Lavoro, lavoro, quanto mi costi! Punto di condivisione (piccolo "salotto") aperto alla comunità dei Giuslavoristi e Professionisti ex. l. 12/1979 in relazione ai problemi di contrattualistica e di legislazione del lavoro subordinato e autonomo. La presente pagina non costituisce consulenza professionale. A Cura del Dr. Giorgio Frabetti, Professionista ex l. 4/2013 (Collaboratore Studio CDL Landi, Ferrara).
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giovedì 31 marzo 2016
NOI L'AVEVAMO DETTO! LAVORO A CHIAMATA, SI APPLICA ANCORA IL REGIO DECRETO DEL 1923
mercoledì 30 marzo 2016
ATTREZZATURE DI LAVORO PER LE QUALI OCCORRE LA "SPECIFICA ABILITAZIONE" DA PARTE DELL' "OPERATORE"-LE NOVITA' DEL JOBS ACT
L’Accordo Stato-Regioni del 22/2/2012, dedicato alla Sicurezza del Lavoro, compendia l’elenco delle “attrezzature di lavoro” per le quali il D.lgs. 81/2008 (Testo Unico per la Sicurezza) prescrive l’obbligo di “specifica abilitazione”.
Qui di seguito, si elencano:
-Piattaforme di lavoro mobili ed elevabili (PLE);
-Gru a torre;
-Gru mobile;
-Gru per autocarro;
-Carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo (a braccio telescopico, industriali semoventi, sollevatori/elevatori semoventi telescopici rotativi);
-Trattori agricoli o forestali;
-Macchine movimento terra (escavatori idraulici, a fune, pale caricatrici frontali, terne, autoribaltabile a cingoli);
-Pompe per calcestruzzo.
Il D.lgs. 151/2015 (cd Jobs Act-Decreto Semplificazioni) ha introdotto una modifica di rilievo alla nozione legale di “Operatore” che, ex. art. 69.1°comma lett. e) D.lgs. 81/2008, utilizza le sopra citate attrezzature e, come tale, è individuato come destinatario dei succitati obblighi di “specifica abilitazione”.
Ai sensi della modifica legislativa citata, per “Operatore” deve intendersi:
il lavoratore incaricato dell’uso di una attrezzatura di lavoro o il Datore che ne fa uso.
Il Jobs Act determina, così, una novità di non piccolo rilievo: con l’entrata in vigore del D.lgs. 151/2015, anche i Datori di Lavoro (che facciano uso delle attrezzature di lavoro sopra elencate) sono tenuti alla “specifica abilitazione” prescritta dal D.lgs. 81/2008.
domenica 27 marzo 2016
mercoledì 23 marzo 2016
LA RIFORMA DEI CONTROLLI A DISTANZA: UNA SENTENZA UTILE*
*In questa nota, si considererà un aspetto della sentenza cd “Barbulescu contro Romania” decisa dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo il 12/1/2016, potenzialmente molto rilevante nel chiarire l’area applicativa della parziale e limitata “liberalizzazione” dei cd “controlli a distanza” del Jobs Act (art. 23 D.lgs. 151/2015), in particolare la controversa area degli “strumenti per rendere la prestazione di lavoro”.
Caso:
Tizio, Dipendente Corriere dell’Azienda di spedizioni Sbartolini Snc, comunica costantemente con l’Azienda con un Account Whatsapp dedicato tramite un cellulare aziendale, che egli rimette costantemente alla disponibilità dell’Azienda al rientro in sede. Tra le parti, tra l’altro, esisteva una scrittura semplice redatta ai fini del D.lgs. 196/2003, sottoscritta dal Dipendente, che avvertiva il Lavoratore circa i possibili controlli dell'Azienda sull’uso del cellulare. In un controllo di routine, l’Azienda accede all’account Whatsapp e si accorge di moltissimi messaggi al fratello e alla cognata. L’Azienda decide di “licenziare in tronco” Tizio per uso personale del cellulare aziendale. Tizio, però, contesta in giudizio in licenziamento, adducendo l’inutilizzabilità delle risultanze di Whatsapp da cui risultavano comunicazioni relative alla Privacy sua e di terzi, nonché informazioni sensibili sui problemi di coppia e sessuali del fratello. Denuncia, pertanto, l’Azienda per “accesso abusivo” ex. art. 615 ter del Codice Penale e chiede la declaratoria di inutilizzabilità assoluta delle conversazioni Whatsapp. Chi ha ragione?
