venerdì 13 dicembre 2013

IMPRESA FAMILIARE ex ART. 230BIS: I FAMILIARI COLLABORATORI POSSONO FALLIRE?

Quesito:
I collaboratori dell'Imprenditore nell'Impresa Familiare possono fallire, se fallisce il Titolare? Grazie.
 
Risposta:
Premettiamo che l'impresa familiare è istituto regolato dall'art. 230bis del Codice Civile, secondo il quale il familiare (il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo) che presta la propria attività in modo continuativo nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia con diritto di partecipare agli utili dell'impresa e ai beni acquistati con essi, nonchè agli incrementi di azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla qualità e alla quantità del lavoro prestato.
La disposizione è, come noto, residuale, e si applica non sussistendo gli estremi di altro rapporto di collaborazione tra familiare (societario, lavoro subordinato/autonomo).
Poste queste premesse, vanno valutati i possibili riflessi del fallimento del Titolare dell'Impresa familiare sui "familiari collaboratori".
In questo senso, la circostanza che il Titolare sia soggetto a procedura fallimentare non determina modificazioni nei diritti e nelle spettanze dei familiari, essendo tali diritti previsti come "incondizionati" dal disposto dell'art. 230bis Codice Civile, non passibili, cioè, di riduzione/modificazione in caso di fallimento.
Diverso, però, è il caso che tra Titolare dell'Impresa Familiare e Familiari sia configurabile anche di fatto un diverso rapporto di collaborazione, ad esempio un contratto di Società: in questo caso, i riflessi sul fallimento vanno gestiti secondo le disposizioni fallimentari e commerciali ordinarie relative all'estensione del fallimento al Socio.
Nessun riflesso, in caso di lavoro subordinato, salve (naturalmente) le specifiche forme di tutele concorsuali connesse con tale status del familiare.
 

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