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giovedì 21 settembre 2017

IL DIRITTO DEL LAVORO IN PILLOLE: PATTO DI NON CONCORRENZA

Il “patto di non concorrenza”, disciplinato dall’art. 2125 Codice Civile, è quello speciale accordo economico tra Datore di Lavoro e Dipendente, volto a precludere al Dipendente stesso, dietro adeguato corrispettivo, l’effettuazione di altra attività lavorativa (dipendente, autonoma, imprenditoriale) in concomitanza, ma anche successivamente al rapporto di lavoro.
Normalmente, il “patto di non concorrenza” viene stipulato in contemporanea al licenziamento del lavoratore dipendente, e l’Azienda vi ricorre per impedire che l’uscita del Dipendente comporti un vantaggio in termine competitivo per gli altri concorrenti del settore. Il “patto di non concorrenza” viene stipulato, normalmente, a fine rapporto, perché, proprio in questo momento, l’impresa è più vulnerabile e dispone di minori strumenti di tutela per la “concorrenza” del Dipendente.
Ricordiamo, infatti, che, nel corso del rapporto di lavoro, il Dipendente è tenuto a rispettare il cd “obbligo di fedeltà” (art. 2105 Codice Civile), ed è proprio facendo leva su tale obbligo che il Datore può monitorare l’attività economica “parallela” del Dipendente. In alcuni casi, il Datore può imporre al Dipendente specifiche autorizzazioni all’esercizio di certe attività economiche “sensibili” (in termini di “concorrenza”), pena l’applicazione di sanzioni disciplinari.
In altri casi, tra le parti, può intercorrere una vera e propria convenzione per impedire attività concorrenziale (il cd “patto di non concorrenza”, il cui corrispettivo costituisce a tutti gli effetti retribuzione imponibile ai fini fiscali etc.). Destinatari del patto di non concorrenza, di solito sono i lavoratori con mansioni elevate e dirigenziali, ma nulla esclude che quest’accordo possa riguardare anche lavoratori di qualifica e mansione più modeste.
Gli elementi essenziali del “patto di non concorrenza” si trovano disciplinati dall’art. 2125 del Codice Civile, il quale stabilisce:

-La forma scritta del contratto, a pena di nullità;
-La chiara definizione dell’attività preclusa al Dipendente con specifica indicazione dei vincoli di oggetto, tempo, territorio;
-Il patto di non concorrenza non può durare più di 5 anni (Dirigenti), ovvero non più di 3 anni (Altri lavoratori) dalla cessazione del lavoro;
-Deve essere obbligatoriamente pattuito un compenso-indennizzo che deve essere adeguato al sacrificio che il lavoratore è chiamato a sopportare (diversamente, l’accordo di “non concorrenza” è nullo).

Per approfondimenti sui riflessi contabili, fiscali e previdenziali del “patto di non concorrenza”, si rinvia al Parere 9/2012 della Fondazione Studi CDL, al link: http://old.consulentidellavoro.it/pdf/fondazionestudi/parere_n09_2012.pdf

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