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giovedì 28 maggio 2015

NASPI: UN CASO A CAVALLO TRA VECCHIA E NUOVA NORMATIVA

Caso:
Una Lavoratrice Dipendente cessa il proprio rapporto di lavoro dipendente in novembre 2014. Ha i requisiti per l’indennità di disoccupazione ASpI ex. l. 92/2012, fa domanda, ma, poco tempo dopo, trova un’altra occupazione, questa volta a termine, dal 1/12/2014 al 30/4/2015. Nel vigore della precedente normativa sul trattamento di disoccupazione, la Sig.ra contava di mantenere il diritto all’ASpI, pur lavorando, nel frattempo, dato che il rapporto era inferiore a 6 mesi. Ma a maggio, le viene prorogato il contratto, e la Sig.ra si avvicina a totalizzare 6 mesi. Nel frattempo, è entrata in vigore la NASpI, il 1/5/2015, e si impongono delle revisioni sulla sua situazione: può ancora fruire dell’indennità di disoccupazione, pur con meno di 6 mesi di lavoro? E comunque, il periodo pregresso di contribuzione (utile ASpI) può essere valorizzato ai fini della nuova indennità di disoccupazione NASPI?

Risposta:
Il caso è particolarmente intricato: è, infatti, il crocevia di fattispecie nevralgiche ed estremamente complesse, nell’economia del D.lgs. 23/2015, che, in attuazione della delega contenuta nella l. 183/2014 (Jobs Act), ha provveduto a riformare l’indennità di disoccupazione, sostituendo, dal 1/5/2015, la vecchia ASpI con la NASpI, modificando alcuni aspetti (come la contribuzione utile etc.).
Primo fra tutti, il caso richiede che si identifichi il “diritto intertemporale” applicabile.
Al riguardo, dobbiamo considerare il Msg INPS nr. 2971/2015, che ha chiaramente precisato che, per gli eventi di disoccupazione perfezionatisi prima del 1/5/2015, si continua ad applicare la precedente normativa. Il caso in esame, pertanto, dovrebbe trovare compiuta regolamentazione secondo la precedente disciplina.
Pertanto, il diritto all’indennità deve ritenersi perfezionato secondo la normativa previgente al 1/5/2015.
E la circostanza che la Sig.ra possa svolgere un breve periodo di lavoro (comunque inferiore a 6 mesi) che pure si distende oltre i 1/5/2015, non dovrebbe mutare le cose.
L’art. 2.15°comma l. 92/2012 prevedeva la sospensione d’ufficio dell’indennità, in caso di occupazione del soggetto avente diritto all’ASpI per un periodo inferiore a 6 mesi: visto il Msg INPS, questa regola si applica alla Sig.ra in esame. Al momento, è coerente ritenere che la Sig.ra possa fruire dell’indennità di disoccupazione, maturata nel vigore delle precedenti norme, pur con la sospensione di 6 mesi di cui abbiamo parlato.
A margine, dobbiamo dire che, al momento, non si può escludere che questa regola della “sospensione d’ufficio” per 6 mesi valga anche nelle more delle nuove norme, in vigore dal 1/5/2015. L’art. 14 D.lgs. 23/2015 dispone, infatti, la permanenza in vigore delle norme previgenti ex. l. 92/2012, in quanto non espressamente abrogate. E non risultando, del resto, abrogato l’art. 2.15°comma l. 92/2015, è coerente ritenere che la “sospensione semestrale” di cui sopra abbiamo parlato valga anche nel nuovo regime NASPI: e questa interpretazione, si ricava anche dal paragrafo 2.10a1 della Circolare INPS nr. 94/2015.
Viceversa, nel caso in cui la Sig.ra dovesse lavora oltre i 6 mesi, secondo le vecchie norme, perderebbe inevitabilmente la ASpI.
Ma, ai sensi del combinato disposto ex. artt. 3-5 D.lgs. 23/2015, il periodo pregresso di ASpI, in quanto non si è tradotto in un emolumento economico di disoccupazione, dovrebbe essere valorizzato ai fini dei nuovi requisiti contributivi (13 settimane), purchè il periodo rientri nel “quadriennio” (precedente la cessazione del rapporto); quadriennio, che è il nuovo “periodo di osservazione” a disposizione dell’INPS per verificare la sussistenza dei requisiti NASPI.
Ma a questo tema, invero molto più complesso, dobbiamo dedicare un approfondimento a parte, nel breve volgere dei prossimi giorni.
A disposizione per approfondimenti

RINNOVO CCNL STUDI PROF.-PERCENTUALI DI CONFERMA DEGLI APPRENDISTI

Un breve flash per illustrare la nuova disciplina delle “percentuali di conferma” dell’apprendistato introdotta dall’art. 27, lett. g) del CCNL Studi Prof edizione 2015.
L’assunzione di apprendisti in capo al Titolare di Studio Professionale è subordinata al mantenimento in servizio delle seguenti percentuali di apprendisti:

-          (Strutture con meno di 50 Dipendenti), 20% degli apprendisti il cui contratto sia scaduto nei 18 mesi precedenti;
-          (Strutture con più di 50 Dipendenti), 50% degli apprendisti il cui contratto sia scaduto nei 18 mesi precedenti.

A tal fine, non si computano:

-          I lavoratori dimessi;
-          I lavoratori licenziati per giusta causa/giustificato motivo oggettivo;
-          I contratti risolti nel corso o alla fine del periodo di prova.

Quanto sopra indicato, non trova applicazione quando, nei 18 mesi precedenti l’assunzione del Lavoratore, sia venuto a scadere un solo contratto o qualora il Datore abbia alle proprie dipendenze un numero di lavoratori dipendenti non superiore a 3.
Sotto riportiamo il testo completo della disciplina delle “percentuali di conferma”.
Coordinando questa disciplina con il DL 78/2014 (le cui disposizioni, in merito, sono confermate in pieno dall’art. 40.4°comma D.lgs. di riordino dei contratti di lavoro), il mancato rispetto della percentuale di conferma determina la trasformazione forzosa dell’apprendistato in lavoro subordinato tout court, solo con riferimento agli Studi con più di 50 Dipendenti (vedi Circ. Min. Lav. 18/2014).
Con riferimento agli Studi Professionali con meno di 50 Dipendenti, non si applica tale trasformazione forzosa, in caso di mancato rispetto delle “percentuali di conferma” degli apprendisti.
Sul punto, comunque, sarà opportuno attendere il consolidamento delle disposizioni con le quali il Jobs Act dispone la riforma della contrattualistica speciale di apprendistato.
Francesco
Giorgio


Art. 27 CCNL STUDI PROFESSIONALI
(…)
G. Percentuale di conferma
Per poter assumere lavoratori apprendisti con il contratto di apprendistato professionalizzante e di mestiere il datore di lavoro deve aver mantenuto in servizio almeno il 20%, per le strutture sotto i 50 dipendenti e il 50%, per quelle sopra i 50 dipendenti, dei lavoratori il cui contratto di apprendistato sia venuto a scadere nei 18 mesi precedenti; a tal fine non si computano i lavoratori che si siano dimessi, quelli licenziati per giusta causa o giustificato motivo e i contratti risolti nel corso o al termine del periodo di prova.
La disposizione di cui al comma che precede non trova applicazione quando, nei diciotto mesi precedenti all'assunzione del lavoratore, sia venuto a scadere un solo contratto o qualora il datore di lavoro abbia alle proprie dipendenze un numero di lavoratori dipendenti non superiore a 3. Inoltre, la disciplina della percentuale di conferma non trova applicazione per le altre tipologie di apprendistato.

RINNOVO CCNL STUDI PROF.: COMPORTO PROLUNGATO PER TALUNE PATOLOGIE DI PARTICOLARE GRAVITA

In sede di rinnovo del CCNL Studi Professionali, è stato disposto il prolungamento del periodo di comporto (di base, fissato in 180 gg.), per ulteriori 90 gg. a fronte dell’emersione di patologie particolari come

“patologie oncologiche di rilevante gravità, ictus o sclerosi multipla gravemente invalidanti, distrofia muscolare, morbo di Cooley ovvero periodi di degenza ospedaliera determinati da trapianti chirurgici di organi vitali”.

