Per molti anni, l'interpretazione dell'art. 01. 208°comma l. 662/1996 ha visto giurisprudenza e INPS divise (a mò di barricate) su fronti contrapposti: a fronte di un'INPS arroccata sulla risoluzione del concorso della Gestione Commercianti e Gestione Separata INPS per i Soci Amministratori di Srl secondo il criterio della fonte (se l'Amministratore ha un incarico di collaborazione, in analogia con le norme fiscali sull'assimilazione al lavoro dipendente dei redditi di collaborazione, questi vanno soggetti a contribuzione alla Gestione Separata INPS autonomamente, oltre ai contributi versati alla Gestione Commercianti INPS), si è contrapposta una giurisprudenza che, in questi casi, ha ritenuto di interpretare il comma 208 nel senso di determinare una "prevalenza" per la Gestione Commercianti INPS.
E’ Ns.
profonda e radicata convinzione che l’insoddisfaciente assetto della
giurisprudenza (anche costituzionale, da ultimo), relativa alla cd “doppia
contribuzione dei Soci Amministratori di Srl” sia il frutto di una pesante
svista interpretativa.
Se si scorre
MASSARA (Rivista di Sicurezza Sociale,
Il Mulino, 01/2013), si scopre certamente una delle radici di un tale travisamento
interpretativo dell’art. 02. 208°comma l. 662/1996 che ha contribuito a
questo che si può a buon diritto definire un pasticcio normativo:
L’opinione che si era andata affermando nella
giurisprudenza affermava che il predetto comma 208 fondasse una regola
generale, applicabile anche ai soggetti iscritti alla Gestione Separata, in
qualità di Amministratori si SRL Commerciali.
L’interpretazione degli Ermellini si basava su un
ragionamento sillogistico: la Gestione Separata è un regime previdenziale
obbligatorio; il comma 208 fa riferimento a regimi previdenziali obbligatori;
il comma 208 si applica anche alla Gestione Separata INPS (e al Socio
Amministratore di Srl).
Detto in altre
parole, la disposizione era stata interpretata come meramente ripetitiva delle
norme preesistenti della Gestione Commercianti e Gestione Separata INPS. Della
serie: quando ricorrono i presupposti ex. l. 613/66, prevale la Gestione
Commercianti INPS e così via.
Trattasi del
criterio che subordinava l’iscrizione alla Gestione “prevalente” in relazione
alla qualità soggettiva dell’iscritto; tesi che, fino alla sentenza 15/2012
della Corte Costituzionale, ha continuato a configgere con l’altro criterio (patrocinaato dall'INPS) della cd “fonte di reddito”.
Quanto al criterio della “qualità soggettiva dell’iscritto”,
scorrendo le motivazioni della più importante giurisprudenza di legittimità, si
deve dare atto di sbandamenti, incoerenze, talvolta veri e propri errori o
sviamenti.
Ma iniziamo
con ordine.
Cass. 13215/2008
Il comma 208 disciplina una situazione generale, che
riguarda non solo gli esercenti attività commerciali, ma tutti i soggetti, che
esercitano, nell’ambito di una o più imprese, attività autonoma, assoggettabile
a assicurazione obbligatoria.
Di qui, ex. comma 208, la
Cassazione deduceva il seguente criterio ermeneutica della prevalenza :
Il criterio unificante della prevalenza trova
corrispondenza nei requisiti previsti nell’ambito della sfera normativa per
l’iscrizione dei soggetti che esercitano attività commerciale”.
In altre parole, nella “prevalenza” ex. comma 208 cit. veniva presupposto un
“rinvio materiale” alla legge 613/1966; legge presupposta (e vedremo perché) come
“prevalente” rispetto all’art. 02.26°comma l. 335/1995. Posto il conflitto tra
due norme relative ai requisiti di iscrivibilità in capo alla stessa persona,
il comma 208 e il suo criterio della "prevalenza", nell'ottica degli Ermellini, avrebbe dovuto risolvere tale “conflitto apparente”, appunto, sul principio dell’incompatibilità di
principio di plurime iscrizioni a Casse Previdenziali diverse.
Ma tale
posizione pone un problema di coerenza dell’ordinamento
previdenziale, ben rilevato da MASSARA.
Ogni gestione –continua l’Autore-
può ricevere esclusivamente i contributi di sua competenza.
Di qui, attesa la pluralità fisiologica di Casse
Previdenziali, si postula la differenziazione fisiologica di base imponibile e
di contribuzione. Viceversa, la giurisprudenza sul comma 208 afferma, tramite la nozione di
“prevalenza” della Cassa, l'obbligatoria unificazione della contribuzione in capo ad un unico Ente: una nozione
presupposta dogmaticamente, se non ideologicamente, che non trova riscontro né
nella normativa, né nella realtà delle gestioni previdenziali, caratterizzate
da un’effettiva pluralità, sia nel momento della contribuzione, sia nel momento
dell’erogazione del trattamento pensionistico.