Risposta:
In via preliminare, dobbiamo focalizzare le doglianze di Tizio: quelle di Tizio sono,infatti, le doglianze classiche di un Dipendente che intenda resistere ad un licenziamento intimatogli per accesso informatico. Contro il Datore di Lavoro, che abbia controllato la sua messaggeria sul cellulare aziendale, per prima cosa, il Lavoratore lamenterà la violazione del proprio “domicilio digitale”. Come noto, l’uso di un PC, di un cellulare genera una fitta rete di informazioni che dà luogo ad una dimensione “privata”, la cui inaccessibilità è espressamente tutelata da una vecchia legge del 1993 (l. 547/93) con speciali previsioni di reato, modellate sulla falsariga della “violazione di domicilio” ex. art. 615 Codice Penale (artt. 615 bis, ter etc.).
L’uso della parola “domicilio” qui è invocata con un’accezione “propria” che non deriva dalla normativa civile, né fiscale, ma dalla Costituzione. L’art. 14 Costituzione, ad esempio, considera il “domicilio” in senso ampio quale “spazio ideale (anche virtuale, informatico) di pertinenza della persona, al quale estendere la tutela della riservatezza della sfera individuale, quale bene costituzionalmente protetto” (Cass. Pen., sez. VI, 14/10/1999).
E’ bene ricordare che tale norma costituzionale ha una corrispondenza diretta nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (detta anche CEDU): stiamo parlando dell’art. 8 della Convenzione che tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza.
Evidentemente, quando vengono in gioco SMS, mail, messaggerie personali, queste norme non possono essere ignorate, come fatto rilevare dal Garante della Privacy, in diverse occasioni (da ultimo il provvedimento 12/11/15): se Lavoratore e Datore non chiariscono i termini di uso aziendale o promiscuo aziendale/personale, e l’Azienda si trova a tollerare per lungo tempo un uso “personale” delle attrezzature aziendali, in questi casi, il Dipendente, provando una lunga consuetudine all’uso privato, può invocare una non insignificante tutela della Privacy (anche a fronte di attrezzature aziendali).
Il contributo della sentenza Barbulescu è importante, perché ricorda agli Stati che tale violazione, nel rapporto di lavoro, non può essere mai contestata al Datore di Lavoro che risulti trovarsi “in buona fede”: nel caso di specie (sia nella sentenza Barbluescu, sia nel caso qui riprodotto), il Datore, visti anche gli accordi presi col Dipendente per iscritto, confidava nell’uso eminentemente aziendale del cellulare (così era stato convenuto), non potendosi aspettare che il Dipendente faceva del cellulare e di Whatsapp un uso così privato. Nel caso di specie, poi, la tutela di un qualunque profilo di riservatezza (anche in termini di “domicilio informatico”) è esclusa dalla perentorietà con cui le parti avevano predefinito l’uso del cellulare e della messaggeria Whatsapp, in chiave strettamente aziendale: da questo punto di vista, il Dipendente, violando la consegna all’uso esclusivamente aziendale della telefonia in uso, aveva violato un chiaro ordine di servizio aziendale; una condotta che, tipicamente, legittima il licenziamento da parte del Datore di Lavoro, senza grossi problemi.
Le sentenze europee, come noto, influenzano direttamente la giurisprudenza italiana e, in particolare, la Corte Costituzionale (art. 117.1°comma Costituzione).