In questo caso, il CCNL dispone che il periodo di comporto di cui al precedente capoverso sarà elevato di ulteriori 90 (novanta) giorni, a condizione che il lavoratore fornisca documentazione sanitaria che attesti la patologia sofferta, e che rilasci dichiarazione di consenso al trattamento dei dati contenuti nella suddetta documentazione, ai fini dell'inoltro della domanda di rimborso, su istanza all'ente bilaterale, di cui all'art. 105 (trattamento economico di malattia).
Le giornate di day hospital e quelle usufruite per la somministrazione di terapie salvavita come la chemioterapia o l'emodialisi non sono computati ai fini della determinazione del suddetto periodo di comporto.
Il Datore di Lavoro è comunque tenuto ad anticipare le indennità INPS ai lavoratori malati, secondo la procedura corrente.
Qui sotto, il testo completo della norma di CCNL di interesse.

Art. 104 Periodo di comporto per malattia
Durante la malattia i lavoratori non in prova hanno diritto alla conservazione del posto per un periodo massimo di 180 (centottanta) giorni decorrenti dal giorno di inizio di malattia e comunque cumulando nell'anno solare i periodi di malattia inferiori a 180 (centottanta) giorni. Ai fini del calcolo per la determinazione del periodo di comporto, per anno solare si intende un periodo di 365 giorni partendo a ritroso dell'ultimo evento morboso.
Nei casi di assenze dovute a patologie oncologiche di rilevante gravità, ictus o sclerosi multipla gravemente invalidanti, distrofia muscolare, morbo di Cooley ovvero periodi di degenza ospedaliera determinati da trapianti chirurgici di organi vitali, il periodo di comporto di cui al precedente capoverso sarà elevato di ulteriori 90 (novanta) giorni, a condizione che il lavoratore fornisca documentazione sanitaria che attesti la patologia sofferta, e che rilasci dichiarazione di consenso al trattamento dei dati contenuti nella suddetta documentazione, ai fini dell'inoltro della domanda di rimborso all'ente bilaterale, di cui all'art. 105 (trattamento economico di malattia).
Le giornate di day hospital e quelle usufruite per la somministrazione di terapie salvavita come la chemioterapia o l'emodialisi non sono computati ai fini della determinazione del suddetto periodo di comporto.
In assenza della richiesta di aspettativa di cui all'art. 109 del presente Contratto e trascorsi i periodi di cui ai commi precedenti e perdurando la malattia, il datore di lavoro potrà procedere al licenziamento con la corresponsione delle indennità di cui al presente contratto.
Il periodo di malattia è considerato utile al fine dell'anzianità di servizio a tutti gli effetti.
Nei confronti dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato le norme relative alla conservazione del posto ed al trattamento economico di cui al successivo art. 105 e del Titolo XXX (Trattamento Economico) sono applicabili nei limiti di scadenza del contratto stesso.

TRATTAMENTO ECONOMICO:
Nei casi di cui sopra, il trattamento economico, a carico del Datore di Lavoro, è differenziato.
Compete, infatti:

-          Il 100% della retribuzione, per il 7° e 8° mese;
-          Il 70% della retribuzione, per il 9° mese (fino al 50% di tale indennità sarà rimborsata al Datore di Lavoro dall’Ente Bilaterale).

Art. 105 Trattamento economico di malattia

Durante il periodo di malattia previsto dall'articolo precedente i lavoratori avranno diritto alle prestazioni a carico dell' INPS e ad un'integrazione da corrispondersi dal datore di lavoro e a suo carico, in modo da raggiungere complessivamente le seguenti misure:
- 100% (cento per cento) della retribuzione di fatto per i primi tre giorni (periodi di carenza);
- 75% (settantacinque per cento) della retribuzione di fatto dal 4° al 20° giorno;
- 100% (cento percento) della retribuzione di fatto dal 21°giorno in poi.
Per i lavoratori di cui all'art. 98 nei casi di assenze dovute a patologie oncologiche di rilevante gravità, ictus o sclerosi multipla gravemente invalidanti, distrofia muscolare, morbo di Cooley ovvero periodi di degenza ospedaliera determinati da trapianti chirurgici di organi vitali, per il periodo aggiuntivo di comporto di 90 giorni, successivo a quello di 180 giorni di cui all'art. 98, c. 1, il datore di lavoro dovrà effettuare un'integrazione tale da raggiungere:
- per il 7°e 8° mese: 100% della retribuzione,
- per il 9° mese: 70% della retribuzione. In questo caso, l'Ente Bilaterale Nazionale erogherà un rimborso al datore di lavoro fino ad un massimo del 50% di tale retribuzione.

Il datore di lavoro è tenuto ad anticipare ai lavoratori le indennità a carico dell'INPS. L'importo anticipato dal datore di lavoro è posto a conguaglio con i contributi dovuti all'INPS secondo le modalità di cui agli artt. 1 e 2 della legge 29/2/1980, n. 33.
Le indennità a carico del datore di lavoro non sono dovute se l'INPS non corrisponde per qualsiasi motivo l'indennità a carico dell'Istituto; se l'indennità stessa è corrisposta dall'INPS in misura ridotta il datore di lavoro non è tenuto a integrare la parte di indennità non corrisposta dall'Istituto.
Al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è obbligato a rilasciare una dichiarazione di responsabilità, dalla quale risulti il numero delle giornate di malattia indennizzate nel periodo, precedente alla data di risoluzione del rapporto di lavoro, dell'anno di calendario in corso.

martedì 26 maggio 2015

RINNOVO CCNL STUDI PROF., I NUOVI PERMESSI PER RIDUZIONE D'ORARIO (ROL)

Un brevissimo flash per evidenziarVi come, con l’entrata in vigore del nuovo CCNL Studi Prof., per i Dipendenti assunti dopo il rinnovo del CCNL (si direbbe dopo il 1/4/20105, ma sul punto occorrono chiarimenti) è previsto un meccanismo di maturazione dei permessi ROL similare a quello previsto per il CCNL Commercio.

NUOVE ASSUNZIONI DOPO IL 17/5/2015:
I ROL maturano con la seguente cadenza:

-50% dopo 12 mesi dall’assunzione e fino al 24° mese;
-75%, dopo il 24° mese successivo all’assunzione e fino al 36° mese; -100%, dal 36° mese in avanti.

ASSUNZIONI CON IL NUOVO “CONTRATTO DI REIMPIEGO” (PER DISOCCUPATI DI LUNGA DURATA):
I ROL maturano con la seguente cadenza: -50% dopo 6 mesi dall’assunzione e fino al 12° mese; -75%, dopo il 12° mese successivo all’assunzione e fino al 18° mese; -100%, dal 18° mese in avanti.

TICKET DI LICENZIAMENTO, APPLICABILE AGLI APPRENDISTI ANCHE IN REGIME DI NASPI

Quesito: In caso di licenziamento degli apprendisti, il Datore di Lavoro deve versare il contributo (ticket) di licenziamento, anche nel vigore della NASPI?

Risposta: L’art. 2.31°comma l. 92/2012 ha introdotto il cd ticket di licenziamento per il finanziamento dell’ASpI “per tutti i casi in cui la cessazione del rapporto generi in capo al Lavoratore il teorico diritto alla nuova indennità, a prescindere dall’effettiva percezione della stessa”. Il contributo è stato rivalutato, per l’anno 2015, in € 490,10 per ogni anno di lavoro effettuato fino ad un massimo di tre anni (vedi Circolare INPS nr. 19/2015). Non risultando l’istituto tra quelli direttamente investiti e toccati dalla globale revisione dell’indennità di disoccupazione ex D.lgs. 23/2015, tale istituto dovrebbe trovare ancora vigenza (vedi, al riguardo, la norma “di rinvio” ex. art. 14 D.lgs. 23/2015). La sopravvivenza di questo istituto (non oggetto, tra l’altro, di una esplicita presa di posizione da parte dell’INPS) dovrebbe trovare conferma nella circostanza che il D.lgs. 23 non ha provveduto ad innovare, per la NASPI, le aliquote di finanziamento: tra queste rientra senz’altro il ticket di licenziamento. Pertanto, per il caso del licenziamento degli apprendisti, nulla è mutato: continua a trovare applicazione l’art. 2.32°comma l. 92/2012 che estende il ticket di licenziamento ai casi di licenziamento (non dimissioni o risoluzione consensuale), ovvero recesso ad nutum al termine del periodo di formazione (art. 2118 Codice Civile; art. 2.1°comma lett.m) D.lgs. 167/2011).
A disposizione per aggiornamenti

Dr.GIORGIO FRABETTI
STUDIO LANDI-FERRARA

lunedì 25 maggio 2015

IL BONUS POLETTI NON RIGUARDA LA PREVIDENZA INTEGRATIVA

Quesito*: 
Il cd bonus Poletti ex D;L 65/2015, ossia il meccanismo di corresponsione di “arretrati” sulle rivalutazioni di pensione “bloccati” dal DL cd Salva Italia, riguarda anche le pensioni integrative private?