Ma tale valutazione, va precisato, non corrisponde nemmeno a apprezzabili
considerazioni di “politica del diritto”. Negli anni 60-70, tali opinioni
avrebbero ben potuto trovare corrispondenza in una policy di valorizzazione della base imponibile, nella logica di un
sistema previdenziale “retributivo” (quando non tutte le Casse erano coordinate
in vista del trattamento finale pensionistico), ma non più in un sistema
diversamente orientato a logiche “contributive”. Un sistema dove ciò che rileva
è la continuità dei versamenti, al fine della formazione di un montante
interessante e dove è il sistema stesso a garantire l’unificazione finale di
tutti i versamenti ai fini del risultato pensionistico.
E
in effetti, deve darsi atto che un continuum
di questa giurisprudenza è il sistematico fraintendimento/stravolgimento
della funzione della Gestione Separata, che, nell'ambito del nuovo sistema "contributivo" della "riforma Dini", è stata proprio concepita chiave di universalizzazione delle tutele e di accumulazione massima
contributiva, tipiche della l. 335/1995.
In questo senso, è molto frequente trovare anche in recenti sentenze motivazioni di
pseduo “politica previdenziale” del tipo: meglio risolvere la “prevalenza” a
favore della Gestione Commercianti, perché questa garantisce un minimale
contributivo (cosa invece non garantita dalla Gestione Separata). In altri interventi
(con improntitudine al limite del delirante), la Cassazione è addirittura
giunta a definire la Gestione Separata INPS un “balzello para-fiscale” …
Ma
la Cassazione tende soprattutto a non avvedersi che, a risolvere con troppa
disinvoltura la questione della “prevalenza” delle due Casse in termini tanto
soggettivi e discrezionali, si finisce per sottrarre tutela previdenziale al Lavoratore, con ciò
creando uno stato di cose tutt’altro che in linea con la visione costituzionale delle tutele previdenziali. In questi termini, costituisce
singolare excusatio non petita un
brano della citata sentenza, dove per rispondere alla protesta dell’INPS circa
la preterizione di un intero spezzone di carriera previdenziale a Gestione
Separata, la Cassazione rispondeva (coprendosi dietro l’interpretazione del
citato comma 208):
Il
legislatore rinuncia all’onere contributivo anche considerando che la scarsità
di quello spezzone di contribuzione, difficilmente potrebbe condurre al
conseguimento di un trattamento pensionistico.
Valutazione
abnorme: come può il Giudice sostituirsi in un apprezzamento di pianificazione
previdenziale che ormai, nel nuovo assetto previdenziale, solo il Lavoratore interessato può compiere?
In questi termini, all'atto pratico, una cosa è certa: la Cassazione tende a sposare a priori una linea di favor per la
Gestione “retributiva” Commercianti, ritenuta a priori più favorevole, anche a
dispetto delle scelte del Lavoratore.
In
questa chiave, va letta anche Cass. 3240/2010, finora, il livello più grave di
avvitamento raggiunto dalla giurisprudenza sull'art. 01 comma 208 l. 662/1996.
Con
una serie astrusa e iper-complessa di argomentazioni (decisamente poco connesse
logicamente tra loro!), la Cassazione tenta di enucleare quella che essa
ritiene la mens legis che presiede alla valutazione di “prevalenza” cui la
legge subordina l’applicazione o della Gestione Commercianti o la Gestione
Separata INPS.
Innanzitutto,
gli Ermellini procedono ad una comparazione tra le due Casse.
Partendo
dalla Gestione Commercianti, ne ricostruiscono il punto di partenza a partire
dalla l. 1397/1960, che aveva elencato, tra i soggetti destinatari dell’IVS, e
quindi destinatari dell’iscrizione alla Cassa “tutti i Soci collaboranti
nell’impresa, che si intendevano come Titolari della stessa, ossia nel regime
delle Società di Persone, difettando una previsione nel caso in cui i Soci
prestassero la loro opera nell’ambito di una Società di Capitali
“personificata” (tipico, la SRL).
La
funzione dell’art. 01.203°comma l. 662/96 è stata quella di colmare questo
vuoto, includendo nella contribuzione di Gestione Commercianti anche il “Socio
d’opera” di SRL.
Ratio di questo intervento: a) Evitare che, dietro lo schermo della
struttura societaria, il lavoro del Socio nell’impresa fosse sottratto a
contribuzione; b) Evitare doppia
contribuzione.