In questo quadro, meglio si può inquadrare una norma come l’art. 4.2°comma l. 300/70, riformata dall’art. 23 D.lgs. 151/2015, che esclude le normali procedure sindacali e amministrative in presenza di “controlli” realizzati dal Datore di Lavoro attraverso telefoni mobili, PC, ovvero “strumenti atti a rendere la prestazione lavorativa”. In effetti, alla luce della sentenza in esame, possiamo comprendere meglio la ratio di questa (contestatissima!) norma: il legislatore, nel selezionare questa categoria di strumenti dalla massa di strumenti passibili di “controllo a distanza” (che restano vietati a norma dell’art. 4.1°comma l. 300/70), e nell’escludere questi strumenti dalla più tradizionale e restrittiva procedura di autorizzazione (tramite accordo sindacale o autorizzazione DTL) ha ritenuto, in questi casi, preminente il diritto del Datore di Lavoro a confidare nell’uso di tali strumenti in chiave esclusivamente aziendale. In questo senso, trova giustificazione il minore rilievo conferito alla Privacy del Dipendente e la più ampia possibilità di utilizzazione ai fini aziendali (anche disciplinari) delle informazioni raccolte con questi strumenti. In altre parole, la tutela della Privacy del Dipendente cede davanti a questa specie di “presunzione di prevalente uso aziendale” della strumentazione telefonica, informatica e simili; anche se tali attrezzature possono dar luogo a “controlli a distanza” (ritenuto, però, recessivo).
Da questo punto di vista, le affinità tra l’art. 4.2°comma l. 300/70 e la fattispecie Barbulescu sono indubitabili: la sentenza, infatti, non imputa a violazione della Privacy il controllo del Datore su uno strumento telefonico, informatico e simile rispetto al quale il Lavoratore aveva garantito l’uso esclusivamente aziendale. Tale è la ratio del nuovo art. 4.2°comma l. 300/70.
N.B: L’uso ai fini disciplinari delle risultanze è sempre subordinato alla predisposizione di una Scrittura redatta ai sensi del D.lgs. 196/03, sottoscritta dal Dipendente. E’ questo, come si può capire, un passaggio indispensabile per le complesse problematiche relative al “trattamento dei dati personali”.
lunedì 21 marzo 2016
APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE: PROBLEMI DI CONTRATTUALISTICA E DI DIRITTO TRANSITORIO
Quesito:
Un’Azienda del settore Pubblici Esercizi intende assumere un apprendista a partire da Pasqua (“apprendistato professionalizzante”). Quali sono i cambiamenti indotti nella contrattualistica di apprendistato dalle riforme del Jobs Act?
Risposta:
La disciplina legale del contratto di apprendistato “professionalizzante” (unitamente a tutte le altre tipologie di apprendistato) è stata oggetto di una vasta revisione ad opera degli artt. 41 ss. del D.lgs. 81/2015, altrimenti noto come Codice dei Contratti.
L’art. 41.5°comma D.lgs. 81/2015 dispone:
Salvo quanto disposto dai commi da 1 a 4, la disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nel rispetto dei seguenti principi: (…)
Ciò posto, ne consegue che la disciplina dell’apprendistato, secondo il Jobs Act si compone di una disciplina che può ritenersi già immediatamente operativa al 25/6/15, data di entrata in vigore del D.lgs. 81 (le disposizioni di cui ai commi 1-4 dell’art. 42 D.lgs.) e una disciplina per la cui attuazione occorre il recepimento da parte della contrattazione collettiva (la legge si riferisce alla “contrattazione nazionale”, parrebbe, quindi, esclusa la contrattazione di secondo livello).
