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venerdì 7 settembre 2012

TIROCINI FORMATIVI E PROBLEMI DI DIRITTO TRANSITORIO


Che ne è dell'art. 11 DL 138/2011 all'indomani della riforma Monti-Fornero?
Per chi non lo sapesse, stiamo trattando lo spinoso tema dei tirocini formativi, oggetto di una specifico intervento normativo da parte della l. 92/2012, dove però manca clamorosamente qualunque indicazione di diritto transitorio.
In mancanza conclamata di una clausola abrogativa espressa, occorre verificare se le due disposizioni possono convivere, ovvero siano tra loro incompatibili.
L'art. 01.34°comma della legge 92/2012 affida ad una trattativa Governo-Conferenza Stato Regioni, da adottarsi entro 180 gg. dall'entrata in vigore della legge, la definizione di Linee Guida condivise in relazione agli specifici punti:
a) Revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo;
b) Previsione di azioni e interventi volti a prevenire e contrastare un uso distorto dell'istituto, anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività;
c) Individuazione degli elementi qualificanti del tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza;
d) Riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfettaria, in relazione alla prestazione svolta.

In aggiunta a questo, la legge Monti-Fornero prevede specifiche sanzioni amministrative relative alle inadempienze aziendali rispetto a tali indennità, che evidentemente non sono attuali, difettando qualunque recepimento delle suddette Linee Guida a livello normativo.
E cosa stabiliva il "vecchio" art. 11 DL 138/2011?

1. I tirocini formativi e di orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso degli specifici requisiti preventivamente determinati dalle normative regionali in funzione di idonee garanzie all'espletamento delle iniziative medesime. Fatta eccezione per i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i condannati ammessi a misure alternative di detenzione, i tirocini formativi e di orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di neo-diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio.
2. In assenza di specifiche regolamentazioni regionali trovano applicazione, per quanto compatibili con le disposizioni di cui al comma che precede, l'articolo 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196 e il relativo regolamento di attuazione.
Al momento, una prima, timida ricostruzione del diritto transitorio pare derivare da STEFANO TOPPI che nella Collana Stern si è dedicato al primo commento delle disposizioni sul tirocinio formativo. Costui ricostruisce la natura delle disposizioni Monti-Fornero come "disposizioni programmatiche", quindi non immediatamente operative, fino a puntuale applicazione.
La conclusione parrebbe coerente, visto e considerato che non solo manca una clausola abrogativa espressa, ma visto e considerato anche che l'art. 01.34° l. 92/2012 può annoverarsi tra le classiche "norme sulla produzione giuridica", che non innovano la disciplina (nella fattispecie) del tirocinio, ma si limitano a disporre le procedure e le modalità di revisione. Appare coerente concludere, quindi, che fino a quando tale processo di produzione normativa non si sarà completato, resterà in vigore la previgente disciplina.
Una ricostruzione confermata dal il Ns. Commentatore (sempre molto timidamente) sulla base dei lavori preparatori della riforma, dove risulta che l'attuale versione dell'art. 01 cit. Monti-Fornero è frutto del recepimento di un emendamento proposto dalla Conferenza Stato-Regioni. Al riguardo, TOPPI osserva la circostanza che nella versione antecedente a tale emendamento, il Governo aveva previsto una pura e semplice disposizione di "delega" al Governo ex. art. 76 Cost. per la razionalizzazione della materia. Non un eccezionale cambiamento dal punto di vista del Ns. Autore, poichè nell'intentio legis del Governo, le due versioni devono intendersi sostanzialmente sovrapponibili, quali modalità di regolazione soft e "per principi". Un assetto di cose tipico delle "norme programmatiche" non immediatamente esecutive (no self executing).

