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giovedì 27 settembre 2012

GUIDA INTELLIGENTE AL CODICE DISCIPLINARE AZIENDALE 01)/SE IL CODICE DISCIPLINARE E' ANTI-TACCHEGGIO ...


Non è infrequente che le Aziende si rivolgano al Consulente del Lavoro perchè li aiuti a controllare il Personale Dipendente, che viene (a torto o a ragione) sospettato di furti.
Cosa può fare il Consulente in questi casi? Raccomandare un uso accorto del potere disciplinare.
Nel sistema di controlli interni all'Azienda del personale dipendente, l'esercizio del potere disciplinare è basilare e deve essere massimamente in efficienza, per realizzare la necessaria deterrenza, specie per le condotte più gravi.
Ogni CCNL dispone di norme disciplinari, che possono ben essere riprese e recepite in Azienda.
Ma ciò può non bastare.
Innanzitutto, le previsioni disciplinari del CCNL (specie in tema di licenziamento) sono enormemente ampie.
Consideriamo innanzitutto che, nel sistema del CCNL, l'infrazione può essere ritagliata "a condotta vincolata" (es. le assenze ingiustificate superiori a 03 gg.) ovvero "ad evento" ("qualsiasi violazione patrimoniale dolosa o colposa che integri il rapporto fiduciario del Dipendente verso l'Azienda") e ciò influenza in modo decisivo il regime probatorio delle procedure disciplinari: in un caso, semplificandolo enormemente (si veda l'esempio dell'assenza ingiustificata), in altro complicandolo non poco!
Nè appare incoraggiante la circostanza che, a differenza delle altre sanzioni conservative (sospensione, multa etc., improntate a tassatività), il licenziamento possa essere irrogato aldilà delle previsioni del CCNL anche per violazione degli obblighi di legge (es. Codice Penale) e degli obblighi fondamentali di diligenza-fedeltà che incombono sul Dipendente, in forza degli artt. 2104-2105 del Codice Civile. Addirittura, in questi casi, a prescindere dall'affissione dello stesso Codice Disciplinare.
Tale ampiezza di poteri può rivelarsi più facilmente un boomerang per l'Azienda nelle finalità specifiche di controllo e di auto-tutela che si ripone.
Onde ovviare a queste problematiche, basterà ricordare, in prima battuta, all'Azienda di darsi un obiettivo e una direzione di intervento: vuole ad esempio seguire una policy interna improntata a "tolleranza zero" verso i furti perchè (ad esempio) "sta perdendo la faccia" davanti ai Dipendenti per alcuni episodi di furto? Ove valuti insufficienti o carenti le disposizioni del CCNL (applicabili di default), l'Azienda deve porsi seriamente il problema di intervenire (nei margini consentiti dalla legge) per introdurre disposizioni ad hoc.
Naturalmente, queste sono solo piste di credibile riflessione che vanno più ampiamente sviluppate caso per caso.
Una cosa deve essere chiara: non creda l'Azienda che le norme (disciplinari) siano a priori tarate per servire le sue specifiche esigenze di controllo e disciplina del personale.
Innanzitutto, le norme lavoristiche sono norme del tutto "astratte" e, pena la loro inattuazione, non possono che calarsi nelle singole realtà e peculiarità aziendali: ad esempio, è evidente che il furto di una saponetta assume diverso valore ai fini disciplinari, se è avvenuto in una fabbrica di sapone, nel reparto di un Ipermercato, ovvero nel gabinetto di uno Studio Professionale di Avvocato! Ma soprattutto le norme disciplinari devono essere applicate con un occhio molto attento alla razionalità del sistema di controlli aziendali cui esse sono funzionali!
Alcuni esempi.
In primo luogo, è certamente consigliabile puntellare le norme disciplinari aziendali, in ordine alla problematica certamente più delicata delle tempistiche di contestazione di queste condotte, che di solito richiedono complessi e laboriosi accertamenti, specie tramite personale di vigilanza o investigativo. Ecco, allora, che appare quantomai opportuno "arricchire" il Codice Disciplinare, inserendo disposizioni specifiche ad hoc (tratte dalla giurisprudenza): ad esempio, stabilendo tempistiche più ampie di contestazioni per furto etc. quando manchi la flagranza del fatto e si siano resi necessari accertamenti.
Quanto alla casistica, può essere opportuno dettagliare la casistica di furti ritenuta più grave (anche se ai fini del licenziamento disciplinare non vale lo stesso regime di tassatività previsto dall'art. 07 St.lav. per le sanzioni conservative; anche se per i licenziamenti disciplinari non vale un criterio del nullum crimen, sine lege, che vale, invece, per i reati!).
Si consideri, a questo riguardo, la particolare utilità di una clausola di questo tipo: "il licenziamento disciplinare si applica in ogni caso di furto, anche di modico valore, perchè il furto, in sè stesso, integra grave violazione del rapporto fiduciario Azienda-Dipendente". A prescindere da cavilli giuridici sul possibile uso giudiziario di questa formula, non se ne può sottovalutare l'utilità a titolo di "normalità organizzativa", per consolidare una consuetudine repressiva efficace, tale cioè da influire (in conformità ai canoni giurisprudenziali) su una valutazione di maggior rigore del furto del Dipendente. Viceversa, dove tale disposizione mancasse, e dove il quadro organizzativo sul punto non fosse tanto chiaro, la repressione dei furti potrebbe incontrare maggiori ostacoli ed essere più inefficace.