Risposta: Al momento, la risposta più plausibile è la negativa. Il DL 65/2015 rivela un “campo di applicazione” che certamente è quello coincidente con quello ex. art. 34.1°comma l. 448/2001 (costantemente preso a riferimento per i provvedimenti successivi di rivalutazione delle pensioni) che contempla solo i trattamenti nelle Gestioni Pubbliche AGO (INPS) e altre gestioni. Non si considerano, ai fini delle rivalutazioni, i trattamenti derivanti da pensioni integrative.

 *Quesito sviluppato come approfondimento di Ipsoa Quotidiano del 25/5/2015.

DECRETO PENSIONI, GLI ARRETRATI AGLI EREDI

Nelle more della prima applicazione del DL 65/2015 (cd “Decreto Pensioni”), si porrà certamente il rilevante problema di come gestire gli arretrati dei defunti spettanti agli eredi. In attesa di più puntuali disposizioni amministrative, stante la circostanza che l’art. 1.3°comma DL 65/2015, qualifica tali importi come “arretrati pensionistici”, questa evenienza dovrebbe essere gestita secondo modalità conformi alla prassi, generalmente applicabile in sede INPS, sulle liquidazioni degli arretrati di pensioni per gli eredi. Qui di seguito, si riportano le istruzioni fornite dall’INPS nel Sito web istituzionale. Link: http://www.inps.it/portale/default.aspx?itemdir=7771 “Come si richiede un rateo ereditario e quali sono le tempistiche per la liquidazione agli eredi? Il rateo ereditario è corrisposto agli eredi e comprende la parte di tredicesima maturata fino alla data del decesso e le eventuali somme spettanti e non riscosse dal pensionato. Il rateo ereditario è liquidato d'ufficio al coniuge superstite che diventa, al contempo, titolare del trattamento di reversibilità. Nel caso in cui beneficario sia persona diversa dal coniuge superstite, il rateo stesso si ottiene a domanda alla quale devono essere allegati: Una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà dalla quale risultino i nominativi degli eredi, la data di nascita, la residenza ed il grado di parentela; Fotocopia del documento d'identità e del codice fiscale del dichiarante; Nel caso di più eredi l'atto di delega a favore di uno solo; Fotocopia del documento d'identità e del codice fiscale di ciascun erede (nel caso in cui non ci sia la delega).”

BONUS POLETTI SULLE PENSIONI, DECRETO IN GAZZETTA

E’ stata disposta la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del cd “Decreto Pensioni” che introduce il bonus Poletti. Tra l’annuncio avanti la stampa e la pubblicazione pare mutata parzialmente la modalità di rimborso. Inizialmente, era stato previsto un “rimborso a scalare”: 750 fino a 1700 euro lordi di pensione, di 450 per chi prende fino a 2000 euro, di 278 euro per chi riceve fino a 2700 euro al mese e via via a scalare fino a spegnersi del tutto. La versione attuale (e ufficiale) del DL assesta tutto questo e si prevede: fino a 1924 euro un ricalcolo del 40%, entro i 2405 il 20% e tra le 5 e le 6 volte il minimo il 10% (soglia a 2886 euro). Come avverrà il rimborso. La restituzione in assegno Inps non avverrà in un’unica tranche, ma partirà dapprima con la quota una tantum il primo agosto, con il recupero del 20% di rivalutazione per poi salire al 50%, che aprirà le porte al ritorno dell’indicizzazione dal prossimo anno. La Rivalutazione a regime. Il decreto introduce per le tre fasce individuate un riconoscimento del 20%, con partenza del rimborsi da settembre che verrà accompagnata alla rivalutazione più corposa del 50%. Dal 2016, ha assicurato il governo, il meccanismo dell’indicizzazione sarà ripristinato, ha confermato Renzi, per 180 euro l’anno fino a 1700 euro di pensione, di 99 euro entro i 2200 euro e 60 euro annuali per chi prende fino a 2700 euro. Il 2017, infine, vedrà il ripristino del regime vigente nella normativa pre Fornero, con indicizzazioni fino a 100% per chi prende entro tre volte il minimo pensionistico, al 90% entro le 5 volte, al 75% per chi incassa un assegno ancora più corposo. N.B.: L’art. 1.3°comma DL Pensioni definisce tali somme “arretrati” di pensione. Logica vuole che ad essi si applichi la “tassazione separata” ex. art. 17.3°comma TUIR. Ovviamente, si attendono conferme ufficiali, in questo senso, da parte dell’Agenzia delle Entrate. Per un primo approfondimento del DL si segnala: http://www.leggioggi.it/2015/05/21/pensioni-decreto-cosi-cambieranno-gli-assegni-inps/ A disposizione per aggiornamenti

venerdì 22 maggio 2015

ART.6 DLGS 23 2015, OFFERTA DI CONCILIAZIONE. DUBBI SULLE TEMPISTICHE

L’offerta datorile di conciliazione deve essere fatta per iscritto entro il termine perentorio di 60 gg. Cosa significa? Significa che, nei 60 gg., si deve concludere la conciliazione? Ovvero significa solo che, nei 60 gg., il Datore deve notificare l’offerta di conciliazione? Potendosi, in questo caso il procedimento concludersi anche oltre … Allo stato dell’attuale testo di legge, non è chiaro… Qui, di seguito il testo dell’art. 6 D.lgs. 23/2015
Art. 6. Offerta di conciliazione.
1. In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 1, al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, in una delle sedi di cui all'articolo 2113, quarto comma, del codice civile, e all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L'accettazione dell'assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l'abbia già proposta. Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario. 2. Alle minori entrate derivanti dal comma 1 valutate in 2 milioni di euro per l'anno 2015, 7,9 milioni di euro per l'anno 2016, 13,8 milioni di euro per l'anno 2017, 17,5 milioni di euro per l'anno 2018, 21,2 milioni di euro per l'anno 2019, 24,4 milioni di euro per l'anno 2020, 27,6 milioni di euro per l'anno 2021, 30,8 milioni di euro per l'anno 2022, 34,0 milioni di euro per l'anno 2023 e 37,2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024 si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 107, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. 3. Il sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, assicura il monitoraggio sull'attuazione della presente disposizione. A tal fine la comunicazione obbligatoria telematica di cessazione del rapporto di cui all'articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, è integrata da una ulteriore comunicazione, da effettuarsi da parte del datore di lavoro entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto, nella quale deve essere indicata l'avvenuta ovvero la non avvenuta conciliazione di cui al comma 1 e la cui omissione è assoggettata alla medesima sanzione prevista per l'omissione della comunicazione di cui al predetto articolo 4-bis. Il modello di trasmissione della comunicazione obbligatoria è conseguentemente riformulato. Alle attività di cui al presente comma si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Attualmente, la lettera dell’art. 6 D.lgs. 23/2015 collega la previsione del termine di decadenza di 60 gg. (ricavato per rinvio alla previsione di cui all’art. 2113.4°comma Codice Civile, e all’art. 76 D.lgs. 276/03) alla sola “offerta di conciliazione”, non alla “conciliazione” (evidentemente comprensiva di tutte le fasi della conciliazione medesima: iniziativa, discussione, accordo). In questi termini, una parte autorevole dei Commentatori (Dr. MASSI) ritiene coerente con la lettera del testo di legge concludere che solo “l’offerta” (ovvero l’atto di impulso datorile iniziale della conciliazione) debba ricadere nel termine perentorio dei 60 gg., potendo così l’intero procedimento di conciliazione terminare anche dopo. Tuttavia, occorre dare atto delle notevoli discrepanze applicative che, in questo modo, si generano. Che ne è, ad esempio, delle “offerte di conciliazione” che avvengano in “zona Cesarini”, ossia al 60° giorno? Un’eventualità, quest’ultima, da non trascurarsi certo, visto che il Datore potrebbe essere indotto ad attendere lo spirare dei termini di impugnativa del licenziamento (sempre fissati in 60 gg.) e così “sparare” l’offerta conciliativa all’ultimo … Il problema, qui, sono i tempi della comunicazione di monitoraggio al Centro per l’Impiego che deve essere effettuata (sotto pena di sanzione amministrativa) al 65° giorno successivo alla cessazione del rapporto. A prendere alla lettera la disposizione, parrebbe che residuino solo 5 gg. per la conciliazione. E se l’Ufficio del Lavoro non riesce a convocare prima Datore di Lavoro e Lavoratore? Cosa succede? Una cosa è certa: il Datore deve provvedere alle comunicazioni telematiche, sennò va in sanzione … Ma cosa comunica? Si consideri, tra l’altro, che la norma non contempla (come in altri casi) forme di sospensione dei termini della comunicazione, i quali termini, pertanto, devono intendersi vigenti e vincolanti. Evidentemente, occorre attendere i chiarimenti del Ministero del Lavoro. Attualmente, ci sono due possibilità per uscire da questo impasse:
1) Il Ministero procede ad una interpretazione correttiva della norma sulle comunicazioni, approfittando anche delle disposizioni telematiche di comunicazione (SARE);
2) Il Ministero interpreta il termine dei 60 gg., precisando che, in quel lasso di tempo, non si deve solo essere inoltrata l’offerta di conciliazione, ma deve essersi conclusa l’intera conciliazione.
Soluzione, che, tra l’altro, meglio si concilierebbe con il 3°comma dell’art. 6, che prevede, entro 65 gg. dalla cessazione del rapporto, l’obbligo dell’Azienda (e che non è improbabile sia stato confezionato dal legislatore, presupponendo questo scenario operativo).
Dr.GIORGIO FRABETTI
STUDIO LANDI-FERRARA

