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venerdì 8 giugno 2012

CONCILIAZIONI SINDACALI: QUANDO IL DIPENDENTE LICENZIATO "RINUNCIA" ALLA CONTROVERSIA


Spesso capita che, a seguito di un licenziamento sfociato in una vertenza sindacale, la susseguente conciliazione si risolva in un accordo tale per cui il Dipendente si impegana a "rinunciare" alle proprie pretese dietro pagamento di un'indennità.
Come noto, le conciliazioni obbligano alla massima attenzione per i riflessi fiscali e previdenziali delle somme ivi dedotte, spesso oggetto di controversie a loro volta (con il Fisco e l’INPS) per la scarsa chiarezza delle formulazioni negoziali.
Ai fini fiscali, la somma deve qualificarsi come voce di "lucro cessante" e, quindi, quale componente reddituale tassabile. Lo esige quella giurisprudenza di Cassazione consolidata e pacifica (Cass. 12798/2002) che, quale "regola di interpretazione" degli atti di conciliazione, ai fini fiscali presume la valenza "reddituale" di tutte le somme comunque riconosciute in dipendenza del licenziamento: in questi termini, secondo la giurisprudenza, deve ritenersi immanente una stima della perdita di chanche del Lavoratore.
Stante le disposizioni speciali in materia di imponibilità previdenziale, la somma non determina imponibilità ai fini INPS.
La rideterminazione lorda dell'indennità, quindi, deve tener conto della sola aliquota IRPEF di tassazione applicabile.
Quanto ai riflessi sull'indennità di disoccupazione, deve precisarsi che tale "rinuncia" non determina la perdita del diritto della Lavoratrice di conseguire l'indennità di disoccupazione.
Di base, la perdita si determina se Datore e Dipendente addivengono ad una "risoluzione consensuale" del rapporto di lavoro. Tale fattispecie non può comunque ritenersi integrata nella conciliazione in esame: senza indugiare eccessivamente in bizantine questioni di diritto, la risoluzione consensuale è un atto dove il Lavoratore partecipa attivamente al disegno datorile di cessazione del rapporto di lavoro; ma tale non è la situazione de qua, dove il Lavoratore semplicemente si limita a soprassedere formalmente da ogni controversia dietro il pagamento di un'indennità, conciliativa, determinata secondo equità ex. art. 1226 del Codice Civile.
L'irrilevanza non solo ai fini dell'imponibilità INPS, ma ai fini del trattamento di disoccupazione, si deduce proprio dalla natura della stessa indennità determinata con criteri necessariamente forfettari ex. art. 1226 del Codice Civile, allo scopo di "stimare" una "perdita futura" dotata di larghi margini di indefinibilità numerico/matematica, da cui non è possibile estrapolare alcuna informazione di rilevanza contributiva. A queste condizioni, infatti, è manifestamente impossibile ricostruire informazioni quali: minimale mensile, settimanale, giornaliero etc.
Comunque, la conciliazione non incide sull'an dell'indennità di disoccupazione, ma sul quantum. L'indennità può/deve essere quantificata tenendo in considerazione la prevista percezione dell'indennità di disoccupazione: ma sempre in via ... equitativa!

Dr. Giorgio Frabetti, Consulente Aziendale in Ferrara

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