Questo quadro va ulteriormente arricchito dalle speciali norme riguardanti l’apprendistato professionalizzante. In particolare, l’art. 44.1-2° comma D.lgs. 81 che prevede:
1. Possono essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione professionale ai fini contrattuali, i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi del decreto legislativo n. 226 del 2005 , il contratto di apprendistato professionalizzante può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età. La qualificazione professionale al cui conseguimento è finalizzato il contratto è determinata dalle parti del contratto sulla base dei profili o qualificazioni professionali previsti per il settore di riferimento dai sistemi di inquadramento del personale di cui ai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
2. Gli accordi interconfederali e i contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono, in ragione del tipo di qualificazione professionale ai fini contrattuali da conseguire, la durata e le modalità di erogazione della formazione per l'acquisizione delle relative competenze tecnico-professionali e specialistiche, nonché la durata anche minima del periodo di apprendistato, che non può essere superiore a tre anni ovvero cinque per i profili professionali caratterizzanti la figura dell'artigiano individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento.(…)
Prima dell’entrata in vigore delle disposizioni collettive di “recepimento” del Jobs Act (per esempio in materia di formazione ex. art. 44.2°comma D.lgs. 81), si applica la disciplina collettiva vigente, come precisato dall’art. 47.5°comma D.lgs. 81/2015:
Per le regioni e le province autonome e i settori ove la disciplina di cui al presente capo non sia immediatamente operativa, trovano applicazione le regolazioni vigenti.
Così, nel settore del CCNL Pubblici Esercizi, per il quale continua ad applicarsi la disciplina dell’apprendistato di cui all’ultimo rinnovo contrattuale (CCNL 10/4/15).
Sono immediatamente applicabili le seguenti norme:
-Forma scritta ai fini di prova;
-Piano formativo in forma sintetica; -durata minima non inferiore a 6 mesi (per lo più, apprendistato stagionale);
-Applicabilità delle tutele contro il licenziamento illegittimo durante il contratto di apprendistato.
Di queste norme, si dovrà tener conto anche per i contratti di apprendistato del settore Pubblici Esercizi, laddove non sia intervenuta una disciplina collettiva di “recepimento”.
E’ importante rilevare come le norme collettive previgenti al D.lgs. 81/2015 restino in vigore, esclusivamente in via transitorio, in attesa di disposizioni collettive conformi al nuovo quadro normativo, senza limiti di tempo.
Questa disciplina differisce considerevolmente dal sistema di diritto transitorio congegnato a suo tempo dall’art. 7.7°comma D.lgs. 167/2011, che, nel disporre il riordino dell’apprendistato, aveva disposto la persistenza in vigore di ogni disposizione, anche collettiva, previgente, solo fino a 6 mesi dall’entrata in vigore del Testo Unico; oltre il termine, le norme erano automaticamente cancellate.
Questo ha comportato alcuni vuoti normativi anche rilevanti: per esempio, il CCNL ANACI-UNAI per Amministratori di Condominio pare, al momento, un settore che, non adeguato al D.lgs. 167/2011, non consente nemmeno oggi il ricorso all’apprendistato.
La disciplina transitoria del D.lgs. 81/2015, comunque, non consente tali vuoti applicativi.
venerdì 18 marzo 2016
IL LAVORO ACCESSORIO SVOLTO A FAVORE DI "COMMITTENTI IMPRENDITORI/PROFESSIONISTI"-FLASH
Con l’entrata in vigore della nuova disciplina del “lavoro accessorio/voucher” ad opera dell’art. 48 ss. D.lgs.81/2015, è confermata la speciale disciplina (limitativa), per il voucher già delineata nella vigenza della l. 92/2012, in presenza di “Committenti Imprenditori/Professionisti”.
Quali le caratteristiche di questi “speciali” Committenti?
Di questo tema, si è recentissimamente occupato il Msg. INPS n. 8628/2016.
Per la definizione di “Committente Professionista”, l’Istituto ha rinviato a quanto disposto dalla Circolare INPS nr. 49/2013. Per la definizione di “Imprenditore”, l’INPS, confermando l’indicazione già offerta dal Ministero del Lavoro con la Circolare 18/2012, precisa che devesi intendere “qualsiasi soggetto, persona fisica o giuridica, che opera su un determinato mercato”. L’attività economica, rilevante a questo fine, può consistere tanto nella produzione di beni, quanto nella prestazione di servizi (e questo aspetto è ulteriormente avvalorato dall’abbandono, da parte del D.lgs. 81/2015, dell’aggettivo “Commerciale”, accompagnato, nella precedente edizione 2012, all’espressione “Committente Imprenditore”).