giovedì 21 maggio 2015

NASPI E DISOCCUPAZIONE AGRICOLA, COMPRESENZA

Quesito:
Se un Lavoratore ha alternato periodi di lavoro nel settore agricolo e periodi di lavoro in settori non agricoli, come vanno valorizzati questi trattamenti ai fini dell’indennità di disoccupazione? Si applica la NASPI o la speciale DS Agricola?

Risposta:
Se nel quadriennio risulta prevalente la contribuzione non agricola e se la relativa domanda per l’indennità è presentata nel termine di 68 gg. rispetto alla cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro, il periodo di lavoro “agricolo” è cumulabile ai fini della NASPI.
Questo, per il momento, è il parere ufficialmente espresso dall’INPS con Circolare nr. 94/2015.
Non si può escludere che, su questa specifica casistica, di frontiera e di confine tra normative distinte, possano determinarsi ulteriori assestamenti interpretativi, per cui invitiamo alla massima prudenza e attenzione.

Dr. GIORGIO FRABETTI
STUDIO LANDI, FERRARA

NASPI, LA CONTRIBUZIONE UTILE

La nuova indennità di disoccupazione NASPI (acronimo di Nuova ASPI) è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti:

a)      Siano in stato di disoccupazione ai sensi dell’art. 1.2°comma lett. c) del D.lgs. 181/2000 e succ. modd. Intt.;
b)      Possano far valere, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno 13 settimane di contribuzione contro la disoccupazione;
c)       Possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.

Per quanto riguarda la contribuzione utile (lett. b), si deve intendere anche quella dovuta e non versata, in base al principio della cd “automaticità delle prestazioni” ex. art. 2116 Codice Civile.
La Circolare INPS nr. 94/2015 ha precisato che, ai fini del perfezionamento del requisito, si considerano utili:

a)      I contributi previdenziali, comprensivi di DS e ASPI versati durante il rapporto di lavoro subordinato;
b)      I contributi figurativi accreditati per maternità obbligatoria, se all’inizio dell’astensione risulta già versata o dovuta la contribuzione ed i periodi di congedo parentale, purchè regolarmente indennizzati e intervenuti in costanza di rapporto di lavoro;
c)       I periodi di lavoro all’estero in paesi comunitari o convenzionati, ove sia prevista la possibilità di totalizzazione;
d)      I periodi di astensione dal lavoro per malattia dei figli fino a 8 anni di età nel limite di cinque giorni lavorativi nell’anno solare.

N.B: I riferimenti agli istituti dei congedi parentali vanno intesi secondo l’evoluzione normativa in atto: i contenuti, evidentemente, dovranno essere assestati, in relazione all’evoluzione normativa indotta dai D.lgs. in materia, prossimi all’emanazione, in attuazione del Jobs Act.

Viceversa, non sono considerati utili, in quanto non coperti da contribuzione effettiva, i seguenti periodi coperti da contribuzione figurativa:

a)      Malattia e infortunio sul lavoro, nel caso in cui non vi sia integrazione della retribuzione da parte del Datore di Lavoro (ovviamente nel rispetto del minimale contributivo);
b)      Cassa Integrazione Straordinaria e Ordinaria, con sospensione dell’attività a zero ore;
c)       Assenze per permessi e congedi fruiti dal Lavoratore che sia Coniuge convivente, genitore, figlio convivente, fratello o sorella convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità.

Ai fini della determinazione del quadriennio da prendere in considerazione per la verifica del requisito contributivo, l’eventuale presenza dei suddetti periodi non considerati utili, deve essere neutralizzata, in quanto ininfluente, e determina un conseguente ampliamento del quadriennio di riferimento.

N.B: In relazione alla nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASPI) non è più richiesto alcun requisito di anzianità assicurativa.

A disposizione per approfondimenti

mercoledì 20 maggio 2015

NASPI, RETRIBUZIONE IMPONIBILE UTILE

Quesito: Per conteggiare la nuova indennità di disoccupazione NASPI, quali sono le voci di retribuzione utili da assumere come base di calcolo della citata indennità?

Risposta: La base di calcolo è costituita dalla “retribuzione imponibile ai fini previdenziali”: un sintagma da intendersi come rinvio all’art. 12 l. 153/69, che appunto dettano regole in punto di determinazione della base imponibile ai fini previdenziali (Retribuzione imponibile esposta nella predetta Dichiarazione mensile UNI-EMENS). A questo riguardo, si considerano gli elementi continuativi e non continuativi della retribuzione, le mensilità aggiuntive divise per il totale delle settimane di contribuzione, indipendentemente dalla verifica del minimale e moltiplicato per il coefficiente numerico 4.33. Nell’ipotesi di pagamento dell’indennità relativa a frazione di mese, il valore giornaliero dell’indennità è determinato dividendo l’importo così ottenuto per il divisore 30.

Dr.GIORGIO FRABETTI
STUDIO LANDI-FERRARA

PART TIME IN EDILIZIA. LE PRIME SENTENZE CHE DEMOLISCONO IL SISTEMA

Un brevissimo flash per comunicarVi che è in atto un potente processo di revisione giudiziario (per ora, solo in primo grado) delle restrittive regole sul part time in edilizia invalse con l’art. 78 CCNL Edilizia (Ind.) e con la Circolare INPS 6/2010. Di queste problematiche, abbiamo dato un cenno ormai in tempi risalenti, come documentato dalla mail sotto riportata. Ora, da parte di alcuni Tribunali di primo grado (vedi, tra gli altri, Napoli nr. 32513/2012, Reggio Calabria del 24/3/2015), si contesta la legittimità dell’art. 78 CCNL cit. che prevede il noto “limite quantitativo” del 3% sui “contratti part time” in Edilizia. In questo senso, i Tribunali hanno annullato Verbali INPS e INAIL che avevano disposto la forzosa trasformazione in full time di rapporti part time oltre il limite. Siamo, comunque, a raccomandare prudenza, perché non è del tutto chiaro a cosa porterà questa giurisprudenza. Da questo punto di vista, ogni possibile “prognosi” applicativa è prematura. Non si può escludere, infatti. che la giurisprudenza, successivamente, si assesti su un’interpretazione più moderata: non si può, al momento, escludere la possibilità che il “limite quantitativo sul part time” ex. art. 78 cit. sia inteso come “regola di inversione probatoria” a beneficio degli Enti (INPS e INAIL), comunque utile in sede ispettiva. E’ evidente che occorre attendere il pronunciamento della Corte di Cassazione, e attenersi, prudenzialmente, in caso di stipula di rapporti part time in Edilizia, al “limite quantitativo” del 3%. A disposizione per aggiornamenti

