Alcune note, relativamente al contratto
di lavoro subordinato part time negli Enti Pubblici Economici, con breve
evidenza delle disposizioni legislative, amministrative e giurisprudenziali più
recenti.
L'orario ridotto può essere praticato in due modi:
a) Originariamente alla costituzione del rapporto di lavoro tramite
concorso (con destinazione nella pianta organica di un posto di lavoro a tempo
parziale);
b) In corso del rapporto tramite trasformazione (corsie preferenziali
sono riconosciute a chi è affetto da patologie oncologiche, ha necessità di
assistere un congiunto disabile etc.).
La prima fattispecie non ha granchè storia.
La seconda invece è stata oggetto di interventi legislativi più frequenti,
che hanno lasciato il segno di pesanti lacune e indeterminatezze ai fini
operativi.
Innanzitutto, la cornice legislativa è stata oggetto di una pesante
riformulazione in tempi recenti (art. 73 DL 112/2008). Nella versione
dell'ultima riforma, l'art. 01.58°comma legge 662/1996 nel riconoscere la
facoltà del Dipendente Pubblico di domandare la trasformazione del rapporto di
lavoro a tempo pieno in rapporto part time ritaglia con
maggiore ampiezza rispetto alla prima versione della norma i casi in cui la PA
può negare la trasformazione part timedel rapporto. La norma, cioè,
a questo riguardo precisa che l'Amministrazione può negare la trasformazione
del rapporto entro 60 gg. dalla domanda del Dipendente nei seguenti casi:
a) Quando la riduzione d'orario sia chiesta per lo svolgimento di
una compresente attività di lavoro subordinato o autonomo comporti
conflitto di interessi con la specifica attività di servizio svolta dal
Dipendente;
b) Quando la trasformazione comporti, in relazione alle mansioni e alla
posizione organizzativa ricoperta dal Dipendente, pregiudizio alla funzionalità
dell'Amministrazione stessa;
c) Quando la riduzione d'orario sia richiesta per lo svolgimento di una
compresente attività di lavoro subordinato presso altra Amministrazione
Pubblica.
In questi casi, la riduzione va sempre chiesta tramite istanza del
Dipendente, con allegazione delle eventuali condizioni di esercizio del
"secondo lavoro", quanto a mansioni, orario di lavoro (aspetto tra
l'altro importante per la PA di appartenenza per valutare la congruità
dell'alternanza del lavoro e dei riposi giornalieri).
Evidentemente, tali decisioni sono discrezionali e così non può non essere,
dato che la riduzione oraria è sempre una decisione "libera",
soggetta a negoziazione: come nel privato, così come nel Pubblico. Precisiamo
comunque che, per ottimizzare le procedure, l'Ente può emanare proprie
disposizioni (ex. art. 01 58-bis l. 662/1996) per individuare a priori le
mansioni rispetto a cui ritenga incompatibile lo svolgimento part time.
Non possiamo dilungarci oltre, ma qui basterà ricordare che nelle more del Dpcm
117/1989 (che tra i primi regolava il part time nella PA) si
riteneva che funzioni ispettive, di coordinamento non ammettessero part time.
Oggi, queste valutazioni sono rimesse al prudente apprezzamento dell'Ente e
alle sue specificità organizzative.
A questi fini, il Dipendente è tenuto a comunicare, entro 15 gg.,
all'Amministrazione nella quale presta servizio, l'eventuale successivo inizio
o variazione dell'attività lavorativa.
In ogni caso, il CCNL prescrive un contingente percentuale di riduzioni
orarie annue: l'Ente Pubblico Non Economico non può destinare al part time
più del 25% della dotazione organiza complessiva del personale (elevabile di un
10% dalla contrattazione integrativa per Dipendenti che versino in speciale
"stato di bisogno").
Non ci soffermiamo oltre sulle disposizioni di pretta contrattualistica,
perchè, nonostante l'apparenza di linearità, presentano molti aspetti dubbi e
appaiono vere e priorie "mine vaganti" in mano a chi cerchi di
"mettere mano" ad un'operazione economica (la trasformazione part
time) che nel settore Privato è tra le più semplici e lineari. Le difficoltà
interpretative (che nascono dal difficile rebus di discernere quali tra le
disposizioni del part time nella PA siano "negoziabili"-privatistiche
e quali "non negoziabili"-pubblicistiche, perchè coperte quest'ultime
da vincoli di bilancio) possono essere aggirate, però, tenendo conto di alcune
indicazioni gestionali emergenti dalla giurisprudenza e che concordano comunque
a stabilizzare sufficientemente il quadro operativo nell'intricata materia.
Per il momento consideriamo le casistiche singole da un punto di vista
meramente gestionale:
a) Se il Dipendente, già a tempo pieno, poi trasformato part
time, ritorna a tempo pieno:
In primo luogo, precisiamo che, stante il combinato disposto dell'art.