Il cerchio si stringe?
Pare di sì, visto e considerato che, mancando una clausola abrogativa espressa dell'art. 11, continua ad operare il secondo comma del predetto articolo concepito a suo tempo come norma di "diritto transitorio", secondo cui in assenza delle "regolamentazioni regionali" continuano ad osservarsi le disposizioni dell'art. 18 l. 196/1997. Quindi, fino a quando la regolamentazione dei tirocini (anche nella nuova versione dell'art. 01 cit. Monti-Fornero) non sarà pienamente operativa, trova applicazione la l. 196. La linea del "diritto transitorio" è così garantita.
Una simile ricostruzione, se dissipa alcuni dubbi, non fuga del tutto le ombre e il senso di complessità che grava su questo aspetto della normativa: ecco perchè è opportuno che sul punto intervenga una presa di posizione chiarificatrice del Ministero del Lavoro.
In realtà, la materia meriterebbe ben altra analisi.
E' evidente che, sulla sfondo, di queste problematiche c'è tutto un ordine di problemi relativi alla esatta spartizione delle competenze Stato-Regione sulla materia dei tirocini, rispetto a cui l'art. 11 segnala una ripresa da parte del Ministero del lavoro delle "offensive" per recuperare spazio e iniziativa nella regolamentazione di un istituto che, stando all'accezione più letterale della sentenza 50/05 della Corte Costituzionale, pareva affidato in esclusiva alla Regione. Il Ministero si era fatto parte attiva fin dall'Interpello 07/2010 (sui cd "tirocini atipici") per rivendicare un radicamento della normativa dei tirocini anche nell' "ordinamento civile" e quindi al legislatore statale. Detto tra noi, un'operazione assolutamente condivisibile nel merito e quale indirizzo di "politica del diritto" perchè, nella deregoulation regionale, avrebbe potuto risultare pesantemente compromessa la prerogativa ispettiva del Ministero e con ciò la tutela del tirocinante dagli abusi connessi ai tirocini. Ma come sempre la via del legislatore, lastricata di buone, ottime intenzioni, cade sul versante tecnico. In occasione della riforma (per altro assai frettolosa) dei tirocini del 2011 il legislatore denominò la propria disciplina quale "livelli di tutela essenziali nell'attivazione del tirocinio". Cosa significa ciò? Mistero!
Ora, l'espressione "livelli essenziali" è utilizzata dalla Costituzione per denominare le tutele standard nei servizi sociali, sanitari etc., ma non nei contratti di lavoro. 
La lotteria dell'ermeneutica giuridica non avrebbe potuto che aprirsi ed è certamente ancora aperta. Probabilmente si chiudere se e quando interverrà una sentenza della Corte Costituzionale che dirà la sua su questo intervento.
Al momento, comunque, pare potersi dire che questa espressione debba essere intesa, nell'accezione tecnico-giuridica più pregnante, quale classica "norma di principio", destinata a regolare i rapporti legge statale-legge regionale nei periodi di "vacanza" della normativa regionale: nè più, nè meno rispetto a quanto accade alle "leggi-quadro" Stato-Regioni. Una norma la cui osservanza è inderogabile nel "minimo" di tutela del Lavoratore, ma che per il resto opera come una qualsiasi "norma cedevole".
A questo punto, credo possano chiarirsi meglio le riserve del legislatore. Perchè non ha adoperato (verrebbe da dire) l'espressione "norma quadro per la legislazione regionale"? La spiegazione pare ritrovarsi nella circostanza che una simile presa di posizione avrebbe costituito una presa di posizione troppo netta a favore di un assetto delle competenze Stato-Regione in materia di "tirocinio" quale "competenza concorrente".
"Concorrenza concorrente" che, nel (confuso) disegno derivante dalla riforma del Titolo V, è,però, fattispecie "tassativa" di riparto delle competenze Stato-Regione: il legislatore, in assenza dell'avvallo della Consulta, non può, pertanto, estrapolarla e darla per scontata in un atto legislativo. Ecco, perchè il legislatore non ha utilizzato per l'art. 11 l'espressione "norme di principio per la legislazione regionale".
Ma il legislatore non ha nemmeno potuto riconnette esplicitamente tali disposizioni all'ordinamento civile. Ciò avrebbe significato un radicamento nella "competenza esclusiva" statale che esulava le intenzioni del legislatore, il quale invece intendeva "convivere" o quantomeno stabilire un modus vivendi con il legislatore regionale in relazione ai tirocini inm un'ottica di "leale cooperazione" nella spartizione delle competenze (filosofia fatta propria anche dalla l. 92/2012).
Nell'effettiva impossibilità di adottare espressioni tecnicamente più connotate, può giustificarsi l'utilizzo di un'espressione quale "livello di tutela", molto anodina, ma destinata (come rivela la Circolare del 14/09/2011) ad essere utilizzata pragmaticamente dagli organi ispettivi per il contrasto degli abusi nei tirocini.
E ciò comunque contribuisce a confermare, quale norma di principio e parzialmente cedevole, l'art. 11.02°comma conferma ancora oggi l'applicabilità dell'art. 18 l. 196/1997 nell'assenza di disposizioni regionali sui tirocini, anche aggiornate al nuovo quadro emergente dalla l.92/2012.

Dr. Giorgio Frabetti
Consulente d'Azienda in Ferrara

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