martedì 19 maggio 2015

AL VIA LA RESTITUZIONE DELLA RIVALUTAZIONI PENSIONISTICHE BLOCCATE

Un breve flash per ricapitolare i principali contenuti del Decreto Legge che il Governo si sta apprestando a varare, in seguito alla sentenza nr. 70/2015, con la quale la Corte Costituzionale aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo il blocco delle rivalutazioni sulle pensioni disposto dal Governo Monti con il cd “Decreto Salva Italia”. Questi i punti chiave:
- Viene istituito un importo una tantum (che la stampa sta ribattezzando bonus Poletti), a titolo di rivalutazione degli arretrati pensionistici, in misura decrescente al crescere del reddito, con esclusione dei redditi sopra a € 3.200. Per gli importi esatti, si attende il varo del DL (alle attuali informazioni dovrebbero essere: € 750 per chi percepisce una pensione lorda di € 1.700; € 450, per chi percepisce una pensione lorda di € 2.200; € 278, per chi percepisce una pensione lorda di € 2.700. La media e di € 500);
- L’una tantum dovrà essere versata secondo cadenze dipendenti dall’approvazione del DL: verosimilmente a partire dalla pensione di agosto, come riferisce Il Sole 24 Ore del 19/5 nr. 136;
- E’ verosimile che, in quanto arretrato, sul cd bonus Poletti si applichi la “tassazione separata” ex. art. 17.1°comma lett. b) TUIR (ma su questo punto, dovrà attendersi il testo del DL);
A latere, il Governo è intervenuto per disporre altri provvedimenti:
- La correzione della rivalutazione quinquennale del montante contributivo, assestata in importi sensibilmente negativi a causa della deflazione in atto; - La previsione di un nuovo termine di corresponsione delle pensioni: a partire dal 1/6/2015, le pensioni verranno erogate a inizio mese. Restiamo a disposizione per gli assestamenti che il DL riceverà in sede di approvazione parlamentare.

NASPI E SGRAVIO CONTRIBUTO ADDIZIONALE 1,4% (TRASFORMAZIONE A TEMPO INDETERMINATO)

Quesito: Tizio ha assunto a termine Caio. Dal 5/5/2015, Tizio provvede alla trasformazione di Caio a tempo indeterminato, e pretende lo sgravio del contributo addizionale, come permesso a suo tempo dalla legge 92/2012. Contemporaneamente, pretende l’esonero contributivo INPS? Può cumulare i due sgravi?

Risposta: Di per sé, la possibilità di sgravio del contributo addizionale dello 1.4% in caso di trasformazione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato non è venuta meno. Questa ipotesi è disciplinata dall’art. 2.28°comma l. 92/2012, che, in quanto non contemplato e abrogato dal D.lgs. 22/2015, deve ritenersi incorporato alla nuova normativa NASPI (vedi art. 14, che rinvia ad ogni disposizione previgente al D.lgs. 22/2015, in quanto non abrogata). Stante l’interpretazione INPS di cui alla Circolare del medesimo Istituto nr. 140/2012, dobbiamo ritenere che questo sgravio sia rimesso alla facoltà del Datore di Lavoro. Con l’entrata in vigore dell’art. 1.118°comma ss. l. 190/2014 (esonero contributivo triennale), è stata disposta la non cumulabilità di detto beneficio con ogni altra riduzione contributiva: rivestendo lo sgravio del contributo addizionale ex. art. 2.28°comma l. 92/2012 tale natura, deve ritenersi che, ove il Datore chieda l’esonero INPS, in concomitanza di una trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a termine, non possa poi chiedere lo sgravio della contribuzione addizionale del 1.40%. Ma non corrisponde al vero che l’art. 2.28°comma l. 92/2012 (sgravio contributo ASpI addizionale tempo det.) sia stato abrogato. Semplicemente, per effetto della concomitante richiesta di esonero INPS ex. art. 1.118°comma l. 190 cit., se ne determina la preclusione. Resta ferma la possibilità, per il Datore di Lavoro che non voglia o (più verosimilmente non possa) fruire dell’esonero INPS ex. l. 190 cit. chiedere lo sgravio della contribuzione addizionale ASpI, come prima. Restiamo comunque in attesa delle determinazioni che verranno, in merito, dagli organi amministrativi.

Dr.GIORGIO FRABETTI
STUDIO LANDI-FERRARA

APPRENDISTATO E CONTRIBUENTI MINIMI

Caso: Un apprendista può aprire Partita IVA come “contribuente minimo” per un “secondo lavoro”? Siamo nel regime delle “nuove attività” edizione DL 98/2011, prorogato transitoriamente fino al 31/12/2015.

Risposta: L’art. 27 DL 98/2011 codifica il regime agevolato “nuove attività” (con imposta sostitutiva al 5%) alla condizione che l’attività “in Partita IVA” non sia “mera prosecuzione” di precedente attività svolta in regime di lavoro subordinato. L’Agenzia delle Entrate, successivamente, con chiari intenti equitativi, e per non sottrarre l’ agevolazione a soggetti formalmente dipendenti, ma sostanzialmente precari per la brevità dei lavori svolti (es. lavoro a termine estivo etc.), ha circoscritto la preclusione ai “lavoratori a tempo indeterminato”, ritenendo che periodi di lavoro troppo brevi e saltuari (a termine, intermittente etc.), comunque per periodi successivi (anche con interruzioni) non superiori a 3 anni, non avrebbero dovuto intendersi impeditivi dell’agevolazione (Circolare 27/2012). In altre parole, l’Agenzia ha cercato di ancorare la previsione ex. art. 27 cit., che preclude l’accesso al “regime agevolato di vantaggio”, alla ratio legis del regime, ovvero alla circostanza che le attività da aprire fossero davvero “nuove” (con ciò, cercando di ‘punire’ le aperture di Partite IVA solo strumentali, da parte di Ex-Dipendenti). Per quanto riguarda l’apprendista, il caso non è trattato dalle Circolari dell’Amministrazione fiscale. Ove il caso si ponesse alla ns attenzione, dovrà prevalere la linea interpretativa più prudente:

-Apprendistato “normale”: Essendo qualificato come un “contratto a tempo indeterminato” sia nel D.lgs. 167/2011, sia nell’emanando D.lgs. del Jobs Act, riterremmo escluso (almeno di massima) tale apprendista dal godimento delle agevolazioni per “nuove attività” ex art. 27 DL 98/2011;
-Apprendistato a tempo determinato (Stagionale): Ove attivato (alle condizioni di legge e della contrattazione collettiva), non dovrebbe precludere l’apertura di Partita IVA, per il carattere intermittente e saltuario dell’attività esercitata, anche in attività omogenee con l’apprendistato. E’ il caso, ad esempio, dell’apprendista Cameriere-Barista (stagionale), che apra Partita IVA per attività di Ristorazione-Pubblici Esercizi.

In ogni caso, va valutata l’eventualità che l’apertura di Partita IVA (che comunque presuppone la spendita di professionalità proprie) non venga valutata dalla DTL come indizio per disconoscere l’apprendistato, assumendo che l’apprendista non è, alla fine, davvero “principiante”.
A disposizione per aggiornamenti

Dr.GIORGIO FRABETTI
STUDIO LANDI-FERRARA

giovedì 14 maggio 2015

IL LAVORO ACCESSORIO NEL JOBS ACT - ANNO SOLARE O ANNO CIVILE?

A ridosso dell’emanazione del D.lgs. che, attuando la delega conferita dal Jobs Act, provvederà al riordino delle contrattualistiche di lavoro cd “atipiche”, si segnala che i nuovi limiti reddituali per il ricorso al “lavoro accessorio” (non passibili, per ora, di rivalutazione), fissati a € 7.000 complessivi, ovvero a € 2.000 per Committenti Imprenditori-Professionisti, ovvero a € 3.000 per percettori di misure di sostegno al reddito, è fissato per “anno civile”. E’ l’intervento diretto del legislatore a togliere definitivamente ogni incertezza, insorta anche nelle more della riforma del “lavoro accessorio” ex. l. 92/2012. Attendiamo eventuali assestamenti in vista dell’approvazione definitiva del D.lgs.

LE COLLABORAZIONI OCCASIONALI DOPO IL JOBS ACT

Quesito: Il Jobs Act si appresta a disporre il “superamento” delle cococo. Il D.lgs. di riordino delle tipologie contrattuali, varato il 20/2 us., prefigura l’abrogazione delle norme della “legge Biagi” sul “lavoro a progetto”. Con l’entrata in vigore delle nuove norme sarà possibile stipulare “collaborazioni occasionali” in “franchigia” rispetto agli adempimenti contributivi INPS entro la soglia di € 5.000 lordi? Grazie.