Nel Messaggio 8628, l’INPS ha precisato che non è il possesso di Partita IVA a decidere la qualità di “Imprenditore” o meno ai fini della disciplina dei voucher. Ad esempio, soggetti Pubblici ovvero Ambasciate, ovvero Enti no profit non possono certo considerarsi “imprese”, pur possedendo un apposito numero di Partita IVA (è importante ricordare che, per conoscere se un soggetto, in caso dubbio, possa essere o meno qualificato come “Imprenditore”, ai fini del voucher, occorre inoltrare quesito all’indirizzo di posta elettronica “LavoroOccasionale” dell’INPS).
Il voucher attivato da “Committenti Imprenditori/Professionisti” soggiace a regole particolari, obiettivamente limitative, che qui di seguito brevemente si compendiano:
-Vige il diverso (e più ristretto) limite di € 2.000 (da rivalutare con ISTAT) da corrispondere al singolo prestatore (art. 48.2°comma D.lgs. 81/2015);
-Il voucher deve essere acquistato esclusivamente in modalità telematica (art. 49.1°comma D.lgs. 81/2015);
-Al voucherista si applicano le disposizioni sulla Sicurezza previste per i lavoratori dipendenti (es. rischi da videoterminali); negli altri casi, al voucherista si applicano le disposizioni di Sicurezza ex. art. 21 D.lgs. 81/2008, già previste per lavoratori autonomi. Questo in forza dell’art. 3.8°comma D.lgs. 81/2008, come modificato dall’art. 20 D.lgs. 151/2015 (che esclude “in ogni caso” i “piccoli lavori domestici”, l’ “insegnamento privato supplementare”, assistenza bambini, anziani, ammalati, disabili”.
Con riguardo a quest’ultimo, rilevante, caso, si raccomandano ai Datori di Lavoro rivolgersi ai propri Consulenti della Sicurezza, per implementare utilmente le sequenze amministrative e gestionali.
giovedì 17 marzo 2016
DIMISSIONI PER MATRIMONIO, CONVALIDA PER VIA TELEMATICA-AGGIORNAMENTO
mercoledì 16 marzo 2016
LE DIMISSIONI A CAVALLO DEL 12/3/2016-DALLE "FAQ" DEL MINISTERO DEL LAVORO SULLE DIMISSIONI TELEMATICHE
Si tratta del caso di un Lavoratore dimissionario, ad esempio, il 9/3: siccome per il perfezionarsi della decorrenza delle dimissioni può trascorrere qualche giorno (non solo per la “convalida”, ma anche per il decorso normale del preavviso), siccome nel trascorrere dei giorni, si può andare oltre il 12/3 (giorno di entrata in vigore della nuova normativa), ci si chiedeva quale fosse, in questo caso, la disciplina applicabile per la convalida, se, cioè, la legge antecedente al 12/3 (art. 4.17-23bis l. 92/2012), ovvero la legge successiva al 12/3 (art. 26 D.lgs. 151/2015).
Nella FAQ citata, il Ministero del Lavoro ha opportunamente precisato:
Notare che questo può spingere, in alcuni casi, molto in là nel tempo l’applicazione della vecchia legge 92/2012: pensiamo soltanto al settore delle Farmacie private, che contemplano tempistiche di preavviso fino anche a 90 gg …
In buona sostanza, il Ministero del Lavoro, ai fini del momento determinante per applicare la vecchia disciplina (ante 12/3) o la nuova disciplina (post 12/3) ha reso irrilevante il periodo di preavviso.
martedì 15 marzo 2016
AGEVOLAZIONE INPS RENZI E "NUOVO" DIRITTO DI PRECEDENZA
Quesito:
Tizio è Titolare di un Ristorante-Pizzeria. In data 31/12/2015, è cessato il rapporto a tempo determinato della Aiuto-Cuoca, Caia. Al 12/3/16, Tizio assume Sempronia come Cameriera a tempo indeterminato. Vuole applicare lo "sgravio Renzi". L'INPS può negargli il beneficio, rilevando che non ha provveduto ad assumere Caia, titolare di diritto di precedenza?
