Quesito: Un Dipendente subisce un provvedimento di trasferimento da parte dell’Azienda. Con l’assistenza del Sindacato, il Dipendente appura che il trasferimento è sorretto da adeguate causali ed è legittimo. Ma il giorno convenuto per il trasferimento, il Dipendente non si fa trovare in sede. L’Azienda lo licenzia. Il Lavoratore eccepisce il provvedimento come sproporzionato, facendo notare come l’attivazione per il trasferimento attesa un interesse alla continuità del rapporto di lavoro. Chi ha ragione?
Risposta: Di massima, e pur non conoscendo il settore di appartenenza del Lavoratore, né le norme disciplinari applicabili, mi parrebbe più che giustificato il provvedimento disciplinare: c’è una scorrettezza del Lavoratore, che non mantiene la parola. Effettivamente molto più problematico è il giudizio sulla “proporzionalità” tra infrazione e licenziamento. Il licenziamento disciplinare, come noto, per essere spiccato con piena legittimità, presuppone, come da giurisprudenza consolidata, un’infrazione della “continuità funzionale” del rapporto di lavoro addebitabile al Lavoratore. Ora, se la disobbedienza è una tantum, la sanzione disciplinare adeguata deve essere trovata in una tipicamente “conservativa” (multa etc.). Ma se, reiterando il Datore l’invito al trasferimento, il Lavoratore non ottemperi, allora lì la “continuità funzionale” del rapporto può dirsi definitivamente interrotta: il licenziamento può ritenersi, quindi, pienamente giustificato.
Dr.GIORGIO FRABETTI
STUDIO LANDI-FERRARA
STUDIO LANDI-FERRARA
Nessun commento:
Posta un commento