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venerdì 12 ottobre 2012

LE VIE DEL CONTENZIOSO (NON) SONO INFINITE-TRACCIA DI RIFLESSIONE PER ALCUNE REALISTICHE SEMPLIFICAZIONI NELLE VERTENZE DI LICENZIAMENTO ALLA LUCE DELLE RECENTI RIFORME


Forse il diavolo non è così brutto come lo si dipinge.
Nonostante la complessità e farraginosità degli interventi cd "riformatori" che si sono succeduti dal 2010 in avanti in materia di lavoro e di contenzioso di lavoro, possono profilarsi rilevanti semplificazioni nella gestione del contenzioso del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. In altre parole, l'apparente complessità formale può essere sfruttata dalle Aziende per assicurarsi una maggiore sicurezza di recesso in fasi, come noto, molto rilevanti per l'organizzazione economica. Ma con una precisazione: al momento, il Ns. discorso riguarda per lo più le Aziende con più di 15 Dipendenti: solo per esse, infatti, l'efficacia combinata delle disposizioni sul contenzioso lavoristico del Collegato del 2010 e della riforma Monti-Fornero possono spiegarsi al massimo livello.
Punto centrale di questa "pista" di semplificazione del contenzioso, è il nuovo "rito dei licenziamenti".
Precisiamo subito che in questo nuovo procedimento giurisdizionale ("speciale") in vigore dal 18/07/2012, basato, in caso di ricorso del Lavoratore, su un giudizio a istruttoria semplificata, sia pure in contraddittorio,  le prove documentali sono destinate a svolgere ... "la parte del leone". Il Giudizio, in quanto sommario, non investirà di fatto l'accertamento pieno della verita' o meno dei fatti e delle pretese delle parti, quanto il grado di probabilità che le risultanze addotte dalla parte istante (nella specie, il Lavoratore). L'intenzione del legislatore è chiaramente quella di costruire un filtro, per "far passare" quei ricorsi che già all'inizio risultino dotati di "basi d'appoggio" (in termini di prove e di argomenti) più solide e definite, scoraggiando quei ricorsi con basi di appoggio meno solide.
E' evidente che i ricorsi suffragati da prove documentali , ovvero da perizie tecniche o medico-legali sufficientemente concludenti e circostanziate potranno a buon diritto considerarsi delle "auto-strade" per la buona riuscita del contenzioso (anche per il relativo sfavore di cui gode nel processo del lavoro la prova testimoniale, specie dei Dipendenti, complessa, poco affidabile, e foriera di contestazioni e di eccezioni infinite).
Non è possibile dire di più su questo nuovo "rito del licenziamento" (certamente i Vs. consulenti legali di fiducia Vi potranno fornire informazioni più dettagliate).
Ma già a titolo di prima ed elementare constatazione, non possiamo non rilevare il nuovo rilievo che nella procedura di intimazione del licenziamento ha assunto l'onere di motivazione scritta, un tempo "a richiesta" del Dipendente, ora obbligatoria: evidentemente, già il tipo di motivazione può prefigurare il grado di "tenuta" delle contestazioni di legittimità del licenziamento; non solo, ma nell'impossibilità di ricorrere ad oneri istruttori più complessi, la scrittura di motivazione costituirà il punto di riferimento obbligato e inevitabile del giudizio, sia pure sommario, del Giudice.
Quindi, motivazioni complete ed esaustive costituiscono già un primo antidoto contro il contenzioso facile.
Ma non è tutto.
Nelle Aziende con più di 15 Dipendenti, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, deve passare attraverso un contatto con la DPL e la Commissione di Conciliazione ex. art. 07 (nuova formulazione) l. 604/1966. Precisiamo al riguardo che l'Aziende, ove si ritenga sicura delle proprie "ragioni" e della legittimità del licenziamento, può non solo provocare in sede di DPL il procedimento di conciliazione e addirittura "provocare" una decisione della Commissione di Conciliazione. L'art. 412 Codice di Procedura Civile, infatti, fa obbligo alla Commissione di Conciliazione di addivenire ad una "proposta di conciliazione" (trattasi di "conciliazione valutativa").