Risposta:
Ci si chiede di valutare se esista un diritto di “precedenza” di Caia idoneo a precludere l’accesso di Tizio all'esonero Renzi, visti anche gli orientamenti (invero, molto “creativi”) dell’INPS sull’argomento.
Come noto, l’INPS, nell’interpretare il vecchio art. 4.12°comma lett. a) l. 92/2012 (oggi sostituito dall’art. 31 D.lgs. 150/2015), l’INPS aveva tendenzialmente precluso l’accesso ad incentivi nell’assunzione, in presenza di “diritti di precedenza”, erroneamente intesi come “obblighi di riassunzione” dei Dipendenti cessati.
La materia è stata rivista dal Ministero del Lavoro con l’Interpello nr. 7/2016.
In forza delle nuove disposizioni, per aversi “diritto di precedenza” occorre che il contratto a termine della precedente lavoratrice fosse superiore a 6 mesi. In ogni caso, anche vigente il nuovo art. 24 D.lgs. 81/2015, il diritto di precedenza va esercitato entro 6 mesi dalla cessazione.
Ove, però, la Dipendente a termine cessata Caia non abbia manifestato per iscritto e nei termini alcuna volontà in questo senso, in forza del nuovo Interpello, non sussiste alcun ostacolo (in nome della "precedenza) per la fruizione dell'incentivo INPS-Renzi per l'assunzione a tempo indeterminato di Sempronia.
N.B: Raccomandiamo, comunque, attenzione, perché l’INPS, che pure ha recepito altri orientamenti ministeriali con Msg INPS 459/2016, non ha ancora recepito tale Interpello sul diritto di precedenza. Resta, quindi, l’incognita che l’INPS resista nella “sua” interpretazione.
giovedì 10 marzo 2016
IL "JOBS ACT AUTONOMI" COMMENTATO: LA RIFORMA DEL TELELAVORO ("LAVORO AGILE")- 2a PARTE
Il citato testo di legge è stato confermato in Consiglio dei Ministri, con alcune rettifiche, specie agli artt. 8,9, 11 (Welfare). Questo testo di legge è accessibile al link: http://www.bollettinoadapt.it/wp-content/uploads/2016/01/collegato_lavoro_28.1.16.pdf
L'intervento del Jobs Act-Autonomi sul "lavoro agile" è utile, ma minimale. Le norme sul "lavoro agile" sono certamente un passo avanti, ma non costituiscono un'opera di riforma, quanto di consolidamento, di prima ricognizione di norme sul "telelavoro", largamente vigenti, già codificate e consolidate dalla contrattazione collettiva, refusi a parte (vedi art. 14.2°comma, rinvio al commento). Particolare attenzione meritano i cd "accordi di definizione dei tempi di lavoro" ex. art. 14.1°comma, simili, ma non uguali agli accordi "di coordinamento" (definizione tempi-luoghi di lavoro) del cococo, così come l'art. 19.2° comma che introduce adeguamenti su una materia finora rimasta molto misteriosa, ossia l'infortunistica INAIL del "telelavoratore" (viene disciplinata, in particolare, l'infortunistica in itinere), come potrete scorrere e comprendere meglio dal commento, articolo per articolo, al Disegno di Legge.
PER UNA SINTESI DEI CONTENUTI DEL "JOBS ACT-AUTONOMI", VAI AL SITO WEB "PROPOSTA LAVORO":
http://www.propostalavoro.com/benessere-e-lavoro/strumenti-autopromozione/co-co-co-e-lavoro-agile-due-facce-dello-stesso-lavoro