Si coglie l’occasione di segnalare una recentissima sentenza (sent. nr. 14304/2015), con la quale la Corte di Cassazione ha confezionato un’interpretazione molto severa del cd “obbligo di fedeltà” che, ex. art. 2105 Codice Civile, incombe sul lavoratore dipendente. Eccone, qui di seguito, un brevissimo compendio:
“ (…) L’obbligo di fedeltà del lavoratore subordinato ha un contenuto più ampio di quello risultante dal testo dell'art. 2105 c.c. cit., ed impone al lavoratore di tenere un comportamento leale nei confronti del proprio datore di lavoro, astenendosi da qualsiasi atto idoneo a nuocergli anche potenzialmente. Ai fini della violazione dell’obbligo di fedeltà incombente sul lavoratore, è sufficiente la mera preordinazione di una attività contraria agli interessi del datore di lavoro anche solo potenzialmente produttiva di danno. E’ perciò indubbio che l'obbligo sia violato quando il lavoratore subordinato svolga attività in favore di terzi, peraltro operanti nel medesimo settore della società datrice di lavoro, quale che sia il contenuto, più o meno complesso e impegnativo, di tale attività. Il pericolo attuale e continuo per gli interessi del datore giustifica altresì il licenziamento in tronco (Cass. 26 agosto 2003 n. 12489; Cass., 8 luglio 1995 n. 7529; Cass., 1 giugno 1988, n. 3719)”.
La violazione di tale dovere legittima il licenziamento “in tronco”, per giusta causa ex. art. 2119 C.C., del Dipendente.
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