Nell'ottica di accelerazione e semplificazione che è propria del nuovo "rito di licenziamento", è evidente che il Giudice, trovandosi per così dire "la pappa fatta", ossia la questione già definita in altra sede, dovrà tener primariamente conto di tale "proposta". Si consideri l'evoluzione legislativa che sulla "proposta" si è sviluppata dal Collegato Lavoro a DDL Monti-Fornero. Nella versione antecedente alla l. 92/2012, l'art. 412 CPC prevedeva che dell'eventuale rifiuto (nel Ns. caso, da parte del Lavoratore) della "proposta", il Giudice potesse "tener conto", in caso di contenzioso, senza specificare altro. Con la nuova formulazione dell'art. 07.08°comma l. 604/1966, si specifica che tale rifiuto del Lavoratore può comportare: a) Riduzione delle poste risarcitorie; b) Applicazione delle sanzioni e multe processuali ex. art. 91-92 CPC: in altre parole, il Lavoratore può "rimetterci", andando avanti con il contenzioso! Una misura utile non solo alla Giustizia, ma anche per le Aziende per scoraggiare il facile contezioso.
E si badi che questa disposizione non è punitiva, ma è logicamente connessa al ruolo semi-arbitrale che, dalCollegato Lavoro in poi, sta assumendo la Commissione di Conciliazione e all'orientamento di netto favore che dalla l. 183/2010 va manifestandosi verso le definizioni stragiudiziali delle liti di lavoro. Niente di più normale, quindi, la penalizzazione del Lavoratore che cerchi di "menare il cane per l'aia", che cerchi di ottenere in giudizio ragioni che altrove gli sono o già state riconosciute efficacemente, o non riconosciute.
Ma questo non è il solo strumento che l'Azienda ha a disposizione per "blindare" a proprio favore il contenzioso di licenziamento, specie per giustificato motivo oggettivo.
Un altro utile strumento (per altro discusso personalmente con il Dr. MASSI, Dirigente della DPL di Modena) è costituito dalla facoltà delle Parti (disciplinata dalla l. 183/2010) di inserire nei contratti individuali di assunzione clausole per abilitare il Datore al licenziamento in determinate circostanze, previa certificazione della DPL. Non si tratta, in realtà, di clausole rivoluzionarie, quanto di mera "ricognizione" del "diritto vivente" (specie di formazione giudiziale) sul recesso che già prima del Collegato lavoro era disponibile, ma che il Collegato ha provveduto a rafforzare nell'ottica di semplificare il contenzioso. Ora, con l'introduzione del rito sommario citato, questa previsione risulta particolarmente utile: se si parte dal presupposto che il nuovo giudizio investe più ... gli atti, è evidente il vantaggio dell'Azienda che abbia licenziato il Dipendente in conformità alla clausola di contratto: a queste condizioni, infatti, il Giudice, nel procedimento sommario, non potrà darle torto! Certo, al Lavoratore compete l'onere della prova, che, però, dovrà essere fornito scrupolosamente, e non diluito in tattiche dilatorie, ostruzionistiche e simili. In altre parole, è più difficile per il Dipendente in torto ... menare il can per l'aia!
Da ultimo, la conclamata importanza che "gli atti", le sequenze documentali assumono nel nuovo giudizio (sommario) di licenziamento, ridondano a vantaggio dell'Azienda in caso di controversie sui licenziamenti disciplinari: tanto più, infatti, l'Azienda avrà provveduto a supportare con la massima documentazione scritta la gestione di fasi espulsive del Dipendente, documentandone (per iscritto!) gli addebiti e le responsabilità (anche attraverso "controlli difensivi" e rapporti di inchiesta interni circostanziati e dettagliati), tanto più alta sarà la probabilità che il Giudice, nel rito sommario, dia ragione all'Azienda e non al Dipendente che contesti. Queste valutazioni confermano e rafforzano raccomandazioni, per altro, già espresse dallo Scrivente in merito alla massima accuratezza delle istruttorie disciplinari.
Dilungarci su questi argomenti era Ns. dovere, per non nascondere le autentiche opportunità, che, in mezzo a tanta farragine e complicazione inutile, le recenti riforme portano con sè.

Dr. Giorgio Frabetti,
Consulente d'Azienda in Ferrara

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