa, una minima pluralità di Soci, che escluda il concorrere nella stessa persona (Socio Unico Srl) del potere deliberativo e organico-gestorio. Es. la presenza di un Consiglio di Amministrazione che deliberi l’affidamento in capo al Socio-Dipendente di mansioni effettivamente diversi e distinti dal rapporto “organico-gestorio”.
            Restiamo a disposizione del dr. Sagulo e di quanti altri per tutti i chiarimenti che, nel caso di specie, dovessero necessitare.

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