La
Cassa Commercianti INPS viene ritenuta “prevalente” (incorporando in questo un
giudizio legislativo ex. art. 02.208°comma l. 662/96), ai fini dell’efficienza
costituzionale della tutela previdenziale. Giungendo allo zenith di incomprensione della reale identità e funzione della
Gestione Separata INPS, gli Ermellini descrivono la Cassa come meramente
“parafiscale”, di dubbia correlazione con le prestazioni finali e meramente
“complementare” (senza contare l’importanza che tale ratio complementare riveste nell’attuale sistema pensionistico).
Ma
ancora una volta, sono le norme della Gestione Commercianti a “conferire
contenuto” alla nozione di “prevalenza” disegnata dal comma 208 citato.
Questo
modus procedendi della Cassazione,
aldilà sua conclamata fragilità e anacronismo in termini di policy, parte, però, da un
fraintendimento logico. Possibile che un giudizio di “prevalenza” di una Cassa
sull’altro sia determinato avendo riguardo alla normativa di una Cassa sola?
Possibile che il legislatore non vi abbia codificato un quid medium? L’ottica di favorire aprioristicamente la tutela già “retributiva” della Gestione Commercianti INPS ha portato gli Ermellini a
trascurare sempre l’autonomo e specifico problema del “conflitto di norme” che
è in realtà il vero aspetto problematico della norma, e che morde con tutta la
sua attualità, specie nelle Piccole Medie Srl dove tra la figura di
Amministratore e di Socio d’Opera è difficile distinguere e dove la stessa
attività amministrativa appare certamente più evanescente e tale da rendere
difficile pensare ad un ufficio di Amministratore. Senza contare, poi, come nelle Piccole realtà, non siano infrequenti gli incarichi di
Amministratore spurio, concepiti per lucrare benefici fiscali. A queste
condizioni, pretendere la contribuzione INPS pare davvero una specie di
“punizione” e non se ne vede l’urgenza sotto il versante delle tutele
fondamentali ex. art. 38 Cost. Si sa, la Previdenza segue il Lavoro!
A
mio modestissimo avviso, questa sarebbe stata una partenza giusta del problema
interpretativo, di cui la Cassazione non ha assolutamente tenuto conto.
Senonchè
da una cattiva giurisprudenza, si è passati ad una pessima legislazione:
legislazione, nelle intenzioni correttive, negli effetti diabolicamente
complicatoria.
In
forza dell’art. 12.11°comma del DL maggio 2010, n. 78 conv. con modif. in legge
30 luglio 2010, n. 122 viene stabilito quanto segue:
L'art. 1, comma 208 della legge 23 dicembre 1996, n.
662 si interpreta nel senso che le attività autonome, per le quali opera il
principio di assoggettamento all'assicurazione prevista per l'attività
prevalente, sono quelle esercitate in forma d'impresa dai commercianti, dagli
artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle
corrispondenti gestioni dell'Inps. Restano, pertanto, esclusi dall'applicazione
dell'art. 1, comma 208, legge n. 662/96 i rapporti di lavoro per i quali è
obbligatoriamente prevista l'iscrizione alla gestione previdenziale di cui
all'art. 2, comma 26, legge 8 agosto 1995, n. 335.
Il legislatore
interviene draconianamente per risolvere la querelle della “prevalenza” in nome
del “criterio del reddito”, sterilizzando completamente la precedente
giurisprudenza. In questo senso, il Socio d’opera che sia anche Amministratore
di SRL deve versare a due diverse Gestioni, la Gestione Commercianti e la
Gestione Separata INPS, maturando due presupposti di iscrizione diversi, per
due distinte attività, l’una di reddito di lavoro autonomo, l’altra di reddito
assimilato a lavoro dipendente.
Tale
intervento, però, pur coerente, pecca nel segno opposto, perché tagliato
orizzontalmente, senza tener conto delle peculiarità concrete delle piccole
imprese.
Investita
della questione di legittimità costituzionale, la Consulta (sent. 15/2012) ha
salvaguardato la normativa; abbiamo comunque fondati motivi di ritenere che il
giudizio della Consulta non sia da considerarsi definitivo, a causa della netta
specificità e limitatezza del quesito formulato dai Giudici a quibus. I Giudici a quibus, infatti, non hanno investito la Corte perché giudicasse,
nel merito, il bilanciamento operato dalla norma nell’apparente conflitto di norme tra
Cassa Commercianti e Gestione Separata INPS, ma si sono limitati a riprendere
la ormai copiosa giurisprudenza (anche CEDU) sulle disposizioni di
“interpretazione autentica” e sui riflessi applicativi sui processi
in corso.