E con ciò, siamo arrivati al secondo tornante di questa riflessione.
Per irrogare efficacemente un licenziamento disciplinare, non basta un Codice Disciplinare ben confezionato, non basta che i fatti contestati siano debitamente provati.
E' proprio la costante giurisprudenza di Cassazione addirittura a imporre una specifica "cultura del controllo": in altre parole, l'Azienda che vuole licenziare in via disciplinare, dovrà provare anche di aver provveduto a porre in essere un' adeguata prassi, si direbbe una consuetudine calibrata in punto di controlli, di richiami per impedire, anche in passato, i fatti avvenuti (qual'è la ratio dell'art. 07 l. 300/1970 in punto di "meritevolezza" e "proporzionalità" della sanzione disciplinare se non questa e il favor verso le sanzioni cd conservative?).
La giurisprudenza, in altre parole, carica sull'Azienda che intenda licenziare l'onere della mancata attivazione di un sistema di controllo consolidato, organizzato e coerente.
La "Logica organizzativa" usualmente richiesta nel D.lgs. 231/01 impregna di sè anche le procedure di licenziamento disciplinare: ma Aziende e Consulenti del lavoro non lo sanno! Lo sa però la giurisprudenza di Cassazione (2013/2012), che per questi casi ha provveduto a codificare il cd "criterio prognostico".
Pare semplice provare un licenziamento disciplinare: quanto parrebbe scontato per l'Azienda asserire l'impossibilità/inopportunità di fare affidamento sul Dipendente in futuro! Eppure, a pensarci bene, tali valutazioni sono complesse ed elaborate!
Ci vuol poco, infatti, a comprendere come aderendo alla citata "proiezione prognostica" in punto di licenziamento disciplinare non sia sufficiente allegare un fatto accaduto (come nella stragrande maggioranza delle procedure disciplinari, usualmente tarate su un'istruttoria avente per base fatti abbastanza elementari, es. assenza ingiustificata). Viceversa, occorre verificare se il fatto sia di tale gravità da rompere la "continuità funzionale-materiale" (GHERA), in cui consiste il rapporto di lavoro subordinato. Un giudizio che contempera sia il ... passato, sia il ... futuro!
A questi fini, quali "indici pronostici", la Magistratura suole richiamare: la globale indole negligente del lavoratore, l'intensità dell'elemento intenzionale, il tipo di mansioni affidate e l'affidamento che su di essa può ragionevolmente riporre l'Azienda etc.
Per rendersi conto della gravità dell'onere probatorio che viene fatto incombere sul Datore, basterà ricordare il caso di una Banca che si è trovata a subìre l'annullamento del licenziamento disciplinare di una Dipendente, che aveva sì posto in essere aperture di credito temerarie, ma facendo applicazione di disposizioni aziendali! Se in Azienda c'è una consuetudine che vira alla disonestà, il Datore non può cacciare il Dipendente disonesto!
Di qui, la stessa condotta di furto può assumere valenza diversa ai fini disciplinari/di controllo, laddove il Dipendente abbia ad esempio asportato la merce, ma lo abbia fatto facendo affidamento ad esempio su una consuetudine aziendale che riconosce generose regalìe e concessioni in uso privato delle merci a favore del Personale.
Dopo tutte queste considerazioni, non ci vuole molto a capire, che, se la stessa Azienda adotta non solo una certa policy repressiva, ma anche una certa prassi di controlli coerenti, essa può ben esigere il maggior rigore desiderato in punto di repressione dei furti.
A fare la differenza, nei licenziamenti disciplinari, è l'efficienza dei controlli: anche se Aziende e Consulenti non se ne accorgono!
Non può essere, quindi, ritenuto un caso, se le vertenze più importanti in ambito lavoristico, quelle che sfociano nei processi che lasciano il segno siano proprio quelle derivanti da licenziamenti disciplinari: a questo si arriva, anche perchè manca nelle Aziende e Consulenti, specie di Piccole-Medie Imprese, una sana e "scientifica" cultura del controllo e delle prassi organizzative che ne conseguono (nei Ns. imprenditori si ritiene che i "modelli organizzativi" riguardino solo i Papaveri dell'Industria e della Finanza, non i piccoli). Niente di più facile, allora, per Avvocati, Sindacalisti insinuarsi nelle maglie di un potere disciplinare improvvisato, pieno delle lacune, tipiche di sistemi semi-patriarcali e familistici di gestione dei rapporti di produzione. In tutto questo, vince l'Azienda che, anche in queste pur piccole e ordinarie vicende, sa rendersi attiva e protagonista, contro facilonerie e pressapochismi.

Dr. Giorgio Frabetti
Consulente d'Azienda in Ferrara

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