01.56°comma l. 662/1996 e dell'art. 21 CCNL Enti Pubblici Non Economici del
1999 (tuttora in vigore per la parte di interesse)
Non è stato del tutto chiarito se, allo stato attuale, tali
previsioni siano gestibili con discrezionalità dalla PA. Nello stesso tempo, lo
sviluppo attuale della dottrina e del diritto vivente del Pubblico Impiego
porta ad escludere che tale trasformazione da part time a full
time possa considerarsi "nuova assunzione". Tale
trasformazione induce un innalzamento dei costi e, stante il carattere
"non discrezionale" della spesa, la PA, se vuole rientrare nei propri
programmi di economie e di ottimizzazione delle gestioni, dovrà intervenire con
tagli su altre voci di spesa (in questo senso conformi troviamo Corte dei
Conti, Sez. Reg. Piemonte Del. 07/2011, 29/2011, 59/2011).
b) Se il ripristino del tempo pieno, per il Dipendente Pubblico
già trasformato part time, si debba qualificare come "nuova
assunzione":
Non abbiamo enucleato nel settore Enti Pubblici non Economici, la
previsione di un diritto soggettivo del Dipendente (già soggetto a riduzione
oraria) di tornare a tempo pieno. E' molto discutibile pensare alla possibilità
di riconoscere in parte qua i diritti di precedenza nella trasformazione a
tempo pieno del personale part time, per l'incidenza, da un lato, dei forti vincoli
di bilancio, e per la valorizzazione (ad opera del DL 112/2008) dell'autonomia
discrezionale dell'Ente.
Ma la fattispecie si presenta molto problematica dal punto di vista
operativo.
Innanzitutto, sul versante dell'applicabilità alla subiecta materia dell'art.
03.101°comma l. 244/1997 che dispone: "La trasformazione del rapporto a
tempo pieno del personale assunto a tempo parziale, può avvenire nel rispetto
delle modalità e dei limiti previsti in materia di assunzioni". Per gli
Enti Pubblici non Economici, l'argomento si pone con una coloratura
particolare, perchè a questo fine le "nuove assunzioni" debbono
passare attraverso il procedimento di "autorizzazione" ex. l.
449/1997. Sul punto, esiste un orientamento conforme tra Corte dei Conti
Toscana (Del. 09/2012) e Lombardia (Del. 873/2010), nell'escludere che l'inciso
di legge menzionato possa intendersi come "nuova assunzione",
riferendosi solo alle trasformazioni di rapporti ab origine a
tempo parziale e non ab origine a tempo pieno e
successivamente trasformati. Tale giurisprudenza pare proprio applicarsi
anche agli Enti Pubblici Non Economici, escludendo che la trasformazione
da part time a full time come sopra descritta
possa attivare le procedure autorizzative per le nuove
assunzioni.
In ogni caso, il CCNL aiuta: nel fissare la soglia massima del 25% per le
destinazioni delle piante organiche ad orario ridotto, pare fissare un limite
di budget destinato ad operare come "correttivo
automatico" per queste delicate e problematiche pratiche del Personale
degli Enti Pubblici Non Economici.
c) Se il Dipendente è assunto ab origine a tempo
parziale:
Non solo questa modalità gestionale è comunemente diffusa, ma sono
decenni che la dottrina giuslavoristica pubblica riconosce alla PA di prevedere
posti di dotazione organica a tempo parziale.
Per la trasformazione a full time, vale quanto disposto dall'art.
21 CCNL Enti Pubblici Non Economici Edizione 1999 e quanto stabilito dall'art.
03.101°comma l. 244/2007.
Trattasi di scelta pienamente discrezionale (vedi riforma dell'art. 73 DL
112/2008).
Ciò comporta, nel dettaglio, l'obbligo di rispettare, in sede di
trasformazione, ogni regola sulle assunzioni e sul contenimento della spesa di
personale (rispetto regole sul turn over etc.).
Su questa lunghezza d'onda, le prese di posizione della Corte dei Conti
Sez. controllo Regione Veneto (Del. 16/2009) e Reg. Campania (Del. 275/2011).
d) Se l'Ente Pubblico decide di incrementare l'orario del
Dipendente part time (senza assunzione a tempo pieno):
Non c'è unità di vedute nella giurisprudenza sulla circostanza che questa
evenienza rientri tra le fattispecie in cui operano i limiti assunzionali o
meno.
Escludono tale eventualità le sezioni della Corte dei Conti delle Regioni
Campania (Del. 496/2011), Emilia Romagna (Del. 08/2012), Piemonte (Del.
57/2011), Toscana (Del. 198/2011). Viceversa, ritiene che la fattispecie vada
trattata alla stregua dei limiti assunzionali ex. art. 03.101°comma l. 244/2007
la sezione lombarda della Corte dei Conti (Del. 226/2011). Anche in questo
caso, però, vale sempre il limite di budget del 25% come sopra descritto.
Da questo rapido check up dello "stato dell'arte" della
giurisprudenza contabile sul part time, voce molto sensibile e
rilevante nella formazione del "bilancio del personale" pubblico,
comprendiamo agevolmente il livello di complessità e di stratificazione di una
disciplina che non solo è frutto di interpolazioni successive poco coordinate,
ma che restituisce anche un quadro regolativo frammentario, denso di oscurità e
di lacune.
Ma ciò rende controversa e particolarmente oscura la gestione della
contrattualistica: "privatizzata" sulla carta e assimilata al D.lgs.
61/2000, in realtà è costellata da tali e tanti condizionamenti con vincoli di
bilancio e problematiche (pubblicistiche) assunzionali, da renderne
sostanzialmente inoperanti (o operanti solo in via molto residuale) le
disposizioni, che evidentemente con tali vincoli e obiettivi di Bilancio
Pubblico non possono mettersi conto.
Per questi motivi, per dare ai Sigg.ri Clienti Enti Pubblici un quadro
regolatorio chiaro e operativamente efficace, abbiamo ritenuto sufficiente
riepilogare il quadro (sufficientemente consolidato) della giurisprudenza
contabile in materia, mettendo per il momento da parte le norme di CCNL, che
rivestono importanze meramente residuale.
Dr. Giorgio Frabetti, Consulente d'Azienda in Ferrara
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