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lunedì 15 giugno 2015

JOBS ACT E RIFORMA DELLE MANSIONI: UN CASO PROBLEMATICO-FLASH

Il nuovo D.lgs. di riordino delle tipologie contrattuali approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri la settimana scorsa, come tranche molto significativa del Jobs Act, presenta una casistica particolarmente dubbia e nebulosa. Il nuovo art. 2103 Codice Civile, infatti, consente l’assegnazione del Lavoratore a mansioni anche inferiori (ma pur sempre a parità di retribuzione e nell’ambito della stessa “Categoria”, ovvero “Qualifica”) ove ricorrano “mutamenti organizzativi” suscettibili di “incidere sulla posizione del Lavoratore”. Attualmente, la norma può essere interpretata in due modi, entrambi perfettamente compatibili con il testo:
1) Il “mutamento organizzativo” deve virtualmente identificare un “giustificato motivo oggettivo” di licenziamento: una problematica aziendale grave, e tale da giustificare a monti provvedimenti di licenziamento. In questo senso, si conclude che solo a queste condizioni sarebbe possibile operare il demansionamento del Dipendente: solo quale extrema ratio per evitare il licenziamento;
2) Il “mutamento organizzativo” non deve necessariamente coincidere con un “giustificato motivo oggettivo” di licenziamento, potendo corrispondere a qualsiasi decisione di cambiamento, anche puramente volontaria del Datore di Lavoro, anche non necessariamente sorretta da motivi organizzativi “emergenziali”. A queste condizioni, sarebbe consentito al Datore demansionare il Dipendente, a prescindere dall’imminenza o meno di un probabile licenziamento per motivi economico/organizzativi.
Sicuramente, l’interpretazione di cui al punto 2) appare più marcatamente riformista e innovativa; viceversa, l’interpretazione di cui al punto 1) appare più conservatrice e in linea con la normativa tradizionale. E’ noto che su questo aspetto, già in sede di dibattito parlamentare, si sono alzate le barricate: già è battaglia, anche a livello legale, avendo annunciato alcune frazioni politico-sindacali di Sinistra un ricorso alla Consulta, che verosimilmente volgerebbe a vantaggio della versione più conservatrice e rigida del testo di legge. In attesa di ulteriori approfondimenti (che potranno arrivare dai Convegni, ma anche, in prima battuta, dalla Fondazione Studi CDL), e nel dubbio, riteniamo prudente conformarci all’interpretazione più restrittiva.
Questa linea di prudenza ci è suggerita dal tenore di un testo, in cui le possibilità di deroga sono costellate da molte limitazioni procedurali. La circostanza, ad esempio, che i casi di demansionamento più spinto debbano passare per le procedure di “deroga assistita” ex. art. 2113.4°comma Codice Civile, lascia pensare che il “demansionamento” per “mutamento organizzativo” (nelle ipotesi più spinte) debba sottostare a tale procedura. Ove tale procedura non è prevista, ben difficilmente il “demansionamento” può avvenire senza incorrere nelle sanzioni tuttora previste dell’impugnazione ex. art. 2113.1°comma C.C. Il che lascia pensare che i soli, veri “mutamenti organizzativi” per cui è consentito il demansionamento siano quelli in cui si profila “a monte” un “giustificato motivo oggettivo” di licenziamento (e il demansionamento si profili come una ultima ratio per evitare il licenziamento). Un’ipotesi, come noto, non contemplata dal testo precedente dell’art. 2103 Codice Civile, ma già estrapolata in via di prassi (di “diritto vivente”) dalla giurisprudenza fin dagli anni ’90. In questi termini, la previsione del Jobs Act, in parte qua, equivarrebbe a mera “codificazione legislativa” del cd “diritto vivente”.
Restiamo a disposizione per aggiornamenti.
Dr.GIORGIO FRABETTI
STUDIO LANDI-FERRARA

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