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mercoledì 17 febbraio 2016

LE DIMISSIONI DEL DIPENDENTE IRREPERIBILE-PRIME (PROVVISORIE) RIFLESSIONI

Il video che qui di seguito si linka http://www.consulentidellavoro.tv/ (prodotto dalla Fondazione Studi CDL) esemplifica in modo eloquente il disagio dei Consulenti del Lavoro per alcune gravi lacune della nuova procedura di “convalida telematica” delle dimissioni ex. art. 26 D.lgs. 151/2015 ed ex dm 15/12/15.
Dubbi e perplessità molto forti, in particolare, riguardano il caso dei dipendenti che rassegnino le dimissioni, ma che, al momento della convalida o della firma della delega per l’invio telematico delle dimissioni, si rendano irreperibili.
Tale disagio è vieppiù accentuato dalla circostanza che le nuove norme abrogano tutta una serie di previsioni che, nel disegno della l. 92/2012 (pur molto criticato), garantiva un minimo di certezza.
In questo senso, si fa davvero sentire nel nuovo corpo legislativo (e nel dm attuativo del 15/12/15, che nulla, al riguardo, dispone) la mancanza di disposizioni come il vecchio art.4. 22°comma che disponeva:

Qualora, in mancanza della convalida di cui al comma 17 ovvero della sottoscrizione di cui al comma 18, il datore di lavoro non provveda a trasmettere alla lavoratrice o al lavoratore la comunicazione contenente l'invito entro il termine di trenta giorni dalla data delle dimissioni e della risoluzione consensuale, le dimissioni si considerano definitivamente prive di effetto.

Allo stesso modo, si fa sentire la mancanza di una disposizione come l’art. 4.21°comma l. 92/2012, che considerava comunque dimissionario il Lavoratore che, intimato a presentarsi avanti la “sede protetta” per la convalida delle dimissioni (DTL, Sindacato…), ometteva di presentarsi, entro sette giorni dalla ricezione della Raccomandata di invito. L’assenza di tali termini procedurali rende molto incerta la posizione del Datore, in caso di inerzia del Dipendente.
Non disponiamo di criteri automatici e univoci per attribuire all’inerzia del Lavoratore significato o di conferma (tacita) delle dimissioni o di revoca (tacita) delle dimissioni.
L’unica esile norma rinvenibile è l’art. 26.2°comma D.lgs. 151/2015 che dispone:

Entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo di cui al comma 1 il lavoratore ha la facoltà di revocare le dimissioni e la risoluzione consensuale con le medesime modalità.

Questa norma conferisce certezza alle dimissioni; ma presuppone che il Lavoratore abbia provveduto all’invio telematico (sua sponte, ovvero tramite intermediari abilitati); evidentemente, tale norma non può essere in nessun modo utilizzata quando il Lavoratore, pure dimissionario, non abbia provveduto all’invio telematico. Invio che, attualmente, risulta privo di termini perentori, cosìcchè il Datore di Lavoro è destinato a dover subìre un non precisato tempo di incertezza. Al momento, per uscire dall’impasse, abbiamo a disposizione un’unica, esile traccia.
Sto parlando dell’art. 26.7°comma D.lgs. 151/2015 che dispone:

I commi da 1 a 4 non sono applicabili al lavoro domestico e nel caso in cui le dimissioni o la risoluzione consensuale intervengono nelle sedi di cui all'articolo 2113, quarto comma, del codice civile o avanti alle commissioni di certificazione di cui all'articolo 76 del decreto legislativo n. 276 del 2003
Per comprendere il significato di tale norma, occorre considerare che questa norma considera una specie di tertium genus tra le dimissioni telematiche emesse dal dipendente (comma 1) e quelle emesse tramite Sindacati, Commissioni di certificazione  (comma 4). In particolare, in parte qua, il legislatore non si riferisce all'ipotesi di trasmissione telematica "assistita" ex. Comma 4.
Queste "dimissioni" o "risoluzioni consensuali" che avvengano "nelle sedi ex. Art. 2113.4 comma c.c. e simili" sono, pertanto, evidentemente sottratte (il che è logico) dai vincoli e dalle formalità "esclusivamente telematiche".
Per queste procedure, ai fini delle modalità di manifestazione della volontà di dimissioni, risorge il "diritto comune".
Ecco che, allora, si profila una possibile via per uscire dall’impasse delle dimissioni del Dipendente irreperibile.
Per uscire dall’impasse, il Datore potrebbe (e sottolineiamo “forse!”) convocare il Dipendente dimissionario “irreperibile” in una procedura di conciliazione avanti Sindacati, DTL, Commissione di certificazione. Con questo, la questione delle dimissioni parrebbe liquidabile, né più, né meno come nei casi di “conciliazione con lavoratore irreperibile”: l’organo di conciliazione (Sindacato, DTL), anche convocato più volte per consentire l’effettiva partecipazione del Dipendente, andate successivamente deserte le convocazioni, può ben “liberare” il Datore da qualsiasi onere e dichiarare contestualmente estinto il rapporto di lavoro (dando, così, per acquisite le dimissioni).
In questo caso, l’effetto liberatorio dovrebbe meglio conseguirsi se, alle successive convocazioni, il Datore provvede a intimare il Dipendente, che la persistente inerzia verrà valutata come “conferma tacita” di dimissioni. Tale intimazione dovrebbe acquisire la forma di una formale “messa in mora”, secondo le forme usuali del diritto comune, secondo le comuni procedure di notifica, all’ultimo indirizzo conosciuto ex. art. 1335.2°comma Codice Civile (il dr. MASSI prefigura, per questi casi, una diffida ex. art. 1454 Codice Civile).
I contorni di tale procedura sono ancora incerti, e ci è consentito di dire poco. Certo, si fatica a comprendere a che titolo una Commissione di Conciliazione (sia Sindacale, sia DTL, sia Commissione di certificazione) potrebbe, in questo caso, opporsi ad una “conciliazione liberatoria” per il Datore: particolarmente, non si capisce quale obiezione possa invocare per la migliore tutela di un Dipendente dimissionario irreperibile, cui, in questo caso, sono state offerte tutte le opportunità di replica e di contro-deduzione! Ribadiamo: quella qui tratteggiata è solo un’ipotesi, che dovrà passare per il vaglio della prassi ministeriale.
Ma una cosa è certa. Oltre ad essere tale interpretazione conforme a canoni elementari di “buona fede contrattuale” (art. 1375 Codice Civile), quella qui descritta è una interpretazione coerente al contenuto del comma 7: escludendo l’applicabilità delle formalità telematiche ex. commi 1, 2, 3, 4, le “dimissioni” che avvengano in “conciliazione” sembrano potersi esprimere in un regime di maggiore libertà formale, in conformità al “diritto comune”. Ed è coerente, pertanto, ritenere che, sia pure a questi limitati fini, le dimissioni possano avvenire anche “per fatti concludenti”.
Naturalmente (lo ribadiamo), qui abbiamo abbozzato solo un’ipotesi per la libera discussione; un’ipotesi interpretativa che il Ministero potrà confermare o smentire.
A disposizione per aggiornamenti

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