Risposta: L’attuale formulazione del D.lgs. di riordino, se non sarà modificata in sede di approvazione definitiva, all’art. 49 dispone l’integrale abolizione delle disposizioni del D.lgs. 276/03 dall’art. 61 all’art. 69bis. Attualmente, la norma abroga anche le disposizioni sulle cd “collaborazioni occasionali” di cui all’art. 61.2°comma, ammesse finora, in regime di “esenzione contributiva INPS” (in franchigia) entro i redditi lordi di € 5.000 e per prestazioni rese al massimo in un periodo di “30 gg. nell’anno solare”. Il Jobs Act trascina via anche la speciale previsione di “lavoro occasionale” per servizi di “lavoro domestico” o di cura introdotto dalla l. 183/2010 (cd Collegato Lavoro): una speciale previsione che fa rientrare nella “franchigia di esenzione INPS” il “lavoro domestico/di cura” prestato per non oltre 240 h a favore dello stesso Committente, e che dia luogo a compensi complessivamente non superiori a € 5.000 lordi. Queste disposizioni, come detto, vengono abrogate. Ma la “franchigia INPS” resta in piedi, sia pure con caratteristiche peculiari. Il D.lgs. di riordino dei contratti atipici, infatti, non intacca la vigenza dell’art. 44.2°comma DL 269/2003 conv. in l. 326/2003 che dispone la non debenza della contribuzione INPS alla Gestione Separata per i “lavoratori autonomi occasionali” che non abbiano superato gli € 5.000 lordi nell’anno solare.
Stante la Circolare INPS 103/2004, ove si realizzi il superamento della citata soglia lorda annua, l’onere contributivo è così ripartito tra Collaboratore (1/3) e Committente (2/3), così come imposto dall’art. 1.2°comma dm, 2/5/1996. L’assimilazione, ai fini previdenziali, del “lavoro autonomo occasionale” alla “collaborazione coordinata e continuativa” è garantito dall’art. 44.2°comma DL 269/2003, che, all’ultimo capoverso, richiama espressamente le modalità di ripartizione del contributo tra Committente e Lavoratore ex dm 2/5/96.
Resta applicabile al compenso lordo, comunque quantificato, la ritenuta IRPEF a titolo di "redditi diversi" (art. 67 TUIR).

Dr.GIORGIO FRABETTI
STUDIO LANDI-FERRARA

mercoledì 13 maggio 2015

SFILATE DI MODA CON MINORI, SERVE L'AUTORIZZAZIONE DELLA DTL?

Quesito: A seguito dell’Interpello nr. 7/2015 del Ministero del Lavoro, si deve ritenere autorizzabile dalla DTL territorialmente competente il minore impegnato in una sfilata di vestiti? 

Risposta: L’Interpello citato stimola certamente la revisione di una casistica controversa; occorre, però, dire che il medesimo atto, ricapitolando la normativa vigente, appresta alcune utili indicazioni applicative anche per questo caso. In particolare, l’art. 4.2°comma l. 977/1967 (come modificato nel 1999) subordina l’autorizzazione dei minori a vere e proprie “forme di impiego” dei minori nel settore culturale, artistico, sportivo, pubblicitario, dello spettacolo. Considerato che il ramo “moda” deve intendersi come ramo promozionale del settore abbigliamento, saremmo a ritenere passibili di autorizzazione tutte quelle manifestazioni professionalmente organizzate da Agenzie specializzate, a questo fine contrattualizzate dalle Case di abbigliamento. Saremmo ad escludere manifestazioni promesse a livello di volontariato, es. “Scuole di cucito” parrocchiali e simili. In ogni caso, però, è necessaria, per questi casi la certificazione “antipedofilia” stante che l’attività è “a diretto e immediato contatto con i minori”.
A disposizione per approfondimenti

Dr. GIORGIO FRABETTI
STUDIO LANDI, FERRARA

NASPI E CIRCOLARE INPS 94/2015, NEL QUADRIENNIO NON RILEVANO LE CONTRIBUZIONI, SE GIÀ UTILI PER DS E ASPI

La Circolare INPS 94/2015 relativa alla NASPI (ex D.lgs. 22/2015) chiarisce un aspetto applicativo molto rilevante. Come noto, la NASPI amplia, fino a 4 anni (e non più ai 2 antecedenti) lo spettro di annualità rilevanti ai fini della contribuzione per la disoccupazione. Che ne è se, in quel quadriennio, il lavoratore abbia già maturato una prestazione di disoccupazione (fosse la DS, ante l. 92, o l’ASPI post l. 92)? L’art. 5 D.lgs. 22, con una disposizione poco visibile, in verità, aveva stabilito la sterilizzazione di detti periodi (ossia di periodi già rilevanti per prestazioni di disoccupazione) ai fini del quadriennio contributivo utile NASPI. L’INPS fornisce alcune importanti disposizioni applicative con relative esemplificazioni. Questo il passaggio INPS: 2.5 Durata della prestazione La NASpI è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni. Ai fini del calcolo della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione, anche nei casi in cui dette prestazioni siano state fruite in unica soluzione in forma anticipata. Al riguardo si precisano le seguenti modalità operative: -Ai fini del calcolo della durata della prestazione sono presi in considerazione solo i periodi di contribuzione presenti nel quadriennio di osservazione come individuato secondo i criteri esposti al precedente paragrafo 2.2 b); -Ai fini del non computo dei periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione di prestazione di disoccupazione sono presi in considerazione, per esserne esclusi, i periodi di contribuzione precedenti la prestazione della quale hanno costituito base di calcolo; -I periodi di contribuzione relativi al rapporto di lavoro successivi all’ultima prestazione di disoccupazione sono sempre utili ai fini della determinazione della durata di una nuova NASpI poiché non hanno già dato luogo ad erogazione di prestazioni di disoccupazione. Sempre ai fini che qui interessano va evidenziato che il susseguirsi di discipline differenti relative alla tutela della disoccupazione ha reso necessaria l’individuazione di una serie di criteri in base ai quali quantificare i periodi di contribuzione che hanno dato luogo ad erogazione di prestazione di disoccupazione anche quando la durata di questa non era rapportata alla contribuzione preesistente. I suddetti criteri prevedono che: 1) Al fine di applicare il metodo di non computo delle settimane di contribuzione che hanno già dato luogo ad erogazione di prestazione di disoccupazione ordinaria con requisiti normali (DSO) ed ASpI – per le quali la durata della prestazione non era commisurata alla contribuzione preesistente - si adotterà il seguente procedimento di calcolo: A) In caso di fruizione totale di una prestazione di DSO e di ASpI viene escluso dal computo dei contributi utili per una NASPI un numero di settimane di contribuzione pari alla durata teorica della prestazione e comunque non inferiore a 52 settimane che rappresentano il requisito minimo di accesso a prestazioni DSO e ASPI; B) In caso di fruizione parziale delle prestazioni DSO e ASPI, il numero di settimane di contribuzione da escludere dal computo di cui al punto precedente viene ridotto proporzionalmente in ragione del rapporto esistente tra la durata della prestazione effettivamente fruita e la durata teorica che quest’ultima avrebbe dovuto avere; C) In entrambi i casi A) e B), tuttavia, per le prestazioni di DSO e ASpI con durata teorica fino a 12 mesi, nell’ipotesi in cui le settimane di contribuzione presenti negli ultimi 12 mesi precedenti la prestazione siano inferiori a 52, verranno esclusi dal computo dei contributi utili per una NASpI, al massimo le settimane presenti in questi ultimi 12 mesi precedenti le stesse prestazioni DSO o ASPI. Invece nel caso in cui la durata teorica della prestazione sia superiore a 12 mesi, cioè ASpI 2014 e 2015 per i lavoratori ultracinquantacinquenni, verranno presi in considerazione ai fini del non computo dei contributi utili per una NASPI, al massimo le settimane presenti nell’arco temporale precedente alla prestazione pari alla durata teorica che quest’ultima avrebbe dovuto avere. Per esemplificazioni, vai al link: http://www.inps.it/CircolariZIP/Circolare%20numero%2094%20del%2012-05-2015.pdf A disposizione per approfondimenti

venerdì 8 maggio 2015

NASPI, QUANTI SOLDI SI PRENDONO? UN ESEMPIO DI CALCOLO

IN ATTESA DI CIRCOLARI INPS, CON ESEMPLIFICAZIONI UFFICIALI DEL CALCOLO DELLA NASPI, CREDENDO DI FARE COSA UTILE, RIPORTIAMO L’ESEMPLIFICAZIONE RICALCATA DALLA CIRCOLARE 9/2015 DELLA FONDAZIONE STUDI DEI CONSULENTI DEL LAVORO

Caso: Tizio, lavoratore licenziato il 3/5/2015, in possesso dei requisiti NASpI (stato di disoccupazione involontaria, 13 settimane di anzianità contributiva nel quadriennio precedente l’evento di disoccupazione, 30 giornate di lavoro effettivo, nei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione), negli ultimi 4 anni ha percepito una retribuzione imponibile di € 40.000. Vanta, altresì, un accredito contributivo, nel medesimo periodo, di 110 settimane. Quanto percepirà mensilmente di NASPI?