E in effetti, richiesta di
valutare la normativa sotto questo versante, la Consulta ha rigettato
l’eccezione di incostituzionalità: con motivazione ineccepibile nella forma e
nel merito, la Corte ha dato atto che il DL 78/2010 è intervenuto a valle di un
lungo dibattito tra le più importanti opzioni interpretative del comma 208
citato e ha conseguentemente scelto una di queste letture.
Nulla da dire?
Non proprio.
Se da un lato, infatti, l’assetto complessivo del “sistema” sortito dall’intervento del DL 78/2010 sia
molto più conforme ed ortodosso alla realtà del sistema previdenziale, dall'altro però
non ci si può esimere dal valutare smagliature nella tutela dei diritti fondamentali che
potrebbero risorgere altrimenti.
Prendendo
spunto da MASSARA, possiamo dire che “l’art. 01.208°comma l. 662/96 … deve essere
letto in combinato disposto con il precedente comma 203 (che ha sostituito il
comma 01 art. 29 l. 160/1975). Tale norma impone l’Assicurazione alla Gestione
Commercianti INPS, solo a condizione che … il Socio partecipi personalmente al
lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza”. A fronte di questa
questione, è d’uopo che risorgano tutte le problematiche del “conflitto di
norme” tra Gestione Commercianti e Gestione Separata. A causa di questa
compresenza di norme “il Giudice Ordinario … potrà
ancora essere chiamato a valutare la legittimità delle pretese dell’INPS, ogni
qualvolta … non si realizzino i requisiti minimi necessari per l’iscrizione
alla Gestione Commercianti. Sotto questo versante, paiono emergere notevoli
difficoltà …., specie nelle Aziende “nuove”, dove l’attività di impresa e
l’attività di Amministrazione sfumano l’una nell’altra fino a confondersi”.
In altre parole, il problema
del “conflitto di norme” pone un problema neanche troppo occulto di tutela
giurisdizionale ex. art. 24 Cost. e di eguaglianza ex. art. 03 Cost. tutt’altro
che irrilevante per quell’iscritto INPS che abbia ragionevoli dubbi di versare
una contribuzione … duplicata! E qui risiede il cuore della problematica di
legittimità costituzionale della norma, messa in ombra nella citata sentenza
15, che si è occupata solo dell’aspetto formale dell’interpretazione autentica,
ma senza sondare più a fondo la norma. Al momento, l'art. 01.208°comma nell'imporre sempre e comunque la "doppia contribuzione" senza sondare, nella specie,
l’effettiva consistenza dell’incarico di Amministratore di cui è effettivamente
dubbia l’autonomia nelle SRL unipersonali e simili, pone problemi di disparità di trattamento e di diritto alla prova ex. art. 24 Cost., specie se si considera che il Socio “lavorante” e
il Titolare sono di fatto la stessa persona, negli stessi termini delle vecchie
Società di Persona su cui a suo tempo era stata “tarata” l’iscrizione alla
Gestione Commercianti INPS. Viceversa, al momento, il DL 78/2010 pare imporre l’iscrizione
forzosamente anche in queste ipotesi, senza contemplare (questo almeno si deduce
dalla lettura testuale) una facoltà di prova contraria dell’assenza dei
requisiti dell’iscrizione.
Così
interpretata, la questione della costituzionalità in parte qua del DL 78/2010
riprenderebbe vigore e attualità, anche in considerazione dell’art. 38 Cost.
perché, sganciandosi nel caso di specie l’iscrizione previdenziale allo
svolgimento di lavoro, si determina un uso abnorme della contribuzione quale
balzello “parafiscale”, certamente contrario anche allo spirito di un sano
sistema contributivo. Senza contare che la lesione del principio di eguaglianza
ex. art. 03 Cost. potrebbe agevolmente essere dedotta invocando quale tertium comparationis l’art. 02 DPR
184/61 il cui criterio di “prevalenza” in presenza di “spendita di lavoro
personale prevalente” nell’impresa: criterio che deve valere anche nella SRL,
attesa la profonda assimilazione e ibridazione di tale forma societaria alla
Società di Persone, specie a seguito della recente riforma societaria del 2001.
E’ molto
probabile che, nel futuro prossimo la questione di costituzionalità tornerà ad
emergere. In quella sede, la Consulta potrà verosimilmente operare in via
“interpretativa” provvedendo a coordinare l’art. 12.11°comma DL 78/2010 con il
complesso sistema discendente dalla legge 335/95 e dal D.lgs. 314/1997,
imponendo nei casi dubbi come quelli citati un’istruttoria più accurata sulla
effettività e “realtà” dell’incarico di Amministratore. Ma se questo è il
verosimile “futuro prossimo” dell’art. 12 cit., la domanda sorge spontanea: a
cosa è servita l’ “interpretazione autentica” del DL 78/2010? A nulla!
Dr. Giorgio Frabetti
Consulente d'Azienda in Ferrara