Caso:
Tizio, lavoratore dipendente della Ditta Sempreverde Snc di Caio e soci, fa causa alla Ditta Ex Datrice di Lavoro per danni relativi a mobbing.
La controversia si conclude con una transazione stragiudiziale, con la
quale l’Ex-Datore Caio, senza riconoscere le pretese giudiziali di
Tizio, riconosce all’Ex-Dipendente una somma di denaro pro bono pacis di € 10.000. Questa somma di denaro è imponibile ai fini previdenziali e fiscali?
Risposta:
A)DIRITTO COMUNE APPLICABILE:
Per rispondere, dobbiamo innanzitutto consultare gli artt. 1965 ss. del Codice Civile che regolano la transazione, in generale, che qui di seguito, brevemente, si compendiano e che distinguono tra:
a) TRANSIZIONI SEMPLICI (Art. 1965.1°comma Codice Civile): “La transazione [764] e' il contratto [1350 n. 12, 1967, 2643
n. 13], col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono
fine a una lite gia' incominciata o prevengono una lite che puo' sorgere
tra loro”.b) TRANSAZIONI NOVATIVE(Art. 1965.2°comma Codice Civile): “Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti”*.
*NB: Per
le transazioni relative a rapporti di lavoro subordinato, rileva anche
l’applicazione dell’art. 2113 Codice Civile. Questa norma, viene
trascurata nel caso di specie, per il semplice motivo che la transazione
del ns caso avviene in una sede giudiziaria, quindi non bisognosa delle
speciali “protezioni” di cui all’art. 2113 cit.
B) QUALIFICAZIONE DELLA TRANSAZIONE TRATTATA:
In questi casi, occorre sempre consultare “gli atti” per trarre
conclusioni definitive. E’ anche vero che non sempre, dagli atti, è
possibile trarre indicazioni univoche. Nel caso di specie, pare coerente
qualificare l’atto di transazione corso tra Tizio e Caio come
“transazione novativa”. L’atto, infatti, chiude la controversia senza
risolvere la controversia medesima, né dando ragione all’uno, né dando
ragione all’altro. La somma di denaro è palesemente sganciata dal
risarcimento chiesto per mobbing (non per importi, qui non
riportati, ma per causale); con questa transazione, si crea, pertanto,
una obbligazione pecuniaria, completamente nuova, sganciata da qualsiasi
impegno contrattuale precedente, al solo scopo di “tombare” e
“tacitare” qualsiasi pendenza tra le parti (a questo, nella prassi
forense, sono, infatti, preordinate tali somme pro bono pacis in transazione). Giurisprudenza: Vedi Cass. 13717/2006; Cass. 27448/2005; Cass. 1946/2003).
C) RIFLESSI FISCALI E PREVIDENZIALI:
a) RIFLESSI FISCALI: La
somma è certamente imponibile, dal punto di vista fiscale. Non è del
tutto chiaro, nel caso di specie, però, in base a quale norma
civilistica e, correlativamente, fiscale: se, cioè, si debba qualificare
la somma, comunque attratta fiscalmente ex. art. 49 TUIR (a prescindere
dalla qualificazione “civilistica”); ovvero quale generica “prestazione
di fare, non fare, permettere” (quale potrebbe essere la corresponsione
di una somma, dietro impegno a non proseguire la controversia in sede
giudiziaria) in forza dell’art. 67.1°comma lett. l) del TUIR (con
correlata qualificazione fiscale di “redditi diversi”). La Circolare
Min. Fin. 326/97 esprime un orientamento molto chiaro, precisando che
tra i “redditi di lavoro dipendente” si considerano anche (come per
“attrazione”):
le
somme e i valori, comunque percepiti, a seguito di transazioni, anche
novative, intervenute in costanza di rapporto di lavoro o alla
cessazione dello stesso».
La
Circolare codifica una “presunzione fiscale” che, però, non pare
applicabile al caso di specie. Qui, pare piuttosto certo che il motivo
della corresponsione della somma è un motivo squisitamente
“giudiziario”: non si vede, come si possa correlare tali somme a
retribuzione, sia pure di fine rapporto. Nel caso di specie, lo
ricordiamo, le pretese del Dipendente non avevano per oggetto indennità
di licenziamento, ma risarcimento per mobbing. Pare, pertanto, più coerente concludere per la rilevanza fiscale della somma de qua
quale “reddito diverso”, soggetto a tassazione secondo le regole
ordinarie (evidentemente, senza Sostituto d’imposta e altri adempimenti
propri della fiscalità classica del lavoro dipendente).
b)RIFLESSI INPS: La somma, pur essendo imponibile IRPEF, non è imponibile INPS.
L’art. 12.1°comma l. 153/69, infatti, dispone:
“Costituiscono redditi di lavoro dipendente ai fini contributivi quelli di cui all'art. 49,
comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,
maturati nel periodo di riferimento”.
Evidentemente, non rientra nel reddito imponibile INPS la
somma di denaro trattata in transazione tra Tizio e Caio, che è sì
rilevante fiscalmente, ma non come “lavoro dipendente”. In forza della
regola della “unificazione delle basi imponibili” (fiscali e
previdenziali) definita dal D.lgs. 314/97, tale per cui è
(tendenzialmente) imponibile INPS ciò che è imponibile IRPEF quale
“reddito di lavoro dipendente”: qui, è evidentemente impossibile
qualsiasi correlazione tra basi imponibili, anche a livello del tutto
teorico! In ogni caso, sulla non imponibilità di tale “transazione
novativa” ai fini INPS ha speso una parola “tombale” la Corte di
Cassazione con la sentenza nr. 20146/2010 (vedi al link: http://www.aib.bs.it/comunicazione/mostra_contenuto/44851 ).
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