Risposta: L’art. 4 D.lgs. 22/2015 così regola il calcolo e la misura dell’indennità NASPI: 1. La NASpI e' rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33. 2. Nei casi in cui la retribuzione mensile sia pari o inferiore nel 2015 all'importo di 1.195 euro, rivalutato annualmente sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell'anno precedente, la NASpI e' pari al 75 per cento della retribuzione mensile. Nei casi in cui la retribuzione mensile sia superiore al predetto importo l'indennita' e' pari al 75 per cento del predetto importo incrementato di una somma pari al 25 per cento della differenza tra la retribuzione mensile e il predetto importo. La NASpI non puo' in ogni caso superare nel 2015 l'importo mensile massimo di 1.300 euro, rivalutato annualmente sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell'anno precedente. 3. La NASpI si riduce del 3 per cento ogni mese a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione. 4. Alla NASpI non si applica il prelievo contributivo di cui all'articolo 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41. Nel caso di specie, pertanto, il calcolo deve procedere così: [(40.000/100)*4.33] = € 1.571 (Retribuzione mensile di riferimento) Siccome € 1.571 supera € 1.195, l’indennità NASpI sarà così determinata: [(1.195*75%)+(1.571-1.195)*25%] = € 990 L’importo di € 990 sarà il valore lordo mensile NASpI (inferiore al massimale, fissato, per il 2015, a € 1.300). La medesima indennità (art. 5) è corrisposta per 24 settimane. Dal 1/1/2017 è previsto che la NASpI sia corrisposta per un massimo di 78 settimane. La NASpI si riduce del 3%, per ogni mese, a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione. Con l’avanzare delle settimane, l’indennità NASPI viene via via ridotta percentualmente, secondo le progressioni che seguono: Numero mensilità di fruizione dell’indennità Penalizzazione NASPI

7 settimane12%
9 settimane18%
14 settimane 33%
16 settimane 39%.

La NASpI spetta a decorrere dall’ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro o, qualora la domanda sia presentata successivamente a tale data, dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda.

NASPI, SCHEDA RIASSUNTIVA

Qui di seguito, una prima scheda riassuntiva della NASPI (acronimo di Nuova ASPI), ricalcata in larga parte da DPL Modena, con aggiunte tratte da GHEIDO (aliquote contributive, decadenza).
A disposizione
 
NASPI

La nuova indennità di disoccupazione sarà in vigore dal 1° maggio 2015
 
Possono richiedere la NASpI tutti i lavoratori subordinati, compresi gli apprendisti e i soci lavoratori delle cooperative.
Sono esclusi i dipendenti delle pubbliche amministrazioni e gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato.
 
Requisiti
Questi sono i requisiti:
1. aver perso involontariamente il posto di lavoro;
licenziati per giusta causa, per giustificato motivo soggettivo o per giustificato motivo oggettivo;
dimessi per giusta causa;
aver risolto consensualmente il rapporto di lavoro nell’ambito della procedura conciliativa prevista dall’art. 7 della Legge n. 604/1966 (c.d. tentativo di conciliazione obbligatoria).
2. poter far valere nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione almeno 13 settimane di contribuzione;
3. poter far valere 30 giornate di lavoro effettivo a prescindere dal minimale contributivo, nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
 
Durata
La NASpI sarà corrisposta per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni. Ai fini del calcolo della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione.
Dal 1° gennaio 2017 la NASpI sarà corrisposta per un massimo di 78 settimane.
 
Calcolo
L’indennità si calcola dividendo la retribuzione mensile ai fini previdenziali degli ultimi 4 anni per il numero delle settimane di contribuzione; il risultato va moltiplicato per 4,33.
Qualora il valore massimo sia pari a € 1.195,00, l’indennità mensile sarà pari al 75% della retribuzione mensile.
Nel caso contrario dovrà essere sommato al 75% del valore di € 1.195,00 il 25% del differenziale tra la retribuzione mensile di cui sopra e € 1.195,00.
Il valore massimo dell’indennità mensile, per il 2015, è pari a € 1.300,00.
L’indennità subirà una progressiva riduzione del 3% al mese dal primo giorno del quarto mese di fruizione.
 
Domanda
La domanda per l’ottenere la NASpI dovrà essere fatta a pena di decadenza, esclusivamente con modalità telematica, entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. La prestazione decorrerà dal giorno successivo alla data di presentazione e comunque non prima dell’ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro.
Aliquote contributive*:
L’ASpI è soggetta alle seguenti aliquote contributive:
1,61%, Contributo ordinario (di cui lo 0, 30% destinato di norma al finanziamento dei Fondi Interprofessionali di formazione continua), da applicarsi sulle retribuzioni imponibili di tutti i lavoratori subordinati;
1.40%, Contributo addizionale dovuto da parte dei Datori di Lavoro che abbiano assunto lavoratori non a tempo indeterminato (lavoro a termine, somministrazione a termine etc.), esclusi i lavoratori a termine assunti per sostituzioni e attività stagionali;
Ticket NASPI, dovuto in tutti i casi di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, pari al 41% del trattamento mensile iniziale del trattamento di disoccupazione per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi 3 anni.

*Il Lavoratore in NASPI beneficia della “contribuzione figurativa” ex. art. 12

Decadenza dalla NASPI:

Il Lavoratore decade dalla NASPI:
Quando perde lo stato di disoccupazione;
Inizia un’attività di lavoro subordinato o autonomo senza effettuare le comunicazioni previste;
Raggiunga i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;
Acquisisca il diritto all’assegno ordinario di invalidità (a meno che non opti per la NASPI);
Violi le regole relative alle iniziative lavorative e ai percorsi di riqualificazione.

giovedì 7 maggio 2015

100 "MI PIACE": LO STUDIO LANDI RINGRAZIA!


E' CON IMMENSA GIOIA E SODDISFAZIONE CHE VI COMUNICHIAMO CHE DA STASERA LA PAGINA "FACEBOOK" DELLO STUDIO LANDI HA RAGGIUNTO I 100 "MI PIACE"!
SEMPLICEMENTE GRAZIE!

POS, NIENTE SANZIONI SE I PROFESSIONISTI NON SE NE AVVALGONO

Un brevissimo flash per ricordare a Imprese e Professionisti, interessati dai nuovi obblighi relativi al possesso del PIS, che sta per essere ritirato dalla discussione in Commissione Finanze il provvedimento che introduceva sanzioni per i Professionisti che non si fossero dotati di POS (la notizia la trovi al link: http://iusletter.com/niente-sanzioni-senza-il-pos/). Per il momento, le cose restano come prima: niente sanzioni al Professionista che non usa il POS. Ma restiamo in guardia da restrizioni, che, in via trasversale, possano essere introdotte dalla burocrazia fiscale, in via pseudo-interpretativa: ad es. non possiamo, al momento, escludere che l’Agenzia delle Entrare non inizi a pretendere il pagamento via POS per la detrazione delle spese mediche, ritenendo la traccia del POS elemento necessario ai fini della “spesa documentata”. La Burocrazia, del resto, ci ha abituati a ben altre prognosi in punto di prassi e interpretazione. A disposizione per aggiornamenti

1 MAGGIO 2015, IN VIGORE LA NASPI. L'INPS EMETTE LE PRIME DISPOSIZIONI

Fonte DPL Modena
L’Inps, con il messaggio n. 2971 del 30 aprile 2015, fornisce alcune informazioni circa l’utilizzo della NASpI (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego), prevista per gli eventi a decorrere dal 1° maggio 2015. La NASpI sostituisce, con riferimento agli eventi di cessazione dal lavoro verificatisi dal 1° maggio 2015, le indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI di cui all’art. 2 della legge n. 92 del 2012 la cui disciplina continua a trovare applicazione per gli eventi di cessazione involontaria dal lavoro verificatisi fino al 30 aprile 2015. Sono destinatari della NASpI i lavoratori dipendenti ivi compresi – come già disposto dalla legge n. 92 del 2012 – gli apprendisti, i soci lavoratori di cooperativa che abbiano stabilito, con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo, un rapporto di lavoro in forma subordinata, ai sensi dell’art. 1, co. 3, della legge n.142 del 2001, nonché il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato. La NASpI è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: siano in stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181 e successive modificazioni; possano far valere, nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno 13 settimane di contribuzione contro la disoccupazione; possano far valere 30 giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione. La NASpI è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni. Ai fini del calcolo della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione. Per fruire dell’indennità i lavoratori aventi diritto devono presentare, esclusivamente in via telematica, apposita domanda all’INPS entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. A tal fine, a partire dal 1° maggio 2015, sarà possibile utilizzare i consueti canali telematici per l’inoltro della domanda: via web, attraverso il sito www.INPS.it (direttamente da cittadino in possesso del PIN dispositivo INPS); tramite patronato (che, per legge, offre assistenza gratuita); tramite Contact Center Integrato INPS INAIL (chiamando da rete fissa il numero gratuito 803 164 oppure il numero 06 164 164 da telefono cellulare, con tariffazione stabilita dal proprio gestore). La disciplina di dettaglio della indennità NASpI sarà regolata con apposita circolare INPS in corso di pubblicazione. Per scaricare il testo del Msg INPS citato, si vada al link: http://www.inps.it/MessaggiZIP/Messaggio%20numero%202971%20del%2030-04-2015.pdf A disposizione per aggiornamenti

IL LAVORO ACCESSORIO DEL PENSIONATO, RIFLESSI PREVIDENZIALI

Caso: Il Sig. Rossi è titolare di una pensione sociale lorda da € 240 e di reversibilità lorda da € 220. Può il Sig. Rossi prestare lavoro accessorio? E se sì, con quali ricadute sul trattamento previdenziale?

Risposta: La l. 92/2012 (ma l’impostazione dovrebbe restare anche nell’emandando D.lgs. di riordino dei contratti di lavoro) ha generalizzato l’accesso ai voucher: nessuna preclusione può esserci per i pensionati. Come per la generalità dei voucheristi, i limiti reddituali (aggiornati al 2015) sono di € 2.020, in caso di Committenti Imprenditori Commerciali-Liberi Professionisti, e di € 5.060 per la totalità dei Committenti, nel corso di un anno solare. Le ricadute previdenziali vanno attentamente monitorate. In particolare, siccome l’assegno sociale è subordinato al possesso di un reddito pari (per il 2015) a € 5.830,76, occorrerà verificare se i redditi realizzati dal voucherista incidono su questo reddito minimo. Lo stesso dicasi per la pensione di reversibilità, soggetta a percentuali di riduzione. Per importi, però, molto bassi (meno di € 19.573,71, come certamente quelli in questo caso), non è prevista comunque alcuna riduzione. Le somme percepite a titolo di voucher sono esenti IRPEF, e non determinano conguagli fiscali sfavorevoli.

Dr.GIORGIO FRABETTI
STUDIO LANDI-FERRARA

mercoledì 6 maggio 2015

RIPOSO SETTIMANALE AUTOTRASPORTO, MAI PIÙ FRAZIONAMENTI!

I Lavoratori del settore autotrasporto sono attualmente attraversati da una vicenda particolare. La Nota ministeriale Prot. N. 7136/2015, ha, infatti, precisato che, in materia di autotrasporto, la disciplina sui riposi settimanali deve applicarsi diversamente da quanto finora interpretata dallo stesso Ministero, a causa della rilevazione di un errore nella traduzione italiana dell’art.8 par. 6 Reg. UE nr. 561/06, alla base di tale regolamentazione europea per l’Autotrasporto. Nella versione finora vigente del Regolamento, era previsto che, nel corso di due settimane consecutive i Conducenti debbano effettuare almeno: -Due periodi di riposo settimanale regolare, oppure: -Un periodo di riposo settimanale regolare ed un periodo di riposo settimanale ridotto di almeno 24 ore. La riduzione è, tuttavia, compensata da un tempo di riposo equivalente preso entro la fine della terza settimana successiva alla settimana in questione. Il successivo par. 7 dello stesso articolo precisa, poi, che qualsiasi riposo preso a compensazione di un periodo di riposo settimanale ridotto va attaccato ad un altro periodo di riposo di almeno 9 ore. La versione italiana del Reg. UE 561 cit. consentiva, pertanto, almeno in via interpretativa, all’Autotrasportatore, che avesse “opzionato” per il riposo settimanale ridotto (24 anziché 45 h), di fruire, entro la terza settimana, di un numero di ore di riposi pari a “24” (sia pure agganciata a 9 ore di permesso): in questo modo, cioè, veniva interpretata l’espressione “equivalente”. Ad esempio, può darsi che il Lavoratore disponga di un credito di riposi non goduti pari a 10 h (mai superiore alle 21 h complessive, precisa il Ministero): in questo caso, il Ministero ritiene che il testo consenta sì il recupero delle 10 h (entro la terza settimana, e con accluso riposo giornaliero), ma “in blocco”, senza possibilità di frazionamenti (come era stato inteso precedentemente). Sulla metodologia di rappresentazione dei riposi, si rinvia al link http://www.autotrasporto24.it/riposi-settimanali-autotrasporto). 
Tali frazionamenti verranno fatti oggetto di sanzioni, in caso di ispezioni. Contestualmente, si apre un rilevante problema di diritto intertemporale. Nessun dubbio per le sequenze esaurite, alle quali il precedente conteggio non può essere contestato ex. art. 3 l. 689/1987, per difetto radicale di dolo e colpa. Ma possono aversi almeno due casi: - Non siano trascorse le tre settimane di recupero delle ore di riposo non godute: in questo caso, per il godimento di tali ore, occorre procedere al recupero “in blocco” e non frazionato come da Nota Ministeriale; - Se l’Azienda ha già in corso un recupero “frazionato” di ore, il precedente recupero ex. art. 3 l. 689/81, non andrà contestato, ma il residuo delle ore dovrà essere goduto per intero. 
A disposizione per approfondimenti

INARCASSA O GESTIONE SEPARATA INPS? IL DILEMMA DEGLI INGEGNERI. ...

Un brevissimo flash per compendiare il contenuto della Circolare 72/2015, con la quale l’INPS ha inteso fare il punto su alcuni punti applicativi particolarmente incerti dell’obbligo contributivo INARCASSA (Cassa Previdenziale Ingegneri e Architetti). L’INPS, recependo le indicazioni della giurisprudenza, ha stabilito che gli obblighi INARCASSA sussistono in presenza di A) Possesso di Partita IVA; B) Assenza di iscrizione ad altra Cassa; C) Iscrizione ad Albo Professionale. Erano, in passato, insorte difficoltà e incertezze, proprio in relazione al punto C). Il sistema INARCASSA, infatti, oltre a presupporre l’iscrizione all’Albo Professionale, presuppone la “tipicità” professionale (ingegneristica o da architetto) dell’attività svolta dall’interessato. Data la massiccia “ibridazione” delle attività professionali di Ingegneri e Architetti, la prassi aveva potuto registrare casi di forte incertezza e difficoltà, nel rinvenire un discrimine tra “attività tipiche della Professione” (certamente riconducibili a INCARCASSA, Cassa previdenziale professionale “esclusiva”) e “attività non tipiche” (per le quali residualmente, si applica l’art. 2.26°comma l. 335/95, Iscrizione alla Gestione Separata INPS). Con questa Circolare, l’INPS, riepilogando la giurisprudenza di legittimità consolidata, ha ritenuto che si considerano “attività tipiche” della Professione di Ingegnere e di Architetto non solo le professionalità caratteristiche della Categoria, ma anche attività diverse, ma strettamente connesse a esercizio di competenze proprie della professione.
Quindi, la consulenza commerciale-procacciamento d'affari, in quanto attività non tipica della Professione, sconta la gestione separata INPS.
Viceversa, l'attività di consigliere di amministrazione in Società che ha per oggetto servizi connessi alla Professione  (energia, gas etc.) Sconta INARCASSA.
A disposizione per approfondimenti